2. La Politica di Coesione e la Multilevel Governance
2.3 La Politica di Coesione come possibile realizzazione della Multilevel
La nascita e lo sviluppo della politica regionale si è da sempre caratterizzato per una pluralità di fattori che la caratterizzano. Se sin dal suo avvio sono compresenti i temi dell’equità e dell’efficienza, è possibile, infatti, distinguere, a seconda del prevalere dell’uno e dell’altro nel discorso comunitario, tre fondamentali momenti. Il primo, quello della fase più dichiaratamente compensativa della politica; il secondo, in cui l’intervento si concentra sui profili di competitività; il terzo, quello attuale, che può definirsi della c.d. “Lisbonizzazione” della Politica di Coesione, che vede gli obiettivi della politica regionale incorporare e fare propri quelli emersi come linee di indirizzo della politica economica europea nel corso del Consiglio europeo del 2000.162 L’ intervento di natura compensativa era, innanzitutto, considerato necessario perché, nel caso in cui le differenze di opportunità e di condizioni di vita avessero oltrepassato quello che era politically acceptable, la costruzione dello spazio pubblico europeo avrebbe ingenerato il timore della concentrazione di ricchezza nei paesi già più solidi, mettendo a rischio il processo di integrazione. Il Rapporto sull’unione economica e monetaria nella Comunità europea, steso dal Comitato per lo studio dell’unione economica e monetaria delle Comunità europee, correntemente conosciuto come Rapporto Delors dal nome del presidente del Comitato (e presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995) Jacques Delors (relatori Gunter D. Baer, Tommaso Padoa- Schioppa), evidenziava già nel 1989163 che “l’esperienza storica suggerisce che in assenza di politiche di riequilibrio, l’impatto complessivo (dell’integrazione economica) sulle Regioni periferiche potrebbe essere negativo. I costi di trasporto e le economie di scala tendono a favorire lo spostamento delle attività economiche dalle Regioni meno sviluppate, specialmente se si trovano alla periferia della Comunità, verso le aree più sviluppate, al centro. L’unione economica e monetaria dovrebbe
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G.P. MANZELLA, La ‘irresistibile’ ascesa della politica regionale: effetti, motivi, prospettive, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, 3, 2009, pag. 844
incoraggiare e guidare gli aggiustamenti strutturali che possono aiutare le Regioni povere a ridurre le distanze da quelle più ricche”.
Dal punto di vista strettamente economico la politica regionale si è caratterizzata inoltre per il cambiamento di approccio, da parte della Commissione, ai problemi legati allo sviluppo dei territori. In particolare venne superata l’idea che il mercato unico avrebbe generato di per sé effetti positivi sulle economie di tutti i paesi europei firmatari, comprese le aree più deboli secondo il modello neoclassico di crescita del premio Nobel Robert Solow164 riconoscendo la necessità di politiche pubbliche sovranazionali di sviluppo che cominciassero gradualmente a fare proprio anche un approccio endogeno (cioè non etero diretto) della crescita, in cui un ruolo chiave è svolto dagli attori presenti sul territorio. Una particolare importanza sullo sviluppo di un’area viene così riconosciuta ai fattori di contesto (dotazione di infrastrutture materiali e immateriali, presenza di manodopera qualificata, accessibilità ai mercati) o a eventi esogeni che producono una modifica nel grado di agglomerazione, con il riconoscimento di un forte ruolo per le politiche regionali di supporto alla competitività territoriale.165 L’adozione di tale policy non fu indolore, la politica regionale, spingeva verso il riaccentramento delle istanze funzionali su base territoriale.
La politica regionale o di coesione dell’UE oggi rappresenta quella parte delle politiche pubbliche per lo sviluppo socio-economico alla quale è affidata la peculiare missione di concorrere al riequilibrio economico- sociale e alla competitività di specifici territori: questo è il motivo per cui essa è anche chiamata “politica regionale” o “politica territoriale”. L’espressione “politiche di coesione”, rimanda quindi ad una politica di investimenti finalizzata a promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'UE e a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie Regioni, con particolare riguardo al ritardo delle Regioni meno favorite (art. 174 TFUE). Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’UE, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento
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R. SOLOW, A Contribution to the Theory of Economic Growth, in Quarterly Journal of
Economics, 70, 1956, pp. 65-94
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P. KRUGMAN, Geography and trade, Cambridge, The MIT Press, 1991 - A.J. VENABLES,
della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare l’UE mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un’attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.166
La Politica di Coesione, in base al presupposto per cui non tutti i territori dell’UE garantiscono uno stesso livello di opportunità dal punto di vista dello sviluppo economico e sociale, individua delle risorse specifiche al fine di ridurre gli squilibri tra i territori. Accanto a interventi di carattere ordinario, la Politica di Coesione dell’UE prevede anche interventi “aggiuntivi”, che si differenziano nettamente da quelli ordinari, sia per specifiche finalità – consistenti nel superamento degli squilibri economici e sociali, in una prospettiva territoriale, dimensione che è assente nelle altre politiche unionali.
L'UE appoggia questa realizzazione perlopiù con l'azione che essa svolge attraverso fondi a finalità strutturale (Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione “orientamento”, Fondo sociale europeo, Fondo europeo di sviluppo regionale), la Banca europea per gli investimenti e gli altri strumenti finanziari esistenti (art. 175 TFUE). L'elaborazione e l'attuazione delle politiche e azioni dell'UE, nonché l'attuazione del mercato interno tengono conto degli obiettivi dell'articolo 174 TFUE e concorrono alla loro realizzazione. Come gli Stati membri che conducono la loro politica economica e la coordinano anche al fine di raggiungere gli obiettivi dell'articolo 174 TFUE.
La Commissione presenta ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato una relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica, sociale e territoriale e sul modo in cui i vari strumenti previsti dal presente articolo vi hanno contribuito. Tale relazione è corredata, se del caso, di appropriate proposte. Le azioni specifiche che si rivelassero necessarie al di fuori dei
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Trattato Sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)- Titolo XVIII Coesione Economica,
Fondi, fatte salve le misure decise nell'ambito delle altre politiche dell'UE, possono essere adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio, che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato.167 Il procedimento di finanziamento della Politica di Coesione, definito dai regolamenti a cui i Trattati rinviano, coinvolge soggetti operanti a livelli di governo diversi, tanto nella fase di programmazione degli interventi che nella fase di gestione e controllo degli stessi. Ciascuno Stato membro, è sostanzialmente libero nell’individuare i livelli di governo chiamati a prendere parte alle varie fasi di programmazione ed esecuzione: l’ordinamento europeo, a tal uopo, assicura e incentiva la possibilità di un coinvolgimento attivo delle autonomie territoriali attraverso una normativa che, assegna la scelta nel merito ai singoli ordinamenti costituzionali e, quindi, perlopiù agli organi statali. Negli stessi regolamenti europei sulla Politica di Coesione, il legislatore europeo prende direttamente in considerazione l’organizzazione interna degli Stati membri interessati con ciò chiarendo che l’UE non è indifferente alla presenza di soggetti istituzionali diversi dallo Stato che, secondo l’ordinamento nazionale, potrebbero detenere rilevanti poteri in materia di attuazione del diritto sovranazionale.
Per quanto riguarda l’ordinamento costituzionale della Repubblica italiana, ad esempio, rilevano in particolare la competenza legislativa concorrente del Parlamento italiano e dei Consigli regionali a disciplinare i rapporti delle autonomie con l’UE (art. 117, comma 3) nonchè i diritti costituzionalmente riconosciuti a queste dall’art. 117, comma 5, il quale dispone che «le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza». Riconoscendo un parallelismo tra affari interni (cioè il riparto di potestà come definito in Costituzione) e affari europei (cioè
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Trattato Sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)- Titolo XVIII Coesione Economica,
l’esercizio delle stesse potestà nel momento in cui rilevano profili di coordinamento con l’ordinamento europeo).
Oggi “la finalità dell’intervento comunitario non è rappresentata soltanto dalla necessità di redistribuire le risorse per eliminare o ridurre il divario da un punto di vista esclusivamente economico e sociale, ma tende a favorire la convergenza anche da un punto di vista politico. In tal modo non si persegue esclusivamente un obiettivo legato alla competitività, ma si tende all’affermazione dei principi di uguaglianza ed equità che dovrebbero informare tutte le politiche, in special modo quelle di coesione, realizzate in ambito comunitario”.168
Per tali motivi è stato evidenziato come tale politica esprima una dimensione delle relazioni tra popoli e cittadini dell’Europa e, pertanto, sia riconducibile non solo alle politiche sociali e alle obbligazioni positive dei poteri pubblici169 ma, ben più in generale, sia espressione della forma dell’UE, facendo qui riferimento alla dimensione dell’attività di governo (governance).170 Infatti, “autorità comunitarie, amministrazioni nazionali, regionali e locali, attori sociali, gruppi di interesse ed altri soggetti vengono aggregati, al fine di ridurre il divario economico e sociale tra le “Regioni d’Europa”, quindi in funzione dell’intera collettività europea”.171
Tutto questo fa sì che quella di coesione sia una politica “popolare”, cui va ascritto
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A. DE VITA, Il ruolo delle Regioni italiane nell’attuazione della politica sui Fondi strutturali, in E. BALBONI (a cura di), La tutela multilivello dei diritti sociali, Napoli, Jovene, I, 2008, pag. 79. Sivedano, fra gli altri, pure L. SIMONETTI, Dal riequilibrio alla coesione: l’evoluzione delle
politiche territoriali dell’Unione europea, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, 2-3, 2006, pp. 415-
416 - A. CLARONI, Le politiche di coesione, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto
amministrativo. Parte speciale, IV, Milano, 2003, pag. 3797- C. BUZZACCHI, Dalla coesione all’eguaglianza sostanziale. Il percorso comunitario, Milano, Giuffrè, 2005, pp. 222- 223
169
M. MASSA, Profili generali della politica di coesione per il 2007/2013, in
amministrazioneincammino.it, «nemmeno si vuole affrontare il problema dogmatico di dare una
definizione dei diritti sociali e delle relative tecniche di garanzia, per sapere se il tipo di interventi in esame può trovare posto tra queste o se invece deve essere collocato tra le “politiche” - che pure non sono meno importanti del riconoscimento dei diritti predetti», il quale fa propria la dicotomia tracciata nella relazione del Gruppo di esperti in materia di diritti fondamentali (c.d. comitato Simitis) intitolata
Per l’affermazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea: è tempo di agire. Relazione del gruppo di esperti in materia di diritti fondamentali, edita anche in Foro it. 1999, V, 350 ss. (cfr. in
particolare 360). 170
G. MARTINICO, The impact of the cohesion policies on the “Form of Union”, in Perspectives on
Federalism, 1, single issue, 2009, pp. 3-6, il quale riprende innanzitutto le considerazioni svolte da
Mortati sulle forme di Stato e di governo per poi fare propria la proposta e l’intuizione di F. PALERMO, La forma di Stato dell’Unione europea. Per una teoria costituzionale dell’integrazione
sovranazionale, Padova, Cedam, 2005
171 S. QUINTILI, Tecniche di cooperazione istituzionale nell’ambito dei Fondi strutturali, in Rivista
giuridica del Mezzogiorno, 3, 2008, pag. 740 e C. FRANCHINI, G. VESPERINI, L’organizzazione,
un potenziale legittimante per la costruzione europea: è molto conosciuta dai cittadini europei specialmente quelli delle aree destinatarie degli aiuti – ed è ritenuta utile per la riduzione dei divari territoriali esistenti all’interno dell’UE.172
La Politica di Coesione dell’UE è allo stesso tempo ancor oggi oggetto di opinioni contrastanti, a tutti i livelli del dibattito politico, economico e istituzionale. Alcuni la considerano uno strumento moderno ed efficace di governance multilivello, per promuovere l’innovazione e rafforzare la capacità di sviluppo dei territori. Altri dissentono, evidenziando la mancanza di impegni vincolanti da parte di chi riceve i fondi e l’insuccesso nel promuovere progressi istituzionali, per cui considerano la Politica di Coesione uno strumento facilmente utilizzabile da soggetti poco innovativi e funzionale ad alimentare nuova stratificazioni della burocrazia in virtù della complessità delle sue regole. Alcuni considerano la Politica di Coesione come uno strumento indispensabile per consentire all’UE di rispondere alle aspettative di pari opportunità che la sua stessa esistenza ed i suoi interventi alimentano nei propri cittadini. Altri ancora la ritengono un meccanismo inefficiente per redistribuire risorse tra Stati membri e Regioni, in quanto allo stesso tempo ostacola i processi di agglomerazione delle attività economiche, non riesce a produrre maggiore equità e indebolisce gli Stati nazionali.173
La Politica di Coesione ha dimostrato di detenere la potenzialità di conformare anche altri settori dell’azione pubblica europea: i suoi strumenti sono stati studiati per essere cioè utilizzati al fine di perseguire obiettivi fatti propri e sostenuti da politiche meno dotate dal punto di vista finanziario ed organizzativo. Inoltre le relazioni tra Commissione e amministrazioni nazionali sono strutturate secondo una forma organizzativa e procedimentale tale da garantire il perseguimento di interessi interdipendenti174: in questo
172
Sul punto si vedano i risultati emersi dalla rassegna condotta nel gennaio 2008 sulla percezione della politica regionale da parte della cittadinanza. Ne emerge un quadro nel quale i cittadini europei conoscono la politica (il 50%) e la ritengono un’iniziativa meritevole del livello europeo (80%). I risultati sono consultabili sul sito http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_234_en.pdf.
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F. BARCA, Un’ agenda per la riforma della politica di coesione, Rapporto indipendente Predisposto nell’aprile 2009 su richiesta di Danuta Hübner, Commissario europeo alla politica regionale, sintesi in italiano, 2009
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S. MENTO, I poteri amministrativi della Commissione europea in materia di fondi strutturali, in
senso tale politica ha dato luogo al più analizzato esempio di funzione pubblica esercitata secondo il modello della MLG.
Per tutti questi motivi la Politica di Coesione è, in definitiva, non solo il luogo di nascita delle riflessioni intorno alla MLG, ma pure il terreno più proficuo su cui verificarne il contenuto anche alla luce della sua concreta applicazione.