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Rilievo complessivo con l’indicazione delle fasi (D.A MORANDI 2015, p 9)

La sequenza cronologica relativa 43

Tavola 4: Rilievo complessivo con l’indicazione delle fasi (D.A MORANDI 2015, p 9)

Fase I

In un’unica fase vennero accorpate tutte le unità stratigrafiche più antiche, senza riuscire a definire un’ulteriore successione interna tra le evidenze, a causa delle ridotte dimensioni dell’area interessata. Si riconobbero alcune buche di palo (UUSS 640 - 650), concentrate nella porzione centro-settentrionale del settore di scavo e due ristrette canalette di andamento incerto. Il limite SE era costituito dalla traccia di un taglio (US 617) con orientamento NE/SO, rilevato per una lunghezza di circa 7 m e ampio 1,5 m. I materiali emersi risultano rari e costituiti principalmente da frammenti di ceramica grezza e pietra ollare. Nel riempimento della fossa venne recuperato un piccolo elemento di cintura in metallo, datato per confronto al VII secolo d.C.. La presenza di questo tipo di reperti spinse ad interpretare il contesto come i “resti di abitazioni delimitate da un corso d’acqua che appare già colmato entro il VII secolo”44.

A questa prima fase vennero riferiti infine anche le tracce dell’asportazione di una struttura con forma a “L”, di non chiara attribuzione, costituiti da frammenti laterizi mescolati in una matrice di sedimento limo-argilloso (US 536).

Fase II

Questo momento appare principalmente caratterizzato dalla comparsa di una serie di tombe ad inumazione. Gli scheletri si presentavano tutti orientati E/O, con cranio ad Ovest e le sepolture qui vennero per la maggior parte ricavate in fossa terragna. Feti, infanti e sub- adulti furono disposti nella porzione N/E, rispetto agli individui adulti. Le tombe non contenevano alcun elemento di corredo, caratteristica che si è rivelata comune per tutta la necropoli anche dei periodi successivi. Si scelse quindi di eseguire alcune datazioni con metodo al radiocarbonio su un numero totale di 21 scheletri, presi a campione tra le diverse fasi relative45. I risultati permisero di inquadrare l’inizio di tale fenomeno tra il IX e il pieno X secolo.

La distribuzione delle tombe in questa fase non sembrava seguire particolari disposizioni, ma va evidenziata la mancanza di sepolture sull’area occupata da US 536 e dal taglio diagonale (US 617, fase I).

Venne ipotizzata la presenza di un piccolo edificio non conservato (dimensioni 3 m x 5,5 m), a probabile carattere religioso, attorno al quale si distesero le sepolture più antiche e si ricavò un settore dedicato alla deposizione di neonati e bambini.

Un nuovo fossato, con andamento N/S (US 613), venne ricavato a Est rispetto al precedente, il quale all’epoca risultava probabilmente già sigillato.

Fase III

Sull’area occupata dal maggior numero di sepolture durante la fase II, venne costruita una chiesa, di cui si conserva parte delle fondazioni perimetrali in muratura. L’incrocio dei dati stratigrafici con i risultati di alcune datazione assolute, permette di inquadrare la realizzazione di questa struttura entro la fine del X secolo.

L’edificio, (11,5 m di lunghezza per 6,5 m di larghezza totale), orientato E/O, mostra un’unica navata e la terminazione ad abside semicircolare. I perimetrali erano costituiti prevalentemente da ciottoli di dimensioni decimetriche, alternati a rari frammenti di laterizi, legati da malta molto tenace biancastra. Il muro dell’emiciclo risulta largo fino ad 1,15 m e presenta un elemento di rinforzo trasversale, posto all’estremità della navata, con funzione di catena.

La parete Nord risulta obliterata dalle strutture attualmente in alzato e l’area di ingresso alla chiesa è disturbata da un limite di cava moderna. Tuttavia, l’indagine su questa porzione ha dimostrato la presenza, seppur malamente conservata, di una propaggine muraria in direzione ovest, oltre il punto di ingresso alla chiesa (a Ovest del perimetrale Sud US 131). Si tratta probabilmente di quel che rimane di uno spazio antistante, un atrium o paradisus secondo la terminologia utilizzata per questo tipo di evidenze a partire dall’VIII secolo. Quest’ultimo poteva ricoprire diverse funzioni; come luogo di raduno dei fedeli, o punto di accoglienza per pellegrini e viandanti, come collegamento tra l’edificio e altre strutture adiacenti, infine come spazio di sepoltura46.

Sull’area interna alla navata, venne riconosciuta una fossa di fusione per campane (fig.)47. All’interno di un taglio di forma circolare (US 529) infatti, il riempimento (US 530) si presentava ricco di terreno mescolato a frammenti di argilla compattata dal contatto con una fonte di calore molto consistente e a scorie di bronzo fuso. A sud, un secondo taglio di

forma sub-rettangolare (US 531), mostrava tracce di argilla scottata.

Coeve alla costruzione della chiesa risulterebbero anche la struttura US 101 e il lacerto di muro N/S (US 615), entrambi realizzati immediatamente a sud dell’edificio. Anche in questo caso si tratta di strutture conservate solo a livello di fondazione e intercettate da attività successive, di difficile interpretazione ma che grazie ad alcuni rapporti stratigrafici chiarificatori è possibile ipotizzare in fase con il primo periodo di fruizione della chiesa48. Infine, nella porzione sud-orientale rispetto all’edificio legata al catino absidale, venne osservato un piano di calpestio composto da frammenti laterizi e ciottoli minuti mediamente selezionati, legati con limo compatto, steso limitatamente a Est del lacerto di muro US 615. Apprezzando i dati riferiti da una fonte della fine del XII secolo si ricorda la vicenda di un vescovo cremonese che sarebbe stato visto «crismare in ecclesia sancti Jacobi que est in

ambitu monasterii»49. L’annovero di una chiesa di San Giacomo interna all’ambito del complesso, è stato come indicazione valida per la possibile associazione dei resti archeologici di questa struttura appunto con la chiesa di San Giacomo.

Figura 9 . Fossa di fusione per la campana della chiesa.

Fase IV

L’area occupata dal battuto pavimentale esterno venne ben presto defunzionalizzata attraverso la deposizione di un numero considerevole di sepolture, datate con metodo al radiocarbonio tra il X e gli inizi dell’XI secolo (fig.).

Le sepolture in questa fase non presentavano particolari disomogeneità rispetto alle precedenti ma venne rilevato un numero maggiore di strutture tombali. Le casse, per la quasi totalità prive di elementi di copertura, erano costituite da frammenti di laterizi legati con argilla. Gli individui risultavano tutti adulti deposti supini e di nuovo privi di un corredo di sepoltura. Le tombe si disponevano attorno all’area esterna all’abside, non oltre la linea del muro US 615, in maniera talvolta poco ordinata e a ridosso rispetto al taglio del fosso N/S (fase II).

Si osservarono infine alcuni tagli circolari (UUSS 667, 669, 671, 673, 609), praticati a ridosso della parete esterna dell’abside. La buca di dimensioni maggiori (US 609 TOT), presentava una zeppatura in ciottoli ed era localizzata proprio in corrispondenza del massimo sviluppo

in direzione Est dell’emiciclo. Si tratta di evidenze cronologicamente in fase con le sepolture finora dette, che sembrano rispettarne l’area di ingombro, suggerendo che la loro funzione fosse collegata al sostegno di un annesso dell’edificio realizzato in materiale deperibile.

Fase V

In questa fase il canale N/S (fase II) finì per intercettare e obliterare alcune delle sepolture, (almeno 4), le quali infatti presentavano solo la parte superiore dello scheletro (fig.). Non è possibile accertare le cause di questo fenomeno, che potrebbe essere collegato all’esondazione del canale per cause naturali, o all’esito di un intervento programmato per l’ampiamento delle sponde in direzione Ovest.

FASE VI

La sesta fase appare caratterizzata da una nuova stagione costruttiva, per motivi che rimangono solo in parte comprensibili, ma forse legati all’esigenza di limitare questa porzione del complesso e anche presumibilmente di difenderla. In rapporto di appoggio diretto alla chiesa, venne costruita una muratura (US 600), larga fino a 1,6 m, costituita da due tratti in connessione. Il primo si sviluppa dall’angolo SE dell’emiciclo in direzione Est, per una lunghezza totale di circa 12m. A questo si legava la seconda porzione, orientata circa N/S, che a sua volta si sviluppava in direzione Sud per una lunghezza visibile di 25 m. Il paramento, visibile in alcuni punti fino a oltre due metri, risulta molto regolare ed era formato da corsi orizzontali di ciottoli, alternati a frammenti laterizi e sporadicamente a elementi in pietra squadrata di riuso, messi in posa e legati con abbondante malta di calce grigiastra.

Il muro tagliava sia le sepolture della porzione orientale, che la colmatura sigillante del più antico canale N/S. Si era creata probabilmente la necessità di definire un limite più significativo per il complesso o forse l’esigenza di erigere una valida struttura difensiva. Secondo una diversa interpretazione tale muratura fungerebbe come parete perimetrale per la residenza dell’abate. Tenendo presente la possibile intitolazione della chiesa a San Giacomo, un testo della fine del XII secolo menzionerebbe una «lobia domini abbatis apud

truinam eclesiae sancti Jacobi de Leno»50. La stretta associazione tra questa muratura e l’abside della chiesa potrebbe suggerire un’interpretazione in questo senso.

Figura 10. Prospetto esterno muro US 600.

Fase VII

La costruzione del grande muro determinò un cambio dell’assetto topografico su tutta l’area. Le sepolture vennero sistemate a una discreta distanza dalla struttura e si concentrano particolarmente sulla porzione meridionale esterna alla chiesa, a ridosso di US 101. L’area venne sfruttata per un lungo periodo di tempo compreso tra XII e XVI secolo e concepita esclusivamente per l’inserimento di tombe multiple, fornite di cassa in laterizi.