• Non ci sono risultati.

Il quadro legislativo giordano attuato in risposta all’afflusso dei rifugiati sirian

Grafico 3: Numero di siriani nei governatorati con campi profugh

3.1 Politiche e procedure per richiedere asilo in Giordania 1 Ingresso

Il confine che divide la Giordania dalla Siria si estende per 378 km: lungo di esso ci sono 25 valichi ufficiali e altri 23 che aprono a seconda della situazione.180

Sin dall’inizio il Regno Hashemita ha dichiarato le sue frontiere aperte, se non altro usando questa retorica per assicurarsi un cospicuo afflusso di denaro sotto forma di aiuti umanitari.181 Questa politica ha comunque permesso alle centinaia

di migliaia di siriani di entrare in Giordania superando le reti di filo spinato poste a separazione dei due Stati. La gran parte di essi è entrata dal valico ufficiale di

178 Non esiste una definizione chiara per questi insediamenti, tuttavia l’Agenzia ONU per gli insediamenti umani li descrive quali “insediamenti non pianificati e aree dove le abitazioni non sono conformi alle correnti regole di pianificazione e costruzione” (REACH, 2013).

179 REACH 2013, p. 2. 180 Al-Kilani 2014, p. 30. 181 Achilli 2015, p. 9.

Dar‘a/Ramṯā oppure da quello più ad est di Naṣṣīb/Ǧāber, sebbene una quantità minore di siriani abbia scelto di accedere da frontiere non controllate temendo di trovare l’esercito governativo siriano che potesse negare loro l’uscita dal paese.182

Solitamente i siriani raggiungono le zone di frontiera percorrendo un cammino lungo e pericoloso183 e dopo aver raggiunto il territorio giordano sono

accompagnati a Rabā‘ al-Sarḥān, un punto di transito gestito dal governo giordano e dall’UNHCR in cui vengono registrati i dati dei migranti, i quali successivamente sono traferiti in uno dei campi sopra nominati. Pochi sono, invece, i dettagli inerenti le modalità con cui il governo giordano gestisce le entrate informali. Si può, però, affermare che i siriani non hanno bisogno né di visti né di permessi di soggiorno per poter entrare in Giordania ma è sufficiente che portino con sé i propri passaporti. Poiché la Giordania non è firmataria della Convenzione sullo Status dei Rifugiati del 1951 né del Protocollo del 1967 essa riceve i rifugiati siriani nella cornice della Legge sulla Residenza e Affari Esteri Nr. 24 del 1973 e suoi emendamenti (qānūn al-’iqāma wa šu’ūn al-’aǧānib wa ta‘dīlātihi

raqm 24 li-sanah 1973) che escludendo all’Articolo 29 i cittadini degli Stati

confinanti dal suo campo d’azione, concede a questi un’opportunità d’ingresso facilitato.

Dal 2001, inoltre, i siriani – così come i giordani – hanno potuto oltrepassare il confine liberamente, in forza di un Accordo Bilaterale di Cooperazione sulla Forza Lavoro (’ittifāq bi-ša’n al-ta‘āwun fī maǧāl al-quwwā al-‘āmilah bayna ḥukūmah

al-mamlakah al-’Urduniyyah al-hāšimiyyah wa ḥukūmah al-ǧumhūriyyah al-‘arabiyyah al-sūriyyah)184. Tuttavia, anche dopo aver ottenuto lo status di rifugiato conferito

dall’UNHCR, il siriano è considerato un cittadino straniero e come tale non gode di particolari diritti, non acquisisce la residenza giordana e, ancor più importante, neppure il diritto a potervi svolgere un lavoro.185 In questa sede bisogna altresì

notare che, nel periodo iniziale, la Giordania ha accolto entro i propri confini anche i palestinesi siriani che sono fuggiti principalmente dal campo profughi di

182 Seeley 2012, p. 14.

183 I due valichi nominati sono stati ripetutamente teatro di scontri tra le forze armate siriane e giordane oppure tra i militanti dell’esercito siriano libero e l’esercito di Bašār; quale misura cautelare la Giordania ha risposto chiudendo temporaneamente la frontiera.

184 Disponibile in arabo al link

<http://www.agreements.jedco.gov.jo/main/doc/Syriamllaco01a.html> 185 SNAP 2013, p. 7.

77 Yarmouk e con i quali sono state applicate le stesse identiche procedure usate con i siriani. Il ribaltamento della situazione è avvenuto nell’aprile 2012 quando, osservando che il peggioramento delle condizioni in Siria causava un maggior afflusso di migranti, la Giordania ha adottato una vera e propria politica di esclusione nei loro confronti.186 Questo provvedimento ha impedito ai palestinesi

siriani di entrare nel Regno Hashemita e ha messo a rischio refoulement anche coloro che hanno avuto la possibilità di entrare precedentemente a quella decisione.187 La politica d’ingresso attuata dalla Giordania ha avuto i suoi momenti

bui macchiando in questo modo la sua immagine di “porto sicuro” per i rifugiati, sebbene il governo abbia ripetutamente smentito tutte le notizie al riguardo.

3.1.2 Registrazione

Come è stato discusso, la Giordania non dispone di una legge interna per rispondere alla massiccia presenza di rifugiati nel proprio territorio nonostante le ripetute promesse di lavorare a una sua formulazione al fine di gestire autonomamente i flussi di richiedenti asilo che ciclicamente arrivano chiedendo protezione. Questo vacuum normativo è compensato dal MoU tra l’UNHCR e la Giordania tramite il quale le procedure principali per la ricezione degli immigrati sono affidate all’UNHCR. Quest’agenzia delle Nazioni Unite è, infatti, responsabile di intervistare queste persone e procedere successivamente alla scansione biometrica e dell’iride, un processo a seguito del quale viene loro rilasciato un certificato d’asilo (Asylum Seeker Certificate – ASC). Il certificato mostra la foto con i dati del richiedente asilo e, se giunto con la propria famiglia, i dati degli altri componenti.188 Molti di questi certificati mostrano capofamiglia donne, segno che

esse sono giunte con i figli ma senza il marito; le ragioni di questa separazione sono svariate ma nella gran parte dei casi l’uomo è morto, o è rimasto a combattere oppure lavora in un paese arabo del Golfo.189 Il documento è scritto in

inglese e in arabo e garantisce assistenza al detentore e alle persone a suo carico,

186 Achilli 2015, p. 4. 187 Ibidem.

188 Ho sfogliato personalmente alcuni fascicoli contenenti questi certificati presso la Caritas Jordan – sezione di Amman – che si occupa di sovvenzionare cure sanitarie ai rifugiati che ne hanno bisogno.

proteggendole dal rimpatrio forzato e chiarendo che esso non vale quale permesso di soggiorno o di lavoro in Giordania, permessi che, invece, devono essere richiesti alle autorità giordane. Il documento ha validità di un anno a partire dalla data di rilascio190 (v. Immagine 1).

Solo ai rifugiati residenti nei campi viene poi rilasciata una tessera che garantisce l’accesso ai servizi: buoni pasto del World Food Programme, assistenza sanitaria, beni di prima necessità.191 Nonostante il governo giordano sia privo di

un sistema per la determinazione dello status, è emerso che esso conduce un’ulteriore indagine, svolta dal MoI, a seguito della quale viene consegnata una seconda tessera, che serve quale dimostrazione di registrazione presso il ministero stesso ed è fondamentale per i rifugiati che risiedono al di fuori dei campi perché dà loro diritto all’educazione e all’assistenza sanitaria.192 In altre

parole, i siriani che non si registrano – per i motivi più disparati quali mancanza di documenti, paura di essere arrestati, timore che i loro dati vengano condivisi col regime siriano – non ottengono le tessere di cui sopra e di conseguenza sono privi di qualsiasi forma di assistenza e sovvenzione.

Si noti, però, che fino al 2014 i documenti d’identità che i siriani presentavano per le procedure di registrazione venivano confiscati dalle autorità giordane limitando, così, la loro libertà di movimento. Dal primo momento in cui i siriani sono entrati in Giordania ad oggi le regole per la registrazione sono cambiate ripetutamente e, soprattutto, sono state implementate di pari passo con una crescente “urbanizzazione” dei rifugiati al fine di riuscire a controllare meglio i loro movimenti una volta usciti dai campi. Le frequenti modifiche che hanno avuto lo scopo di inasprire le regole di registrazione, hanno creato confusione e indotto una parte consistente di siriani residenti nelle aree urbane a non rinnovare alcuni documenti, ad esempio i certificati di asilo, col timore di essere deportati nei campi o, addirittura, reintrodotti in Siria.193

190 Fino a dicembre 2013 il certificato valeva sei mesi, in ottemperanza a quanto previsto dall’Art. 5 del MoU che fissa a sei mesi il periodo massimo di soggiorno dei rifugiati. Il termine è stato esteso a un anno a partire dal 2014 (<http://www.unhcr.ie/news/humanitarian-emergency/inter- agency-regional-response-for-syrian-refugees>).

191 Akram 2014, p. 62. 192 Ivi, p.63.

79

3.2 I rifugiati siriani nelle aree urbane: politica e pratica