SOLUZIONI E POSSIBILI PUNTI D’INCONTRO
4.3 Possibile rivalutazione dell’immobile e dell’opera creativa
Si è già presentata in linea di massima la politica adottata dai vari stati europei per quanto riguarda la tolleranza o meno della street art al loro interno. Esistono però interessanti esempi che l’Italia potrebbe a mio parere seguire, esempi di tolleranza e cooperazione che arricchiscono le città, il mondo dell’arte e il pubblico urbano.
Persiste sempre la motivazione, attualmente, che il graffito e il murales sono visti come qualcosa di negativo; dobbiamo però tenerci pronti, come per tutte le forme d’arte, ad un
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“News”, in www.giovanienergie.it , portale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Gioventù
137 CFR “RigenerArte a Ravenna”, in www.giovanienergie.it , portale della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Dipartimento della Gioventù
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capovolgimento di prospettiva, perché può darsi che un giorno, magari quando i graffiti saranno già stati cancellati, i pezzi di un certo artista vengano rivalutati e apprezzati anche da un punto di vista economico. Pensiamo ad esempio ai lavori di Keith Haring, ormai irriproducibili ma dal valore inestimabile. Il proprietario di un muro, che oggi si considera danneggiato dal graffito, un domani potrebbe invece sentirsene arricchito, e vedere aumentato il valore dell’immobile.
Un caso interessante si è verificato a Tribeca (NY): in un ex magazzino, luogo di manifattura e deposito merci, Keith Haring aveva dipinto una parete. Successivamente all’inizio degli anni novanta il quartiere cambiò, da manifatturiero divenne residenziario di lusso, l’ex magazzino venne trasformato in una serie di loft di lusso da 10 milioni di dollari l’uno, e il murales venne coperto perché considerato un difetto. Anni dopo l’appartamento venne rimesso in vendita, e dopo pochi interventi di restauro venne riscoperto il murales, messo stavolta messo in evidenza: la notizia, dopo esere rimbalzata su tutte le principali testate, ha aumentato così il valore dell’immobile e a tutt’oggi viene evidenziato come il loft che ospita un pezzo originale di Keith Haring.
L’altro caso che si presenta riguarda un altro pezzo di Keith Haring realizzato in una scuola di Manhattan vicino ad Harlem, gestita da un istituto di suore. Haring aveva dipinto tutta la tromba delle scale, le suore l’avevano sempre considerato un dipinto infantile adatto alla scuola; non l’avevano mai considerato sotto nessun altro aspetto e nessuno se ne era mai preoccupato, finché durante una visita casuale di un curatore dell’istituto scolastico il murales venne riscoperto, ed evidenziato, e anche in questo caso l’immobile ha visto accresciuto il suo valore anche dal punto di vista economico.
Altro caso di riconoscimento tardivo dell’opera d’arte è il seguente: Harald Naegeli, lo sprayer di Zurigo, era un artista molto attivo durante gli anni settanta; la sua cifra stilistica era caratterizzata da figure antropomorfe stilizzate. Era molto attivo in città, con una produzione di più di 900 graffiti realizzati su edifici pubblici e privati di Zurigo a partire dal 1977;sul suo caso nacque una campagna di stampa molto accesa, soprattutto da parte della municipalità e dell’università di Zurigo, che tendevano a inquadrare le sue azioni come atti di vandalismo. Naegeli era divenuto addirittura oggetto di un mandato di cattura internazionale per atti di vandalismo; si rifugiò in Germania, dove si affermò all’attenzione
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del pubblico come artista. Arrestato e condotto in Svizzera per un periodo di detenzione, finita la pena decise di andare definitivamente a vivere in Germania. Nel frattempo quasi tutti i pezzi furono coperti, e il paradosso sta proprio in questa situazione: oggi in particolare la municipalità e l’università di Zurigo spendono ingenti somme di denaro per restaurare e mantenere quei pochi pezzi sopravvissuti. Oggi quindi la volontà, a distanza di 35 anni, è completamente cambiata; c’è volontà di preservare, sia da un punto di vista artistico, sia da un punto di vista di memoria storica di quello che accadeva in epoca in città, per cui si ristrutturano i lavori rimasti.
Caso più attuale e leggermente differente vede come protagonisti la Bronx Crew, una crew del Bronx che tiene molto al diritto d’autore tanto da apporre sempre alle proprie opere il simbolo del copyright, e la Fiat. Per lanciare la Cinquecento sul mercato americano, la Fiat decide di fare uno spot con Jennifer Lopez, ambientandolo nel Bronx: Jennifer Lopez, la ragazza del Bronx, passa con la sua Cinquecento davanti a un muro, il muro viene visto proprio come segno per individuare il fatto che è nel Bronx, e lo spot mostra palesemente il pezzo disegnato dalla crew: quest’ultima apre una vertenza con la Fiat, la quale riconosce di non aver chiesto loro l’autorizzazione, e li risarcisce regalando a ciascun membro della crew un’autovettura, esattamente una Fiat Cinquecento, e concorda con loro futuri lavori.
Vi è nella recente giurisprudenza anche un altro interessante caso che riguarda Banksy. Di solito, il proprietario di un edificio con un graffito di Banksy possiede di fatto anche l’opera e può quindi venderla anche senza l’autenticazione ufficiale da parte dell’artista. Le cose si complicano quando, ad esempio, la proprietà spetta all’autorità locale o gli edifici sono stati abbandonati, come nel caso di un graffito realizzato a Detroit a maggio 2010. Il writer aveva disegnato in un complesso abbandonato e diroccato a Detroit, acquistato da un immobiliarista che con gli anni ne avrebbe fatto una nuova realizzazione, ma nel frattempo lo teneva in stato di abbandono. Banksy realizzò il pezzo (fig.41), su un muro già pericolante, che sicuramente sarebbe venuto distrutto nel momento in cui tutta l’area sarebbe stata ricostruita, anche se nel frattempo già il muro stesso rischiava di cadere. Il proprietario se ne disinteressò totalmente, poiché aveva acquistato l’immobile per poi restaurarlo in un momento successivo, ma al momento rimaneva totalmente indifferente rispetto a quello che c’era sulla sua proprietà, almeno fino a quando la galleria d’arte 555 Galleries and
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Studios di Detroit, decise di staccarlo per portarlo presso la sua sede e così preservarlo dalla distruzione certa. La situazione continuò a lasciare indifferente il proprietario, finché qualcuno non gli disse che comunque Banksy è un artista apprezzato e il pezzo poteva avere una quotazione alta; a questo punto il proprietario aprì una vertenza legale per poter riavere indietro il pezzo staccato. Vertenza che fu poi bonariamente traslata, il pezzo rimase di proprietà della 555- che decise di esporlo in via definitiva in un’ex stazione di polizia di 650 mq ristrutturata dalla galleria-; in ogni caso il proprietario si affrettò, nel dubbio, a staccare un altro pezzo sempre attribuito a Banksy, che era all’interno del proprio complesso.138 Riguardo la vicenda, Gareth Williams, specialista di street art per Bonhams, ha dichiarato
“ Non trattiamo i graffiti di strada di Banksy perché non approviamo la loro rimozione. Rispettiamo l’idea dell’artista che queste opere siano state create per il pubblico e apprezziamo e comprendiamo la sua volontà di renderle un bene a disposizione di tutti”139.
Oltre agli esempi elencati, vi sono anche casi di writers che, per tutelare i loro pezzi da una possibile commercializzazione non autorizzata, arrivano addirittura a cancellare il proprio operato: è il caso di Blu, writer bolognese famoso in tutto il mondo, che venuto a conoscenza del tentativo di messa in asta di serrande da lui decorate in Via del Borgo di san Pietro a Bologna, alla notizia si recò notte tempo a ridipingerle di verde.