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Il polo liturgico e gli spazi funerari.

Il riconoscimento di numerose sepolture sul contesto permette di proporre alcune riflessioni riguardo la presenza e l’articolazione di spazi dedicati alla pratica funeraria all’interno del complesso di San Benedetto di Leno61. Si riconoscono diversi settori di inumazione: oltre alla tomba, datata alla seconda metà dell’VIII secolo, visibile all’interno della navata della chiesa di prima fase, una sepoltura isolata, di difficile attribuzione cronologica, è stata rilevata a Ovest rispetto all’ingresso dell’edificio62. Alcune sono associate alle murature residue individuate a Nord dell’abbaziale e interpretate come le strutture del chiostro almeno di epoca rinascimentale63. Il maggior numero di inumazioni (circa 90) infine si dispone a Sud del campanile di fase romanica e su tutta la porzione SE rispetto alla chiesa principale64. La totale mancanza di corredi ha limitato la possibilità di datare queste tombe; tuttavia la sequenza stratigrafica relativa e una serie di datazioni con metodo al radiocarbonio hanno permesso di distinguere, seppur approssimativamente, le diverse fasi della necropoli, utilizzata durante un arco cronologico che va almeno dal IX fino al XV-XVI secolo65 (periodi IV

61 Si tratta di problematiche messe a fuoco da precisi filoni di ricerca ben focalizzati ad esempio dai recenti

contributi di DE STEFANIS 2011, 2015 e 2016.

62 Indagini 2002, Trincea 1. 63 Indagini 2002-2003.

-VIII nella sequenza globale). In generale, le sepolture sono caratterizzate per la maggior

parte dalla presenza di una struttura in laterizi e ciottoli e una copertura con elementi disposti “alla cappuccina”. In numero minore sono ricavate in una semplice fossa terragna di forma quadrangolare o ovoidale.

La prima fase di sepolture (non oltre l’inizio del X secolo) non seguiva particolari criteri di posizione e orientamento, ma sembra comunque aver considerato il limite del primo fossato NE/SO, evidentemente ancora attivo. I resti di una struttura quadrangolare spoliata (US

536/09), risulterebbero un secondo ipotetico elemento di rispetto per le tombe di questa

fase che, infatti, nonostante la fitta concentrazione topografica, si disponevano tutte attorno a un’area di risparmio quadrangolare. L’esiguità delle evidenze spinge a non approfondire ulteriori ipotesi riguardo alla presenza di un primitivo edificio di culto in questo punto66. In un momento successivo (fine X-XI secolo), è stata comunque osservata sull’area la costruzione di una piccola cappella, nuovo polo di attrazione per le inumazioni, che inizieranno a disporsi all’esterno, a raggiera, attorno all’abside67.

Nelle fasi successive, dal XII alla fine del XV secolo, le sepolture vennero ricavate nella porzione a Sud rispetto alla cappella e come accennato sopra, attorno alla torre campanaria. E’ probabile che questa nuova sistemazione, maggiormente orientata verso il settore interno al complesso, fosse collegata a problemi di dissesto idrologico, o a una scelta funzionale alla maggiore protezione del monastero. Diverse tombe della fase II infatti, risultano parzialmente intercettate da un ampliamento del canale N/S, forse a causa di una ulteriore escavazione programmata, o di un evento occasionale che determinò il dissesto della sponda occidentale. Qualunque sia l’origine di questa condizione appare piuttosto chiaro come l’inserimento del grosso muro a “L” (USM 116/09), in direzione est, abbia rappresentato, probabilmente già dal XII secolo un nuovo confine sia per le attività funerarie che per il complesso in generale.

Ritornando brevemente all’analisi della chiesa orientale, vale la pena aggiungere alcuni dati di interesse, per offrire nuovi spunti di riflessione. Rimane ad oggi un problema aperto la sua intitolazione; in più occasioni l’edificio è stato associato a San Giacomo grazie alla

AD (90.3%) 1500 AD. Per l’elenco completo si veda infra il capitolo 4.2.3: Ricerche 2009-2010. Le indagini sulla porzione SE del parco.

66 D.A. MORANDI 2015, p. 5

67 La datazione di questo gruppo di sepolture non supera l’anno 990, indicando che la realizzazione della chiesa

descrizione di questa chiesa come localizzata all’interno del complesso68. L’investitura di Gonterio avvenne inoltre «sub laubiam domini abbatis apud truinam ecclesie sancti Jacobi

de Leno»69. Il ritrovamento della struttura USM 600/09 in appoggio proprio all’abside della nostra chiesa suggerì una facile identificazione della stessa e l’interpretazione del grande muro come parte della casa dell’abate. Dal punto di vista archeologico, non sussistono a mio avviso elementi costruttivi che possano confermare la lettura di questa struttura come muro perimetrale per un edificio residenziale, né tantomeno è stata documentata la presenza di articolazioni interne degli ambienti con funzione abitativa. Tuttavia, la perdita del bacino stratigrafico a causa delle attività di cava più recenti obbliga a non escludere completamente tale ipotesi.

Con altrettanta prudenza si vuole in questa sede proporre una possibile diversa dedicazione della chiesetta alla Vergine Maria. Abbiamo notizia di un oratorio di S. Maria nell’abbazia di S. Benedetto di Leno in un’iscrizione degli inizi del XIII secolo70. La seconda e più audace considerazione riguarda l’intitolazione alla Vergine di numerose cappelle secondarie che spesso prevedevano l’accesso non esclusivo ai monaci, bensì aperto anche alla comunità civile, costruite ai margini di alcuni complessi monastici altomedievali di ambito europeo e definite come cappelle liminari71. La prospettiva di una chiesa “di confine” determina necessariamente la presenza di un ingresso al monastero su questo lato, che risulterebbe in una posizione piuttosto ravvicinata all’antica pieve di San Giovanni e che almeno nel XII secolo potrebbe essersi favorevolmente coniugata con la costruzione di un possente nuovo elemento della cinta muraria72. Ulteriore supporto a queste congetture deriva da una analisi più generale del nuovo assetto della chiesa abbaziale di fase romanica. La costruzione di una grande chiesa con un doppio polo liturgico e forse un fonte battesimale73, deriverebbe dal

68 ZACCARIA 1767, doc. XXIX, p. 142. L’attestazione è contenuta in un testimoniale del processo tra l’abate

Gonterio e il vescovo Giovanni da Fiumicello del 1194, nel quale il testimone riferisce di fatti avvenuti nei decenni precedenti “Dicit quoque quod vidit episcopum cremonensem crismare in ecclesia sancti Jacobi que est

in ambitu monasterii. Interrogatus de tempore respondit XX annos et plus fore”.

69 F. A. ZACCARIA 1767 p. 290, ripresa in BARONIO 1988, p. 222.

70 Oratorio di S. Maria: «In abbatia S. Benedicti de Leno in ecclesiola quae dicitur S. Mariae» in C.I.L. V, 4187.

Ripresa da Panazza 1959, p. 27, n.4

71 A Novalesa la cappella di Santa Maria era adibita alla sepoltura dei neonati ed essendo la più esterna,

garantiva l’accesso anche alle donne. G. CANTINO WATAGHIN, E. DESTEFANIS 2014, p. 543. Una chiesa cimiteriale dedicata alla vergine venne costruita subito all’esterno del monastero di San Pietro di Lobbes, in Belgio.

tentativo da parte dell’abate di convergere alcune funzioni di cura d’anime presso la chiesa monastica «raddoppiando la stessa con una contigua e collegata chiesa plebana, che ne costituiva il pendant»74. In una sorta di nuovo itinerario della liturgia si potrebbe ben

contestualizzare la presenza di una cappella funeraria, forse dedicata alla Vergine, probabilmente accessibile anche ai laici come primo punto di accoglienza al monastero dal villaggio esterno75.

La visibilità, almeno per le fasi più tarde, di numerose tombe multiple, probabilmente a nucleo familiare e l’utilizzo di un approccio antropologico, con la determinazione della stima del sesso e dell’età alla morte, eseguita su circa una ventina di individui, hanno confermato come fin dalle prime fasi si riconoscano anche alcune sepolture femminili e che non si possa trattare del cosiddetto cimitero dei monaci76. A chi era dedicato quindi questo spazio funerario comunitario? Alcune note del XVI secolo ricordano che, prima della commenda, i monaci erano soliti abitare con gli agricoltori che lavoravano le terre dell’abbazia77. Si tratta di una notizia tarda ma che potrebbe suggerire una consuetudine più antica, secondo la quale anche il variegato mondo dei servitori del monastero poteva vedere riservato uno spazio di sepoltura all’interno delle mura del complesso78. In questo senso, il diploma di Adalberto e Berengario II del 958, contiene proibizioni per i pubblici funzionari affinché non facciano violenza contro i monaci e i «familii, massarii, aldiones aut commendatitii»79. Non sembra una casualità quindi che il disegno della pianta del monastero della fine del ‘700, alle soglie della soppressione dell’abbazia, non preveda più la raffigurazione di questa piccola chiesa, forse demolita proprio poco dopo il 147980.

Le sepolture dei monaci potevano avvenire invece, almeno dall’epoca carolingia, in posizioni privilegiate e particolari, come all’ingresso della sala capitolare o nelle gallerie del chiostro, pratica che troverebbe riscontro, almeno per le fasi più recenti del monastero, nell’evidenza

74 In merito all’argomento si è ampiamento espresso P. PIVA 2006, Le chiese medievali, pp. 147-150, la cui tesi

viene supportata da E. DESTEFANIS 2011a, p. 370 e 2016, p. 509.

75 L’esistenza di un campanile annesso, testimoniata dai resti di una base quadrata esterna alla chiesa e da una

fornace per campane, si figura come ulteriore elemento di richiamo della comunità.

76 Analisi antropologiche della dott.ssa E. Fiorin. Per una panoramica si veda infra il capitolo 3.3.

77 L. CIRIMBELLI 1993, p. 89. Parlando di una testimonianza dei reggenti della comunità di Leno: «avanti la

commenda l’abbate e i monaci abitavano il monastero con le famiglie dei coltivatori e se partivano per qualche tempo lasciavano i loro fattori ad attender alli affari delle loro possessioni, che non si recasse alcun danno e pregiuditio al monastero stesso».

78 E. DESTEFANIS 2016, p. 494.

delle tombe rinvenute a Nord della chiesa abbaziale e che confermerebbe la presenza di almeno due distinti poli di sepoltura81.