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a Le principali questioni e problematiche nel sistema formativo italiano

Come specifica il D.M. del 1° luglio 2014 ai Teatri nazionali spetta tra gli altri anche il compito di formare professionisti dello spettacolo. Viene infatti affermato che il Teatro nazionale deve essere «dotato di una scuola di teatro e di perfezionamento professionale311».

La formazione artistica (e non solo) è il presupposto fondamentale dello sviluppo dei sistemi teatrali. «Dalla formazione dipende in gran parte la qualità professionale, il dialogo e l’avvicendamento fra le generazioni, la dialettica fra la tradizione e rinnovamento nei linguaggi della scena312». La formazione è alla base quindi anche della produzione. Senza un pubblico formato, attori e tecnici qualificati viene a mancare un contesto favorevole alla ideazione, realizzazione e messa in scena di produzioni teatrali di qualità. La questione formativa è quindi di vitale importanza non solo per quanto concerne la preparazione dei professionisti del teatro ma anche per la creazione di un retroterra culturale che permetta una produzione sempre innovativa, originale, stimolante e artisticamente e tecnicamente valida.

L’Italia ha le sue peculiarità anche in questo settore. Nel nostro Paese infatti la formazione teatrale nel tempo ha avuto più forme tra loro alternative o complementari. Tradizionalmente l’apprendimento avveniva attraverso l’esperienza diretta sul palcoscenico. In un secondo momento si sono affermati i grandi mastri, che erano generalmente ex attori o ex attrici, i quali decidevano di educare gli aspiranti attori alla pratica teatrale insegnando loro tecniche e segreti del mestiere. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX si affermarono vere e proprie scuole di teatro che in alcuni casi presero il nome di ‘Accademie’. Tali luoghi di formazione si caratterizzavano (e si caratterizzano tutt’ora) per la presenza di docenti a cui è assegnato l’insegnamento di specifiche materie, di programmi prestabiliti, di corsi in cui è prevista anche la valutazione degli allievi, il rilascio di un attestato a fine percorso313.

Nonostante il sistema delle scuole e delle accademie nel tempo si sia affermato e sviluppato, divenendo il punto di riferimento centrale della formazione teatrale, anche l’apprendimento tramite la pratica del palcoscenico ha avuto un suo peculiare sviluppo. Tale pratica non è mai scomparsa del tutto e oggigiorno si è particolarmente affermata nel settore del ‘teatro nuovo’. In essa è fondamentale che la formazione avvenga attraverso l’esperienza diretta, per permettere un’autoalimentazione della nuova esperienza teatrale314

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311 Art. 10, comma j, Decreto Ministeriale 1 luglio 2014. 312 Gallina, Ri-organizzare teatro, op. cit., p.175. 313 Cfr. ibidem.

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Da ciò emergono nuove modalità, tecniche e ‘metodi’ di fare teatro, che non corrispondono ai canoni e alle consuetudini su cui spesso si fonda l’insegnamento delle scuole e delle accademie. Si pone, quindi, il problema di stabilire quanto la struttura didattica di queste ultime sia aderente alla contemporaneità, se effettivamente i metodi di insegnamento reputati ortodossi siano più validi di quelli ‘anomali’ e quale sarà la direzione futura della formazione teatrale315.

Tali questioni sono fondamentali da risolvere per il sistema teatrale nella sua interezza e, in particolare, per il Teatro della Toscana, che si sta districando in questo panorama complesso di scelte.

È necessario sottolineare il fatto che anche tra le scuole ‘ufficiali’ vi è una bipartizione che le inserisce fondamentalmente in due raggruppamenti: le scuole tout court e le scuole legate ai centri di produzione (che siano teatri centri di ricerca o simili). Nel primo gruppo tra le più note vi sono: L’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico a Roma, la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi a Milano e la Scuola di Alessandra Galante Garrone a Bologna. Nel secondo gruppo, invece, la Scuola del Piccolo Teatro di Milano, l’Istituto Nazionale Dramma Antico di Siracusa e numerosissime altre diffuse su tutto il territorio nazionale. È intuibile che nel primo caso le scuole puntano a rendere l’allievo un conoscitore del mestiere attoriale nella sua globalità, che abbia coscienza e conoscenza delle convenzioni e delle prassi del palcoscenico. Nel secondo d’altra parte l’idea è quella di preparare attori che abbiano uno stretta relazione con l’ambiente in cui sono stati formati, aderendo da un punto di vista tecnico, culturale e poetico alla struttura cui era legata la propria scuola. L’allievo di questo secondo gruppo ha, inoltre, la possibilità di partecipare alle prove e agli spettacoli prodotti dal teatro di riferimento316.

In ogni caso, l’unica Accademia che in Italia concede titoli di livello equipollente a quello universitario è la Silvio D’Amico. Ciò differenzia fortemente il sistema nostrano da quello, ad esempio, degli altri paesi europei, in cui la formazione artistica generalmente viene organizzata in stretta connessione alle istituzioni universitarie. Certamente ve ne sono altre riconosciute e stimate in ambito teatrale, ma negli ultimi vent’anni vi è stato anche un proliferare di numerosissimi altri soggetti, indipendenti e privati, come anche facenti parte dell’area della stabilità e finanziati da enti territoriali o dall’UE, che non godono della stessa

315 Cfr. ivi, p.175-176. 316

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considerazione. Spesso, inoltre, quest’ultima tipologia di scuole organizza, più che corsi pluriennali, laboratori e/o seminari id durata limitata317.

Si è andata creando nel tempo una vera e propria confusione: l’offerta è decisamente consistente, il che è di per sé positivo, in quanto rappresenta una ricchezza per lo sviluppo e l’evoluzione del teatro anche in senso plurale, ma vi è anche il rischio di creare disorientamento nei fruitori. A ciò si aggiunge la questione dell’occupazione degli attori: non solo i diplomati in corsi teatrali di vario genere sono moltissimi e le possibilità di assorbimento alquanto scarse, ma non è facile distinguerne la reale preparazione e competenza. Certamente non tutta la formazione teatrale dovrebbe essere orientata alla formazione di professionisti (è importante valorizzare l’educazione teatrale sia in chiave culturale che creativa rendendo possibile per chiunque lo desideri, partecipare attivamente a corsi formativi in quest’ambito), ma dovrebbe esservi il modo di distinguere più chiaramente l’offerta rivolta ai professionisti da quella rivolta ai ‘dilettanti’318

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Non di rado questo meccanismo è alimentato da formatori e promotori, non sempre qualificati, che trovano in esso occasioni lavorative. Sarebbe quindi necessaria una vera e propria regolamentazione che garantisca «agli utenti un’informazione corretta rispetto alle finalità, ai metodi alla qualificazione dei docenti, ai risultati ottenuti319».

Il sistema di formazione teatrale attuale per altro deve affrontare un’altra questione spinosa: quella accompagnamento e inserimento nel mondo del lavoro degli allievi/attori. Infatti il giovane attore neodiplomato si trova spesso, nel migliore dei casi, a dover affrontare periodi di scritture brevi alternati a periodi di approfondimento formativo attraverso laboratori tenuti da importanti maestri. Dunque prima di poter effettivamente entrare a pieno titolo nel mondo del teatro professionistico, i giovani attori devono superare lunghi periodi di prova320.

Non è da sottovalutare neanche l’importanza della formazione di tecnici e organizzatori teatrali, figure di cui il teatro odierno ha sempre maggiore necessità, ma che talvolta sono trascurate. Nel caso degli organizzatori (coloro che si occupano di gestione teatrale e delle arti dello spettacolo), solo a partire dalla riforma universitaria del 1999 si sono sviluppati corsi di laurea e master attinenti al suddetto settore e al di fuori di questi non vi sono numerose altre opportunità formative specifiche. Il FUS peraltro praticamente non destina alcuna risorsa a questo ambito della formazione321.

317 Cfr. ibidem. 318 Cfr. ivi, pp. 176-77. 319 Ivi, p. 177. 320 Cfr. ivi, pp. 177-78. 321 Cfr. ivi, pp. 179-180.

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Per quanto riguarda i tecnici (macchinisti, scenografi realizzatori, attrezzisti, sarti, fonici, elettricisti specializzati) la formazione è nella maggior parte dei casi legata ad iniziative episodiche. Non esistono in Italia scuole riconosciute a livello governativo, nonostante il nostro Paese possa vantare eccellenze in tutti i settori tecnici. Neppure l’Università è riuscita a trovare una modalità di inserimento di percorsi di studio relativi a questo ambito. Tale mancanza senza dubbio è da imputare anche alla peculiarità che dovrebbe caratterizzare i corsi di formazione per i tecnici: alternanza tra lezioni teoriche ed attività pratiche e laboratoriali da svolgersi necessariamente nei luoghi deputati all’attività teatrale. Soltanto alcuni teatri stabili, col sostegno delle Regioni e di enti di formazione da esse accreditatati, sono riusciti ad organizzare attività formative di questo tipo. Nonostante lo sforzo di questi ultimi, il sistema deputato alla preparazione alla crescita dei tecnici teatrali rimane carente322.

Ciò che emerge da quest’analisi è in primo luogo l’urgenza di trasformare e riorganizzare razionalmente il sistema della formazione dei professionisti in modo che si possa garantire un livello occupazionale consono e una qualità, sia della formazione, sia quindi degli allievi, alta e spendibile nel mondo del lavoro.

Il Teatro della Toscana, in quanto nuovo Teatro nazionale e punto di riferimento culturale della città di Firenze e della regione tutta, ha voluto affrontare tali questioni di primo piano con estrema premura. La direzione del Teatro della Pergola aveva maturato da tempo (già prima dell’unione con Pontedera) la convinzione che il settore della formazione fosse un settore fondamentale su cui puntare per la crescita del Teatro stesso. Il nuovo assetto e l’acquisizione dello status di Teatro nazionale hanno riconfermato il percorso precedentemente intrapreso dando un impulso crescente allo sviluppo delle attività formative. In particolare la possibilità di confrontarsi con la realtà del Centro per la ricerca e la

sperimentazione teatrale di Pontedera, il cui laboratorio basato sull’insegnamento di Jerzy Grotowski e Thomas Richards è oramai considerato un’eccellenza anche in campo internazionale, ha accresciuto l’offerta formativa della Pergola permettendo un ampliamento di visioni e un arricchimento culturale.

Schematicamente si possono suddividere le varie opportunità formative in Scuole di formazione attoriale di base, che comprendono i vari corsi del Centro di avviamento all’espressione Orazio Costa e in Attività di specializzazione, che comprendono il Workcenter Grotowski, la Scuola Oltrarno diretta da Pierfrancesco Favino, i laboratori tenuti da Roberto Bacci e il Laboratorio di scene e costumi323.

322 Cfr. ivi, pp.181-182. 323

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