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un prete scomodo

Antonio Prezioso torna a indossare la sua tradizionale veste di indagatore dei temi legati alla sussidiarietà e della soli-darietà, al terzo settore e ai soggetti più fragili, nel libro “le politiche sociali in Ita-lia, una storia, un testimone” che ha per sottotitolo “Interviste a Giovanni Ner-vo della Fondazione Zancan”. Tutto un mondo che Prezioso conosce assai bene, perché per anni la sua vita si è snodata in parallelo e in sintonia con il fondatore della Onlus, che a tutt’oggi svolge attività di ricerca di particolare interesse sociale.

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Ne è nata “una pregevole memoria storica – ha scritto mons.

Pasini, succeduto a mons. Nervo alla presidenza della fondazione Zancan - su un organismo che da decenni è impegnato nella società italiana, con vivacità e originalità di proposte culturali”.

Nel testo vengono evidenziate, in particolare, due caratteristiche della Fondazione: viene presentata come una casa aperta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle appartenenze ideologiche, politiche, desiderose di ricercare la verità, in un confronto leale e rispettoso delle differenti posizioni; secondo aspetto, l’importanza determinante della formazione delle persone e in particolare degli operatori speciali agli effetti del cambiamento delle strutture e della realizzazione delle riforme sociali.

Usando una terminologia calcistica, si può senz’altro affermare che in questo libro Prezioso gioca in casa: perché condivide ideali, battaglie e iniziative di monsignor Giovanni Nervo e perché crede nelle finalità della Fondazione Zancan, che ha preso forma e impor-tanza negli anni del suo massimo impegno nel sociale.

L’autore non scrive una biografia ma con monsignor Nervo ri-percorre il lavoro effettuato dalla Fondazione Zancan, l’evoluzione delle politiche sociali, lo sviluppo dei servizi, senza dimenticare l’apporto, raccogliendone le testimonianze, di chi questo organismo ha plasmato, fra difficoltà, incomprensioni e delusioni.

“Destinatori privilegiati di queste pagine sono – nell’intenzione dei promotori – da un lato le migliaia di persone, giovani, ammini-stratori, politici, operatori sociali e sanitari, ma anche collaboratori e docenti, che si sono incontrati nella sede della Fondazione; dall’al-tro, coloro che, in un modo e nell’aldall’al-tro, oggi e nel prossimo futuro, troveranno nella Fondazione una sede aperta di studio, approfondi-mento, confronto: e sono già molti”.

“Bisogna evitare il rischio – commenta Antonio Prezioso – di

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ler camminare verso il futuro avendo alle spalle il buco profondo e pauroso dell’ignoranza del passato, delle sue acquisizioni non tra-scurabili e dei suoi errori non ripetibili; la storia con le sue alterne vicende resta pur sempre la migliore maestra, se trova discepoli di-sposti ad ascoltarla”.

La mano di chi scrive è sorretta in ogni pagina delle ‘interviste’

dal supertestimone mons. Nervo, colui che ha contribuito in modo determinante alla conoscenza, al dialogo, al confronto e all’incontro di varie culture, mentalità, sensibilità e posizioni politiche”.

Questo sacerdote, figura affascinante e a volte scomoda, è fuor di dubbio che ha attratto il quarantenne Antonio Prezioso negli anni della sua crescita professionale e maturazione politica. Un prete fuo-ri dal comune che “ha fuo-rischiato la vita per aiutare i giovani ad amare la libertà durante la guerra – ricorderà Tiziano Vecchiato, oggi pre-sidente della Fondazione Zancan –e che ha gestito tanta ricchezza per aiutare i poveri, senza tenere niente per sé. Un sacerdote che ha resistito alla tentazione del potere e del prestigio, che ha dialogato con i potenti senza diventare come loro. Ha proposto agli amici di diventare amici di tutti per costruire un mondo più giusto. È stato umiliato mentre difendeva gli umili; ha preferito la ricchezza dei poveri, che per lui era la cosa più bella e preziosa”.

Monsignor Nervo, di origini vicentine, seminarista a Padova dall’età di 13 anni, diviene sacerdote nel 1941, ordinato dal vescovo Carlo Agostini. Dall’8 settembre si impegna attivamente nella Resi-stenza con Luigi Gui e dal 1945 al 1950 diventa assistente delle Acli.

Nel 1951 istituisce la Scuola superiore di Servizio Sociale di Padova e la sua attività si incrocia con il giovane Prezioso che a Camposam-piero fa parte di un gruppo di giovani legati alla parrocchia con una voglia matta di “contare” e di impegnarsi per il riscatto sociale. Na-scerà una forte amicizia che si cementerà ancor più quando nel 1964

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don Nervo con don Pasini e altri docenti della Scuola di servizio sociale di Padova istituiranno un centro di studio, di ricerca e forma-zione nel settore delle politiche sociali e dei servizi sociali e sanitari.

Il centro avrà poi veste giuridica di Fondazione intitolata a Emanue-la Zancan, vicedirettrice delEmanue-la scuoEmanue-la, scomparsa giovanissima nel 1963. Morendo la giovane ha lasciato la sua liquidazione alla scuola perché fosse utilizzata in un’opera con finalità sociali. La somma ha costituito la prima pietra per la realizzazione della Fondazione.

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Mons. Filippo Franceschi Mons. Filippo Franceschi un vescovo sempre attuale un vescovo sempre attuale

Quando arrivò da Ferrara, nel 1982, mons. Filippo Fran-ceschi fu accolto dai padova-ni con entusiasmo. Il nuovo vescovo della città del Santo era stato preceduto da una meritata fama di innovatore, particolarmente attivo fra i giovani. Un’eredità comples-sa la sua. Succedeva, infatti, a mons. Girolamo Bortignon, per 32 anni guida pastorale di Padova.

Il nuovo vescovo amò su-bito Padova e si fece amare.

Quando, nel 1988, per motivi di salute prese commiato dal-la comunità, in duomo c’erano molti volti rigati da lacrime. Queste le sue parole d’addio: “Dedico un augurio speciale a questa nostra città, perché attraverso serenità e concordia diventi una città di pace. Non lasciatevi andare all’ insa-ziabile desiderio di possesso e di potere che non conosce alcun limi-te se non il proprio tornaconto, perché il valore della fede è cercare le cose che hanno nome comprensione, bontà e misericordia”. Mons.

Franceschi riuscì a portare e a far vivere fra la gente i grandi temi conciliari che negli anni Ottanta del Novecento la Chiesa dibatteva e

© archivio La Difesa del popolo

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promulgava, nel segno di un atteso rinnovamento. Come hanno ri-cordato gli organizzatori del convegno a lui dedicato, a 30 anni dalla scomparsa, “tre sono stati i punti chiave del suo episcopato: l’atten-zione alla cultura; la comunità cristiana soggetto primo di pastorale;

lo sguardo rivolto al futuro, intravedendo già i grandi cambiamenti che avrebbero presto radicalmente modificato anche il profilo del Veneto. Una lezione i cui frutti sono ancora vivi nel cammino della Chiesa padovana”.

Una figura, quella di mons. Franceschi, che ha affascinato anche Antonio Prezioso, per il messaggio sociale che quel vescovo andava interpretando, con estrema coerenza, con le parole e con i fatti.

Il professor Prezioso gli dedicherà una pubblicazione nel 1999, ri-proponendone l’esempio e l’insegnamento. Il libro ha per titolo “At-tualità di un vescovo. Filippo Franceschi dieci anni dopo” (Progetto Editoriale Mariano, 1999). Una puntuale testimonianza dell’azione di un presule che si è speso per la crescita sociale della sua diocesi, nella ricerca “di comuni cardini etici – sono parole di mons. Fran-ceschi - e di una gerarchia di valori che possono essere riconosciuti come necessari referenti nella condotta privata e pubblica”.

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