• Non ci sono risultati.

Il processo cognitivo

Nel documento Il progetto Olimpiadi della Matematica (pagine 80-82)

Giunti a questo punto dobbiamo chiederci come si cor- rela quanto detto finora con la domanda iniziale sulla conoscenza e il processo cognitivo. Citando ancora Ma- turana e Varela «I sistemi viventi sono sistemi cognitivi e il vivere in quanto processo è un processo di cogni- zione»

Il senso di quanto scritto sopra è straordinariamente chiaro e rivoluzionario al tempo stesso sul piano episte- mologico. In altri termini si può schematizzare il tutto dicendo che:

1) L’essere vivente è un’unità autopoietica il cui unico scopo è l’autopoiesi stessa.

2) In accoppiamento strutturale con l’ambiente, ogni sua azione, ogni comportamento è subordinato a tal fine. 3) Per un organismo vivente dotato di un sistema ner- voso sufficientemente sofisticato da produrre un lin- guaggio, quest’ultimo consente un comportamento particolare che diciamo cognizione.

Quindi, riassumendo, il vivente trova la sua ragione di essere nell’organizzazione autopoietica, ovvero nella vita stessa (prima autoreferenzialità). Esso è in continua interazione con l’ambiente ma nel senso di un accoppia- mento strutturale dove non è né l’organismo a impor- si sull’ambiente né questo a istruire il primo (seconda autoreferenzialità). Tale accoppiamento strutturale si traduce, nel dominio di un osservatore, in un comporta- mento (terza autoreferenzialità). Un essere vivente dota- to di una particolare struttura biologico, che è il sistema nervoso, esibisce un peculiare comportamento che pos- siamo chiamare “conoscenza” (quarta autoreferenziali- tà). Ecco dunque spiegato perché l’autoreferenzialità del processo cognitivo è un “circolo virtuoso” e non vizioso come si è detto in apertura. Perché l’autoreferenzialità della conoscenza è figlia dell’autoreferenzialità del vi- vente (autopoiesi) e ne è dunque il tratto caratteristico (la virtù) e non fonte paradossale!

A seguito di tali considerazioni, la fondamentale con- clusione logica della teoria autopoietica è la seguente: la conoscenza è azione per la vita.

Si può parlare dunque di conoscenza ogni volta che si osserva un comportamento efficace (o adeguato) in un contesto preciso, cioè in un dominio (precisato di volta in volta dall’osservatore). Ne consegue che non esiste conoscenza decontestualizzata, delocalizzata.

Partiamo nuovamente da alcune citazioni da H. Matura- na e F.J. Varela, Autopoiesi e cognizione, Marsilio, 1980 Il dominio delle interazioni di un’unità autopoietica è 4. Ibi

Figura 2: Il secondo circoletto rappresenta il sistema nervoso, circolarità nella circolarità!

P

ErcorSi

d

idattici

il dominio di tutte le deformazioni che esso può subire senza perdere l’autopoiesi.

• Per qualsiasi sistema autopoietico il suo dominio co- gnitivo è necessariamente relativo al modo particola- re in cui è realizzata la sua autopoiesi.

• Un sistema autopoietico capace di interagire con i suoi propri stati (come può fare un organismo con un sistema nervoso), e capace di sviluppare con altri un dominio consensuale linguistico, può trattare i suoi propri stati linguistici come una fonte di deformazio- ni e così interagire linguisticamente in un dominio chiuso.

Un sistema con tali caratteristiche gode di una fonda- mentale proprietà:

Attraverso interazioni ricorsive con i suoi stati genera- ti linguisticamente può trattare qualcuno di questi stati come oggetti di ulteriori interazioni, dando origine ad un meta-dominio di distinzioni consensuali che appare ad un osservatore come un dominio con rappresentazio- ni di interazioni.

Quando accade ciò il sistema opera come un osserva- tore.

Un sistema vivente capace di essere un osservatore può dunque interagire con quei suoi propri stati descrittivi che sono descrizioni linguistiche di sé stesso.

Facendo così genera il dominio delle descrizioni au- to-linguistiche entro il quale è un osservatore di sé stesso come osservatore. Chiamiamo questo dominio il dominio dell’auto-osservazione e consideriamo che il cambiamento auto-cosciente è un comportamento au- to-osservante, cioè un comportamento entro il dominio dell’auto-osservazione.

L’osservatore rimane necessariamente sempre in un do- minio descrittivo, cioè in un dominio cognitivo relativo. Non è possibile alcuna descrizione di una realtà asso- luta.

Riassumendo siamo condotti ad affermare che: a) noi diventiamo osservatori attraverso la generazione ricor- siva di rappresentazione delle nostre interazioni e b) diventiamo auto-coscienti mediante auto-osservazioni; facendo descrizioni di noi stessi (ossia rappresentazio- ni), e interagendo con le nostre descrizioni possiamo descrivere noi stessi che descriviamo noi stessi, in un processo ricorsivo senza fine (si noti l’ulteriore autore- ferenzialità).

Alla luce di queste affermazioni è necessario (o perlo- meno utile) rendersi conto di come sia giunto il momen- to di virare dalla classica epistemologia dell’osservato a una nuova epistemologia dell’osservatore. Nel primo caso, quello classico, di stampo realista, l’attenzione è

rivolta agli oggetti e alle teorie che li descrivono; ora l’attenzione deve essere posta piuttosto sull’osservatore, formulatore di tali teorie e veicolo stesso delle informa- zioni che riceve.

La conclusione più importante che possiamo trarre da questo excursus molto sintetico sul pensiero dei due bio- logi cileni è che il loro pensiero ha rappresentato una vera e propria svolta non solo nell’ambito della filosofia della biologia, ma in un senso epistemologico più am- pio. Si può senz’altro sostenere che essi abbiano aperto la strada a quel costruttivismo epistemologico che ha caratterizzato molta parte della filosofia della scienza degli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso. Molti furono in- fatti gli autori influenzati dall’approccio sopra descritto, sia perché collaborarono direttamente con Maturana e Varela (come Mauro Ceruti o Heinz von Foerster), sia perché ne condivisero l’approccio inserendolo nel pro- prio lavoro originale (Ernst von Glasersfeld, Paul Wa- tzlawick, Edgar Morin).

Insieme a Maturana e Varela dunque tutti gli autori cita- ti hanno rappresentato per un paio di decenni un punto di riferimento obbligato per chiunque sostenesse un ap- proccio costruttivista al problema della conoscenza da cui siamo partiti. È evidente che questo non è l’unico approccio possibile o significativo in ambito epistemo- logico, tuttavia è senza dubbio una prospettiva che non si può né ignorare né sottostimare qualora si voglia fare epistemologia in modo serio.

Francesco de Stefano, Damiano Fornasiere, Liceo Scientifico “G.Marinelli”, Udine

Leggibilità della lingua italiana:

Nel documento Il progetto Olimpiadi della Matematica (pagine 80-82)