• Non ci sono risultati.

II CATERINA PERCOTO

II.4 Uno spaccato sociale

II.5.2 Il popolo ed il presentimento italiano

Il bastone283, rimasto a lungo inedito, entra a pieno titolo nel ciclo patriottico di Percoto. Il quadro di miseria dell’esistenza contadina e le conseguenti considerazioni sul fattore economico nelle plebi che contraddistinguono La donna di Osopo, vengono meno in questo racconto, pervaso da un’impostazione prettamente politica anche a livello contenutistico, nonostante siano riscontrabili chiari punti di convergenza tra le due novelle ambientate in uno di quei lembi d’Italia che attendevano la liberazione dall’invasore straniero.

L’autrice notifica che quanto elaborato in Il bastone «non è una storia peregrina: è un fatto accaduto […] a poche miglia dall’antica Acquileja. I miei personaggi qui in paese son tutti noti»284.

Secondo il topos della povera contadina, la protagonista Angelina è una giovane orfana la cui bontà è visibile a colpo d’occhio285

. Nell’economia duale del racconto, è presentata

282 Epistolario Caterina Percoto Carlo Tenca, cit., p. 31. La lettera di Percoto è datata 4 agosto 1854.

283 Il racconto non apparve su rivista e nemmeno nell’edizione dei Racconti del 1858. Fu pubblicato nell’edizione dei Racconti del 1863 per La Donna e la famiglia. Si cita da Caterina Percoto, Il bastone, in EAD., Racconti, cit., pp. 653-682.

284 Ivi, p. 653.

285 «Una di quelle semplici creature sulla cui faccia ingenua leggi subito tutti gli affetti dell’anima». Ibidem. Si profila quindi il mito dell’ingenuità del popolo.

107

parallelamente a Marianna Bressanutti, donna appartenente alla ceto contadino arricchito e madre di Beppino, «un assai caro fanciullo, d’un’indole aperta, d’un’anima soavissima; e bello e gentile d’aspetto»286

. Beppino, studente a Padova è sinceramente legato alla mamma Marianna, donna capace di instillare valori nel figlio tanto da «dirigerlo ed innamorarlo al bene»287. Si noti innanzitutto la componete pedagogica che serpeggia tra le righe, ma è significativo che l’educazione materna sia posta ora anche nei termini di formazione patriottica prospettando che i fondamenti posti dalla madre possano far sì che il ragazzo aderisca a quel movimento generazionale che è stato il nostro risorgimento:

nel narrarle de’ suoi studi, de’ suoi progetti, delle convinzioni che gli si andavano creando nella mente, nell’effonderle con gli entusiasmi che cominciava a sentire per il bello, nel metterla a parte del primo palpito che lo commosse all’idea della patria infelice, il suo spirito si rinvigoriva e il giovinetto andava formandosi e diventando uomo288.

Dal punto di vista ideologico la famiglia è anche il focolare domestico che prepara alla patria ed inoltre è stabilito un evidente nesso tra l’educazione civica e la società, nell’auspicio che il sentimento italiano si animi anche entro le mura casalinghe. In riferimento a ciò, occorre tenere presente che la narrativa percotiana è attraversata dal filo rosso del pedagogismo ed è quindi probabile che si propugni l’ideale rapporto madre-figlio. Invero, la maturazione di Beppino avviene grazie all’assiduo confronto con la madre, talché gli spunti patriottici «gli balenavano incerti e quasi in embrione [e con il] comunicarli alla madre, si facevano splendidi e prendevano consistenza»289.

Il rapporto alimentato dalla reciproca confidenza e dall’apertura totale nel dischiudere i segreti del proprio spirito è tuttavia minacciato. Nello specifico, secondo il binomio oppositivo città campagna, è il distacco fisico che separa la campagna di Aquileia in cui vive la madre e la Padova di Beppino a segnare i primi passi della distanza affettiva, destinata ad assuefarsi e a divenire allontanamento siderale che spezza le corrispondenze 286 Ivi, p. 655. 287 Ibidem. 288 Ivi, pp. 655-656. 289 Ivi, p. 656.

108

dell’animo. Il cambiamento avvenuto nel ragazzo viene registrato con una metafora botanica che recuperando le figure retoriche presenti nella narrativa rusticale, contrappone i fiori selvaggi a quelli sofisticati nello sforzo di esemplificare la perdita di innocenza in Beppino divenuto preda di una noia che lo consuma. La corrispondenza uomo-natura è quindi interrotta poiché egli predilige l’artificio e, a discapito dello primigenio status di

homme naturelle in armonia con gli esistenti, è ora inebriato dalla vanitas:

invece di assaporare il profumo del fiore anche umile che gli spuntava tra’ passi, lo calpestava sconoscente per volgere il pensiero ad altro più olezzante e più pomposo, ma che non era a sua portata; sicché ei non sapeva cogliere che le spine, e pungevasi, e ritiravasi sconfortato, e finiva sempre col lasciarsi opprimere da un tedio mortale290.

La barriera tra madre e figlio con conseguente sofferenza fisica, porta Marianna a versare l’affetto sull’umile Angelina che le ricambia l’attaccamento. Si noti che l’autrice necessita di specificare lo status non ricco della famiglia Bressanuti, i cui «usi patriarcali e l’abitudine al lavoro ti manifestano subito la recente origine contadina»291

, per connotare socialmente il rapporto instaurato tra le due donne e per opporlo al vano legame d’amore che Beppino stabilisce con un’altolocata vedova. Il giovane è colpito dal fatto che «quella vita di campagna che a lui pareva così monotona e triviale, quella fanciulla [Angelina] aveva saputo rinvenire un’altra sorgente di piaceri ch’esse peraltro tenevano gelosamente nel mistero»292.

Sino a questo momento la novella potrebbe essere canonicamente ascrivibile al modello campereccio per il dualismo a cui si fa ripetuto riferimento: corruzione della città e idillio della campagna, ricchi vanesi e operosi contadini. In una novella che è stata correttamente identificata come bipartita293, l’accenno alla patria che si accampa nella seconda parte divene motivo preminente del racconto, nel tentativo di inglobare il mondo rusticale nel flusso risorgimentale. Infatti, Angelina e le amiche si avviano per fare un bagno notturno

290 Ivi, p. 659. 291 Ivi, p. 661. 292 Ivi, p. 665. 293

109

nel fiume e, ignare che Beppino le ha seguite per capire il segreto del loro confabulare, confondono un rumore causato dal ragazzo con la presenza dell’anima errante del “morto del quarantotto”, il giovane volontario nelle milizie italiane deceduto nel giorno della capitolazione di Venezia, che la superstizione contadina soleva veder vagare per le campagne aquileiensi. Il tema risorgimentale è oramai il perno dell’azione ed infatti Angelina si allontana dalle fanciulle perché vuole rivolgersi al caduto per la patria:

-voglio consolarlo- ella disse-, voglio cantargli che l’Italia non è perduta! Che il suo sangue non fu versato indarno! O anima, che qui vieni a piangere la patria! […] quell’Italia che tanto amasti e per cui sei morto così giovane, risorge e diventa adesso una grande nazione! Ci hanno derisi, ci hanno conculcati, passarono molti anni di lagrime, e d’inenarrabili sventure; ma il Signore ebbe finalmente pietà ed ha accettato il tuo sacrifizio e quello de’ tuoi generosi fratelli, ed ecco, è venuto il giorno tanto sospirato, il giorno che quando tu morivi pareva un sogno. Io sono una povera fanciulla e non so dirti i grandi eventi, ma pregherò per te e li leggerai nel seno di Dio. Là, fra i due suoi mari –e la sua piccola mano, illuminata dal raggio lunare, aditava la non lontana e lucicante marina-, là si stende la bella penisola! Non pianger più per essa, ma vieni invece consolato a benedirla. Ella è riunita in un solo pensiero, sotto una sola bandiera; i suoi popoli già tutti si abbracciano come tanti fratelli e verranno in breve a redimere anche questo ultimo lembo di terra italiana294.

La ragazza pronuncia un’ode all’Italia e a coloro che si sono sacrificati per la libertà. Non è priva di significato l’ispirata pagina patriottica innanzitutto perché anche in questo passo è una donna a farsi portavoce delle istanze patrie ed in secondo luogo perché Angelina è una contadina appartenente ad un popolo che qui non subisce soltanto la storia, ma nutre un senso patriottico, seppur primitivo, e di riconoscimento nei confronti delle vittime dell’indipendenza, nonostante non sia presupposto come necessario il contributo dei subalterni alla causa nazionale. Come era stato con la madre, il culto patrio professato da Angelina si riversa in Beppino, il cui cuore torna «a battere pel santo amore della patria»295

294 Caterina Percoto, Il bastone, cit., p. 672. 295

110

e conseguentemente per la fanciulla, mentre il latente patriottismo della ragazza si traduce in azione.

Nonostante la partecipazione attiva del contado ai moti non sia postulata, il sentimento patriottico pare presentarsi ad uno stato quantomeno embrionale. Si è ritenuto che nell’opera percotiana «gli umili non piangono per la libertà conculcata o per la sorte dell’Italia, ma per disgrazie più concrete e personali»296

e tuttavia, il credo sboccia in Angelina che dall’ode all’Italia passa alla concreta esternazione del suo pensiero, come è possibile osservare nel seguente passo che certamente non è ordinario nell’ideologia percotiana, ma nemmeno è irrilevante per accostarsi al tema sociale in prospettiva nazionale:

nelle campagne del Friuli alla stagione delle galette costumano di scegliere una palma, dove i bachi hanno meglio filato e la portano in chiesa sull’altare offrendola al Signore quasi in ringraziamento della buona raccolta. Anche nella bigattiera della signora Marianna avevano apparecchiato cotesto picciolo dono e le fanciulle nel mettere i bachi al bosco, quando loro veniva in mano uno straordinariamente bello lo portavano subito al filare consacrato, sicchè in quell’anno la loro palma era riuscita tanto ricca ch’era proprio una gloria. La signora Marianna cercò ne’ suoi armadii un bel nastro di seta a colori vistosi che le fanciulle allacciarono con maniera al peduncolo e l’Angelina la portò ella stessa in chiesa e la depose sull’altare. Nel dimani giorno di domenica tutti ammiravano quella suntuosa palma di casa Bressanutti, ma vi fu chi notò che il nastro aveva i tre colori della bandiera italiana297.

Esemplare diviene il personaggio di Angelina nel momento in cui l’iniquo regime stabilisce che il simbolo posto dalla ragazza costituisca un delitto di lesa maestà e la punisce con il bastone di fronte ad una piazza turbata298. Giunto velocemente presso il

296 Tommaso Scappaticci, op. cit., p. 130. 297

Caterina Percoto, Il bastone, cit., p. 680.

298 Altamente probabile è la tesi avanzata da Demorieux quando riconosce nella vicenda Angelina quella di Caterina Pascolati, barbaramente torturata dagli austriaci. Cfr. Anne Demorieux, Caterina Percoto (1812-

1887): entre réformisme social et conscience nationale. Aspirations d’une femme-écrivain italienne au XIXe siècle, Thèse de doctorat – Langue et Littérature Italiennes, Université Nancy 2, p. 482.

111

patibolo, Beppino assiste impotente alla scena, sentendo «l’orribile fischio del bastone che dilaniava quelle carni verginali»299 e nell’explicit

a quel suono infame, a quei pianti desolati, si sentì come fatta nel cuore una macchia indelebile. Un impeto di rabbia lo assalse, bestemmiò Dio, bestemmiò la sua giustizia e invocando un’arma che lo vendicasse, in quella notte istessa, senza neanche un addio, abbandonati per sempre i vecchi genitori, le sorelle e quella misera che aveva tanto amata partì per andarsi ad arruolare tra i soldati dell’Italia300

.

La critica è propensa a ritenere che la narrazione sia alquanto scomposta ed il motivo risorgimentale di scarso rilievo. Tuttavia, è opportuno soffermarsi su Il bastone non per una valutazione sull’efficacia del testo, bensì perché in questa prosa il tema patriottico è declinato in maniera inedita, si insinua a più riprese e non è affatto un elemento marginale. Innanzitutto è Marianna Bressanutti a educare Beppino al culto della patria. Successivamente il motivo è ripreso nell’epicedio pronunciato da Angelina di fronte al fantasma del morto del Quarantotto, che funge da emblema dei giovani caduti per la patria. Inoltre, in linea con il tema del rispetto per le vittime della storia, la ragazza è preoccupata per le sorti dei popolani del villaggio colpiti dalla violenza austriaca. In seguito, l’argomento nazionale è riproposto quando pone il fiocco tricolore e come conseguenza di questo atto, nel finale, è costretta a subire sulla propria pelle la brutalità dell’esercito ed è la punizione attuata a spingere Beppino a prendere coscienza della situazione e ad arruolarsi nell’esercito italiano.

A proposito della trattazione della componente patriottica, la novella non manca di divergenti interpretazioni. Ad esempio, Scappaticci ha valutato che

il pudore dimostrato dalla fanciulla nel convegno notturno con le amiche [Angelina è l’unica a non fare il bagno] serve ad accentuare l’umiliazione di essere denudata in pubblico [quando viene bastonata] e, aggiungendosi alla sua innocenza (il nastro non aveva alcun

299 Caterina Percoto, Il bastone, cit., p. 682. 300

112

significato politico e, per di più, era stato preparato dalla futura suocera), mira a sollecitare lo sdegno del lettore contro gli aguzzini301.

Tuttavia, seppur minuto, il gesto di Angelina è simbolico ed in questo senso il tricolore non privo di valenza politica, considerando il contesto storico in cui viene collocato. Invero, è lecito riconoscere che la contadina dimostri rimostranza contro il regime oppressore e parallelamente ha pietà per il sacrificio delle vittime.

Il fatto che sia Marianna a preparare il fiocco può essere considerato valutando che la madre di Beppino, così come Angelina, nonostante non si voti totalmente alla causa nazionale, appare quantomeno complice. Perciò, il segno di Angelina non è inconsapevole e l’insistenza sulla sua innocenza sembra essere ribadita in funzione oppositiva alla foga dei soldati che martoriano il suo corpo e potrebbe essere anche essere riconducibile allo stereotipo della buona contadina. In ogni modo, Angelina rimane ed è costituzionalmente innocente di fronte ai soprusi e, in questo senso, il lettore non può che indignarsi, perché anche qui sono le vittime della storia ad essere innalzate, svelando la sensibilità percotiana verso chi è iniquamente e, comunque sempre, ingiustamente colpito. L’altezza d’animo si fa compassione, a prescindere da chi è al lato opposto della frontiera, perché, come dichiara la stessa autrice in Non una sillaba oltre il vero:

io non ho mai guardato alla statua di Napoleone circondata dai suoi militari trofei senza fremere. Mi parea che da tutti quei vessilli, da tutte quelle innumerevoli foglie d’alloro, giacessero le lagrime de’popoli, e inorridita in mezzo ai pomposi emblemi della vittoria, sentia trapelare l’orribile puzzo di sangue. Pure Napoleone a tanta carne umana sacrificata poteva opporre qualche bel fatto d’intrepidezza, di coraggio, di strategia militare. Nella guerra d’Italia quali fatti gloriosi possono vantare questi vostri generali che seduti a tavolino, tre o quattro miglia lontani comandavano l’incendio, il saccheggio, la strage?302

.

Ideologicamente non è quindi stabilito il nesso della adesione del popolo ai moti risorgimentali, eppure, non è trascurabile né confutabile il dato che una plebea è la

301 Tommaso Scappaticci, op. cit., p. 138. 302

113

protagonista del racconto patriottico ed altresì che l’adesione della ragazza è sinceramente sentita, come dimostra anche l’ode all’Italia. Con piglio inedito, Pecoto carica delle istanze nazionali una popolana, mentre non è inusuale riscontrare che sia una donna a convertire la propria vita in senso patriottico o ad infiammarsi per essa303.

Più oscillante appare l’ideale libertario di Beppino. Cresciuto da una madre che lo indirizza al senso patrio, il giovane percorre altre strade e non coltiva gli insegnamenti impartitigli. È grazie all’incontro con Angelina che la sua coscienza matura e la fede nazionale si rigenera penetrando nuovamente nel suo animo. Tuttavia, solo di fronte al raccapricciante bastone che colpisce Angelina Beppino si sente chiamato alle armi. È stato evidenziato che nel personaggio di Beppino non è possibile riscontrare la partecipazione dei ceti subalterni alla causa nazionale304, poiché il personaggio appartiene ad una classe sociale più emancipata in quanto ha frequentato l’università e le condizioni della sua famiglia non sono misere. Inoltre, se la sua scelta è valutabile principalmente come istintiva reazione all’offesa fatta ad Angelina305

, per converso non va tralasciato che il tema della renitenza alla leva era già stato affrontato nella narrativa percotiana non nei termini di comprensione alla riluttanza ad arruolarsi, bensì postulando la grave colpa dell’abbandono della patria306. In questo senso, se è lecito ravvisare l’inquieto patriottismo di Beppino, è anche chiaro che il giovane decide di agire e non fuggire dalla realtà. Il teorico apprendimento patriottico diviene fattivo attraverso un personale percorso, drammatico e nel contempo viscerale poiché empiricamente sentito. Non parrebbe nemmeno anomalo che Percoto possa far trasparire nell’impegno di Beppino un invito a partecipare attivamente all’ideale risorgimentale e certamente le sue parole echeggiano in un contesto storico- politico come quello friulano, in cui contadini e ceti abbienti appoggiavano o quantomeno non osteggiavano il regime austriaco.

303 Si potrebbe affermare che la partecipazione al risorgimento sia prerogativa delle donne nella produzione percotiana. Il maggior esempio di ciò ci è dato da La coltrice nunziale.

304

Tommaso Scappaticci, op. cit., p. 138. 305 Ibidem.

306 Infatti, Dall’Aquila dedicandosi a Il refrattario rileva che in tale novella Percoto non si pronuncia tanto sulla negatività della leva quanto invece sulla necessaria assunzione di responsabilità. Cfr. Giulia Dall’Aquila,

114

Lo scioglimento tragico è la cifra della produzione risorgimentale di Percoto, la quale non indulge all’enfasi retorica e in Il bastone allude ai soprusi subiti dal popolo e, precipuamente, l’attenzione della scrittrice verso l’esacerbarsi dell’operato coercitivo degli oppressori sembra costituire l’asse portante di molte sue pagine. Del resto lo sgomento di Percoto per il trattamento violento riservato al popolo dalle truppe nemiche è confermato dai molteplici riferimenti nel suo corpus narrativo ed anche in quello privato, come nel caso dei carteggi, dove si testimonia a più riprese che «al mio paese io non vedea che il martirio»307. Ciò corrobora il senso della forte impressione che i fatti del quarantotto ebbero nella scrittrice, anzi, si noti che lo slancio risorgimentale non è mai disgiunto da considerazioni sulla «passio degli umili»308.

Inoltre, è rilevante considerare che l’azione di Angelina è collocata in un contesto legato ai costumi friulani. L’usanza friulana si tinge dei colori della patria e permette di riflettere sull’importanza che Percoto attribuisce ai simboli non solo nella prospettiva locale, ma anche in quella nazionale309. La scrittrice riconosce infatti che essi partecipano al senso identitario. Efficace è quindi il ricorso all’espediente della tradizione regionale che si riversa, o meglio, si rinnova alla luce del corso della storia, del sentimento in fieri del popolo che principia ad appartenere ad un’unica patria, racchiusa nella nota tricolore della bandiera. La Piccola Patria ha pertanto la possibilità di versarsi nella nazione310. Il problema non è infatti di poco conto ed è opportuno sottolineare che l’Italia si appressava a divenire stato e non è anomalo che una scrittrice sensibile a tali tematiche si ponesse il problema dei connotati che la patria avrebbe dovrebbe assumere.

307 Corrispondenza Francesco Dall’Ongaro-Caterina Percoto, in «Ce fastu?», 1940, n. 2, p. 137. Nella lettera datata 9 agosto 1849, Percoto riporta un bilancio dell’esperienze occorse a partire dal 48.

308 Adriana Chemello, Introduzione, cit., p. XXXIX.

309 All’amica Marina Baroni, Percoto scrive: «adesso che da ogni parte d’Italia ci diamo tuti la mano, mettere in luce gli usi, la lingua e la recondita poesia […] parmi lavoro di tutta opportunità», cfr. Tiberio Roberti, op.

cit., pp. 34-35. La lettera è dell’ 11 marzo 1863.

310 Proprio come accadde a San Lorenzo di Soleschiano quando in attesa della liberazione, i soldati giunti da tutta Italia cantavano le loro terre: «Spettacolo magnifico! Da tutti i villaggi circonvicini la gente a torme veniva ad aiutar l’opera con falci, zappe, pale e carri. E ragazze vestite a festa rastrellavano l’erba; soldati che lavoravano cantando le villotte d’ogni parte d’Italia; ufficiali a cavallo che percorrevano lo spazio per ogni verso; generali in carrozza venuti ad ispezionare, e poi turbe di curiosi tra i quali anch’io ed anche il cappellano. Mi pareva di sognare nel vedere cosi trasformata quella mia prediletta solitudine, dove mi son volate tante ore col pensiero e coll’affetto rivolto all’Italia.» Caterina Percoto, Agosto 1866. Lettere a Marina, cit., pp. 109-110.

115

Non mettendo in crisi l’entità regionale, l’autrice prefigura quindi l’apporto delle risorse locali e, con modalità similare, l’attenzione riservata alle plebi e alle loro specificità funziona come volontà di salvaguardare il mondo rurale nel quadro dell’identità nazionale. In questo senso, il dibattito culturale sul volto che l’Italia dovrebbe assumere ed in che cosa essa si debba riconoscere, non lascia Percoto indifferente. L’interesse nasce perché la