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La musica cantata che si faceva prima della bossa nova era una musica molto triste e molto scura con testi che trattavano prevalentemente temi che riguardavano il tradimento, l’uomo che beveva e “Nessuno mi ama e nessuno mi vuole”. Le cantanti più famose degli anni ’50 erano Dolores Duran, Maysa e Sylvinha Telles e le loro canzoni di “mal d’amore” erano ciò che più si avvicinava al blues in Brasile.

A Rio una delle figure mitologiche rimaste nella memoria dei brasiliani, fu quella di Hilària Baptista de Almeida, conosciuta da tutti come Tia Ciata. E’ sorprendente quanto abbia avuto peso nella storia dell’evoluzione del samba un’attiva pasticciera proveniente da Bahia. Lei, insieme a tante altre, avevano ricreato una “piccola Africa” proprio su quei marciapiedi incandescenti, nei pressi di Praça Onze, nelle vicinanze di dove si trova oggi il Sambòdromo. Oltre a impastare dolcetti di tapioca nelle loro vesti bianche, erano anche delle sacerdotesse che praticavano il rito degli orixàs africani come Xango, Nanã, Ogun e altri. I poteri di Tia Ciata riuscirono con il malocchio a guarire anche una ferita del presidente Wenceslau Bràs che, per ricambiarla diede a suo marito un impiego da scrivano nella Polizia. Grazie al nuovo aggancio, il suo terreiro (giardino) divenne così un luogo di snodo culturale tra ballerini di capoeira a quel tempo mal visti dai poliziotti e da lei tutelati, musicisti di choro che animavano le cerimonie (tra questi per l’appunto Pixiguinha) e soprattutto coloro che furono fondamentali a rendere quel posto un salotto alla moda: i giornalisti.

Loro (i giornalisti) andavano alle sue feste attratti dalla musica e si resero subito conto quando i batuques e i canti , arricchiti da flauti, chitarre, cavaquinhos e da una nuova e creativa percussione, cominciarono a rivelare l’influenza delle melodie e delle armonie europee. Non a caso, nella stessa epoca a New Orleans stava accadendo qualcosa di simile, da cui sarebbe scaturito il jazz. A Rio era il samba che stava per venire alla luce – non più come un sinonimo di festa nella comunità nera, ma come un nuovo genere di musica.

A casa della Tia Ciata probabilmente è nato il primo samba di successo con la parola

«samba» stampata sul disco. Si tratta di “Pelo Telefone” registrato dal chitarrista Ernesto Joaquim Maria dos Santos nel 1917, conosciuto come Donga. Quel brano portò in giro per le strade l’espressione samba, ed il genere potè sostituire appropriatamente i lundus, le modinhas, i valzer, le polche, batuques e maxixe per il nuovo Carnevale. Il carioca Sinhô, nome d’arte di José Barbosa da Silva, non si perdeva neanche una roda de samba (tipo jam session jazz) a casa di Tia Ciata. Egli è stato soprannominato il “Re del samba”. Ѐ stato il compositore che ha rivoluzionato la musica brasiliana perché unì la vecchia polca con il nuovo ragtime americano, dando alla luce la marchinha o detta anche samba amaxixado “una specie di sorella brasiliana del fox-trot e con vari antenati in comune. Creò qualcosa di differente dal samba di Rio e dai morros e sceglieva parole antimaschiliste, altamente antropofagiche e umoristiche. Propose un modo “femminile” di cantare, che non era effeminato, ma in perfetto equilibrio yin-yang, un uomo capace di mostrare la sua fragilità e la sua emotività, come nei suoi testi e nelle sue melodie. Molti, nelle generazioni a seguire, sono stati influenzati da lui, a cominciare da Noel Rosa fino ad arrivare a João Gilberto e Chico Buarque.

Passarono gli anni Venti e le tre decadi successive avrebbero portato in tutto mondo e quindi anche in Brasile una serie di cambiamenti dovuti alla guerra e agli sviluppi del progresso tecnologico. La radio, come ben si sa, fu una di queste innovazioni che permise l’apertura delle città e la loro unificazione. In tutti i paesini della nazione e fin dentro alle favelas giravano le nuove canzoni per il carnevale. L’amplificazione della voce attraverso il microfono consentì un nuovo modo di cantare, più intimo, quasi sospirato. Nacque il samba-canção, più morbido e melodico rispetto al passato.

Dalla Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti ne uscirono vincitori ed arrivarono in Brasile, i nuovi dischi made U.S.A. Così come Frank Sinatra, anche Orlando Silva, Francisco Alves e molti altri cantanti brasiliani, fremevano di ammirazione per Bing Crosby e da lui vennero influenzati. Carmen Miranda divenne il simbolo del Brasile all’estero partecipando a una dozzina di film prodotti a Hollywood. Insomma, un’industria di cantanti e musicisti, parallela a quella americana, andava man mano

crescendo in Brasile ed oltre alle singole identità sorsero anche dei nuovi gruppi che si avvicinavano al jazz. Prima ancora dei Four Freshmen nacquero in Brasile dei vocal ensemble bianchi tutti caratterizzati da armonizzazioni elaborate e da un nuovo fraseggio swingante come i Namorados da Lua oppure i Garotos da Lua e anche gli Anjos do Inferno. La proliferazione di tali gruppi deve il suo perché al 1946, quando venne proibito il gioco d’azzardo e i casinò che erano i luoghi di punta per l’esibizione dei maggiori cantanti e delle grandi orchestre, furono costretti a chiudere i battenti. Al loro posto sorsero le gafieras, cioè le balere in cui i toni erano molto più contenuti e la mancanza di spazio comportò anche una ulteriore stilizzazione del samba-cancao.

Alla stregua di Frank Sinatra o Dick Haymes fu possibile assaporare le voci di crooners brasiliani come Milton Santos de Almeida, detto Miltinho, nell’Orchestra di Tabajara, Farnésio Dutra de Silva, noto come Dick Farney, Lùcio Alves, Cauby Peixoto Barros. Il jazz suggerì al Brasile una tendenza vocale nuova, swingante e stimolante in cui Dick Farney si sentì a suo agio. Con la sua vocalità “vellutata” alla Nat King Cole, Farney rappresentò quella schiera di cantanti che non dava più sfoggio delle proprie virtù vocali, ma dimostrava coesione altruistica e non egocentrica nel rispetto di tutta la parte strumentale. Questo perché egli nasceva prima di tutto come musicista ed arrangiatore prima ancora che cantante. La sua incisione di “Tenderly”, la ballad composta dal pianista Walter Gross, era entrata nella hit parade americana. Dick Farney fu lodato ed apprezzato negli U.S.A. durante la sua tournée tra il 1947 e il 1948, tanto che i suoi ammiratori di Rio, orgogliosi del fatto che uno di loro ce l’aveva fatta, gli dedicarono un fan club chiamato Sinatra-Farney Fan Club, luogo che ebbe un ruolo fondamentale per la fermentazione dei futuri talenti brasiliani della bossa nova come Tom Jobim, Luiz Bonfà e Nora Ney.

Lùcio Alves, crooner dei Namorados da Lua, restò più vicino alla vocalità brasiliana.

Nativo del Minas Gerais, Alves si distingueva per il suo timbro sabbioso e nasale, per la propensione ritmica e per l’amore per lo swing. Non a caso nelle sue performance si ritrovano piccoli spostamenti ritmici, variazioni melodiche ed armoniche sempre ben mascherate dal gioco rilassato ma acrobatico dello swing. Anche gli strumentisti

furono colti dalla nuova ondata jazz come il chitarrista Laurindo Almeida o Luiz Bonfà. Bonfà collaborò spesso con Jobim con il quale scrisse la maestosa “Manhã de Carnaval”. Djalma de Andrade, noto di più come Bola Sete, fu un altro virtuoso della chitarra a cui si attribuisce la nascita del samba-rock. Quando si trasferì in America per immergersi nel jazz americano, fu apprezzato da musicisti del calibro di Dizzy Gillespie. Egli seppe mescolare nei suoi brani il samba e il jazz, ispirandosi ai due musicisti che ammirava, lurindo Almeida e Wes Montgomery

Johnny Alf invece, è stato un pianista di Rio de Janeiro che entrò a contatto con il cinema e la musica degli U.S.A. grazie all’Istituto Brasil-Estados Unidos in cui ascoltava i dischi del “King” Cole Trio o del pianista inglese George Shearing. Gli piaceva suonare ad esempio “I’m In The Mood For Love” o “How High the Moon”, ma anche composizioni proprie che sarebbero state le sorelle più vecchie della futura Bossa Nova. Alf suonava anche qualunque tema jazz che arrivasse in Brasile con l’imprimatur di George Shearing o Lenny Tristano e qualche brano di altri cantanti che andavano in pellegrinaggio a sentirlo: Tom Jobim, João Donato, João Gilberto, Lucio Alves, Dick Farney, Dolores Duran, Baden Powell.

Alf s’improvvisò cantante e a sorpresa diventò il primo jazz vocalist brasiliano e con il suo registro da baritono leggero utilizzava sottili abbellimenti ed un fraseggio ricercato al pari di Mel Tormé e Sarah Vaughan. Purtroppo il successo di questo artista come di tanti altri è arrivato solo a una élite di ascoltatori e mai al grande pubblico che acclamava i prodotti musicali ovviamente più fruibili e meno raffinati.

Amico di Alf, è stato il pianista João Donato che ancora oggi all’età di 82 anni e con sessantasei anni di carriera, incide dischi interessanti come l’ultimo del 2014 Live Jazz in Rio. Ciò che distingue il suo modo di suonare è il legame evidente con l’universo latino, infatti egli ha collaborato per molti anni con artisti del calibro di Tito Puente e Mongo Santamaria. Donato ha vissuto in America per una quindicina d’anni e ciò gli ha consentito di registrare con etichette jazz californiane come la Pacific Jazz che lui tanto stimava.

Molti di questi artisti si trasferirono e vissero negli Stati Uniti per approfondire il linguaggio del jazz, qualcuno non tornò più come Carmen Miranda, ma la maggior

parte non ha resistito alla saudade brasilieira ed ha abbandonato grandi chance per tornare vivere nella propria terra natia, cadendo purtroppo nel dimenticatoio.

Attualmente le relazioni tra Brasile e Stati Uniti sono molto forti perché si basano su una stima reciproca che è tra le più antiche del continente americano, essendo gli Stati Uniti il primo Paese ad aver riconosciuto l’indipendenza brasiliana A testimonianza di ciò il sopracitato Istituto Brasil-Estados Unidos (IBEU), inaugurato nel 1937, che esiste ancora oggi a Rio de Janeiro, con l’obiettivo di promuovere un interscambio culturale tra i due Paesi. Dopo la sua fondazione, l’Istituto ha funzionato come uno spazio destinato all’insegnamento della lingua inglese e alla divulgazione delle informazioni sugli Stati Uniti.

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