Proteggere i rifugiati: strumenti internazionali e risposte regional
2.3 Strumenti regionali per la protezione dei rifugiat
Il regime internazionale in materia di rifugiati è basato sulla Convenzione relativa allo Status dei Rifugiati del 1951, uno strumento legale internazionale che fu originariamente concepito come un trattato regionale, con limitazioni geografiche e temporali relative ai rifugiati generati in Europa prima del 1951. La portata spaziale e temporale di questo trattato fu ampliata dal Protocollo del 1967, con cui il diritto a cercare asilo si estese ai rifugiati generati anche al di fuori dell’Europa dopo il 1951. Il punto di svolta si ebbe quando divenne evidente che i modelli di migrazione forzata variavano da regione a regione. Questa constatazione condusse alla creazione di strumenti regionali addizionali, ad integrazione di quelli internazionali preesistenti. Si può, effettivamente, parlare di integrazione perché questi accordi a carattere regionale aggiunsero una considerazione più obiettiva alla definizione di rifugiato.
Nel 1969 l’OAU adottò la Convenzione che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa che, a differenza della Convenzione del 1951, garantisce lo status di rifugiato a coloro che fuggono non solo da persecuzioni, ma da una violenza generalizzata. L’articolo 1, dopo aver riconfermato la figura del rifugiato come definita dalla Convenzione internazionale, la espande al comma 2:
«Art. 1 (2): Il termine “rifugiato” deve applicarsi anche ad ogni persona che, a causa di aggressioni esterne, occupazione, dominio straniero o gravi turbamenti dell’ordine pubblico in tutto o in una parte del paese d’origine o di cittadinanza, è costretta a lasciare il suo luogo di residenza abituale per cercare rifugio in un altro luogo fuori dal suo paese di origine o di nazionalità.»
È da segnalare, poi, che l’OAU ha sviluppato nel 1994 una convenzione riguardante gli IDP ed essa si configura come il primo e unico tentativo di dare un quadro giuridico regionale al problema degli sfollati interni, ispirata ai principi guida dell’ONU in materia.120 Il documento nacque dall’osservazione che in Africa
il numero di IDP superava di gran lunga quello dei rifugiati, soprattutto dopo i sanguinosi eventi occorsi in Ruanda tra le tribù Tutsi e Hutu, e consiste in una serie di “raccomandazioni” o “consigli”.
Un ulteriore strumento regionale a garantire protezione ai rifugiati è la Dichiarazione di Cartagena del 1984, un accordo non vincolante che fu adottato da una conferenza di rappresentanti di governi latino-americani per la protezione internazionale dei rifugiati in America centrale, Messico e Panama. Anche questo documento riconferma le norme previste dalla Convenzione del 1951 e suggerisce che la figura del rifugiato in questa regione debba includere
«le persone che sono fuggite dal proprio paese perché le loro vite, la loro sicurezza o libertà sono state minacciate da una violenza generalizzata, un’aggressione straniera, un conflitto interno, una violazione massiccia dei diritti dell’uomo o altre circostanze che abbiano gravemente turbato l’ordine pubblico.»
Anche gli Stati arabi hanno cercato in qualche modo di dare una risposta regionale al problema dei rifugiati senza ancora giungere ad una soluzione unica e definitiva. Dal 1984 al 1992 si sono tenuti quattro Seminari di Esperti Arabi sul diritto di Asilo e dei Rifugiati a San Remo (1984), Tunisi (1989), Amman (1991) e Il Cairo (1992) in collaborazione con enti internazionali e sotto gli auspici dell’UNHCR. Durante questi seminari tali esperti denunciarono il continuo aumento di rifugiati nel mondo arabo, soprattutto in alcuni Stati del Medio Oriente, e invitarono le nazioni non ancora partecipi degli strumenti internazionali a prendervi parte nel più breve tempo possibile; la commissione di esperti, poi, tentò di sollecitare gli Stati arabi a promulgare legislazioni nazionali sui rifugiati in conformità con i precetti e gli insegnamenti dell’Islam senza, tuttavia, ignorare gli strumenti internazionali esistenti. È fondamentale rilevare che, se da una parte gli Stati arabi hanno prevalentemente rifiutato di aderire alla Convenzione di Ginevra quanto al Protocollo, dall’altra non hanno mai cessato di
53 legittimare l’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati e che ha iniziato ad operare ancor prima che venisse emanata la Convenzione di Ginevra, di cui svolge il ruolo di supervisore nella sua applicazione121. L’ultimo
passo compiuto dalla Lega degli Stati Arabi per un intervento organico verso la tutela dei rifugiati risale al 1994. La Lega, infatti, intraprese una serie di negoziazioni con l’UNHCR, risultanti nell’elaborazione della Convenzione Araba
sulla Regolamentazione dello Status dei Rifugiati nei Paesi Arabi. Questo documento
presenta un forte richiamo alla Convenzione del 1951 ed è un tentativo di definire la categoria di rifugiato nel mondo arabo, così come di sviluppare una cornice legale e una normativa regionale per gestire i flussi di rifugiati e trovare soluzioni collettive alle difficili situazioni.122 Anche in questo caso, la definizione di rifugiato
presente nella Convenzione di Ginevra è riconfermata insieme ad un suo ampliamento:
«Art. 1 (2): Qualsiasi persona che prende involontariamente rifugio in un paese diverso dal suo paese di origine o il suo luogo abituale di residenza a causa di aggressione contro, occupazione e dominazione straniera di tale paese o a causa del verificarsi di disastri naturali o di eventi gravi con conseguente importante interruzione dell’ordine pubblico in tutto il paese o parte di esso.»
Più di vent’anni sono trascorsi dalla stesura di quella convenzione, eppure gli Stati arabi, ad eccezione dell’Egitto, non lo hanno ancora ratificato. Ciononostante le negoziazioni sono continuate fino al 2000 quando Lega Araba e UNHCR giunsero ad un accordo che invitava alla cooperazione tra le due organizzazioni in campo umanitario e all’assistenza dei rifugiati nel contesto delle convenzioni arabe e internazionali. A partire da qui, i governi arabi hanno avviato procedure per incorporare la legislazione internazionale e regionale in materia di rifugiati nella normativa nazionale in materia di asilo e migrazione. La tematica dell’asilo è, al tempo stesso, importante e controversa. Sebbene il diritto a cercare asilo sia il principio ispiratore della Convenzione del 1951, quest’ultima, così come tanti altri strumenti legalmente vincolanti, non danno una definizione specifica di questo diritto. Quest’osservazione è valida anche per gli strumenti promossi dai paesi arabi, presso i quali la concezione dell’asilo è passata dall’essere un atto di protezione per coloro che in tempi remoti svolgevano il
121 Artini 2008, p. 53. 122 Iaria 2013, p. 113.
dovere sacro della hiǧra, la migrazione in epoca islamica, all’essere una prerogativa dello Stato.123 Oggi, pochi Stati musulmani e arabo-musulmani
invocano, all’interno delle proprie legislazioni, i principi islamici relativi all’asilo anche quando dichiarano apertamente di essere governati dalla Šarī‘ah – la legge islamica. Le legislazioni nazionali sui rifugiati, ove presenti, sono moderne e seguono, perlopiù, la Convenzione del 1951 congiuntamente agli strumenti regionali, e le pratiche rispettano la tradizione umanitaria nell’accoglienza degli stranieri e nella protezione dei bisognosi.124 Di conseguenza, in epoca moderna,
l’atteggiamento adottato dal mondo musulmano verso i rifugiati è di gran lunga meno protettivo rispetto a come era stato concepito dalla tradizione islamica.