307 Rullani E. (2006) “La nuova economia dell'immateriale”, in Economia dei servizi, Anno 1, n.1 settembre
– dicembre, Il Mulino, Bologna
308 Tamma M. Curtolo A. (2009) “Lo sviluppo strategico delle organizzazioni di produzione culturale:
commitmnet, risorse, prodotti”, in Rispoli M., Brunetti G. (a cura di) Economia e management delle aziende di produzione culturale, Il Mulino, Bologna
309 Tamma M. “Prodottii culturali e territori: l'immateriale che “vive” nella materialità”, in Sinergie, n. 82,
2010, 36
310 Idem, p. 34 311 Idem, p. 34
tra loro in un intreccio che fa si che si "generino e rigenerino continuamente"312. Tuttavia in alcuni casi possono essere distinti: è il caso, per esempio, di una rappresentazione teatrale la quale può essere vista dal vivo, oppure su un Dvd, in un momento e in un luogo differente dalla performance, o ancora in streaming o registrata sul web. Ci sono altri casi in cui invece non è facile separarli, come nel caso di un dipinto313. Nonostante tutto però un supporto è necessario per godere un prodotto culturale, Stangata ritiene che un'opera d'arte, intesa in senso lato, "per essere goduta richiede che l'idea sia tradotta, o fissata, in un
medium
. Questo può essere un bene materiale - libro, disco, tela, pietra, pellicola - oppure un bene immateriale - come un concerto sinfonico, una rappresentazione teatrale, frutto della combinazione di attività organizzative e di fattori produttivi314"Infine, per concludere lo schema di definizione di prodotto culturale, si deve aggiungere che per essere creato ha bisogno di input creativi che mediante saperi, tecnologie e strutture di organizzazione, vengono modulati e resi significativi attraverso la relazione con i pubblici315. Non solo le audience ricettive, ma anche i "portatori di interesse e di potere sono coinvolti nella creazione del valore culturale di un bene, apportano competenze specialistiche (altri musei, galleristi, mercanti, critici, curatori, collezionisti), istanze di cittadinanza (enti pubblici, locali, fondazioni, stato) o interessi privati (visitatori) e trovano nelle relazioni intersoggettive la mediazione possibile per l'incremento del valore intrinseco ed economico del prodotto culturale"316.
312 Idem, pp. 34-35
313 Tamma M. Curtolo A. (2009) “Lo sviluppo strategico delle organizzazioni di produzione culturale:
commitmnet, risorse, prodotti”, in Rispoli M., Brunetti G. (a cura di) Economia e management delle aziende di produzione culturale, Il Mulino, Bologna
314 Santagata W., (2007) La fabbrica della cultura, Il Mulino, Bologna, p. 28
315Tamma M. “Prodottii culturali e territori: l'immateriale che “vive” nella materialità”, in Sinergie, n. 82,
2010
316 Franch M. “Le frontiere manaferiali per la valorizzazione della cultura e dell'arte”, in
Rullani insiste sulla questione delle relazioni affermando che "la rete
genera
valore
perché dà organizzazione ad un processo di diffusione del sapere e di crescita della varietà delle linee di apprendimento e sperimentazione"317, infatti la rete altro non è che la base, la struttura primordiale che permette la creazione di relazioni, quelle stesse relazioni che sono generatrici di valore. Oltre alla rete è di un certo rilievo anche il contesto dove questo valore viene creato: questo contesto secondo che Normann, è esplicato con il concetto digood home
318, con cui si indica un luogo fertile per la creazione del valore, "in quanto capace di attrarre risorse che diventeranno nodi di una rete di cultura e conoscenza"319.Vista la crescente importanza che il pubblico ha ottenuto nella creazione di valore, avvenuta grazie ad una maggiore presa di coscienza sia da parte dei pubblici, sia da parte dei produttori. Questo cambio di direzione delle attenzioni, questo valore attribuito anche ai destinatari dei prodotti culturali, ha portato molti artisti
contemporanei ad esplicitare la volontà di partecipare attivamente con il proprio pubblico, invitandolo esplicitamente a collaborare alla creazione dell'opera d'arte, talvolta interagendo anche meccanicamente, altre volte invitandolo semplicemente alla libera fruizione. Ad esempio l'installazione
Giardino d'inverno
di Dubuffet presso il Centre de Pompidou a Parigi, è significativa proprio nel momento in cui il visitatore del museo vi entra fisicamente dentro e si chiude la porta alle spalle entrando davvero nell'opera; solo allora il visitatore può godere dei significati veicolati dall'opera che vengono reinterpretati ogni volta a seconda del filtro interpretativo del visitatore.2010, p. 99
317Rullani E., “La conoscenza e le reti: gli orizzonti competitivi del caso italiano”, Sinergie,
n. 61-62, 2003, p. 153
318Normann R., Ramirez R. (1995) “Designing Interactive Strategy”, Chichester, J. Wiley&Sons, (trad. it.) Le strategie interattive d’impresa. Dalla catena alla costellazione del valore, Etas Libri, Milano
319 Franch M. “Le frontiere manaferiali per la valorizzazione della cultura e dell'arte”, in
Sinergie, n. 82, 2010, p. 99
Ancora un esempio sono le installazioni di Gonzalez-Torres fatte da mucchi di
caramelle a disposizione di chiunque ne abbia voglia, o ancora i pavimenti in rilievo di Alviani, oppure le stanze ovattate di Beuys, o ancora le opere proposte dagli artisti appartenenti alle correnti di arte programmata e cinetica. Tutti questi esempi
dimostrano come il pubblico sia fondamentale al completamento dell'opera, non solo al compimento della sua capacità di significazione, tanto che il destinatario è stato tenuto in grande considerazione durante la costruzione dell'opera stessa. Addirittura il termine destinatario potrebbe risultare stretto per il ruolo attivo che ora va a rivestire. Di esempi che dimostrano quest'affermazione ce ne sono moltissimi altri, ma non dovrebbe essere necessario andare oltre per dimostrare come anche il linguaggio dell'arte si sia diretto verso il riconoscimento palese del ruolo attivo delle pubblico. Un pubblico che supporta l'artista e lo aiuta a creare valore e significato partecipando con la propria interpretazione al completamento dell'opera.
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