L’elemento oggettivo della responsabilità da ritardo: il problema del c.d danno da “mero ritardo”
4. La tesi della responsabilità contrattuale però legata alla logica della spettanza
Finora si è avuto modo di notare come, aderendo alla tesi della responsabilità contrattuale, si dovrebbe dare ingresso al risarcimento dei danni causati dalla pubblica amministrazione nell’esercizio della propria funzione a prescindere dal giudizio sulla fondatezza della pretesa dell’amministrato e, pertanto, bisognerebbe ammettere anche la risarcibilità del danno da “mero ritardo”, essendo infatti necessario, ai fini risarcitori, l’inadempimento dell’obbligazione in sé e per sé considerato e non la spettanza del bene della vita finale. Corre però ora l’obbligo di segnalare che l’assunto pare smentito da un’elaborata tesi (che appare largamente minoritaria) la quale, pur qualificando la
134 Si noti, peraltro, che, per la Plenaria, la natura di diritto soggettivo di tale pretesa sarebbe
comprovata dalla devoluzione delle vertenze risarcitorie relative al ritardo procedimentale alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Si tornerà sul punto al termine del presente Capitolo, allorché si affronterà la questione della risarcibilità del danno da “mero ritardo” con specifico riferimento alle suggestioni derivanti dal dato normativo positivo.
responsabilità della p.a. come contrattuale136, perviene a risultati diversi da quelli appena sopra illustrati137.
Secondo tale tesi, la responsabilità della pubblica amministrazione avrebbe natura lato sensu contrattuale poiché non deriverebbe dalla violazione di un generico dovere di neminem laedere. S’instaurerebbe, infatti, un “contatto” «tra il privato e il soggetto pubblico dal quale scaturiscono non solo obblighi strumentali e formali delle parti, ma anche il dovere dell’amministrazione di provvedere legittimamente sulla richiesta»138. Una volta chiarita la natura giuridica che, in base a tale impostazione, rivestirebbe la responsabilità amministrativa, le conclusioni cui si perviene in ordine al rapporto tra risarcimento del danno e spettanza del bene della vita finale.
In sostanza, secondo la teorica in esame, verrebbe in rilievo ai fini risarcitori, la c.d. «pretesa di provvedimento favorevole». Si tratterebbe di una situazione giuridica distinta tanto dall’interesse legittimo quanto dal diritto soggettivo (dal primo, poiché esso non sarebbe in «posizione di istituzionale subordinazione rispetto al potere di provvedere attribuito dall’ordinamento alla pubblica amministrazione» e si riferirebbe «direttamente al bene della vita e/o all’utilità finale» conseguibile mediante «l’esercizio di quel potere»139, dal secondo, poiché quest’ultimo non si correlerebbe «con un dovere di rendere una prestazione» preordinata ad attribuire «un vantaggio al titolare della pretesa», bensì si porrebbe in relazione con un «dovere funzionale incombente in capo alla pubblica amministrazione e dunque con un comportamento che è strumentale al perseguimento dell’interesse della collettività[…] ancorché dal giudizio (positivo) sulla spettanza dell’attribuzione del bene della vita discende evidentemente la coincidenza dell’interesse proprio del titolare della pretesa con il suddetto interesse pubblico»140).
136 Nei termini che a breve meglio si illustreranno.
137 Il riferimento è alla teorica elaborata da D. VAIANO, Pretesa di provvedimento e processo
amministrativo, Milano, 2002.
138 Così D.VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., p. 276 richiamandosi adesivamente a Cons.
Stato Sez. V, 06 agosto 2001, n. 4239.
139 D. VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., pp.246 e 247. 140 D. VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., p.247.
Ora, il risarcimento sarebbe preordinato a ristorare il privato della lesione inferta a tale pretesa, a seguito dell’inadempimento del dovere funzionale di provvedere nel modo spettante all’interessato nella maniera indicata, cioè dall’ordinamento generale a tutela della c.d. «pretesa di provvedimento». Tale pretesa, infatti, mirando all’ottenimento di un provvedimento favorevole, all’evidenza, non potrebbe ricevere tutela in assenza dell’effettiva spettanza dell’utilità finale.
Applicando tale schema al danno da ritardo, ben si può ricavare come anche quest’ultimo non potrebbe essere risarcito laddove la pretesa del privato fosse infondata141. Tale impostazione avrebbe il pregio di evitare il ricorso a
rimedi indennitari142 e/o a liquidazioni equitative e permetterebbe di addivenire ad
una tutela risarcitoria vera e propria. Infatti, qualora, al contrario, si riconoscesse il ristoro del danno a fronte della mera violazione del termine di conclusione del procedimento e, quindi, della regola procedimentale in sé e per sé considerata, fuoriuscendo così dalla c.d. “logica della spettanza”, il danno ristorato sarebbe «quasi presuntivo» poiché «svincolato da qualsiasi onere della prova» e sostanzialmente individuabile «nello stato di incertezza discendente dalla ritardata adozione del provvedimento amministrativo»143. Tuttavia, prescindere dall’interesse al bene della vita significherebbe «trattare in maniera uguale situazioni diverse», poiché sarebbero risarciti «nella stessa misura» tanto coloro che allegassero violazioni di carattere meramente formale/procedimentale, senza essere privati ingiustamente di un bene della vita, tanto coloro i quali, invece, fossero stati ingiustamente privati di quest’ultimo.144
141 D. VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., pp.215 e 216.
142 Cfr. D. VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., pp.215 e 216 ove l’A. utilizza l’espressione
«tentazioni indennitarie».
143 D. VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., pp.215 e 216.
144 D. VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., p. 292. Per la precisione Vaiano si richiama a tale
proposito a S. CATTANEO, Responsabilità per contatto e risarcimento per lesione di interessi
legittimi in Urb. e app. 2001, pp.1229 ss. Si noti, tuttavia, come l’Autrice da ultima menzionata,
appaia imputare la conseguenza della risarcibilità del danno svincolata dalla spettanza del bene della vita finale proprio alla configurazione della responsabilità della p.a. in termini contrattuali e, più precisamente, da contatto sociale. Vaiano, al contrario, giunge, come si è visto, alle medesime
Sembra, almeno per certi aspetti, porsi in linea con tale orientamento anche una sentenza del Tar Lombardia145 pronunciata proprio in una fattispecie di danno da ritardata conclusione del procedimento amministrativo. Nel caso di specie, non si prospettava un’ipotesi di danno da “mero ritardo”, posto che l’istanza di provvedimento autorizzatorio evasa (positivamente) dall’amministrazione comunale oltre il termine normativamente prestabilito era effettivamente fondata. Cionondimeno, appare interessante il ragionamento condotto dai giudici i quali, da una parte, hanno qualificato come contrattuale la responsabilità in esame, poiché «consegue all'inadempimento dell'obbligo (legale) preesistente di concludere il procedimento amministrativo nei termini prefissati» e, dall’altra parte, hanno altresì espressamente affermato che il danno da ritardo è «riferito […] alla tardiva adozione del provvedimento ampliativo spettante» e che «l'interesse giuridicamente protetto è […] l'aspettativa della utilità incrementali attese per via della positiva conclusione del procedimento, e non la generica reintegrazione “del tempo”, il quale non costituisce (sul versante civilistico) un autonomo “bene della vita” […] bensì rappresenta il presupposto (empirico) per lo sfruttamento delle possibilità acquisitive conseguibili con il proprio agire lecito»146.
Da quanto sopra, è possibile costatare come la pronuncia in esame, appaia affermare che non è il mero superamento del termine di conclusione del procedimento a determinare il diritto al risarcimento, con ciò escludendo ogni automatismo tra violazione della regola procedimentale e risarcimento, in linea con la ricostruzione dottrinale sopra riportata la quale ha paventato che possano derivare «tentazioni indennitarie»147 dal riconoscimento della risarcibilità di danni svincolati dalla spettanza del bene della vita finale.
conclusioni di Cattaneo, pur ritenendo la natura della responsabilità della p.a. quantomeno lato
sensu contrattuale.
145 T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, 12 gennaio 2015 n. 94.
146 Tutti i passaggi riportati nel testo sono rinvenibili al p.to III.1 della summenzionata sentenza. 147 Cfr.. D. VAIANO, Pretesa di provvedimento cit., pp.215 e 216.
L’aspetto della sentenza su cui preme concentrarsi è dato dalla rilevata148 contraddittorietà della stessa nella parte in cui, pur riconnettendo la responsabilità da ritardo dell’amministrazione all’ inadempimento, ex articolo 1218 c.c., di un obbligo legale di provvedere entro un termine, esclude la risarcibilità del danno da “mero ritardo”. In particolare, si è sostenuto che la motivazione della sentenza del Tar Lombardia non sarebbe in parte qua condivisibile, perché, escludendo «a priori, la configurabilità di una autonoma pretesa» (a prescindere dalla spettanza del bene della vita) all’adempimento dell’obbligo di «rispetto dei termini procedimentali», appare confliggente con la asserita natura contrattuale della predetta figura di responsabilità. Ciò darebbe «surrettiziamente» rilievo al requisito del danno ingiusto149, legato, in ipotesi di lesione dell’interesse
legittimo, alla c.d. “logica della spettanza” (almeno secondo l’interpretazione della sentenza 500 del 1999) tipica della responsabilità aquiliana.
Tale rilievo critico, peraltro, sembra coerente con la maggior parte delle tesi sopra illustrate che muovono dal presupposto della natura contrattuale della responsabilità della pubblica amministrazione e che si concentrano sull’autonomo rilievo dell’inadempimento da parte di quest’ultima, nei termini già esposti. Del resto, qualora si ritenga di aderire alla tesi per cui la responsabilità (anche da ritardo) dell’amministrazione rientra nello schema contrattuale e, pertanto, la si faccia ontologicamente coincidere con la violazione di obblighi formali e strumentali (tra cui, si è visto, dovrebbe annoverarsi anche la tempestiva
148 In particolare da F. GAFFURI, Responsabilità da ritardo-nuovi orientamenti giurisprudenziali
in ordine alla natura e alla disciplina della responsabilità “da ritardo” in Giur. It., 2015, p. 1700
ss., ma, sempre in senso critico, si veda anche A. BIFANI SCONOCCHIA, Il danno da mero
ritardo è risarcibile? Necessità di un intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria in Riv. Giur. dell'Ed., 2015, p. 83 ss.
149 F. GAFFURI, Responsabilità da ritardo cit., p. 1708. Per completezza, va precisato che la
sentenza del Tar Lombardia in esame si era soffermata sulla lettera dell’articolo 2 bis l.241 del 1990 nella parte in cui fa riferimento al “danno ingiusto” provocato dal ritardo definendo quest’ultimo sintagma, alla stregua di una mera “superfetazione”, essendo, quella da tardiva conclusione del procedimento amministrativo un’ipotesi di responsabilità da inadempimento in cui non rileva il requisito dell’ingiustizia del danno. In ogni caso, si avrà occasione, nell’ultimo paragrafo del presente Capitolo, di concentrarsi approfonditamente sulle suggestioni derivanti dalla (relativamente) recente disciplina positiva sulla responsabilità da ritardo.
conclusione del procedimento), appare poi logicamente difficile sostenere che il risarcimento debba essere necessariamente subordinato ad un giudizio sulla fondatezza della pretesa sostanziale del privato. In tal modo, infatti, non verrebbe
attribuito adeguato rilievo alla violazione dell’obbligo in sé e dunque all’ inadempimento (per quel che in questa sede maggiormente rileva,
sostanziantesi nella tardiva conclusione del procedimento). A questo riguardo, come meglio si vedrà nel prossimo paragrafo150, è da sottolineare fin da ora come non appaia un caso che tra le varie critiche che vengono mosse alla tesi della responsabilità da “inadempimento”, vi sia proprio quella che evidenzia il rischio di dare adito a quegli automatismi risarcitori che, al contrario, secondo le teoriche qui in esame, sarebbero scongiurati pur rimanendo entro il modello della responsabilità contrattuale.
5. Rilievi critici alle tesi che qualificano come contrattuale e (talvolta) da