L’elemento oggettivo della responsabilità da ritardo: il problema del c.d danno da “mero ritardo”
1. Premessa introduttiva
Si è messo in evidenza, nel corso del precedente Capitolo, come sia tracciabile, nell’ordinamento, un’ideale linea evolutiva nell’ambito della quale il dovere di provvedere della pubblica amministrazione ha assunto una connotazione via via sempre più legata all’aspetto temporale e, più in particolare, alla certezza dei tempi dell’azione azione amministrativa. Il tutto, si è rilevato, si pone in linea con (rectius in attuazione de) i principi e quindi dei valori dell’ordinamento, tanto
che, talvolta, dottrina e giurisprudenza designano espressamente il tempo (rectius il rispetto della tempistica procedimentale) quale “bene della vita”, (anche) a sottenderne la dimensione assiologica 1.
A tale evoluzione è stata impressa una svolta significativa ad opera della legge sul procedimento amministrativo che per la prima volta, a livello generale, ha previsto, all’articolo 2, che il procedimento amministrativo deve concludersi entro un termine predeterminato. Il che costituisce il presupposto logico giuridico della responsabilità da ritardo della pubblica amministrazione. La (relativamente) recente codificazione della disciplina di quest’ultima, con i già menzionati articoli 2 bis della legge 241 del 1990 e 30 del codice del processo amministrativo, configura un’ulteriore tappa di tale processo evolutivo.
Ora, entrando nel vivo dell’oggetto del presente lavoro e in coerenza con gli obiettivi che ci si è prefissati, si cercherà di approfondire il contenuto e le implicazioni di tale responsabilità recentemente valorizzata dal legislatore. Si tratterà quindi di esaminare il concreto funzionamento del meccanismo del risarcimento e, per quanto non propriamente connesso ad una vera e propria responsabilità dell’amministrazione, anche dell’indennizzo previsto dalla l. 98 del 2013 che ha novellato l’articolo 2 bis della legge sul procedimento amministrativo. In altri termini, si dovrà indagare su come l’ordinamento declini, in concreto, il valore riconosciuto al tempo dell’azione amministrativa quando si ponga la questione di fornire tutela risarcitoria (e indennitaria) al privato che subisca pregiudizio dal ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo da parte della pubblica amministrazione.
Più nel dettaglio, l’analisi si concentrerà sulla struttura della fattispecie e quindi, nell’ordine di esposizione che s’intende seguire:
a) sull’ elemento oggettivo e, in particolare il danno c.d. da “mero ritardo”, l’analisi delle voci di danno risarcibile-distinguendo quest’ultimo dal danno “indennizzabile- e il nesso di causalità;
1 Per le indicazioni bibliografiche relative agli Autori che hanno definito in questi termini il tempo del procedimento amministrativo si rinvia al precedente Capitolo. Sui vari significati che può assumere la qualificazione del tempo come bene della vita si rinvia al primo Capitolo e infra nel presente Capitolo.
b) sull’elemento soggettivo, ossia, il dolo o e la colpa che la vigente normativa sul ritardo, al contrario di quanto avviene per la responsabilità da attività provvedimentale della pubblica amministrazione, in generale ora espressamente richiede per la configurabilità della responsabilità in esame.
La responsabilità da ritardo, come già sottolineato, non è sorta con l’entrata in vigore della recente disciplina positiva ma con la precedente previsione di un termine di conclusione del procedimento entro un tempo prestabilito e, comunque, come si avrà occasione di notare, essa si inserisce in un contesto che involge questioni di carattere più generale quali la responsabilità civile della pubblica amministrazione «connessa all’esercizio del potere e la sua ricostruzione teorica»2, la natura giuridica di quest’ultima, «il rapporto procedimentale che
s’insatura tra amministrazione e destinatario del provvedimento finale, l’eventuale rilevanza a fini risarcitori di interessi procedimentali distinti dall’interesse all’utilità finale»3. Sarebbe pertanto riduttivo limitare la ricerca al mero esame della disciplina positiva sul ritardo dovendosi piuttosto accompagnare lo studio di quest’ultima con l’approfondimento delle questioni appena indicate e con l’analisi dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale anche antecedente alla codificazione della disciplina sul ritardo della pubblica amministrazione.
In particolar modo, ciò vale per il problema della risarcibilità del c.d. danno da “mero ritardo” ovverosia – per riprenderne la sintetica definizione fornitane nell’Introduzione – il pregiudizio che può determinarsi in capo all’amministrato per la ritardata conclusione del procedimento amministrativo in sé considerata, ossia «a prescindere dall’accertamento di una lesione del bene finale della vita che il privato aveva titolo ad ottenere»4. Infatti, quella dell’ammissibilità del risarcimento del c.d. danno da “mero ritardo”, da un lato, è
2 G. NAPOLITANO, Il danno da ritardo, in AA.VV., Verso un'amministrazione responsabile,
Milano, 2005, p. 235.
3 G. MARI, L’azione di condanna al risarcimento del danno derivante dal mancato o ritardato
esercizio dell’attività amministrativa in (a cura di) M.A. SANDULLI Il nuovo processo amministrativo, Milano, 2013 p. 263.
4 A. GIUFFRIDA, Il diritto ad una buona amministrazione pubblica e profili sulla sua
questione la cui soluzione dottrina e giurisprudenza mettono in stretta correlazione con la natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità da attività iure
imperii della pubblica amministrazione, nonché con la natura e con le
caratteristiche delle situazioni giuridiche implicate in tale vicenda, dall’altro lato è tematica che si pone al centro di un annoso, oltre che vivace e complesso, dibattito dottrinale e giurisprudenziale tuttora in corso e sorto ben prima dell’entrata in vigore della menzionata disciplina positiva che, asetticamente considerata, non sembra prendere una posizione netta sul punto, come si cercherà di dimostrare al termine del presente Capitolo. È per tale ragione che, prima di concentrarsi sul dato normativo positivo, si cercherà d’indagare sulla vexata quaestio e di proporne una soluzione muovendosi al di fuori di quest’ultimo.
Si tratta di un’indagine alla quale dovrà dedicarsi ampio spazio, posto che quello della risarcibilità del c.d. danno da “mero ritardo”, è il tema che, nell’ambito delle trattazioni e delle pronunce giurisprudenziali sul ritardo della pubblica amministrazione, ha occupato e occupa lo spazio maggiore. Appare significativo, in questo senso, che la questione della possibilità di fornire tutela risarcitoria al pregiudizio da “mero ritardo” sia stata definita il «punto cruciale»5 tra i vari aspetti giuridici della responsabilità dell’amministrazione per il mancato rispetto della tempistica procedimentale. Ma la crucialità della questione non è solo, per dir così, quantitativa (ossia legata alla quantità delle variegate prese di posizione di dottrina e giurisprudenza sull’argomento), ma anche qualitativa, stante l’importanza intrinseca del tema.
Al fine di meglio comprendere il significato di tale ultima affermazione, appare opportuno, preliminarmente, analizzare nel dettaglio le singole fattispecie in cui si sostanzia il danno da ritardo e, tra esse, individuare quando si configuri il danno da “mero ritardo”, di cui finora si è fornita soltanto una definizione generica.
Allo scopo, può risultare illuminante prendere in esame l’ordinanza n. 875 del 2005 della IV Sezione del Consiglio di Stato che, nell’interpellare l’Adunanza
5 F. PATRONI GRIFFI, La responsabilità dell'amministrazione: danno da ritardo e class action, in www.federalismi.it, 2009, P. GOTTI, Osservazioni in tema di risarcibilità del danno da ritardo
Plenaria in ordine all’ammissibilità della tutela risarcitoria del “mero ritardo” (nei termini che si descriveranno più avanti nel corso del presente Capitolo), ha tracciato un chiaro quadro delle ipotesi in cui si concretizza il danno da ritardo della pubblica amministrazione.
Accanto ai casi in cui il pregiudizio per la tardiva conclusione del procedimento consiste «nell’ aver avuto in ritardo il bene della vita cui si aveva titolo», danno che può prodursi anche «medio tempore tra l’annullamento del diniego di provvedimento per motivi formali e la riedizione del potere amministrativo conseguente all’annullamento»6, i giudici della IV Sezione, nella citata ordinanza, hanno annoverato anche la circostanza in cui il pregiudizio lamentato consiste nel silenzio (c.d. inadempimento) serbato tout court dall’amministrazione sull’istanza del privato o, comunque, nel ritardo nell’adozione di un provvedimento, che sia negativo, laddove non sia verificata la spettanza del bene della vita finale in capo all’amministrato. «[I]l pregiudizio lamentato consiste nel fatto che l’amministrazione: non emani alcun provvedimento, ovvero emani un provvedimento negativo, ma in ritardo; anche in quest’ultimo caso, peraltro, il danno lamentato non consiste nell’illegittimo diniego del bene della vita (che andrebbe impugnato). Ebbene, nelle ultime due fattispecie menzionate, non viene in rilievo il pregiudizio derivante dal tardivo conseguimento dell’utilità finale (la quale, peraltro, potrebbe anche non spettare al privato), ma dal fatto dell’aver provveduto in ritardo in sé, “con ciò solo causando un danno al privato»7 . Ed è proprio in questo che è possibile rinvenire l’essenza
del c.d. danno da “mero ritardo”: nel superamento del termine di conclusione del procedimento a causa di un’amministrazione che «legittimamente può assumere un provvedimento sfavorevole (ma che probabilmente può assumerne uno favorevole)» e che, invece, «ingiustificatamente traccheggia, perde tempo» e, così operando, costringe «il privato ad affrontare spese o a prolungare i tempi di
6 Si veda , più precisamente, Cons. Stato, sez. IV, ord., 7 marzo 2005, n. 875 (con nota di C.CONTESSA Le Sezioni Unite, l’Adunanza Plenaria ed il riparto in materia risarcitoria: ultimi
atti di una infinita historia? in Urb e App.2005 p. 787 ss.). Si veda il p.to. 4.1. dell’ordinanza.
eventuali esposizioni finanziarie»8 o a subire pregiudizi anche di altra natura (compresi i danni non patrimoniali), nei termini che meglio si esporranno9 nel terzo Capitolo, scollegati dal fatto che spetti o meno bene della vita finale.
Ora, una volta chiarito più nel dettaglio in cosa consista il “mero ritardo”, si ritiene, anzitutto, possa risultare di miglior comprensione l’esposizione dei termini del dibattito dottrinale e giurisprudenziale di cui si è fatta menzione. In particolare, all’interno della ancora non sopita discussione tra dottrina e giurisprudenza, sostanzialmente, si fronteggiano tra loro due opposte concezioni, ciascuna delle quali, a propria volta, presenta variegate declinazioni: l’una, di matrice prevalentemente giurisprudenziale e ancora ben radicata tra i giudici, che nega tutela risarcitoria al danno da “mero ritardo”; l’altra che, attribuendo intrinseco valore al tempo dell’agire amministrativo10, ne ammette la risarcibilità
a prescindere dalla fondatezza della pretesa dell’amministrato.
Ma l’aver individuato il contenuto del “mero ritardo” - e, prima ancora, l’aver illustrato il valore che costituisce per l’ordinamento il rispetto della tempistica procedimentale in sé e per sé considerata- si reputa possa anche aiutare a comprendere la crucialità del tema alla quale sopra si è fatto riferimento. Infatti, sembra che escludere la tutela risarcitoria del danno derivante dal mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo solo perché non spetti il bene della vita finale, legittimi il dubbio che il «tempo perduto»11 nell’attesa del provvedimento amministrativo - con le conseguenti possibili implicazioni negative a carico del danneggiato - riceva una tutela davvero effettiva. La tesi che nega il risarcimento a tale pregiudizio, pertanto, appare incoerente con i principi dell’ordinamento. In questo senso, si è sottolineato come ammettere la tutela risarcitoria esclusivamente «nell’ipotesi in cui il bene della vita sotteso al provvedimento richiesto sia stato effettivamente riconosciuto significa» che «i valori di cui si è resa interprete la legge sul procedimento
8 F.G. SCOCA, Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir. pubbl., 2000, p. 36. 9 Si veda infra Capitolo terzo
10 Come rileva E. STICCHI DAMIANI, Danno da ritardo e pregiudiziale amministrativa in Foro
Amm. TAR, 2007 p. 3329 ss.
11 L. VALLA, Il giudice amministrativo e il risarcimento “del tempo perduto”, in Urb e App.,
amministrativo» sarebbero degradati a «meri simulacri di forma, privi di anima e consistenza».12 Vale a dire: da un lato l’ordinamento riconosce valore al rispetto della tempistica procedimentale in sé e, dall’altro, non riconosce (rectius, non riconoscerebbe) il rilievo dei danni derivanti dalla perdita di tempo in sé13 . Da ciò può dunque inferirsi l’importanza della questione, visto che dalla sua soluzione positiva o negativa deriva- quantomeno aderendo a tale ultima impostazione- rispettivamente la coerenza o l’incoerenza dell’ordinamento con sé stesso, ossia con i principi ricavabili dal medesimo in ordine al valore del tempo in sé considerato dell’azione amministrativa.
In realtà, anticipando così la conclusione cui si reputa di poter pervenire, si ritiene che esistano convincenti argomenti giuridici che consentono di accordare tutela risarcitoria al danno da ritardo, indipendentemente dalla spettanza del bene della vita finale, nel rispetto dei valori dell’ordinamento. Prima di giungere ad illustrare dettagliatamente le ragioni per le quali si crede di dover accedere all’orientamento che ammette la tutela risarcitoria del danno, tuttavia, la presenza di un quadro dottrinale e giurisprudenziale tutt’altro che pacifico in ordine al tema in esame rende imprescindibile esaminare partitamente le variegate posizioni che si affrontano nell’articolato dibattito e le diverse costruzioni dogmatiche che vi sono sottese.
2. L’irrisarcibilità del c.d. danno da “mero ritardo” e la c.d. logica della