Il 10 dicembre 1907 gli venne conferito il Premio Nobel per la Pace, per il suo impegno, la coerenza, l'attivismo e il fervore da lui profusi per il raggiungimento di una causa così alta e difficile e per aver fondato l'Unione Lombarda per la Pace e l'Arbitrato Internazionale. Divise il Premio con il francese Louis Renault e Moneta devolse l'importo del Premio a favore dell'Unione Lombarda.
La candidatura di Moneta era stata presentata dallo scrittore norvegese Bjornstjerne Bjornson come membro del comitato Nobel e da un gruppo dell'Assemblea Legislativa italiana, tra i quali il Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, che rivolse un indirizzo al Parlamento norvegese.
Bjornson ammirava Moneta e avevano molto i comune, Bjornson si era sempre impegnato per l'indipendenza norvegese.
popolo.
Il 25 agosto 1909 Moneta andò in Norvegia dove svolse una conferenza dal titolo Pace
e diritto nella tradizione italiana nel salone dell'Istituto Nobel di Oslo.
Louis Renault è omonimo del fondatore di Renault Automobiles, molto più noto e studiato in Francia, come risulta da una ricerca da me effettuata alla Bibliothèque Nationale di Parigi nel luglio 2008: rispetto alle decine di titoli su costui, il premio Nobel francese è quasi assente, malgrado la sua lunga attività di studioso e docente universitario di diritto internazionale prima a Digione e poi alla Sorbona.
Moneta fu colpito da una progressiva cecità, oltre a ciò visse con difficoltà due eventi drammatici: la guerra italo-turca del 1911 e l'intervento italiano nella prima guerra mondiale, eventi di cui si fece sostenitore. Per questo motivo io credo che l'evoluzione del pensiero di Moneta si possa dividere in tre fasi, anche se questa divisione non è netta perché lui non è un pensatore sistematico e coerente:
1 patriota: partecipa al risorgimento e da quell'esperienza, anche negativa per la vista dei soldati austriaci uccisi, si fa
2 pacifista: è un giornalista e usa il suo lavoro per propagandare le sue idee, partecipa ai congressi delle società pacifiste internazionali ma dal 1911 ridiventa
3 patriota o, come penso, non ha mai smesso di esserlo. Probabilmente credeva in buona fede di poter conciliare patriottismo e pacifismo, tendenza diffusa all'epoca tra molti pacifisti europei che erano esponenti del pacifismo patriottico.
Come deve comportarsi un patriota quando è minacciata la sua patria? Deve schierarsi con gli interventisti? Credo che il problema nasca dalla scelta tra due valori che per Moneta erano fondamentali: la pace e la patria. Altri pacifisti avrebbero senza dubbio scelto la pace, proprio perché pacifisti, ma cosa deve scegliere un pacifista patriota? Ho fatto molta fatica a cercare di immedesimarmi nel pensiero di Moneta perché per me la pace è un valore assoluto e perché non credo che ci sia nessun motivo che giustifichi una guerra. Devo ammettere però che per un uomo che ha combattuto per l'indipendenza della patria la prospettiva sia diversa. Lui ha vissuto i moti del 1848, la “primavera dei popoli”, l'unico periodo in cui ci sono state rivolte popolari in tutta Europa per la libertà, l'uguaglianza, la rappresentanza, l'allargamento del suffragio, la Costituzione. Credo che vivere in prima persona quell'esperienza cambi profondamente perché si ha contribuito a fondare il proprio Paese. I posteri studieranno quelle imprese e, almeno teoricamente, dovrebbero essere grati a chi le ha rese possibili.
Per Moneta la libertà si fonda sul riconoscimento dell'uguaglianza giuridica degli individui e sul rispetto tra gli uomini. Se, dovendo scegliere, si preferisse la libertà gli Stati sarebbero indipendenti in quanto liberi, ma a livello internazionale si avrebbe l'anarchia perché non ci sarebbe nessun organismo sovranazionale. Da un'idea liberale dello Stato e dei rapporti tra gli Stati deriva questa situazione e i politici ottocenteschi tendevano ad avere un'idea simile. Se si sceglie l'uguaglianza gli Stati potrebbero decidere, in quanto uguali, di cedere parte della loro sovranità a un organismo che regoli i rapporti internazionali. Questa è all'incirca l'idea alla base dell'ONU.
Ho fatto questa considerazione perché nell'Ottocento erano pochi gli Stati sovrani, dato che interi continenti erano possedimenti coloniali. Non ci sarà un organismo internazionale di ampio respiro fino all'avvento della Società delle Nazioni, perché non c'era uguaglianza giuridica tra esse. Tra quelle che si autodeterminavano era in atto la politica di potenza e le altre non erano indipendenti.
Mancava anche la libertà, oltre all'uguaglianza, perché i popoli non erano liberi di eleggere i propri rappresentanti e di formare entità statali in base a criteri linguistici, etnici o storici.
Cosa pensava Moneta dell'umanità? Sappiamo che la divideva in popoli civili e barbari, come molti altri suoi contemporanei, ma nonostante questo da ciò che ho letto emerge un'idea positiva di umanità. Credo che abbia la fiducia nel progresso tipica dell'illuminismo, Moneta crede che ci sia qualche forza che agisce affinché l'uomo si evolva, anche contro la sua volontà. Probabilmente a lui interessava l'evoluzione delle nazioni, da educare per arrivare alla pace mondiale.
Una sua proposta di educazione era l'introduzione nelle scuole di insegnamenti militari, quali il tiro a segno e la disciplina in modo tale da avere dei giovani pronti a combattere riducendo la durata della leva. Quest'idea gli viene pensando alla nazione in armi francese, che ha combattuto con valore contro gli oppressori per la propria libertà. Un esercito popolare è molto più motivato perché combatte per la propria indipendenza e spesso vince proprio grazie alla sua motivazione. Moneta pensava sicuramente anche alle Cinque Giornate di Milano a cui aveva preso parte. Per la sua proposta degli insegnamenti militari si rifà anche all'esercito svizzero, formato da cittadini che si esercitano in caso di eventuali aggressioni. Capisco le ragioni di Moneta ma mi sembra paradossale insegnare a usare le armi per ottenere la pace. Probabilmente credeva nell'arbitrato ma si era reso conto che i tempi non erano ancora maturi per sostituirlo completamente alla guerra.
Ecco uno dei temi più discussi dai pacifisti europei: la corsa agli armamenti. L'idea per cui le armi servono da deterrente si è rilevata errata perché se uno Stato si sente minacciato da un altro probabilmente userà le armi più della diplomazia, se ne ha molte.