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Sanità e politica secondo Prezioso secondo Prezioso

Ma qual era e qual è il pensiero di Antonio Prezioso in tema di diritto alla salute e del suo rapporto con la struttura sanitaria. Un pensiero che troviamo ben esplicitato nella pubblicazione Cedam del 1989 dal titolo “Diritto alla salute e coscienza sanitaria” a cura di Alessandro Martin e Remo Naccarato per la collana “Studi e ricerche sui diritti umani”.

Ne riportiamo ampi stralci per meglio comprendere il pensiero di Prezioso, all’epoca presidente dell’Ulss 21 (si noti la doppia S che il professore ha voluto per non scindere il binomio salute e servizi sociali). Un testo ancora della massima attualità a conferma di una preparazione di questo amministratore in questo delicatissimo set-tore, sia in veste di assessore alla sanità prima, e poi come presidente dell’Unità locale sociosanitaria di Padova.

“È frequente – annota Prezioso - il richiamo, tra i diritti dell’uo-mo, al diritto alla salute; ma, per parlare in modo preciso e appro-priato di questo diritto pare anzitutto necessario chiedersi cosa è la salute, cosa si intende per salute. È appena il caso di ricordare la definizione ormai arcinota dell›Organizzazione mondiale della sanità, secondo la quale salute significa completo benessere fisico, psi-chico, sociale: non tanto assenza di malattia, quanto, in positivo, un ben essere; non il solo star bene (la salute fisica in contrapposizione con la malattia, la mancanza di malattia), ma un essere bene, che riguarda tutti gli aspetti della vita di una persona: la salute fisica e, prima ancora, la serenità psichica, lo sviluppo della personalità, la capacità di relazioni interpersonali. In questo senso Bernard Haring, teologo e moralista cattolico, può affermare: Grandi terapisti e

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nisti definiscono globalisticamente la salute umana autentica ponendo un accento particolare sulla capacità della persona di avere un rapporto sano con gli altri, con se stessa e con l’intera creazione. Come spirito incarnato la persona è essenzialmente sulla via della salute se scopre relazioni liberanti con Dio e con il prossimo, con la comunità e con l’insieme dell’ambiente” .

Sono delineati in questa affermazione - in coerenza con la defini-zione dell’O.M.S. - i fondamentali elementi costitutivi della salute umana nella sua accezione più completa.

Si tratta di un concetto ampio, che investe tutto l’uomo nel suo essere persona, che coinvolge le sue responsabilità personali, ma anche sociali, e richiede perciò il coinvolgimento della comunità e delle pubbliche istituzioni; concetto nel quale l’aspetto medico o sa-nitario diventa parziale, se non secondario, e che investe problemi di dimensione ‘planetaria’: se è vero che nei tempi nostri la salute dipende da condizioni ambientali generali, dal modo di lavorare, dalle stesse prospettive di sviluppo che sono affidate al futuro. Per questi motivi – sostiene il professor Prezioso - “il rapporto con la struttura sanitaria è solo uno dei tanti su cui si fonda il diritto alla salute, riguarda anzi più la malattia e la sua cura che la tutela della salute, compito primario di un sistema socio-sanitario moderno ed efficace”.

“Come si può allora rispondere – si chiede il professor Prezioso - in modo coerente ed adeguato alla domanda di salute, anche quan-do questa quan-domanda resta inespressa o implicita”?

La Costituzione della Repubblica Italiana, nella parte prima (Di-ritti e doveri dei cittadini), recita testualmente: “La Repubblica tute-la tute-la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse del-la collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” (art. 32). Lo stesso diritto è riaffermato con le stesse parole nell’art. l della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario

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le), più nota come riforma sanitaria, in cui è eliminato naturalmente il riferimento agli “indigenti” come conseguenza della istituzione di un Servizio “nazionale”, cioè diretto a tutti i cittadini, e si fa del Servizio nazionale lo strumento appunto per la tutela della salute.

Dalla difesa della malattia in atto (cura - spedalizzazione), in cui ogni categoria cerca di tutelarsi con risorse e strumenti propri (sistema mutualistico), così come dall’intervento nel momento del bisogno (beneficienza - istituzionalizzazione), in cui prevale la pre-occupazione della pericolosità sociale (competenza del Ministero dell’Interno), si passa così alla concezione nuova, nella quale appa-re pappa-revalente l’intervento pappa-reventivo, sia nei settori sanitari che in quelli socio-assistenziali. Ma prima ancora della riforma sanitaria, lo Statuto del Veneto aveva solennemente dichiarato che “la Regione veneta esercita i propri poteri: (...) per risanare e salvaguardare gli ambienti naturali e umani nel loro insieme, con una politica ecologi-ca intesa e prevenire e eliminare le ecologi-cause di inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo; (...) per garantire a tutti i cittadini i servizi sociali, con particolare riguardo all’abitazione, alla scuola, alla tu-tela della salute... “ (art. 4). Torna sempre, dalla Costituzione della Repubblica allo Statuto regionale alla legge di riforma, il concetto di base: la tutela della salute. “Orbene, se è questa la finalità propo-sta dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria, ne conseguono necessariamente – sottolinea Prezioso - gli indirizzi operativi per la politica sanitaria o, meglio, socio-sanitaria sia a livello nazionale sia a livello regionale. Ma tra i principi, ancorché solennemente affer-mati, e la realtà la strada è lunga...”

La storia della riforma sanitaria- aggiunge il professore - è a que-sto proposito eloquente; quella della sua attuazione ancor di più.

Si deve, infatti, ricordare che il primo documento con il quale si è aperta questa strada risale al 1945 ed è stato elaborato dalla

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ta veneta di sanità (15 settembre 1945) per incarico del Comitato di liberazione nazionale del Veneto; si tratta di un documento anche re-centemente definito di “stupefacente modernità”, ma per molti anni lasciato a dormire. Con l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario (1970) vi è stata una ripresa di iniziativa per il rinnovamento del sistema sanitario: anche sotto questo aspetto le Regioni hanno dato inizio a quello che si può definire il secondo periodo costituente nella storia della Repubblica e hanno dato l’avvio a studi, ricerche, sperimentazioni, coinvolgendo partiti e formazioni sociali e sinda-cali, nello sforzo di trovare i modi più adeguati per superare una condizione ormai anacronistica e, per molti aspetti, insostenibile e condannata dalla pubblica opinione.

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