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Il possesso fondiario costituisce la base caratterizzante la signoria. Le curtes, intese come forme di organizzazione di produzione nell’ambito della grande proprietà terriera, le terre dominicali e gli uomini erano le strutture socio- economiche attraverso cui si afferma il potere signorile353. La maggior parte degli uomini, accentrati nei casali o nei castra con differenti forme di contratto, viveva alla dipendenza signorile ed era obbligata a effettuare numerose prestazioni d’opera, oltre che impiegata in una serie di compiti quali, per esempio, i servizi di guardia e di esercito; i lavori di manutenzione e fortificazione delle fortezze. Ad essi era richiesto il pagamento delle tasse sui commerci (pedatico, ripatico, plateatico), i tributi di carattere ordinario e straordinario (adoa, datione, adiutorio, fodro); diverse forme di monopolio e il controllo su mulini, palmenti, forni, boschi, saline, laghi. Il signore disponeva di alcune prerogative sulla libera disponibilità patrimoniale delle persone e sulla loro mobilità. Si pensi agli interventi sulla licenza di matrimonio, la residenza, lo ius affidandi. Il signore richiedeva agli uomini gli obblighi di alloggio e di trasporto e i diritti giudiziari civili e penali, le immunità e le esenzioni fiscali354.

La regione campana, considerato l’alto numero di documenti forniti, offre in dettaglio un’elevata tipologia di prelievi. Tra le particolarità dei servizi richiesti vi era anche la servitù di stillicidio, una forma di servizio menzionata in epoca federiciana. Lo stillicidio descrive la caduta goccia a goccia dell’acqua piovana in modo lento e continuato. Nel diritto si fa riferimento alla facoltà di poter far cadere l’acqua piovana, che defluisce dal proprio tetto, nel fondo del vicino anziché nel proprio. Il servizio di stillicidio potrebbe riferirsi all’abitudine di raccogliere l’acqua piovana per eventuali riutilizzi. In un documento del 1231, il canonico Rainaldo permuta con Angelo Silvestri due case nel borgo dei pescatori e una venella per tre once d’oro e una casa sita fuori città di Aversa. Silvestri garantiva il versamento annuale di una libbra di cera al monastero di San Biagio e una alla chiesa di

353P

ICCINNI, Regimi signorili cit, p. 192. 354 Si veda Tabella n. 3, pp. 670-672.

123 Sant’Antonio. Inoltre il signore lo obbligava a prestare le servitù di passaggio e stillicidio355. Questa forma di servizio serviva a tutelare quanti dovevano condividere lo spazio ristretto di una zona densamente abitata e descrive anche una certa accuratezza verso forme di riconversione delle risorse primarie di un territorio. Ancora in Campania, nella prima fase del periodo ducale, è stato riscontrato un documento che menziona il molatico, un’imposta non meglio definita, legata all’uso della molitura. Nel 1048 il conte Uberto del territorio di Benevento concede al monastero di Santa Sofia la rendita della fida che lui e i suoi agenti riscuotevano sui terreni in località Pantano acquisiti dal monastero. Il monastero si impegnava ad arare con i propri mezzi i suddetti terreni e a versare il terratico e il molatico356. Solo un documento attesta il calendatico dopo il 1130. Si trattava di un’imposta da versare il primo giorno dell’anno o in un giorno prestabilito. La si riscontra nel beneventano, in merito all’esenzione delle fidanze, che concede il neoeletto sovrano Ruggero II. Con esso viene nominato anche il carnatico, un tributo esatto sugli animali destinati al macello357.

Nelle pergamene dell’Archivio vescovile di Amalfi, il documento 52 del 1176 testimonia l’esistenza di un ulteriore voce di prelievo, il mansionatico. All’interno di un contratto di locazione di una bottega per dodici anni, per cui il locatario avrebbe corrisposto ogni anno sei tarì di Amalfi e per ogni aggiunta apportata all’immobile una maggiorazione di sei tarì, si prevedeva il versamento di un’imposta al signore che passava sulle sue terre, che spesso si traduceva nella prestazione di alloggio. Costante nel tempo e in buon numero, quindici documenti circa, è l’attestazione del responsatico o modiatico, che rappresentava un tributo annuo, in natura, correlato alla quantità di terreno affidato e al tipo di coltivazione effettuata. Poco prima della conquista normanna, nel 1036 il duca Sergio concede a Malo, abate del monastero di Gesù Salvatore in Insule maris, la chiesa dei SS. Sergio e Bacco con ogni pertinenza, uomini commendati e tributi compresi, tra cui il responsatico, e le loro prestazioni d’opera e i donativi. Inoltre affida anche una famiglia di defisi. L’abate avrebbe dovuto garantire l’officiatura della chiesa e la provvigione di quanto necessario per le funzioni sacre. Avrebbe dovuto curare poi l’effettiva conduzione agricola delle terre annesse358. In un altro documento del 1054 il conte di Aversa

355 Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 323, doc. n. 60. 356

Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 272, doc. n. 28. 357 Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 272, doc. I. 358 Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 454, doc. n. 4.

124 Riccardo dona, per la redenzione dell’anima propria e della sua famiglia, a Gualtiero, priore del monastero di San Lorenzo la chiesa di San Michele in

Terraczani con ogni pertinenza, censi, diritti di libera pesca e caccia, gli uomini e i

loro lavori, i commendati, i tributi da loro versati tra cui il responsatico359. Probabilmente questa tipologia di prelievo era legata allo status giuridico dei

commendati che fornivano inoltre le consuete prestazioni di lavoro.

La Calabria e la Campania presentano un tipo di prelievo legato a patti di messa a coltura prima del 1130. Nel 1095 il figlio di Roberto il Guiscardo lo esigeva dall’abate del monastero calabrese di Santa Maria della Matina, Gualtiero. Gli concedeva il diritto di legnare e di raccogliere l’erba e attingere l’acqua in Malvito e di impiantare le calcare necessarie ai restauri della chiesa360. Il livellatico, detto anche calciatico, veniva preteso dal monastero di Gesù Salvatore di Napoli nel 1110 per un terreno vuoto su cui poter edificare una casa o una bottega e locato per ventinove anni. Il locatario doveva una pigione di un sesto di olio e due tarì di Amalfi361. Nel 1113 a Napoli, il monastero dei SS. Sergio e Bacco locavano un terreno a una coppia per ventinove anni pretendendo il calciatico per l’erezione di una casa nonché il tributo per l’uso del palmento. L’abate avrebbe così ottenuto la metà dei prodotti della terra antistante l’edificio e dieci tarì alcuni giorni prima della festa di San Sebastiano362.

La natura dei poteri signorili era prettamente fondiaria e amministrativa. I diritti bannali o pubblici introdotti dai Normanni si innestarono sulle eredità delle precedenti amministrazioni. La gestione della terra prevedeva un largo uso delle terre incolte. Nella Tabella numero 2 si nota come soprattutto nella fase ducale, il numero percentuale delle selve e delle terre incolte riscontrate nei documenti censiti sia piuttosto alto, in particolar modo in Abruzzo, Basilicata e Calabria363. La rendita signorile era costituita da diverse voci, in cui le prestazioni d’opera avevano spesso un ridotto peso economico rispetto al valore assunto dalla soggezione personale. Per quanto riguarda le corvées, presenti sulle terre dominicali e nei sistemi di gestione delle signorie fondiarie, risultano avere una percentuale elevata nella prima fase ducale in Calabria, Campania e Puglia mentre si riducono dopo la costituzione della

359 Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 455, doc. n. 395. 360 Si veda Appendice documentaria, Calabria, p. 239, doc. n. 4. 361

Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 479, doc. n. 535. 362 Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 480, doc. n. 548. 363

125 monarchia364. Ogni diritto, base reale del controllo signorile di terre e uomini, fu convertito in una forma di reddito. La gestione e le forme di prelievo signorile rispondevano all’esigenza di un regolamento funzionale al controllo dei molteplici aspetti di una realtà locale. Un meccanismo basato sul differente status giuridico degli uomini che mirava a garantire loro sicurezza e sussistenza. Le articolazioni del prelievo rappresentano l’espressione più concreta dell’intervento signorile.

Relativamente ai “censi” il comportamento delle regioni del Mezzogiorno vede un notevole aumento dal periodo monarchico in poi, in particolare l’Abruzzo, che dal 4% nel periodo ducale, raggiunge l’11% sotto Ruggero II; la Campania registra circa il 46% dei censi richiesti dopo il 1130. Per quanto riguarda il Molise si hanno solo documenti del periodo ducale che parlano di censi (70%). La maggior parte di essi è legata alla pensio dei contratti o indica uno dei tanti tributi in moneta o in natura da versare al signore per ogni concessione.

Una delle forme di prelievo più richieste è legata alla terra, il terratico. Come si evince dal confronto con la Tabella numero 3365, il termine non è attestato nei documenti relativi all’Abruzzo e al Molise. Probabilmente la mancanza di un elevato numero di terre dedicate alla coltura intensiva e la geomorfologia del territorio hanno portato i documenti a tacere o forse il termine “censo” includeva anche questo tipo di prelievo. Nelle restanti regioni si nota come la percentuale cali dopo il 1130, mentre in Puglia il valore rimane costante nel tempo, intorno al 12% circa.

I valori di richieste di prelievo più elevati sono legati all’agricoltura e al mondo contadino. Le decime registrano un numero consistente in Abruzzo, Basilicata e in Puglia. Con l’instaurazione della monarchia si vede una diminuzione delle cifre in Calabria e in Molise. La Campania, che è la regione che ha restituito più documenti, mostra una richiesta di prelievo signorile costante tra il periodo ducale e la fase monarchica.

La domanda di prestazioni d’opera raggiunge l’8% dei documenti superstiti in media. Escludendo l’Abruzzo, la sola regione dove il valore sembra aumentare dal 2% al 6%, durante la monarchia. Lo sviluppo delle operae era strettamente legato allo sfruttamento dei latifondi. Numerosi sono i documenti redatti dai monasteri che avevano la facoltà di sfruttare la manodopera servile presso le riserve signorili. Nelle altre regioni il numero di corvées diminuisce: in Campania si passa dal 12 % del

364 Si veda Tabella n. 3, pp. 671-672 365

126 periodo ducale al 7% di quello monarchico e in Puglia il valore si dimezza dal 15% all’7%.

Nell’ambito del prelievo signorile relativo al mondo rurale, il numero dei donativi che i contadini erano tenuti a versare al signore è circa il 5% dei documenti. In tutte le regioni prese in esame il dato tende ad aumentare anche durante il periodo monarchico. Oltre la portata delle salutes in natura, che i sottoposti dovevano fornire al signore, la gravosità di questa tipologia di prelievo era simbolica; testimoniava, infatti, il ruolo di soggezione e di dipendenza di alcuni individui rispetto ad altri. All’interno delle platee preponderante è il “gallinaggio” tra i beni più richiesti; non mancavano però porzioni di suini, di agnello, alcuni ortaggi e frutta secca. In Basilicata, per il periodo preso in esame, la richiesta non è espressa in alcun documento censito.

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