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Capitolo 2. L’impatto delle tecnologie digitali sul processo

2.3 La rivoluzione delle stampa 3D

2.3.1 Principali tecniche di stampa

A oggi è disponibile sul mercato una grande varietà di macchinari potenzialmente acquistabili dalle imprese e che si differenziano a seconda del tipo di materiale utilizzato per la costruzione dell’oggetto e delle diverse modalità di posizionamento degli strati uno sopra l’altro. I più importanti produttori di stampanti 3D a livello mondiale sono: Stratasys, 3D Systems, Arcam, Eos e ExOne, mentre in Italia è l’azienda Digital Wax System a prevalere sulla concorrenza. Le principali categorie di macchinari maggiormente adoperate dalle imprese per le loro attività di prototipazione e, in alcuni casi di produzione, si fondano sull’impiego di tre tecniche: la Stereolithography (SLA), la

Fused Deposition Modeling (FDM) e la Selective Laser Sintering (SLS) (Tabella 7). La prima è basata sulla fotopolimerizzazione di una resina la quale si presenta inizialmente allo stato liquido e viene poi indurita per effetto del passaggio selettivo di un raggio laser ultravioletto, specificamente indirizzato da un apposito sistema di specchi sul piatto di stampa. Una volta completata la polimerizzazione della prima sezione, tale piano si abbassa o si alza, a seconda del tipo di stampante, per consentire la realizzazione dello strato successivo. Nel caso la geometria del prototipo si riveli assai complessa, può rendersi necessario utilizzare particolari strutture di sostegno che verranno rimosse al termine del ciclo di stampa. Dopo aver ultimato la creazione del prototipo, questi viene ulteriormente sottoposto all’effetto della luce ultravioletta al fine di concludere definitivamente il processo di fotopolimerizzazione. La Stereolithography è la tecnica più precisa e viene infatti generalmente impiegata per la creazione di oggetti di dimensioni ridotte e per effettuare valutazioni del prodotto di carattere estetico. Le

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prestazioni funzionali garantite dalla resina, soprattutto in termini di resistenza (ad esempio al calore), risultano invece inferiori rispetto a quelle assicurate da macchinari che utilizzano altri materiali. All’interno di questa categoria esistono diverse varianti (Polyjet, Multi Jet Modeling, Multi Jet Printing, ecc…) che si differenziano in qualche aspetto dalla tecnologia SLA, ma che si basano comunque sui suoi principi cardine di funzionamento.

La seconda metodologia, nata nei primi anni Novanta, è la Fused Deposition Modeling. Impiega diverse tipologie di materiali plastici, sotto forma di filo srotolato da una bobina, i quali vengono estrusi attraverso una testina di stampa riscaldata e depositati selettivamente (dunque solo dove si ha bisogno) sul piano di lavoro. Anche in questa circostanza si rende necessario l’uso di strutture di supporto che saranno eliminate una volta completata la stampa. Tale tecnologia, pur risultando meno precisa rispetto agli altri tipi di macchinari, permette di realizzare in tempi rapidi oggetti molto resistenti e di ridurre significativamente, grazie alle sue modalità di funzionamento, lo spreco di materiale. La tecnica FDM si è notevolmente sviluppata negli anni e attualmente è la categoria di stampanti maggiormente adottata dai cosiddetti “Makers”, ovvero gli artigiani digitali che si impegnano nella creazione di prodotti “fai da te”.

La terza principale classe di macchinari si basa sulla tecnologia denominata Selective

Laser Sintering, la quale utilizza come materia prima della polvere che viene sinterizzata

tramite l’azione di un raggio laser. Il materiale, al contrario delle altre due categorie sopra analizzate, viene innanzitutto steso sull’intero piatto di stampa e poi indurito dal passaggio del laser che ne aggrega le molecole solamente nei punti necessari. Al termine del processo si ottiene dunque un blocco di polvere che funge da struttura di sostegno al cui interno si trova l’oggetto realizzato. Il materiale in eccesso deve essere rimosso e può venire in gran parte riadoperato nella creazione di ulteriori prototipi. Tale tecnica si colloca a un livello intermedio, in termini di precisione, rispetto alle due citate in precedenza e risulta più lenta soprattutto nei confronti di quella FDM, poiché utilizza una quantità di materia prima superiore. Tuttavia l’uso di questa tipologia di macchinari permette di sfruttare maggiori economie di scala e di ridurre conseguentemente i relativi costi nel caso di costruzione di un elevato numero di pezzi. Attraverso detta tecnologia è possibile generare anche prototipi in metallo (Direct Metal Laser Sintering) tramite l’impiego di particolari varietà di polvere (come ad esempio quella di alluminio), che però richiedono alti investimenti economici per la loro acquisizione. In generale, i

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modelli prodotti con la tecnica SLS si rivelano molto resistenti e ciò consente anche di creare direttamente articoli finiti pronti per l’uso36.

Tabella 7. Caratteristiche basilari delle tre principali tecniche e categorie di macchinari37. Caretteristiche principali Stereolitography (SLA) Fused Deposition Modeling (FDM) Selective Laser Sintering (SLS)

Materiale impiegato Resina Materiali plastici Polvere Tecnica utilizzata Fotopolimerizzazione Estrusione Sinterizzazione Ulteriori strutture di

supporto Si Si No

Livello di precisione Più precisa +/- 5 cent. di mm. Meno precisa +/- 2 decimi di mm. Intermedia +/- 1 decimo di mm. Livello di resistenza

prototipo Meno resistente Intermedia Più resistente Tempi di

realizzazione Intermedia Più rapida Meno rapida

Sebbene queste categorie di macchinari risultino quelle maggiormente utilizzate da parte delle imprese, il mercato offre, oltre a numerose loro sotto-versioni, un’ampia varietà di ulteriori tecnologie basate su diversi principi di funzionamento. Le più importanti sono il metodo Laminated Object Manufacturing (LOM), che impiega come materiale speciali fogli di carta e viene solitamente adoperato per la realizzazione di prototipi di elevate dimensioni; e la tecnica denominata 3D Printing (3DP), la quale fa invece uso di particolari polveri che vengono aggregate, in fase di stampaggio, grazie all’applicazione di uno specifico collante, assicurando così un’ottima qualità complessiva dell’oggetto finale.

A livello generale, a seconda delle proprie esigenze, il team può servirsi di numerose varianti di materiale per la costruzione di prototipi e prodotti finiti, oltre a quelle menzionate finora, quali ad esempio la ceramica, il titanio e diverse leghe metalliche.

36 KRUNIC SINISA, PERINIC MLADEN, MARICIC SVEN, Rapid Prototyping Application, Engineering Review, 2010, p. 91 e ss.

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2.3.2 Vantaggi d’implementazione e connessi cambiamenti organizzativi