L’elemento oggettivo della responsabilità da ritardo: il danno da ritardo risarcibile e il nesso di causalità
2. Sul danno da ritardo risarcibile in generale
Prima di incominciare le più approfondite riflessioni sul danno risarcibile da ritardo, va anzitutto precisato che non ci si soffermerà qui in maniera esauriente sulle modalità di quantificazione del risarcimento1 per le quali si rinvia alle trattazioni civilistiche. Si reputa più interessante concentrarsi in questo lavoro precipuamente sulle varie voci di danno da ritardo risarcibile, ossia su quando e in che termini si realizzino i presupposti affinché si determini una “situazione suscettibile di tutela risarcitoria”. Circoscritto il campo dell’indagine, occorre, a questo punto, individuare con maggior precisione la corretta collocazione sistematica del danno risarcibile. Il danno, infatti, va inteso in una duplice accezione: il danno ingiusto, sul quale, per l’appunto, ci si è concentrati nelle pagine precedenti, e il c. d. danno risarcibile (o c. d. danno conseguenza) causalmente riconducibile al primo che è ciò su cui, come anticipato, ci si deve soffermare ora.
Più precisamente, se il danno ingiusto è l’evento lesivo di una situazione giuridica (di qui la denominazione di “evento di danno”2 con cui viene anche definito il danno ingiusto), il danno risarcibile, invece, consiste nella «conseguenza» pregiudizievole «immediata e diretta» (ex art. 1223 c.c.)3 di quell’evento (o, se si preferisce, del danno ingiusto). Sono (anche) tali conseguenze pregiudizievoli a rivestire un ruolo essenziale per la nascita dell’obbligazione risarcitoria. Detto altrimenti, se, nonostante la presenza del
1 Per equivalente, in via equitativa ex art. 1226 c.c. o in forma specifica ex art. 2058 c.c. e art. 34
comma 1 lett. c) c.p.a.
2 Di qui la denominazione di «evento di danno» con cui viene anche definito il danno ingiusto. Per
tale espressione cfr. M. FRANZONI, L’illecito, in Trattato della responsabilità civile, diretto da M. FRANZONI, Milano, 2010, p. 56.
3 Articolo che è contenuto nella parte del codice civile dedicata all’inadempimento delle
obbligazioni, ma che, come noto, è applicabile anche all’illecito aquiliano (entro il cui ambito si reputa di dover collocare la responsabilità da ritardo) ex articolo 2056 c.c.
requisito dell’ingiustizia del danno, difettasse un concreto pregiudizio, mancherebbe un quid da risarcire e, pertanto, non si dovrebbe far luogo a risarcimento alcuno. Le conseguenze pregiudizievoli, in altri termini ancora, sono componenti imprescindibili della nozione di fatto illecito4. Del resto, è lo stesso articolo 2043 c.c. a menzionare due volte la parola danno: quando si riferisce al
danno ingiusto, cagionato da un “fatto doloso o colposo” e quando afferma che
sorge in capo a chi ha commesso il fatto l’obbligo di “risarcire il danno” che va inteso nel senso di danno risarcibile5. Invero, con particolare riferimento alla disciplina normativa del ritardo, è da rilevare come l’articolo 2 bis della l.241 del 1990 si limiti ad affermare che la p. a. è tenuta a risarcire il «danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento», senza ulteriormente riferirsi una seconda volta al “danno”, come invece fa l’articolo 2043 c.c.. Cionondimeno, oltre e a prescindere
4M. FRANZONI, L’illecito cit. p.56.
5 Si vedano, in questo senso, P. CENDON, Commentario al codice civile. Artt.2043-2053, Milano,
2008, p. 187 nonché D. SORACE, Diritto delle pubbliche amministrazioni: una introduzione, Bologna, 2016, p..381 e M. CARRA’, L’esercizio illecito della funzione pubblica ex art. 2043 c.c., Milano, 2006, p. 189 (nell’ambito delle riflessioni sulla responsabilità aquiliana da attività provvedimentale della pubblica amministrazione). In definitiva, si può affermare come esista una sorta di necessaria complementarietà reciproca tra danno ingiusto e danno risarcibile, nel senso che entrambi questi aspetti del danno devono sussistere per la configurazione della responsabilità aquiliana (anche da tardiva conclusione del procedimento amministrativo). Si veda in tal senso C. SALVI, Responsabilità extracontrattuale (dir.vig.), in Enc. Dir. XXXIX, Milano, 1988, pp. 1187 ss. (spec. par. XII): «La qualificazione di ingiustizia concerne l'evento lesivo, e la natura del bene o interesse leso. Sull'altro versante, la nozione di danno si estende a comprendere tutte le conseguenze dannose che si propagano dalla lesione del bene, purché 'causalmente' riferibili al fatto del responsabile.In sostanza, il contenuto della nozione di danno accolta dal codice non può essere descritto prescindendo dalla funzione normativa della tutela, che è di compensazione economica della vittima, e non di reintegrazione in senso proprio della situazione soggettiva lesa. D'altra parte, il giudizio aquiliano si attiva sempre come reazione a un fatto 'ingiusto': e quindi implica l'analisi delle modalità di rilevanza degli interessi coinvolti nel concreto accadimento dannoso, che si traduce in un giudizio di valore sull'esigenza di reagire a tale accadimento. La categoria normativadi danno rivela così la sua intrinseca bivalenza, tra reazione all'illegittima alterazione della sfera giuridica della vittima e mezzo di traslazione intersoggettiva di un costo economico».
dalla fondamentale considerazione dell’inquadramento sistematico della fattispecie entro l’ambito di operatività della norma da ultima menzionata, si potrebbe anche sostenere come l’articolo 2 bis della l. 241 del 1990- il quale, si ripete, si riferisce al risarcimento del danno (ingiusto) cagionato, per l’appunto, in “conseguenza” dello sforamento del termine, ritenga indispensabile, ai fini della configurabilità della tutela risarcitoria, che si producano delle concrete conseguenze dannose in seguito al ritardo della pubblica amministrazione perché si possa configurare la tutela risarcitoria6. Detto altrimenti7, concentrandosi sulla stessa locuzione «danno ingiusto», utilizzata dalla normativa sul ritardo, si potrebbe isolare il requisito (imprescindibile) dell’ingiustizia da quello (altrettanto imprescindibile) del danno (ciò a cui, finora, si è fatto riferimento utilizzando la nozione di “danno conseguenza” o “danno risarcibile”). Se ne potrebbe ricavare, basandosi sul testo dell’articolo 2 bis, che “in conseguenza” dell’inosservanza (dolosa o colposa) del termine si realizza il requisito dell’ingiustizia (del danno) e che ad essere risarcito è il danno che è cagionato “in conseguenza” di tutto ciò (il c.d. danno conseguenza, appunto).
A tutto quanto sopra esposto, inoltre, si aggiunga che il codice del processo amministrativo (all’articolo 30 comma 4), nel disciplinare l’azione di condanna relativa alla fattispecie in esame, afferma che l’oggetto della tutela risarcitoria è costituito dall’ «eventuale danno» che il ricorrente dimostri di aver subito «in conseguenza» del ritardo8. In definitiva, appare potersi confermare che, anche in ipotesi di ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo,
6 A. VACCARI, Brevi cenni sulla responsabilità della pubblica amministrazione per ritardo
nell'attività provvedimentale, in Foro amm. Tar, 2013, pp. 2949 ss. per il quale «[c]on l’introduzione dell’articolo 2 bis viene quindi dichiarata la risarcibilità della conseguenza danno sa causata (o meglio, rea possibile) dalla colpevole inosservanza del termine da parte della Pubblica amministrazione».
7 Seguendo il ragionamento contenuto nel saggio di F .G. SCOCA (Risarcibilità e interesse
legittimo cit. p. 28) sulla risarcibilità dell’interesse legittimo in generale, ma che pare ben
attagliarsi anche a questo specifico caso.
8 Si veda sul punto M. L. MADDALENA, Il punto sul danno da ritardo in
laddove difettasse un danno risarcibile non si potrebbe far luogo a risarcimento alcuno.
Poste queste premesse e verificata, pertanto, l’essenzialità del danno conseguenza per l’integrazione della fattispecie in esame, ci si può addentrare nella disamina delle varie voci in cui si articola il danno risarcibile da ritardo.
3. I danni patrimoniali risarcibili in ipotesi di fondatezza della pretesa