Il discrimen fra oggettiva invalidità e soggettiva percezione del vizio.
2. Prima panoramica sui rimed
La natura aleatoria del contratto di swap comporta l’esclusione dell’operatività dei rimedi quali la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta e la rescissione per lesione. Parimenti, per chiara scelta legislativa, è da escludere l’operatività della soluti retentio di cui all’articolo
giuoco e la scommessa nella categoria dei contratti aleatori, in Riv. trim. dir. e. proc. civ., 2011, 665 ss.
110 D. MAFFEIS, Op. ult. Cit.,1099.
111 Corte Appello Milano, 18 settembre 2013, in Banca Borsa titoli di credito, con nota di A. TUCCI, Interest rate swaps, causa tipica e causa concreta, 3, 2014, 285
63
1933 c.c. Pertanto, la legittimità dell’operazione e gli eventuali rimedi in caso di anomalia andranno ricercati altrove.
Nelle pagine seguenti si analizzeranno le diverse soluzioni prospettate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, dalle quali in parte si prenderà le distanze. Volendo fornire una rapida panoramica, per poi tornare puntualmente su ogni impostazione nel corso della trattazione, è possibile affermare che qualora lo swap, quantomeno quello di copertura, venga congeniato in maniera tale da garantire il reciproco scambio di rischi, liberamente accettati dalle parti ed adeguato al profilo di rischio dell’investitore il problema non sussiste.
Diverso, dunque non meritevole di tutela, deve, al contrario, considerarsi il contratto che, per la maniera con la quale venga unilateralmente predisposto, non consente ab origine alcun margine di guadagno per uno dei contraenti. Come si dirà nel corso della trattazione, sussiste, infatti, una profonda differenza fra aleatorietà dell’investimento e rovinosità dello stesso, potendo essere ritenuto meritevole di tutela solo la prima tipologia di operazione. Talvolta, la nullità è stata dichiarata non solo per mancanza tout court del contratto-quadro concluso fra investitore ed intermediario ma anche per vizi relativi alla sottoscrizione. Detta soluzione suscita, come si avrà modi di vedere nelle pagine immediatamente successive, più d’una perplessità. Quando invece il vizio non risulti ascrivibile a un deficit di carattere formale, una parte della giurisprudenza, per lo più di merito, ancora la nullità del contratto derivato allo squilibrio dell’alea, sicché l’operazione deve ritenersi invalida non solo qualora questa sia completamente ed esclusivamente addossata al cliente ma anche tutte le volte in cui questa non risulti perfettamente ripartita fra le parti.
64
Un secondo orientamento giustifica la sanzione invalidante alla luce dell’irrazionalità del rischio,
mentre un terzo filone fa discendere la nullità del contratto per l’immeritevolezza di tutela dell’operazione.
Talvolta la giurisprudenza ha fatto anche ricorso, al fine di dichiarare la nullità del contratto, alla mancanza assoluta o all’indeterminatezza dell’oggetto, ma anche il tal caso, a ben guardare, il vizio dell’oggetto non può che, ancora una volta, influire e tradursi in un difetto sul versante causale. Come si avrà modi di verificare, non residuerebbero, invece, margini per dichiarare la nullità, qualora il vizio risulti invece ascrivibile fra le anomalie incidenti sulla corretta formazione del consenso. A tal riguardo, quel che si avverte è una tendenza, specie da parte della giurisprudenza, all’abuso del concetto di causa in concreto per dichiarare la nullità, ex art 1418 co. 2 c.c., di operazioni il cui vizio andrebbe sanzionato diversamente, ad esempio in termini di annullamento, o, eventualmente, ex. art 1418 co. 1 c.c.
A fortiori, non sussisterebbe, invece, alcun difetto di causa in concreto, qualora, lo squilibrio sia stato voluto e realmente conosciuto dalle parti. Ad essere sanzionata con la nullità, sembrerebbe dover essere in primo luogo quella caratterizzata dalla totale inesistenza dell’alea, in secondo luogo, con specifico riferimento ai derivati meramente speculativi, primi fra tutti i Credit default swap negoziati fuori dai mercati regolamentati, c.d. CDS OTC, di cui si dirà nelle pagine seguenti, quella immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c., in caso di mancato contemperamento dell’interesse dei privati con quello di carattere generale. A tal riguardo, occorre fin da subito precisare che una visione di tal tipo, pur richiamando quella della ben nota
65
dottrina ispiratrice del codice civile,112 non si pone in contrasto con il concetto di causa in concreto. Quel che si chiede dall’operazione atipica è che essa, nel realizzare la funzione economico individuale voluta dalle parti, non si ponga in contrasto con i principi cardine dell’ordinamento, anche di rango costituzionale e sovrannazionale. Qualora, si ribadisce, l’operazione in derivati risulti conforme a tali parametri, a beneficiarne non saranno esclusivamente le parti ma il mercato stesso.
Se, quindi, da un lato, si percepisce un certo abuso del concetto di causa in concreto, dall’altro sembra evidente lo sforzo della giurisprudenza che, non potendo dichiarare la nullità sulla base della violazione di regole riconducibili a norme comportamentali113, quantunque imperative, si muove alla ricerca di un vizio sul versante della struttura, finendo, però, talvolta, per attrarre nel concetto di causa elementi che nulla avrebbero a che vedere con essa e che invece andrebbero diversamente considerati.
In altri termini, come si avrà modo di verificare, spesso il vizio del contratto, più che discendere da un deficit causale, risulta invece direttamente connesso al comportamento scorretto dell’intermediario che conosce il mercato nel quale opera e che deve, rectius dovrebbe, perseguire gli interessi del cliente.
112 Naturalmente, sui vari aspetti solo accennati nel testo si tornerà, amplius, nelle pagine successive. Negli stessi termini, sul concetto di causa, F. ALCARO, Causa del contratto: evoluzioni interpretative e indagini interpretative, Milano, 2016, 193. La visione è quella di E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino 1960, 466 e ss.
113 Ciò alla luce del ben noto insegnamento di Cass., Sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725. Sul punto si tornerà nel cap. III.
66
Come è stato efficacemente sottolineato, l’intermediario assume la duplice veste di consulente e offerente,114 sicché l’assommarsi di tali qualità non può che condurre, con probabilità elevata, a situazioni di conflitto di interesse115.
3. Primo orientamento: Il vizio di forma del contratto quadro. La