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CAPITOLO II: LA CONCEZIONE PLOTINIANA DEL CORPO

2.2. La posizione di Plotino

E Plotino? Qual è la sua posizione sulla questione? In particolare, occorre chiedersi se queste definizioni del corpo sensibile in quanto tale gli siano note e in che misura ritenga utile confrontarsi con esse; e, soprattutto, come egli stesso lo definisca. La risposta alla prima domanda non pone troppi problemi: le caratterizzazioni del corpo sinora messe in luce gli erano note ed egli fa spesso riferimento ad esse. Analizziamo ora alcuni passi che consentono di giungere a questa risposta e, al contempo, di affrontare la seconda questione.

2.2.1. Estensione tridimensionale dotata di resistenza 2.2.1.1. Analisi di II 6 [17] 2.7-14

Un passo significativo, dato che vi si trovano menzionati in connessione il σῶμα, l'ἀντιτυπία e τὸ τριχῇ διαστατόν, si trova nel trattatello II 6 [17], intitolato Sulla sostanza

o sulla qualità. Qualche parola di contestualizzazione è necessaria, dato che le righe che

ci interessano sono di non facile decifrazione e che il trattato nel suo insieme è tanto breve quanto ostico. In quest'ultimo Plotino prende in esame uno spinoso problema dell'aristotelismo, quello della distinzione tra qualità sostanziali e accidentali. In Met. V 14, capitolo dedicato al significato di ποιόν ("quale", "qualità"), Aristotele aveva infatti distinto due valori fondamentali del termine: da una parte, la qualità come differenza della sostanza (ἡ τῆς οὐσίας διαφορά, 1020b15), più nota col nome di differenza specifica, che fa parte dell'essenza – come, nel caso del cerchio, la qualità "privo di angoli" specifica il genere "figura (piana)" e concorre così alla determinazione

dell'essenza "cerchio"; dall'altra parte, la qualità accidentale, che, come il bianco nel caso dell'uomo, è estranea all'essenza o, per usare le parole di Aristotele, è un'affezione delle sostanze mobili in quanto mobili, o una differenza dei movimenti (τὰ πάθη τῶν κινουμένων ᾑ κινούμενα, καὶ αἱ τῶν κινήσεων διαφοραί, 1020b17-8). Il problema di questa distinzione è che alcune qualità rientrano in alcuni casi nella prima, in altri nella seconda categoria, pur rimanendo sempre le stesse in tutti i casi: per esempio il bianco entra nella definizione della biacca62, ma nel caso dell'uomo è un puro accidente (II

6.1.20-2).

Nel secondo capitolo del trattato, Plotino affronta di petto il problema, chiedendosi se si debba ammettere che la stessa qualità possa ora essere una mera qualità (cioè una qualità in senso accidentale), ora concorrere al completamento dell'essenza (II 2.2.3-4). In questo caso, osserva Plotino con una brusca svolta argomentativa, la qualità dovrà comunque concorrere alla costituzione non di una sostanza in quanto tale, ma di una qualificata: per sua natura, infatti, ogni qualità, in quanto qualità, determina una sostanza; bisognerà quindi poter individuare una sostanza precedente la sostanza qualificata. In altre parole, come nel caso in cui la qualità è accidentale, anche nel caso in cui non lo è e concorre alla costituzione di una sostanza la qualità dovrà qualificare una sostanza, poiché pur sempre qualità rimane: si dovrà quindi indicare qual è questa sostanza che essa determina, che precede la sostanza qualificata. Probabilmente un eventuale oppositore aristotelico non concederebbe questo punto e obietterebbe che Plotino sta qui cambiando le carte in tavola: se infatti il presupposto è che la sostanza venga ad essere solo grazie al concorso del genere (non sostanziale) e della qualità essenziale o differenza specifica, è ingiustificata la pretesa di indicare una sostanza come sostrato della qualità: tale sostrato non sarà sostanziale. L'argomento di Plotino si giustifica forse nella prospettiva per cui questa risposta è incompatibile con la natura della qualità, che in base alla stessa dottrina aristotelica è una categoria posteriore a quella della sostanza e riferita ad essa (cfr. e. g.

Cat. 4, 2b15-7). Una qualità sostanziale parrebbe insomma una contraddizione in

termini: ogni qualità è qualità di una sostanza; ma la legittimità di questo snodo rimane comunque dubbia, se non altro perché non ne viene fornita alcuna motivazione, cosicché risulta difficile individuare i presupposti sui quali poggia. Così interpreto il controverso

62 Lo stesso Vocabolario Treccani online definisce la biacca una "sostanza colorante bianca", anche se poi precisa tra parentesi che si tratta di "carbonato basico di piombo" (http://www.treccani.it/vocabolario/biacca/ [pagina consultata il 6/4/2019]); probabilmente oggi addurremmo come vera definizione la seconda, trattando il bianco come un accidente per sé nel senso stabilito in Met. V 30, 1025a30-3, ma ovviamente per Plotino una definizione come la prima doveva risultare più che sufficiente, e in ogni caso l'unica disponibile.

snodo argomentativo delle rr. 4-7 e i suoi presupposti.

A questo punto possiamo affrontare il passo che più c'interessa (II 6.2.7-14):

τί οὖν ἐπὶ τοῦ πυρὸς πρὸ τῆς ποιᾶς οὐσίας ἡ οὐσία; ἆρα τὸ σῶμα; τὸ γένος τοίνυν οὐσία ἔσται, τὸ σῶμα, τὸ δὲ πῦρ σῶμα θερμὸν καὶ οὐκ οὐσία τὸ ὅλον, ἀλλ᾽ οὕτω τὸ θερμὸν ἐν αὐτῷ, ὡς καὶ ἐν σοὶ τὸ σιμόν. ἀφαιρεθείσης τοίνυν θερμότητος καὶ τοῦ λαμπροῦ καὶ κούφου, ἃ δὴ δοκεῖ ποιὰ εἶναι, καὶ ἀντιτυπίας τὸ τριχῇ διαστατὸν καταλείπεται καὶ ἡ ὕλη οὐσία. ἀλλ᾽ οὐ δοκεῖ· τὸ γὰρ εἶδος μᾶλλον οὐσία.

"Orbene, nel caso del fuoco, qual è la sostanza che precede la sostanza qualificata? Forse il corpo? Quindi il genere, cioè "corpo", sarà sostanza; ma il fuoco è un "corpo caldo": quindi l'intero non sarà una sostanza, ma il calore si troverà in esso come in te il tratto "camuso"63.

Allora, sottratti il calore, la luminosità e il peso, che sembrano essere qualità, e la resistenza, rimane l'estensione tridimensionale, e la materia sarà sostanza. Ma non sembra <che la materia sia sostanza>: sostanza, infatti, è piuttosto la forma." Dopo aver affermato, come si è visto, che dovrà esserci una sostanza che precede la sostanza qualificata, Plotino si chiede qui quale sia, interrogandosi per maggior chiarezza su un esempio particolare, quello del fuoco (scelto probabilmente perché, in quanto corpo elementare, più semplice e soggetto a meno complicazioni; rr. 7-8). Avanza quindi la proposta di identificare tale sostanza non qualificata col corpo (r. 8). Questa proposta si scontra però con alcune difficoltà: innanzitutto, se si assume che la sostanza non qualificata sia il corpo, e che la differenza "caldo" lo qualifichi, producendo come definizione del fuoco (= sostanza qualificata) "corpo caldo", si otterrà che il genere è

63 Traduco liberamente le righe 9-10, perché una resa letterale oscurerebbe la struttura logica del passo: qui si trovano infatti indebitamente coordinate e poste sullo stesso livello le conseguenze derivanti dall'ipotesi che sostanza non qualificata e corpo siano identici (τὸ γένος τοίνυν οὐσία ἔσται, τὸ σῶμα, e οὐκ οὐσία τὸ ὅλον, ἀλλ᾽ οὕτω τὸ θερμὸν ἐν αὐτῷ, ὡς καὶ ἐν σοὶ τὸ σιμόν, dove bisogna parimenti sottintendere ἔσται), e una constatazione che non dipende per la sua verità da tale ipotesi (τὸ δὲ πῦρ σῶμα θερμόν, dove il predicato sarà piuttosto ἐστιν): questa non è infatti una conseguenza indesiderata dell'ipotesi, ma è qui incastonata perché serve come premessa per la successiva conclusione (per questo il successivo καί potrà essere reso con "quindi"). Le traduzioni di Harder ("Dann wäre die Gattung, der Körper, gleich der Seinsheit; das Feuer aber ist ein heißer Körper; er wäre dann nicht als Ganzes Seinsheit, sondern des Heiße wäre an ihm ebenso akzidentiell wie an dir die Strumpfnasigkeit) e di Lavaud in Brisson-Pradeau 2002- ("C'est le genre qui sera la réalité, c'est-a-dire le genre qui constitue le corps; or, le feu est un corps chaud; l'ensemble ne sera pas réalité, mais le chaud en elle sera comme le camus en toi") rendono bene il senso del passo.

sostanza, perché ad essere qualificato dalla differenza è il genere. Questo è tuttavia negato da Aristotele (Arist., Met. VII 13-14; anche se nelle Categorie, 5, 2a14-9, il genere è definito, assieme alla specie, sostanza seconda), cosicché la dottrina peripatetica da cui si sono prese le mosse finisce per confliggere con uno dei capisaldi dello stesso aristotelismo (rr. 8-9). Inoltre, come è indesiderabile che il genere, "corpo", sia sostanza, così lo è per un aristotelico che non lo sia l'intero sensibile, il fuoco; ma se questo è solo sostanza qualificata, non è sostanza di per sé (rr. 9-10). Infine, se sostanza sarà il genere, e il fuoco, in quanto corpo caldo, soltanto sostanza qualificata, si otterrà il risultato che il calore sarà per esso una qualità accidentale né più né meno che il tratto camuso per un uomo, il che è precisamente quanto si stava tentando di negare (rr. 10-1). Presupposto implicito per il funzionamento delle ultime due deduzioni è che la qualificazione di una sostanza non possa dare origine ad un'altra sostanza: in questo caso, infatti, si potrebbe affermare che la sostanza fuoco, seppure nata dalla qualificazione di una sostanza, è anch'essa sostanza; e che, poiché produce una sostanza, la qualità "caldo" non è accidentale come quella "camuso", ma essenziale. Anche questo presupposto è di dubbia legittimità e sembra comportare una componente di circolarità nell'argomentazione. Riassumendo il cammino finora percorso: ci si sta chiedendo se sia possibile che una stessa qualità sia ora accidentale, ora essenziale; Plotino ha sostenuto (che siamo o meno d'accordo con lui) che in ogni caso, poiché la qualità è qualità di una sostanza, bisognerà poter individuare una sostanza che soggiace alla qualità (rr. 2-7). Ha quindi proposto di identificare tale sostanza non qualificata col corpo, ma (con argomenti che possiamo o meno condividere) ha escluso questa possibilità, anche perché in tal caso verrebbe ad essere sostanza il genere (= "corpo") (rr. 7-11).

A questo punto egli avanza una nuova proposta di identificazione: la sostanza non qualificata sarà la materia (rr. 11-3). La presenza di τοίνυν, che ha spesso valore inferenziale, e il fatto che la transizione al nuovo punto è scarsamente segnalata, potrebbero indurre a pensare che in realtà in queste righe non sia presentato un caso differente, bensì si stia continuando a parlare dell'ipotesi dell'identificazione di sostanza non qualificata e corpo. Contro questa interpretazione militano diverse considerazioni: 1) come si spiegherà a breve, questo capitolo riprende la struttura della disamina dei candidati al titolo di sostanza svolta da Aristotele in Met. VII, e in particolare la loro presentazione in VII 3; ora, il genere e la materia costituiscono qui due casi separati e considerati separatamente. 2) Se non si pone una cesura tra la proposta che il corpo sia la sostanza semplice e il processo di astrazione che porta a identificare la sostanza semplice

con la materia, si perverrà alla conclusione che la materia sia corpo. Ora, per quanto effettivamente la concezione della materia che si trova in queste righe, ossia la sua identificazione col τριχῇ διαστατόν, sia non plotiniana, quest'ultimo punto può forse essere spiegato (v. sotto) e rappresenta in ogni caso un'aberrazione meno grave, data la vicinanza delle due nozioni; ma la tesi stoica dell'identificazione tra materia e corpo (semplice) mi sembra ben al di là di quanto Plotino sarebbe disposto ad ammettere. 3) L'ipotesi che si stia qui passando ad un nuovo punto si adatta in realtà perfettamente (forse anche meglio dell'ipotesi contraria) ai valori della particella τοίνυν: in particolare, il valore logico o inferenziale può essere giustificato osservando che il passaggio alla nuova proposta è una conseguenza logica dell'aver scartato la precedente; è vero che in questo caso la forza inferenziale è alquanto debole, ma questo è precisamente quello che ci aspetteremmo dalla particella, la cui forza deduttiva non è altrettanto intensa di quella di altre particelle con funzione analoga64. Anzi, proprio per questo τοίνυν può assumere

più precisamente una valenza transizionale – non distinguibile nettamente dalla precedente, ma con valenza logica molto annacquata –, "marking a fresh step in the march of thought" (Denniston 19502, p. 574) o "introducing a fresh item in a series: a

new example or a new argument" (p. 575), il che è esattamente ciò che fa al caso nostro. Il fatto che la particella è stata usata poco prima (r. 8) con valore strettamente inferenziale non costituisce in alcun modo un problema: lo stesso Denniston richiama a questo proposito Aristoph. Nub. 254-6, sottolineando come in queste righe "the first τοίνυν is logical, 'then', the second introduces the next stage in the hocus-pocus: an instructive juxtaposition of two shades of meaning" (p. 574). 4) In ogni caso, se si segue l'idea della mancata cesura tra i due punti non vedo alcun modo di costruire il passo in modo sensato.

Come si diceva, dunque, nelle rr. 11-3 si avanza una nuova proposta, che cioè la sostanza non qualificata vada identificata con la materia. A questo risultato si perviene per via di sottrazione: alla sostanza qualificata fuoco andranno tolte in primo luogo le qualità, ossia il calore, la luminosità e il peso (rr. 11-2). Una volta terminata questa operazione di sottrazione, il livello a cui ci troveremo sarà quello del corpo, discusso nelle righe precedenti: che sia così è evidente perché le qualità elencate sono (in

64 Cfr. Denniston 19502, pp. 569-70 (a proposito del suo uso nei dialoghi; ma l'impiego in un discorso continuo non implica certo un cambio di valore della particella): "the logical force is often not very strong, and 'well' or 'well then' are frequently the best renderings". A proposito dell'uso transizionale della particella (v. qui sopra), inoltre, Denniston adduce Eur. El. 1029-31 come "good example of what a bad rendering of τοίνυν 'therefore' sometimes is": qui essa andrà tradotta piuttosto con "well" (p. 574).

particolare le prime due) quelle che contraddistinguono il fuoco come sostanza qualificata rispetto al corpo: proprio il calore, infatti, era stato scelto nelle righe precedenti come quella qualità del fuoco sottratta la quale rimane il corpo, e luminosità e peso sono ora poste evidentemente sullo stesso piano. Ovviamente il processo di sottrazione dovrà andare oltre, o ci arresteremo per l'appunto allo stesso punto di prima: al corpo andrà sottratta allora anche la resistenza (ἀντιτυπία, r. 12).

Per inciso, non è ben chiaro che cosa questa rappresenti in questo caso: o si tratta ancora di una qualità (come si ipotizza in VI 1 [42], Sui generi dell'essere I, 26.22-3), nel qual caso si deve pensare che la posizione della relativa ἃ δὴ δοκεῖ ποιὰ εἶναι prima della sua menzione non sia volta ad escluderla da questa categoria, ma solo a scandire le due fasi della sottrazione delle qualità (prima, sottraendo alcune qualità, si perviene al corpo, poi, sottraendo quella costitutiva del corpo, alla materia); oppure non è una qualità, nel qual caso la posizione della relativa rispecchia precisamente questa convinzione. Nella prima ipotesi la proposta di identificazione della sostanza con la materia risulta strutturalmente identica a quella che si era appena scartata, in quanto si prevedono un sostrato sostanziale (il corpo prima, la materia ora), una qualità essenziale (il calore o la resistenza) e, come loro prodotto, la sostanza qualificata (il fuoco o il corpo); ma può darsi che Plotino non si sia avveduto di questa situazione, o l'abbia ignorata perché gli interessava prospettare sia il caso in cui la sostanza non qualificata è il genere sia quello in cui è la materia. Questo è del resto tutt'altro che improbabile, dal momento che il capitolo condensa, secondo una particolare prospettiva, l'esame dei candidati al titolo di sostanza svolto da Aristotele nel libro VII della Metafisica, dove tali candidati sono appunto il genere o l'universale in genere (γένος, menzionato qui alla r. 8, cfr. Met. VII 3, 1028b3565); il sostrato

(ὑποκείμενον) nel senso di materia (ὕλη, qui alla r. 13, cfr. Met., loc. cit., 1029a2); l'essenza (εἶδος, qui alla r. 14, chiamato in Aristotele anche τὸ τί ἦν εἶναι o μορφή, cfr.

Met., loc. cit., 1028a34); il sostrato nel senso di sinolo di materia e forma (indicato qui al

plurale come τὰ ἐκ τοῦ λόγου καὶ τοῦ ὑποκειμένου, in Met., loc. cit. come τὸ ἐκ τούτων, 1029a3,5, o τὸ ἐξ αμφοῖν [scil. materia e forma], 1029a6, o τὸ σύνολον, 1029a5). Lo stesso procedimento di sottrazione qui messo in atto ricalca quello di Met., loc. cit., 1029a16-9. Nella seconda ipotesi, d'altra parte, non è chiaro che statuto ontologico si dovrebbe assegnare alla resistenza.

Come che sia, una volta che si sia sottratta al corpo anche quest'ultima, si rimane con

65 Alla riga precedente l'universale (τὸ καθόλου) era stato in realtà presentato come distinto dal genere, ma questa distinzione infondata sul piano teorico e di cui è difficile trovare le ragioni viene successivamente dimenticata (cfr. Ross 1924 a. l.).

l'estensione tridimensionale, τὸ τριχῇ διαστατόν, ossia con la materia: sarà quest'ultima la sostanza non qualificata di cui stiamo andando in cerca (rr. 12-3). L'identificazione dell'estensione tridimensionale con la materia può risultare sconcertante per chi tenga presente che in un trattato di poco precedente a questo, il dodicesimo (II 4), e in uno di non molto successivo, il ventiseiesimo (III 6), Plotino fa di tutto per negare alla materia l'estensione (nei capp. 8-12 e 16-18 rispettivamente, ai quali si dedicherà un'attenzione assai maggiore in seguito, nella sezione 3.1). Eppure questa identificazione è qui indubitabile: se non la si assumesse, non avrebbe senso dire che, poiché ciò che rimane dal procedimento di sottrazione qualitativa è l'estensione tridimensionale, sostanza sarà la materia. Di questa anomalia si possono tentare due spiegazioni, non mutualmente esclusive: da una parte si può, minimizzando la differenza tra l'estensione tridimensionale e la materia, sostenere che semplicemente Plotino si stia qui esprimendo in modo impreciso66. D'altra parte si può anche, tentando di trovare la ragione di questa

imprecisione, ipotizzare che essa derivi dalla fonte cui si sta qui attingendo, ossia il capitolo della Metafisica già sopra richiamato, e in particolare le rr. 1029a10-9: qui Aristotele, partendo dal presupposto che la sostanza si debba identificare col sostrato soggiacente a tutte le determinazioni (istanza analoga a quella delle rr. 6-7), mette in atto un analogo processo di spoliazione da tutte le determinazioni per giungere alla medesima conclusione, che cioè sostanza sarà in tal caso la materia. In realtà il passo aristotelico non spinge molto in direzione dell'identificazione di materia e tridimensionalità: in particolare, l'asserzione che "la lunghezza, la larghezza e la profondità sono delle quantità, e non sostanze (la quantità non è infatti sostanza), ma piuttosto è sostanza ciò cui queste ineriscono" (1029a14-667) sembra disgiungere la materia (= "ciò cui queste

ineriscono") dalla tridimensionalità (= "la lunghezza, la larghezza e la profondità"). Tuttavia, il passo prosegue con la dichiarazione che "tuttavia, levate lunghezza, larghezza e profondità non vediamo nulla di rimanente, salvo ciò che eventualmente è determinato da queste, cosicché è inevitabile che la materia sola appaia sostanza a chi considera in questo modo"68: se Plotino avesse attribuito alla frase πλὴν εἴ τί ἐστι τὸ ὁριζόμενον ὑπὸ

66 Harder sembra prendere questa strada nella sua nota a. l.: "das Dreidimensionale: d. i. der Raum. Dieser ist zwar nicht gleich der Materie, steht ihr aber doch nahe".

67 τὸ δὲ μῆκος καὶ πλάτος καὶ βάθος ποσότητές τινες ἀλλ᾽ οὐκ οὐσίαι (τὸ γὰρ ποσὸν οὐκ οὐσία), ἀλλὰ μᾶλλον ᾧ ὑπάρχει ταῦτα πρώτῳ, ἐκεῖνό ἐστιν οὐσία.

68 ἀλλὰ μὴν ἀφαιρουμένου μήκους καὶ πλάτους καὶ βάθους οὐδὲν ὁρῶμεν ὑπολειπόμενον, πλὴν εἴ τί ἐστι τὸ ὁριζόμενον ὑπὸ τούτων, ὥστε τὴν ὕλην ἀνάγκη φαίνεσθαι μόνην οὐσίαν οὕτω σκοπουμένοις. La questione se Aristotele ammettesse effettivamente l'esistenza di una materia prima, o questo concetto sia nato soltanto posteriormente, ad opera degli interpreti dei suoi scritti, è estremamente complessa e dibattuta e non ci interessa in questa sede; per un primo orientamento bibliografico si rimanda agli studi indicati in Giardina 2008, p. 35 n. 49.

τούτων un senso negativo (= non c'è nulla di determinato da queste) e non positivo (= c'è qualcosa di determinato da queste), ne sarebbe risultata l'assenza di una sostanza soggiacente alla tridimensionalità, cosicché questa avrebbe finito per occupare il ruolo più basso ed elementare, ossia quello di materia.

Infine, Plotino respinge anche questa seconda proposta di identificazione della sostanza non qualificata, asserendo, in totale sintonia con Metafisica VII 3 (v. in particolare le rr. 1029a27-30), che in realtà sembra piuttosto la forma a poter rivendicare il titolo di sostanza (rr. 13-4). Questo passaggio, come pure l'ulteriore sviluppo dell'argomentazione, non ci interessa in questa sede, se non nella misura in cui attesta il carattere dialettico e non conclusivo delle righe che precedono.

Al netto di tutte le difficoltà, è possibile trarre da questo oscuro passo alcune conclusioni sulla concezione plotiniana del corpo: si è visto come, una volta che si siano sottratte tutte le qualità come il calore, la luminosità e il peso, ciò che rimane è il corpo; si è visto anche che ciò che rimane dopo questa operazione sono la resistenza e la tridimensionalità: è dunque lecito concludere che, in base a queste passo, il corpo è caratterizzato per Plotino da resistenza e tridimensionalità; inoltre, si può aggiungere che di queste due proprietà la seconda è ancora più elementare della prima. Questa concezione rispecchia fedelmente la definizione del corpo come τὸ τριχῇ διαστατὸν μετὰ ἀντιτυπίας che si è individuata sopra come la più condivisa. Nello specifico, è possibile che la resistenza sia concepita come una qualità, ed è certo, per quanto problematico, che la tridimensionalità è identificata con la materia.

Quest'ultima identificazione, assieme al fatto che il passo ricalca in parte delle righe aristoteliche, alla sua natura un po' sbrigativa almeno su certi punti e al carattere provvisorio dell'argomentazione, mette un'ipoteca sull'autentica condivisione da parte di Plotino delle idee qui esposte. Si possono tuttavia avanzare a questo proposito due osservazioni. Innanzitutto, la non plotinianità dell'identificazione tra estensione tridimensionale e materia non implica che anche la concezione della tridimensionalità e della resistenza come tratti peculiari del corpo sia non plotiniana, così come la natura spiccatamente dialettica del passo non implica di per sé che Plotino non condivida nessuno dei presupposti da esso ricavabili: nessun elemento suggerisce che la caratterizzazione complessiva del corpo non sia valida, per quanto la concezione qui adombrata dei suoi due tratti essenziali sia presentata soltanto in via provvisoria. Inoltre, e soprattutto, va evidenziato che l'ἀντιτυπία non compare nel testo aristotelico che soggiace alla presente trattazione: in VII 3 vengono infatti menzionate soltanto da un lato

"le affezioni, i prodotti e le potenze dei corpi" (τῶν σωμάτων πάθη καὶ ποιήματα καὶ δυνάμεις, 1029a12-3), dall'altro "la lunghezza, la larghezza e la profondità" (τὸ μῆκος καὶ