Un’ironia garbata e pungente e un grande amore per i monti e un grande amore per i monti
Toni, com’era chiamato e come gradiva farsi chiamare, fu molto amico del prof. Gianni Salvagnini, della sorella Malvina e del marito di lei, Marco Romano, di Camposampiero. Li frequentò fino alla morte di costoro, tutte le domeniche pomeriggio (fino a 6/7 anni fa). E ad ogni estate andava in montagna con loro e con altri amici (grande, il suo amore alla montagna!): era lui abitualmente ad organizzare le giornate e le escursioni. Preferivano luoghi appartati e isolati, estranei allora al turismo di massa (paesini, borghi, aree storiche, val Zoldana e Venosta e Fassa e lo Sciliar, Mareson, Castelrotto. Negli ultimi anni, a Fiera di Primiero (da dove tuttavia con la sua auto egli arrivava fino al Rolle), e camminavano parecchio…fino a tanti rifugi.
Nell’amicizia egli manifestò sempre il gusto della battuta, dell’i-ronia garbata e pungente, anche raffinata seppure espressa con stile semplice e dimesso, ma con lessico molto appropriato “In ciò assomi-gliava alla madre – ricorda Dino Scantamburlo - donna dolce, garbata, semplice ma raffinata, mentre il padre, che fu mio maestro, era piutto-sto severo e autoritario”.
Nell’amicizia diveniva anche brioso e nella sua cerchia di sodali, facile al riso nel dialetto veneto che valorizzava per la sua espressività, attentissimo all’uso delle parole, curioso e desideroso di andare a fon-do perfino nel significato etimologico dei vocaboli che venivano usati.
E chi l’avrebbe mai detto? Antonio Prezioso impeccabile nelle vesti di professore, esemplare come uomo delle istituzioni e inappuntabile uomo politico, quando esce dalla scena pubblica si trasforma. Diventa giocoso, è pronto alla battuta e se la ride mettendo alla berlina l’av-versario, sia esso un politico (ecco, ad esempio che l’ex sindaco
Biton-Un uomo prezioso
ci, diventa Tritonci quando ambisce simultaneamente alle poltrone di primo cittadino di Cittadella e Padova e di senatore della Repubblica) o un giornalista che critica il suo operato o un nemico della sintassi.
Contrattacchi “sottili”, sotto forma di poesie che ricordano le ful-minanti rime di Trilussa, alias Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri.
Da presidente dell’Ulss 21 abbastanza spesso veniva messo sulla graticola dai giornalisti e allora il nostrano Trilussa contrattaccava:
“Quando scrive Checco Jori/ per Prezioso son dolori … Sciatto (l’accusa che gli viene rivolta dal giornalista) – ei freme alzando il dito- /disastroso e scolorito/ è un periodo di storia/ che non dà nessuna gloria/ a chi sgobba dal mattino/ per produrre un tal casino…”. A una giornalista del Gazzettino:
“ … Ma l’Ulss, poveretta/ sentendosi quale/ gentil farfalletta/ cui stringono l’ale:/ o vispa D./ perché mi tormenti/ e contro me sola/ digrigni i tuoi denti?”
. Anche un giornalista del “Mattino” non ha scampo per via del suo
“passato ignorantello” e un “presente saputello”.
Ma è tra i suoi amici che Prezioso dà il meglio di sé come “poeta”.
Ecco questa gioiosa composizione. Il titolo è “L’H e l’8”.
Una vh
che aveva vinto un terno all’8
I quaderni di AltaVita Ira
va a passeggio chi8 chi8 strimpellando uno stramb8 che fa piangere a dir8 Cimabue e anche Gi8;
ei, d’amore essendo c8 non fa un m8
e il suo raddoppio in 8 quant’è d8.
Ma la vh
hldata e ancor più strah, or s’hscia
hvalla zampa a zampa, s’hrezza con la coda,
mentre, hcada quel che hcada, hntona un po’ di biada,
Questa composizione, porta la data 16 agosto 1992 ed è stata scritta a Malles in Val Venosta: ha per titolo “La mosca giustiziera”. È una sorta di ode alla mosca, così come era successo per la zanzara nella prima “Terrena foresta”, il “repertorio ragionato di opinioni altrui”.
Un uomo prezioso
La seconda strofa contiene uno slancio d’ …amore per questo insetto tanto familiare quanto, per taluni, fastidioso:
“T’amo, pia mosca, tu sia domestica oppure cavallina,/esecutrice per via di giusta sentenza divina./ Tante compagne ronzanti vendichi, attenta pun-gendo/ sol quei feroci viandanti che sferran ceffone tremendo:/ son gli egoisti che negano un goccio di sangue ch’è un niente,/ mentre ogni giorno essi affondano in carne incolpevole il dente./
Un amore così grande al punto che nella strofa successiva, quasi, quasi, si tramuta a sua volta in mosca:
“Mosca, nel cuore m’infondi gaudio sottil senza eguali/ se il pungiglio-ne tu affondi in soffici membra mortali./ Tacita, succhia anche il cerebro dei moschicidi crudeli,/ sol me risparmia, che celebro il lieto ronzare nei cieli./
Anzi, a saziar questa fame – grande ne sento il desio - / ecco, m’aggrego al tuo sciame: mosca mi faccio pure io”.
Non solo Antonio Prezioso “salva” la mosca, ma nutre una gran-de comprensione anche per la zanzara. Un ragionamento su questo minuscolo dittero per mandare un messaggio al lettore: occhio che i pericoli maggiori spesso non sono quelli che appaiono ….
Dalla lettura delle sue composizioni in rima, composte negli anni Ottanta e Novanta, emergono tre sue grandi passioni: gli amici, la montagna e il gioco delle carte.
Alla montagna è dedicato addirittura un poemetto, con tanto di prologo ed epilogo, con in mezzo il racconto di cinque lustri tra le alte vette. Ha per titolo “La trentennale storia dei condannati al mon-te”. Una prodigiosa storia “ecco con rime conte/ dei condannati al monte/
sempre. lontan dal mar”. L’incipit: “Nel millenovecento-/cinquantasei ha inizio/ il saldo sodalizio/ che ancor vuol durar”. Il finale, al Quinto lustro:
“La prodigiosa storia/ non è dunque finita/ dura tutta una vita/ e forse ancor di più:/valli e montagne, infatti,/ da scarpinar con lento/ passo costante e attento/ ci sono anche lassù …”.
I quaderni di AltaVita Ira
All’amico con il fiato corto è dedicato il sonetto de “La terza età”
che inizia così: “Sempre una sosta, sempre una panchina/ accende i tuoi desideri, o Libralaccio,/ nei luoghi dove, andando, si avvicina/ severa la vision del Catinaccio”.
Dalla panchina al ristorante del rifugio alpino, ecco la lunga poesia
“La vita ze ‘na lagna: chi varda e chi magna”. Il primo quadretto: “Ogni zente se conosse/ dal magnar o da la tosse:/ ma pì vera ze la parola/ co’ ì ga le gambe soto la tola”.
E dopo la bella scorpacciata ci vuole un bicchierino di buona grap-pa. Il titolo della poesia è “Consolazione”. Recita: “La mia patria sei tu, dolce grappa,/ distillata da graspi o da vino:/ mi sorreggi nell’arduo cammino/
quando il gelo fa i denti tremar./ Invecchiata di rovere in fusto/ a sollievo dei poveri e dei ricchi/, obliati gli storti lambicchi,/ dritta al cuore tu scendi ad infiammar./ Oh! N’avessi un bicchier qui colmo/ per scacciar la febbre che, ria, da più giorni mi fa compagnia,/ con l’ebbrezza che ,sola, sai dar./ Ma di tanto non son degno/ chè da tempo ho dismesso il buon uso/ che consiglio: sia pur senza abuso/ del tuo nettare un nappo gustar”.
Ma Antonio Prezioso sa anche accantonare il tono scherzoso quando affida al foglio bianco i suoi sentimenti. “Ecco/ calda, l’estate./ Il mio anno finisce./ Una stanchezza (atavica) m’assale,/ cosmica, totale./ Non so/ se io sia neppure esistito/ né quando,/ né dove. Sono/ l’attaccapanni del mio vestito”.
Ancora. “Il mio infinito”, ispirato, nella forma, dal poeta di Recana-ti: “Sempre cara mi fu la nebbia fitta/ che avvolge la campagna e la protegge/ e in termine assai breve il guardo chiude./ Ma in essa procedendo, e genti attive/
di là da quella, e battere di macchine,/ e speranze segrete, e assai progetti/ io sento progredire; e ciò distoglie/ dal core ogni paura. Il vento tace/ sì che al-tre voci, come di lontano, /mi par di udire, donde nascon echi/ e rispondenze pronte e solidali/ nel mio finito: e mi sovvien l’Eterno,/ e il tempo irreparabile, e la viva/ stagion presente, e il suon di lei solenne/ che a navigar m’invita in questo mare”.
Un uomo prezioso
Ogni occasione, tuttavia, sollecita il professor Prezioso a prendere penna e foglio per stendere versi in rima. Così nasce “L’allegro Col-legio dei professori del Tito Livio” : “ Il colCol-legio dei docenti/ della scuola liceale/ si diletta a far commenti/ da giudizio universale, mentre lesta passa l’ora/ e il tempo va in malora” … Mentre ricopre la carica di assessore regionale, nel 1972, traccia questo quadretto:
“Ad ogni veneto deve esser noto quale sia l’esito ch’ebbe il suo voto;
perciò con sintesi
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dell’assemblea;
irreperibile, eppur presente, è della Giunta il presidente.
Quanti a Venezia la spola fanno Così si lamentano Il loro danno:
“O Serenissima, città sovrana, stai già mutandomi in pantegana”.
Un uomo prezioso