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Capitolo 2: Analisi comuni

2.3. Altre analisi comuni

2.3.4. Analisi delle ceneri

2.3.4.2. Test di fusibilità

Nonostante le indicazioni della D1857 si allontanino decisamente dall’ottimo per quanto riguarda la preparazione delle ceneri, la norma è stata riportata perché la procedura presentata è per alcuni aspetti diversa da quella UNI.

UNI CEN/TS 15370-1

Temperature caratteristiche (si veda la Figura 28):

T di inizio ritiro (shrinkage starting temp., SST): definita come la T a cui l’area frontale dell’oggetto scende sotto il 95% del valore iniziale;

NOTA: la sua determinazione è opzionale.

T di deformazione (deformation temp., DT): T a cui si vedono i primi segno di arrotondamento degli spigoli; se si usa un programma automatico, è la T a cui il fattore di forma SF cambia del 15%; SF = b/p, dove b è la circonferenza del cerchio di area pari a quella frontale dell’oggetto, p è il perimetro frontale dell’oggetto;

T emisferica (hemisphere temp., HT): T a cui l’oggetto forma approssimativamente un’emisfera;

T di fusione (flow temp., FT): T a cui le ceneri si spargono formando uno strato di altezza pari alla metà di quella registrata alla HT.

Figura 28: forme caratteristiche di fusione secondo l’UNI. Apparato:

 fornace capace di raggiunger T tali da completare il test (anche più di 1500°C) e con la possibilità di osservare all’interno;

 atmosfera ossidante (aria o CO2) o riducente (si rimanda alla norma);

 pressa manuale;

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 l’oggetto deve presentare spigoli: si consiglia una forma cilindrica, con h = 3÷5 mm e D=h. 1. preparare le ceneri secondo la 14775;

2. non è possibile indicare un quantitativo minimo, a causa delle proprietà variabili delle ceneri; è necessario che la T dell’oggetto sia uniforme, quindi la massa non deve esser eccessiva;

3. macinare le ceneri in modo che le particelle di dimensione massima superino il vaglio da 75 µm; 4. inumidire un quantitativo sufficiente di ceneri con acqua demineralizzata, destrina o etanolo; 5. fare una pasta e metterla nella forma, esercitando una pressione sufficiente;

6. lasciar asciugare, quindi porre sul supporto, in verticale; 7. fare almeno 2 prove (e quindi due forme);

8. mettere in forno, alzare la T a 550°C o ad una temperatura almeno 150°C inferiore alla SST attesa; 9. rampa di 3÷10°C/min fino al completamento della prova; scattare un foto almeno ogni 10°C, e

registrare le T caratteristiche; si ricorda che la SST è opzionale. ASTM D1857: usa una forma conica.

Temperature caratteristiche (si veda la Figura 28):

 DT: T a cui il cono inizia ad arrotondarsi;

T di afflosciamento (softening temp., ST): T a cui il cono si è ridotto ad una calotta sferica di altezza uguale alla base;

 HT: T a cui l’altezza dell’oggetto si è ridotta a metà della base;

 FT: T a cui il materiale forma uno strato di hmax = 1,6 mm.

Apparato:

 fornace capace di raggiunger T tali da completare il test (anche più di 1500°C) e con la possibilità di osservare all’interno;

 atmosfera ossidante o riducente (si rimanda alla norma);

 setaccio di 75 µm;

 forma conica, con h = 19 mm e base a triangolo equilatero di lato = 6,4 mm. 1. Il campione deve esser passato attraverso una mesh di 250 µm;

2. ricavare le ceneri in fornace completando la procedura ad una T di 800÷900°C; 3. macinare le ceneri in un mortaio in modo passino un setaccio da 75 µm;

4. distribuire le ceneri su un piatto di porcellana e bruciarle in un getto di O2 a 800÷850°C;

5. inumidire le ceneri con qualche goccia di una soluzione 10% destrina + 0,1% acido salicilico; 6. rivestire la forma di uno strato di gel sintetico e premervi la pasta;

7. lasciare asciugare;

8. porre in fornace ad una T ≥ 400°C; rampa di 8±3°C/min fino al completamento della prova.

Utilità del test

Alcuni studi si sono posti il problema di valutare l’utilità delle informazioni ottenute dall’AFT confrontandole con test sperimentali in impianti commerciali.

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Llorente e Garcia [37] hanno ottenute le ceneri di varie biomasse a 550°C, quindi le hanno sottoposte al seguente programma termico: rampa di 60°C/min da Tamb a 600°C, seguita da rampa di 10°C/min fino a

1400°C, in aria. Le indicazioni dell’AFT sono state confrontate con i depositi formatisi in un letto bollente (1 MWth, Tletto intorno ai 775°C).

La FT è spesso oltre il limite della fornace (1400°C), a volte lo sono anche ST e HT, perciò l’analisi è stata limitata alla DT (si veda la Tabella 3):

 tutte le biomasse legnose hanno DT > 1100°C, indicando una debole tendenza alla sinterizzazione;

 i valori per le erbacee sono decisamente più bassi, con l’eccezione di due campioni di cardo (II e III);

 gli scarti agroindustriali danno risultati vari.

Tabella 3: T caratteristiche [37].

Le indicazioni sono in linea con i test sperimentali (Tabella 4) per il grosso delle biomasse; l’AFT canna nel caso del cardo III, che dà un po’ di fouling e di agglomerati nel letto, e nel caso dell’orujillo, un residuo della spremitura delle olive; certi studiosi in effetti hanno ipotizzato che rammollimento e agglomerazione delle ceneri comincino a temperature più basse della DT. Ciononostante, secondo gli autori l’AFT è adeguato alla maggior parte dei casi.

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Tabella 4: risultati sperimentali [37].

Di tutt’altro avviso sono Gilbe et al. [38], che hanno applicato a varie biomasse la ISO 540, da cui la UNI 15370-1 deriva (solo caso ossidante) ed hanno confrontato l’AFT con i dati sperimentali da combustione in caldaie a pellet di uso residenziale.

Le DT indicate dall’AFT in generale sembrano molto alte (circa 200°C di troppo) se confrontate con l’effettiva tendenza allo slagging dei pellet. Secondo gli autori l’AFT è stato molto criticato in letteratura perché non è in grado di replicare la storia termica e l’atmosfera sperimentate dal combustibile in caldaia; anch’essi inoltre citano studi secondo cui le ceneri cominciano a fondere 200÷400°C sotto la DT (alcuni addirittura dicono che sono già totalmente fuse sotto la DT). I risultati dell’articolo confermano queste affermazioni, dato che alla DT è stata rilevata mediamente una % di materiale fuso del 62%.

Al di là dei risultati di singole prove sperimentali, bisogna considerare che l’AFT è lo stesso a prescindere dall’impianto e dalle condizioni di combustione, eppure è concepito per dare informazioni utili a predire i fenomeni di slagging e fouling: è chiaro che in partenza c’è qualcosa che non torna. Nella migliore delle ipotesi l’AFT può esser efficace a livello comparativo, quindi va preso con le molle.

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