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La successione e i confronti

Malgrado le limitazioni avanzate, rare connessioni stratigrafiche e la presenza di alcuni particolari elementi datanti hanno permesso di isolare l’evoluzione sostanziale delle strutture appartenenti alle tre chiese abbaziali. L’oggetto delle ricerche fu al centro di una proficua discussione tra studiosi e esperti e si tramutò in una serie di importanti contributi pubblicati recentemente16. Accettando la denominazione di Andrea Breda (Leno I, II e III), di seguito verrà stesa una sintesi descrittiva delle ricostruzioni già correttamente proposte sulla scorta dei dati archeologici e con il sostegno di puntuali confronti presenti sia in territorio italiano che in Europa nord-orientale17.

Leno I

La pianta.

La chiesa presentava una pianta di forma quadrangolare, orientata grossomodo Est-Ovest con dimensioni di circa 11 x 22 metri e una superficie interna di più di 230 mq con una navata unica, o forse a tre navate.

12 Si veda oltre il capitolo 4.3 L’ANALISI DEL COMPLESSO. 13 A. BREDA 2006b, p. 136, A. BREDA 2006a, pp. 235, 236. 14 A. BREDA 2006b, p. 136.

Le murature e gli elementi architettonici.

Se ne conserva a livello di fondazione solo una porzione del perimetrale nord (lunga circa 15 m, per 1 m di larghezza), costituita da una muratura in ciottoli e laterizi di reimpiego. Il lato meridionale si ricava da alcuni allineamenti con i muri posteriori della cripta di fase II, che ne costituirono un prolungamento in direzione Ovest. La facciata è stata precisamente localizzata grazie al recupero del tratto angolare formato dalla sua fondazione (larga 85 cm) con il perimetrale nord.

Cronologia.

L’inquadramento cronologico della chiesa è reso possibile dalla presenza di una tomba dipinta, costruita in appoggio alla prima muratura. Datata per confronto alla seconda metà dell’VIII secolo, la sepoltura offre un valido termine ante quem per la costruzione dell’edificio stesso, collegando la fondazione all’iniziativa desideriana.18

I confronti.

Non si conserva la porzione orientale della struttura, per la quale si propone una terminazione triabsidata, a confronto con San Salvatore II a Brescia, San Salvatore a Sirmione e ancora San Salvatore/San Felice a Pavia. Per assimilazione con i casi di Sirmione, San Giorgio di Montichiari (possibile dipendenza lenese), e ancora San Salvatore II in città, Breda avanza infine l’esigenza di una cripta anche per questa prima fase, di cui però in ogni caso non rimane di nuovo alcuna traccia materiale.19

Una tomba privilegiata.

Presenta una cassa rettangolare con terminazioni ricurve, a formare una sorta di “vasca”, una struttura costituita totalmente da mattoni reimpiegati, legati con abbondante malta tenace e copertura alla cappuccina. Sul fondo si osserva il cuscino con alveo cefalico. «Le pareti della sepoltura erano completamente intonacate e affrescate da tre croci rosse dalle quali si dipartono eleganti girali vegetali»20.

La tomba risulta solo parzialmente conservata, in quanto intercettata alla fine del XII secolo dalla mura perimetrali di Leno III. Tuttavia, venne in un certo senso rispettata, evitando di

18 S. STRAFELLA 2006.

19 A. BREDA 2006b, p. 121, ma anche più recentemente G.P. BROGIOLO 2014 p. 79, che suggerisce inoltre una

compromettere il resto della struttura e raccogliendo i resti scheletrici nello spazio residuo. Anche a distanza di secoli quindi, la memoria del defunto inumato in quella posizione privilegiata doveva godere di una elevata considerazione.

Le caratteristiche stilistiche delle croci monocrome permettono di datare la sepoltura alla seconda metà dell’VIII secolo21. Ci limitiamo a ribadire la similitudine recepita con una delle tombe a cassa conservate nella navata centrale della chiesa di San Salvatore II di Brescia22. La datazione della chiesa urbana, ormai abbondantemente confermata al terzo quarto dell’VIII secolo, supporta di nuovo l’iniziativa desideriana anche alla base della costruzione della più antica chiesa monastica a Leno23.

Leno II

La pianta.

La seconda fase della chiesa abbaziale si tradusse in uno sdoppiamento della struttura primitiva in direzione Ovest. L’edificio acquistò la forma di un rettangolo di base lungo circa 52 m, con navata unica e due ampie absidi semicircolari opposte (vedi Tav.1 e 2). Venne dotata inoltre una cripta quadrangolare e una torre campanaria monumentale costruita all’esterno, a Sud rispetto al corpo principale24.

Le murature.

Il muro perimetrale nord della nuova struttura venne costruito in appoggio al precedente, ma se ne conserva solo un breve tratto di circa 2m, assemblato con ciottoli e frammenti laterizi legati da una malta compatta, diversa da quella di fase I e utilizzata anche per la messa in opera della cripta e del campanile.

La cronologia.

Data la scarsa conservazione materiale della chiesa, una proposta di generica ricostruzione dei volumi del fronte occidentale e di collocazione cronologica è risultata possibile proprio grazie al ritrovamento della cripta sottostante e ad alcune osservazioni di carattere storico, nonché di confronto stilistico25. Nonostante la tardiva consacrazione della chiesa a metà del XII secolo e la tipologia della cripta ad oratorio, di cui non si conoscono confronti prima dell’anno Mille, si propende per la realizzazione del complesso durante la seconda metà del

21 Per la disamina articolata del caso e l’elenco dei numerosi confronti S. STRAFELLA 2006, pp. 159-181. 22 S. STRAFELLA 2006.

XI secolo26. Alla fine del secolo successivo infatti l’abate Gonterio iniziò una grandiosa opera di trasformazione del complesso, che si manifestò con la demolizione della chiesa esistente e la realizzazione di un maestoso nuovo edificio abbaziale al di sopra (Leno III). Il ritrovamento in sequenza verticale di quattro piani pavimentali diversi all’interno della cripta sotterranea, suggerisce una fruizione della stessa per un periodo di tempo piuttosto prolungato, calcolabile in almeno un secolo.

Non abbiamo infine tracce materiali che confermino l’esistenza di una divisione fisica, un limite tra le due parti del nuovo edificio all’altezza della facciata della chiesa più antica, o della permanenza in opera della stessa. Tale accorgimento apparve agli esperti piuttosto plausibile e sarebbe stato adottato allo scopo «da avere nello stesso tempo una chiesa unica assai più lunga e capiente ma, di fatto, anche due chiese, i cui accessi dovevano essere ovviamente ricavati sui fianchi»27.

La costruzione di una chiesa che Paolo Piva definisce «bicefala» trova numerosi confronti in area bavarese e si inserisce bene nel contesto delle iniziative di due abati provenienti da quella zona, in particolare dell’abate Wenzeslaus di Niederaltaich, protagonista di una stagione di grande prestigio del monastero leonense sotto l'egida imperiale di Corrado II e Enrico III e che condusse il monastero proprio durante l’XI secolo (1036-1055 e in seguito 1055-1068)28.