• Non ci sono risultati.

Il particolarismo del Mezzogiorno peninsulare complica il discorso relativo alla natura signorile. Ogni regione e diverse aree interne ad una stessa regione, presentano differenze riconducibili al substrato amministrativo, politico e culturale preesistente. La presenza di realtà signorili è attestata fin dal X secolo, distribuita in modo eterogeneo su tutto il territorio. In uno stesso contesto geografico, i diritti di prelievo si modificavano in base alla condizione giuridica dei sottoposti, agli oneri gravanti sui campi e alle vicende patrimoniali della famiglia. Si pensi alle contee longobarde e alla Terra di San Vincenzo che si caratterizzarono come realtà signorili a carattere territoriale. L’arrivo normanno mutò la natura di questi poteri, consentendo un’evoluzione della signoria fondiaria in signoria bannale e facendo confluire i vincoli vassallatici nelle relazioni signorili.

Il censimento sistematico della documentazione raccolta, sebbene parziale e nella maggioranza di natura ecclesiastica, ha reso possibile tracciare una sintetica fisionomia relativa ai domini del Mezzogiorno italiano.

I grafici 6a e 6b aiutano ad evidenziarne le differenti tipologie. L’aristocrazia che deteneva il potere economico e politico del territorio era importata, di origine francese. I conti e i baroni, lo stesso duca, elargivano beni a signori minori, specie nella prima fase ducale. L’elargizione patrimoniale era distribuita in modo equilibrato tra vescovi e abati delle numerose congregazioni monastiche, tra cui quelle di rito greco e quelle appartenenti agli ordini cavallereschi. Durante la fase monarchica le concessioni signorili caratterizzano non solo gli appartenenti ai conquistatori normanni ma lo stesso clero, che alcuni anni prima ne era stato il principale beneficiario. La sproporzione tra la quantità di atti laici pervenuti e quelli

119 ecclesiastici, meglio conservati ed editi, ha chiaramente inficiato l’analisi. La maggior parte dei concessionari, infatti, è rappresentata da enti religiosi, titolari di chiese o di grandi complessi monastici345. Questi ultimi erano signori di secondo grado rispetto ai presuli; spesso esercitavano le facoltà bannali necessarie alla costituzione di signorie. Le presenze signorili femminili in ambito laico risultano isolate, mentre si fanno più importanti in ambito monastico, specie in Campania. Dopo il 1142 i dignitari locali, di origini longobarda e bizantina, iniziano a prendere parte alla struttura feudale voluta dal sovrano. I beneficiari delle concessioni erano uomini la cui condizione giuridica era raramente specificata; nel grafico sono stati denominati abitanti in quanto il documento non menziona alcuna forma di dipendenza. Per quanto riguarda i concessionari, invece, si può notare come nella fase ducale solo una minoranza di signori e abitanti ricevono qualcosa, mentre, dopo la costituzione della monarchia, pur rimanendo alta la percentuale del clero, la percentuale degli abitanti aumenta al 15% delle concessioni che li riguardano.

L’analisi dei documenti raccolti ha inoltre consentito di localizzare i maggiori beneficiari delle donazioni signorili sul territorio dell’Italia peninsulare346

. In Abruzzo si notano due direttrici che ripercorrono le principali vie di comunicazione: l’asse adriatico tra Teramo e Vasto e quello tiburtino che attraversa la regione verso Ovest. L’area pugliese vede un’alta concentrazione nella Terra di Bari e un certo equilibrio tra Santa Maria di Tremiti e il Salento. In Campania si osserva che le maggiori concessioni si distribuiscono lungo due tracciati. Il primo parte dall’abbazia di Montecassino fino ad Atrani, litoraneo; il secondo, più interno, congiunge il territorio molisano fino a Salerno, passando per Benevento. La Basilicata risulta suddivisa in un polo a nord, al confine tra Campania e Puglia e quello ionico a sud al confine con la Calabria. Infine, quest’ultima regione vede una quantità maggiore di concessioni signorili

La tabella numero 4 raccoglie le voci relative agli obblighi dovuti dai sottoposti al signore presenti nei documenti censiti del Mezzogiorno peninsulare, sia nel periodo ducale sia in quello monarchico347. Lo schema elaborato rende evidente la capillarità signorile e la varietà dei doveri che interessavano gran parte della popolazione. Le percentuali maggiori sono date dai censi, in natura e in moneta e

345

Si vedano Grafici n. 6a e 6b, pp. 666-667. 346 Si veda la Cartina n. 2, p. 668.

120 dagli interventi di migliorie dei campi. Ad essi seguono la richiesta di metà del raccolto e il versamento delle decime. La media delle opere è del 4% circa.

Le cifre più rilevanti riportate in tabella consentono di capire come le principali tipologie di prelievo signorile fossero inerenti l’assetto agricolo e il commercio. Prelievi relativi ai prodotti della terra, grano, orzo, olio e vino erano ricorrenti all’interno della maggior parte dei documenti.

Il diritto di prelievo spesso non risulta specificata all’interno delle fonti. Molti documenti menzionano in modo indistinto i diritti sia in senso positivo, come richiesta e quindi testimoniando la presenza di una prerogativa signorile, sia in senso negativo, per sottolineare un’immunità in favore del ricevente o una rinuncia signorile. La richiesta di prelievi, relativi ad alcuni diritti, è però esplicitata. I diritti d’uso del forno e il relativo pagamento sono espressi in alcuni documenti. Nella regione campana è attestato un documento d’epoca ducale e uno monarchico. In Puglia, il fornatico è riscontrato solo dopo il 1130. Il documento del Codice

diplomatico cavense del 1070 vede Leone, abate della SS. Trinità, concedere al

monaco Giovanni del cenobio di San Nicola in Propiciano un solaio di una casa in città e la metà di un forno da usare in comune con il monastero, nonché una stalla e le cose stabili con il permesso di locarle. Il monastero dovrà versare alla badia il fornatico sul pane prodotto e corrispondere la metà dei prodotti della panificazione348.

Nelle aree di tradizione longobarda e bizantina, dove sono meno attestate istituzioni vassallatico-beneficiarie nella fase ducale, in quanto il potere non aveva favorito lo sviluppo di grandi patrimoni né la formazione di poteri locali, si affermano forze locali autonome incentrate sul possesso fondiario. I potentati dei principati di Benevento, Capua e Salerno esercitano forme di regime signorile di natura fiscale, raramente di natura giurisdizionale. Il principato di Salerno presenta una piccola e media proprietà che parcellizzava la struttura agraria. Per l’area salernitana, il trasferimento dei diritti di prelievo e di amministrazione della giustizia è meno frequente rispetto all’area capuano-beneventana, dove i numerosi conti dinasti-territoriali possedevano, tra le molte prerogative, anche l’esazione dei dazi di origine pubblica sull’intero distretto in cui esercitavano una signoria territoriale di

348 Si veda Appendice documentaria, Campania, p. 313, doc. n. 86 e p. 324, doc. n. 5; Puglia, p. 513, doc. n. 122.

121 fatto349. I principi salernitani si limitarono alla concessione di esenzioni fiscali, per i

liberi homines dimoranti nei possedimenti dell’episcopio salernitano e per i

coltivatori della Chiesa beneventana che lavoravano le terre site nel principato di Salerno350. I ducati bizantini campani non restituiscono testimonianze di potere locale351. I Docibile a Capua furono i principali proprietari terrieri. Probabilmente la gestione del potere locale si è radicata all’interno della famiglia principesca e l’autorità di origine patrimoniale della signoria.

In un recente studio sulla signoria di Mezzogiorno, essa risulterebbe “anomala” per il suo impatto economico e sociale, nel rapporto con le relazioni vassallatico- beneficiarie e con i sottoposti. Infatti, tenendo presente i parametri più recenti con cui si è voluto “misurare” il fenomeno - l’esercizio di poteri militari, fiscali e giudiziari che si realizzano nella cosiddetta “forza” della signoria; la capacità dialettica con le società locali, ovvero il grado di condizionamento dei rapporti politici e sociali; la patrimonialità del potere e infine il rapporto signoria-economia - risulterebbe l’immagine di un dominato “dominato”, incapace di espandersi e di imporsi, in quanto limitato sia dalle alte rivendicazioni dell’autorità pubblica, sia dalle resistenze dei sudditi. Una signoria disinteressata ai processi produttivi. Salvo alcune eccezioni, l’intervento signorile rimarrebbe esterno e successivo al momento della produzione poiché la terra costituiva anzitutto uno strumento di sostegno di relazioni e clientele, più che una concreta fonte di profitto. I cicli produttivi, le tecniche di miglioramento, le rotazioni, non erano sottoposte al controllo signorile o comunitario ma affidate all’iniziativa dei singoli coltivatori. Il signore inoltre non avrebbe esercitato un controllo diretto e quotidiano sulla vita e sui ritmi di lavoro dei propri dipendenti. L’estraneità al momento della produzione apparirebbe maggiore in quanto lo sviluppo della signoria non ha mai condotto ad una espropriazione contadina352.

349 Cfr. V. L

ORÉ, Signorie locali e mondo rurale, in Nascita di un regno. Poteri signorili, istituzioni

feudali e strutture sociali nel mezzogiorno normanno (1130-1194). Giornate normanno-sveve, XVII,

(Bari, 10-13 ottobre 2006), Bari 2008, pp. 207-238 e A.DI MURO, Le contee longobarde e l’origine

delle signorie territoriali nel Mezzogiorno, in «Archivio storico per le province napoletane»,

128(2010), pp. 1-70. 350 A.D

I MURO, Signori e contadini nel Mezzogiorno normanno. Il codice Solothurn (fine sec. XII), Bari 2013, pp. 46-47.

351 P

ICCINNI, Regimi signorili cit, p. 199. 352

122

VI. 1