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La problematica della scelta delle basi con cui presentare i dati

Capitolo 5: Il database

5.2. Il nuovo database

5.2.2. Prove da inserire

5.2.2.1. La problematica della scelta delle basi con cui presentare i dati

Fino ad oggi l’approccio alla scelta delle basi con cui presentare i dati è stato decisamente libero, non a caso tra le normative UNI, ad es., c’è n’è una (la EN 15296) solo sulle conversioni da una base all’altra.

DRY (D) basis

Diverse pubblicazioni riportano, per tagliare la testa al toro, tutto su base secca: nell’ipotesi di dover scegliere un’unica base per presentare i dati, questa soluzione sarebbe in effetti la scelta obbligata; tuttavia, non è opportuno adottare un approccio così semplicistico.

ASH FREE (AF) e DRY-and-ASH FREE (DAF) bases

Esiste una notevole variabilità nel contenuto in ceneri dei vari tipi di biomassa: ciò è dovuto innanzitutto alla diversa natura d’origine, ma non solo. La concentrazione di certi elementi, infatti, varia notevolmente in funzione di:

 tecnica di coltivazione [79, 77, 80, 81, 11, 9, 14, 36]

 prossimità a sorgenti di inquinamento, mare compreso [14, 36];

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senza contare i materiali sottoposti a trattamenti (di cui si è già detto). Infine, dato che parti diverse della stessa pianta presentano concentrazioni degli elementi ben diverse, se tali parti sono analizzate

separatamente il fenomeno emerge inequivocabilmente.

Alla variabilità naturale di quantità e composizione delle ceneri si sovrappone quindi una componente aleatoria. Le basi AF e DAF possono pertanto in alcuni casi giocare un ruolo analogo a quello della base D, ovvero eliminare una componente di aleatorietà e, più in generale, di variabilità, dai risultati sperimentali. Infatti, secondo [14] i range delle proprietà misurate dall’ULT si riducono notevolmente quando calcolati su base D/DAF. E’ consigliabile inoltre riportare la CHL su base DAF, dato che teoricamente i macrocostituenti sono privi di ceneri.

Considerazioni sul contenuto di umidità

AS RECEIVED (AR) basis

L’uso di questa base per presentare i dati è controverso:

 poiché l’umidità (U) totale del campione è una variabile aleatoria, in quanto solo in parte dipende dalla natura della biomassa (e parecchio da stoccaggio e condizioni climatiche), se riferisco i risultati

sperimentali alle condizioni in cui la biomassa è arrivata al laboratorio mi ritroverò con dati altrettanto aleatori, e quindi inutili.

 d’altra parte, non si può nemmeno ignorare che la biomassa abbia un contenuto d’umidità, perché l’U ha un’enorme importanza da un punto di vista energetico.

Riportare quindi tutto su base D/DAF è eccessivo in quanto:

 da qualche parte l’U deve saltar fuori, per ragioni energetiche;

 in fase di test, l’U residua del campione è universalmente ricavata ponendo quest’ultimo in un forno ventilato a 105°C per un certo numero di ore17: a seconda della natura della biomassa e della durata della prova, ciò può provocare il rilascio di parte della frazione più leggera di volatili organici18 [89]. Il dato sull’U viene così sovrastimato. Nel caso della PROX se ne tiene conto a volte mettendo insieme tutti i volatili, U compresa; per il resto, adottando la base secca l’errore si riverbera su tutti i dati, in particolare si sottostima il PCI.

Sarebbe pertanto utile affiancare per certi risultati, alla D, una via di mezzo tra quest’ultima e la AR. In effetti, ASTM e UNI prevedono l’uso di un’altra base, l’AS ANALYSED/ AIR DRIED (AD).

Normativa europea sui biocombustibili solidi

La base “alternativa” si riferisce esplicitamente alle condizioni del campione al momento del test, da cui la dicitura “as analysed” (si veda la EN 15296). Su cosa si intenda in pratica, però, è meno precisa; come indicato nella UNI EN 14780, il campione AR è opportuno sia privato del grosso dell’U, ma non viene indicato un metodo univoco: si può semplicemente tenerlo all’aria, oppure scaldarlo ad una temperatura non superiore a 40°C e poi lasciarlo in laboratorio, steso in modo da formare uno strato spesso non più di

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Di solito il campione si considera secco quando il peso varia in modo trascurabile nell’arco di 1 h di trattamento (si veda ad es. la norma UNI EN 14774-2).

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qualche particella, finché non è in equilibrio con T e U dell’atmosfera interna al laboratorio. Da qui la dicitura “air dried”.

In questo caso l’affidabilità della base dipende dalla possibilità o meno di controllare le caratteristiche dell’ambiente- laboratorio.

ASTM

Per quanto riguarda l’U, la norma a cui la letteratura fa sempre riferimento è la D3302, nonostante sia stata elaborata per il carbone. Qui l’air drying è definito un po’ più in dettaglio:

- Se la Tamb è sotto i 40°C, si pone la biomassa in un apparecchio atto ad esser attraversato da aria

calda; l’aria viene scaldata in forno ad una T di 10÷15° superiore a quella ambiente, e comunque non superiore a 40°C;

- Se Tamb ≥ 40°C, si usa lo stesso apparecchio ma senza scaldare l’aria, cioè esso serve solo a

controllare il ricambio d’aria (da 1 a 4 ricambi al minuto).

Qui però non si dice esplicitamente nemmeno a quale ambiente ci si riferisca.

Alternativamente, ci si può rifare alla E1757, elaborata ad hoc per le biomasse ma poco citata:

- Il campione va steso su una superficie in modo che lo strato non superi i 15 cm e girato almeno quotidianamente; il materiale è considerato asciutto quando il valore del peso cambia meno dell’1% nell’arco di 24 ore; la Tamb dev’esser nel range 20÷30°C e l’U sotto il 50%.

- nel caso di biomasse molto umide o condizioni ambientali non rispondenti alle specifiche: porre il campione in forno a 45±3°C e lasciarcelo per 36÷48 h.

- nel caso di biomasse umidissime (fanghi) si rimanda alla normativa. L’impostazione comunque è sostanzialmente la stessa.

AIR DRIED (AD) basis

Supponendo di definire e controllare l’atmosfera a cui il campione è esposto, altrimenti la base sarebbe aleatoria tanto quanto l’AR, adottarla darebbe alcuni vantaggi:

 i dati sarebbero riferiti ad una sostanza “quasi secca”, in cui il grosso dell’U è stato eliminato (e con esso l’aleatorietà del dato) ma il processo è stato abbastanza soft da preservare integralmente i volatili organici;

 si ha una se pur blanda informazione sulla propensione della biomassa ad assorbir U: infatti, essendo controllate le condizioni di stoccaggio e climatiche all’interno del laboratorio, valori diversi del dato UAD (da non confonder col dato UAR) sono, in teoria, imputabili solo alla natura della sostanza.

A tal fine, è essenziale che anche il sampling sia standardizzato: c’è una bella differenza nel distribuire un campione su una superficie più o meno ampia e nello sminuzzarla poco o tanto.

Purtroppo, ciò è facile a parole e poco pratico nella realtà. E’ una critica legittima, inoltre, quella di chi si domanda quale sia, al di là della correttezza sul piano formale, l’utilità pratica di indicare tutti i dati su base AD (come implicitamente affermato da Alakangas [90]).

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Conclusioni

Dato che il database è concepito per poter caricare dati anche dalla letteratura, non è possibile adottare la base AD per la semplice ragione che spesso il campione non viene portato in equilibrio con l’U ambiente prima della prova e, anche quando tale operazione è effettuata, ne sono ovviamente ignote le condizioni. I dati saranno quindi riportati su base secca, con le seguenti eccezioni:

 ULT ed analisi chimica su base DAF;

 U su base AR;

 PCS e PCI sia su base D che AR.