I RAPPORTI TRA I POTERI DELL’AGCM E QUELLI DELL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA ORDINA-
2. I problematici rapporti tra le competenze dell’AGCM e quelle dell’AGO
Nell’ambito della disciplina di cui all’articolo 33 della Legge antitrust, come si è già anticipato, si sono sollevate in dottrina problemi interpretativi pregiudiziali in ordine ai rapporti tra le competenze attribuite all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e quelle dell’Autorità Giu- diziaria Ordinaria.
In particola seguendo un’interpretazione - ad oggi ri- tenuta minoritaria - i poteri attribuiti all’Autorità giudizia- ria sarebbero meramente integrativi di quelli facenti capo all’Autorità Garante: in altre parole, il giudice ordinario po- trebbe conoscere, quindi intervenire con il suo sindacato, solo in un momento successivo all’espletamento dei poteri dell’autorità indipendente, vale a dire in via consequenziale a provvedimenti emanati da quest’ultima103. Inoltre, seguen-
do questa interpretazione si giunge ad affermare che l’articolo 33 in commento (ed in particolare il suo secondo comma) non escluderebbe una competenza in via generale dell’Autorità giudiziaria ordinaria – e quindi anche dei Tri- bunali, consentendo un doppio grado di giurisdizione - per tutto ciò che non è direttamente disciplinato dall’articolo stesso, il quale disciplina soltanto l’intervento del giudice in via conseguenziale a provvedimenti dell’AGCM.
Questa interpretazione ha, tuttavia, trovato un ostaco- lo nelle pronunce della giurisprudenza, la quale chiaramen- te afferma, in linea con quanto affermato da altra parte della dottrina, che dal riferimento di cui all’articolo 2, comma terzo, della legge antitrust104
alla nullità “ad ogni effetto”
103 Questa tesi è autorevolmente sostenuta da G.OPPO, Costituzio-
ne e diritto privato nella tutela della concorrenza, in Riv. Dir. Civ., 1993, II,
pag. 543; C.SELVAGGI, Disciplina della concorrenza e del mercato. Problemi
di giurisdizione e di competenza, in Riv. Dir. Comm., 1993, I, pag. 243 e ss.;
C.ALVISI, Concorrenza sleale, violazione di norme pubblicistiche e responsabi- lità, Milano, 1997, pag. 81.
104 Legge, che disciplina le intese restrittive della concorrenza comminando la sanzione della nullità “ad ogni effetto” di quelle che hanno per oggetto o per effetto di restringere o falsare il libero gioco della concorrenza all’interno del mercato rilevante, rivestendo i requisi- ti dallo stesso articolo menzionati
delle intese anticoncorrenziali discente l’operatività auto- matica della sanzione, a prescindere da qualsiasi intervento dell’Autorità di controllo amministrativa105.
Altro argomento che viene addotto a sostegno della tesi della completa autonomia dell’autorità giudiziaria ri- spetto al controllo delle intese restrittive della concorrenza si rinviene, sempre secondo l’impostazione di cui si riferi- sce, nell’articolo 33 della Legge antitrust.
Il richiamo è, in particolare, ai provvedimenti di ur- genza che l’Autorità giudiziaria ordinaria ha il potere di emanare.
Aprendo una breve parentesi, è utile ricordare che la legge 287/1990 dispone, all’articolo 33, che i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti d’urgenza sono promossi davanti alla Corte di Appello territorialmente competente. Nell’attribuzione all’autorità giudiziaria della competenza cautelare in materia antitrust, si coglie la volontà del legisla- tore di sottoporre detta materia, particolarmente delicata, alle maggiori garanzie procedimentali presenti nel rito in- nanzi al giudice ordinario. Le misure cautelari mirano a conservare la situazione fattuale e/o giuridica così da pre- venire rischi di una esecuzione infruttuosa della pronuncia definitiva o, diversamente, ad anticipare gli effetti della condanna, per ovviare un aggravamento, nelle more del giudizio di merito, delle conseguenze dannose della lesione. Occorre evidenziare come la natura “anticipatoria” delle misure cautelari, costituisca uno dei principali scopi dello strumento cautelare, come emerge dall’esperienza pratica, cui sovente l’unico strumento idoneo a tutelare il diritto ri- siede nell’anticipazione degli effetti del provvedimento de- finitivo. Alcuni autori, facendo leva su collegamento fra giudizio di merito e giudizio cautelare e sull’assenza di po- teri cautelari in capo all’Autorità Garante, concepiscono in maniera assai ampia la gamma dei provvedimenti cautelari ottenibili presso il giudice ordinario ex articolo 33 l. n. 287/1990, estendendo la tutela d’urgenza ad ogni interesse
105 Corte di Appello di Milano, 18 luglio 1995, in Foro it., 1996, I, 276 e ss.
protetto dalla legislazione antitrust106
. Tuttavia, pure am- mettendo la limitatezza di un riparto di competenze che tolga all’Autorità qualsiasi potestà cautelare, non appare possibile ampliare eccessivamente la gamma dei provvedi- menti cautelari astrattamente emettibili da giudice ordina- rio, dato il novero di provvedimenti definitivi adottabili da giudice ordinario ex articolo 33. Inoltre, il “legame” merito- cautela costituisce una garanzia contro il pericolo di “som- marizzazione” della tutela d’urgenza, instaurando una ne- cessaria relazione di strumentalità tra misure cautelari e competenze dell’organo giudiziario ad emettere provvedi- menti finali.
In particolare, la giurisprudenza afferma che nei pro- cedimenti antitrust, le misure cautelari richieste alla Corte debbono, in linea di principio, presentarsi come “strumen- tali” alle azioni di nullità e di risarcimento del danno107
. Chiusa la parentesi e tornando a quanto detto in pre- cedenza, la giurisprudenza sostiene in primo luogo che la nullità ad ogni effetto operi automaticamente, a prescindere da qualsiasi intervento dell’AGCM; ed, in secondo luogo, che l’articolo 33 della legge, facendo rientrare fra i poteri del giudice ordinario in materia antitrust i provvedimenti di urgenza rende priva di senso l’affermazione secondo cui occorre un preventivo intervento dell’Autorità Garante, proprio perché in tal caso non avrebbero senso gli stessi provvedimenti di urgenza.
Ancora, l’impostazione che respinge qualsiasi necessi- tà di un previo intervento dell’Autorità garante, nega anche che si possa argomentare l’interpretazione opposta soste- nendo che l’infrazione della disciplina a tutela della concor- renza richiederebbe, in ogni caso, apprezzamenti discrezio- nali che dovrebbero essere compiuti dall’Autorità apposi- tamente preposta e non dal giudice ordinario, quali la valu- tazione del carattere “sostanziale” dell’effetto anticoncor-
106 A.GENOVESE, Questioni processuali in materia antitrust, cit., pag. 42.
107 Fra le altre, ordinanza della Corte di Appello di Milano, 7-15 luglio 1992, Avir c. Enel; ordinanza della Corte di Appello di Milano, 31 gennaio-5 febbraio 1996, Comis c. Ente Fiera di Milano.
renziale, quella relativa all’esistenza di una parte “rilevan- te” del mercato colpita dal comportamento collusivo etc.
In relazione a tale ultimo aspetto, parte della dottrina afferma autorevolmente che tali valutazioni, condotte in via principale dall’AGCM, non rientrano nella discrezionalità in senso tecnico dell’amministrazione, cioè non comportano una valutazione comparativa ai fini della scelta tra interessi contrapposti108. Al più - si sostiene - potrebbe parlarsi di di-
screzionalità tecnica; in realtà le valutazioni di cui si discu- te, alla luce di questa interpretazione, sarebbero attinenti al- la qualità ed alla dimensione dell’effetto anticoncorrenziale, i cui criteri di determinazione sono frutto di un procedi- mento interpretativo volto alla individuazione del bene giuridico “concorrenza” e tali criteri saranno indicati pro- prio dall’AGO all’AGCM, la quale sarà tenuta ad unifor- marsi.
Pertanto, alla luce di quanto finora detto, non v’è ra- gione per ritenere che il giudice ordinario non possa essere adito in assenza di una previa pronuncia dell’Autorità Ga- rante della Concorrenza e del Mercato109
.
Ancora, la giurisprudenza ha precisato che “ in assenza
di una esplicita previsione configurante i procedimenti davanti all’Autorità Garante come cause di improponibilità temporanea della domanda davanti al giudice ordinario, non è possibile intro- durre un difetto temporaneo di giurisdizione in via meramente in- terpretativa”110
.
108 M.TAVASSI-M.SCUFFI,cit.,pagg..122e ss.
109 Lo stesso è stato affermato anche con riferimento alle opera- zioni di concentrazione. Contra C. MALINCONICO, L’impugnazione dei provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in Anti- trust fra diritto nazionale e diritto comunitario, Milano, 1996, pag. 155 e ss.,
secondo cui la concentrazione non potrebbe qualificarsi illecita in man- canza di un espresso provvedimento di divieto dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato; invece, ai sensi degli articoli 16 e 19 della legge n. 287 del 1990, già il semplice fatto dell’esecuzione di una concentrazione non autorizzata costituisce illecito, come tale suscettibile di rimedio risarcitorio, anche se non è prevista la nullità dell’operazione di concentrazione non autorizzata.
110 Corte di Appello di Milano, 18 luglio 1995, in Foro it., 1996, I, pag. 276; S.BASTIANON,Arbitrato e diritto della concorrenza, in Danno e resp., 1997, pag 350.
La dottrina, ancora, sostiene che non sia neanche ipo- tizzabile una possibile sospensione del processo pendente dinanzi al giudice ordinario, ex articolo 295 c.p.c., in attesa di un provvedimento dell’AGCM sulla questione oggetto del giudizio e ciò in quanto la stessa non è un “giudice” che debba risolvere una questione pregiudiziale.
Da quanto esposto circa il ruolo delle due autorità preposte al controllo delle intese, emergono chiaramente due problemi principali:
- innanzitutto occorre definire il ruolo del giudice ordinario ed analizzare il conseguenziale problema del rapporto tra la tutela giurisdizionale e quella amministrati- va;
- in secondo luogo, occorre individuare quale genere di valutazioni il giudice ordinario è chiamato a condurre ai fini dell’operatività del divieto;
tutto ciò al fine di affermare se effettivamente esiste o meno un rapporto di “pregiudizialità” tra l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e quello del Giudice Ordinario.