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I principali settori della sharing economy che impattano sul Turismo 56

portata da influire nei più svariati settori e, anche se quello del turismo viene considerato come fosse totalmente distinto dagli altri, in realtà esso subisce l’influenza di alcuni di essi che verranno descritti nei paragrafi immediatamente seguenti.

2.6.1 Sharing accomodation: Couchsurfing e Airbnb

Couchsurfing è tra le piattaforme di sharing economy più conosciute al mondo. Il sito fu lanciato nel 2004 con la finalità di rendere possibile lo scambio di ospitalità tra gli utenti della piattaforma, inizialmente nato come progetto no-profit e successivamente, nel 2011, convertitosi in società con fini lucrativi.

Per usufruire del servizio basta iscriversi al sito, creando quindi un proprio profilo che sia visibile al resto della community, e porsi in qualità di ospitante o di ospite (guest). Anche questo, come tutte le altre piattaforme di sharing, si basa sulle referenze rilasciate dagli utenti a esperienza conclusa che, però, consistono nelle valutazioni non del servizio di pernottamento quanto della qualità della persona incontrata e dell’esperienza vissuta. Counchsurfing offre infatti ospitalità gratuita, slegata dallo scambio monetario se non esclusivamente su base volontaria di chi viene ospitato; ciò che è offerto riguarda sì l’accoglienza, ma anche quei valori riguardanti l’instaurarsi di nuove relazioni, la possibilità di fare nuove conoscenze, di conoscere nuove culture, nuove lingue e di partecipare ad eventi organizzati incontrando altri viaggiatori nella stessa città o anche in altre.

È un mezzo che consente di scoprire e di immergersi pienamente nella cultura del paese che si sta visitando, è bene infatti programmare il soggiorno rendendo partecipe la persona che offre ospitalità rendendosi anche disponibile nel fare qualcosa per la stessa.

Ciò che contraddistingue Couchsurfing è il non obbligo di reciprocità dell’ospitalità. Su un piano leggermente differente si pone la piattaforma Airbnb lanciata nel 2008 che, seppur offre alloggi in qualsiasi parte del mondo, contrariamente a Couchsurfing prevede un compenso. Airbnb si pone allo stesso livello degli hotel, ma si ha la comodità di alloggiare in una casa che si può condividere o meno con il proprietario stesso, a seconda se si affitta una stanza privata, condivisa o un intero appartamento per brevi periodi. Ulteriore differenza con Couchsurfing consiste nella possibilità di scegliere la location che più si preferisce prendendo visione delle foto, potendo così anche trovare soluzioni lussuose, cosa invece non permessa nel caso della piattaforma prima descritta che consente di sapere solamente se si dormirà in soggiorno o in una stanza interamente dedicata al couchsurfer53. Inoltre con Airbnb non è necessario dedicare del tempo all’host.

La modalità di funzionamento della piattaforma è simile alla precedente, basta iscriversi, proporsi come host o come guest e, in quest’ultimo caso, iniziare la ricerca.

Il pagamento è immediato e, per motivi di sicurezza, Airbnb preleva i soldi tenendoli “bloccati” fino a ventiquattro ore dopo il check-in nell’appartamento al fine di tutelare entrambe le parti del rapporto in caso di eventuali truffe. Nel caso di prenotazioni annullate o rifiutate l’importo viene interamente restituito.

Per usufruire del servizio offerto dalla piattaforma sia l’host che chi è ospitato pagano una commissione: agli host ad ogni prenotazione completata viene addebitato un costo del servizio pari al 3% del subtotale della prenotazione comprensivo di costi e tasse e poi detratto direttamente dal compenso ricevuto dall'host; agli ospiti invece, una volta confermata la prenotazione, viene addebitato un costo che può variare tra lo 0% e il 20% del subtotale della prenotazione.54

2.6.2 Social eating e Home restaurant

Un business in continua crescita risulta essere quello del social eating.

Si tratta di luoghi chiamati Guerrilla Restaurant o cucine aperte ovvero case private in cui i proprietari organizzano pranzi/cene tra sconosciuti per socializzare, ma anche come ulteriore possibilità di guadagno.

Tutto nasce dal mondo online, grazie ai social network questo fenomeno ha avuto grande successo, soprattutto all’estero. Dall’esigenza di riunire l’offerta di cucinare da parte del proprietario di casa con coloro che ne fanno domanda, sorgono piattaforme di social eating.

Anche il cibo entra a far parte della sharing economy diventando sinonimo di social e di condivisione.

Il funzionamento è semplice: chi ha una particolare passione per la cucina trasforma la propria casa in un social-eating o in home-restaurant (nel primo caso l’attività di ristorazione è svolta occasionalmente, nel secondo caso abitualmente) dove propone le proprie specialità culinarie a turisti e non, questi verranno trattati come ospiti, pagando. Questa modalità di mangiare rompe i tradizionali schemi del turista, esso può infatti guardarsi dal ricorrere alle tavole con prodotti standardizzati e ricorrere a quelle con carattere prettamente locale e tradizionale come solo un cittadino del posto sa offrire, senza alcuna modifica apportata dalla globalizzazione dei piatti stessi.

In Italia piattaforma che ha conferito grande sviluppo al social eating è Gnammo, della quale già si è parlato nel paragrafo 2.2.

54 Per un maggiore approfondimento sui costi consultare il sito:

2.6.3 Trasporti

Settore dove la sharing economy ha avuto un forte impatto e nel quale continuerà ad incidere è sicuramente quello dei trasporti, che sia car-sharing, carpooling, ride-sharing, bike sharing o scootersharing.

I dati mostrati alla seconda Conferenza Nazionale organizzata dall’Osservatorio Nazionale sulla sharing mobility55 evidenziano come la mobilità condivisa sia una realtà

in grande diffusione. Dai dati emerge che un italiano su tre usufruisce di almeno un servizio di mobilità condivisa, che almeno due cittadini su tre ne abbiano sentito parlare e che più della metà è disposto a ricorrere a tali servizi principalmente in alternativa all’auto di loro proprietà.

In Italia, nell’ultimo anno, i servizi che hanno ottenuto maggior successo sono il bike sharing e il car sharing seguiti dagli aggregatori56 e il carpooling, considerando che però

quest’ultimo ha una copertura nazionale e non necessita di essere riproposto a livello locale con servizi appositi.

Ancora marginale risulta invece essere lo scooter-sharing.

Fonte Fig.1 e Fig.2: “2 Rapporto Nazionale sulla sharing mobility”, Osservatorio Nazionale Sharing Mobility

55 Il “2 Rapporto Nazionale sulla sharing mobility” è consultabile al seguente link:

http://osservatoriosharingmobility.it/wp-content/uploads/2018/03/II-Rapporto-Nazionale_capitolo- dati_DEF_editing.pdf

56 Aggregatori: applicazioni che raggruppano in un’unica mappa tutte le vetture disponibili dei diversi

operatori rendendone possibile la prenotazione. Esempi ne sono i seguenti:

Free2Move, app che fa capo a Psa, il gruppo industriale francese che controlla i marchi automobilistici Peugeot, Citroën e Opel e permette di trovare e confrontare le opzioni disponibili.

Urbi (attiva a Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Palermo, Padova, Parma, Roma, Torino e Venezia) permette all'utente di consultare l'intera offerta di mobilità condivisa: scooter sharing, bike sharing, taxi e ride sharing (come Uber) e trasporto pubblico.

Fig.1: Numero dei servizi di sharing mobility in

Il successo della sharing mobility è confermato dai numeri lievitati:

• Bike sharing: dall’Osservatorio, in riferimento all’anno 2017, sono stati recensiti 357 servizi di mobilità condivisa e ben il 76% di questi è costituito dal bike- sharing.

L’Italia risulta essere il paese europeo in cui vi è il più alto numero di servizi di bike sharing attivi per un totale 265 comuni con 39.500 bici condivise. Una reale novità dell’ultimo anno è l’introduzione del bike sharing “free floating”57

realizzato dagli operatori mondiali Mobike, Ofo e Obike in alcune città medio- grandi quali: Milano, Firenze, Roma e Torino, con 22.800 biciclette condivise. Al 31 Dicembre 2017, secondo quanto rilevato dall’Osservatorio, il numero totale dei servizi di bike sharing presenti in Italia è di 286 e, tra i nuovi sistemi installati, 9 sono “free floating”.

• Car sharing: rappresenta circa il 10% del totale dei servizi di mobilità.

Secondo quanto rilevato, in Italia le città interessate sono 35 con 7.679 veicoli e più di un milione di iscritti. Un aspetto critico riguarda la concentrazione dei servizi di car sharing in poche città, lo dimostra il fatto che il 43% dei veicoli rilevati operano a Milano, il 24% a Roma, il 15% a Torino e solo l’8% a Firenze. Delle 18 città con almeno un servizio di car sharing 12 si trovano al Nord, 2 al centro e 4 al Sud. Ancora più sfavorevole è la situazione per il Sud se si guarda ai

57 Bike sharing “free floating”: gli utenti dopo aver preso e usufruito della bicicletta, la possono lasciare in

qualsiasi parte della città senza doverla necessariamente riportare in un’apposita stazione, come invece era solito dover fare col tradizionale bike-sharing.

I servizi di Bikesharing in Italia: Numero di servizi attivi e tipologia (2015, 2016, 2017)

servizi attivi dove è rintracciabile solo il 13% contro il 27% del Centro e il 60% del Nord.

I servizi di car sharing attivi al 31 Dicembre 2017 risultano essere 29.

Milano si conferma dunque capitale del car sharing con una maggiore offerta e varietà di car sharing in Italia seguita da Roma con 4 servizi e Torino e Firenze con 3.

• Aggregatori: intendendo con questo termine le applicazioni che raggruppano in un’unica mappa tutte le vetture disponibili dei diversi operatori rendendone possibile la prenotazione, i principali operatori inerenti la sharing mobility sono: Urbi, Free2Moove e Moovit diffusi in 35 città diverse.

Urbi aggrega l’intera mobilità urbana permettendo all’utente di cercare e prenotare la soluzione a lui più congeniale per raggiungere la sua destinazione, prendendo in considerazione opzioni quali: car sharing, scooter sharing e bike sharing, taxi e ride sharing e trasporto pubblico.

Free2Move opera in maniera simile ponendo a confronto solamente car-sharing, bike-sharing e scooter-sharing.

Moovit, invece, svolge un servizio leggermente diverso, si occupa infatti dell’ottimizzazione degli spostamenti urbani mediante l’utilizzo dei trasporti pubblici.

I servizi di carsharing in Italia: Operatori e servizi di car-sharing presenti in Italia al 31/12/2017

• Carpooling: i servizi di carpooling rappresentano il 3% del totale dei servizi di sharing mobility, si tratta di servizi che consentono la condivisione del viaggio in automobile piuttosto che l’automobile stessa. Piattaforma emblematica è Blablacar che ha raggiunto 2,5 milioni di iscritti in Italia nel 2017. La vera novità risiede nella natura degli spostamenti che adesso riguardano anche quelli casa- lavoro. Gli operatori del settore sono: Clacsoon, Zego, Moovit, Scooterino, Jojob, Up2go e Bepooler con 265 mila registrati alla fine del 2017.

• Scooter sharing: in Italia, al termine del 2017, risultano attivi 3 servizi. Anche se ancora la rilevanza è marginale rispetto alle altre tipologie di sharing mobility, quella dello scooter sharing rappresenta un’importante novità che ha avuto una rapida diffusione grazie anche al ricorso al sistema elettrico con gli operatori eCooltra e Mimoto che hanno intrapreso il servizio a Roma e Milano, attualmente le uniche città dove il servizio è presente.

Milano fu la prima città a offrire un servizio di scooter sharing nel 2015 con150 scooter a benzina di Enjoy, servizio terminato nel 2017 lasciando libero accesso a Zig-zag e eCooltra a Roma e Mimoto a Milano, le ultime due operanti con veicoli 100% elettrici.

I servizi e gli iscritti al Carpooling in Italia: Servizi di Carpooling operanti in Italia al 2017

Fonte: Osservatorio Nazionale Sharing Mobility

Gli aggregatori disponibili in Italia: Aggregatori disponibili e tipologia di servizi aggregati al 31/12/2017

2.7 I fattori che influenzano l’individuo nel ricorrere alla sharing economy

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