• Non ci sono risultati.

Una ricognizione della storia del controllo di costituzionalità conduce a prendere in considerazione anche il progetto di Costituzione (mai entrata in vigore) della Repubblica di Vichy.

Condannata moralmente, politicamente e storicamente, la vicenda della Repubblica di Vichy si presenta come una parentesi la cui legittimità è negata in radice anche sul piano giuridico, dalla Ordinanza del 9 Agosto 1944 relativa al ristabilimento della legalità repubblicana sul territorio continentale che scioglie ogni dubbio affermando che “La

forme du gouvernement de la France est et demeure la République. En droit celle-ci n’a pas cessé d’exister” e ancora “Sont, en conséquence, nuls et de nul effet tous les actes constitutionnels, législatifs ou règlementaires, ainsi que les arrêtés pris pour leur exécution, sous quelque dénomination que ce soit, promulgués sur le territoire continental postérieurement au 16 juin 1940 et jusqu’au rétablissement du Gouvernement provisoire de la République française”44.

La posizione che nega ogni legittimità al c. d. Regime di Vichy, tenuta da sempre dal generale de Gaulle, seguito da tutti i Presidenti della IV e della V Repubblica fino a François Mitterand, dovendosi riconoscere la autorità politica legittima, durante la occupazione tedesca, esclusivamente al capo della Francia Libera, tendeva e tende a espungere dalla storia di Francia il regime di Vichy: il segno del maturare di una posizione diversa si è manifestato con il discorso tenuto da Jacques Chirac il 16 luglio 1995 al Vélodrome d’Hiver in cui riconosceva la responsabilità della Francia nella deportazione degli

44

Cfr. Ordonnance du 9 août 1944 relative au rétablissement de la légalité

Ebrei francesi durante la occupazione tedesca (al contrario del discorso tenuto da Mitterand appena un anno prima nella medesima occasione). Il 10 Luglio 1940 fu sottoposta alla Assemblea nazionale, formata dalle camere riunite, una proposta di revisione della Costituzione che attribuiva i pieni poteri, compreso quello costituente, al Maresciallo

Pétain, poteri che egli tuttavia non fu mai in grado di esercitare pienamente, dato il prevalere della volontà delle autorità occupanti45. Per questo motivo non è sorprendente che la nuova Costituzione non sia mai stata promulgata, benché sottoscritta e firmata da Pétain il 30 gennaio 1944. Nonostante questo, dal punto di vista storico merita segnalare che nel testo adottato compariva anche la proposta dell’istituzione di una vera e propria Corte costituzionale, denominata Corte Suprema di giustizia, cui era affidata, all’articolo 33, “ la salvaguardia della Costituzione e l’esercizio della giustizia politica”.

La istituzione di una Corte suprema era già prevista nell’Acte

constitutionnel n° 5 del 30 luglio 1940, relativo alla Corte suprema di

giustizia, in cui all’art. 1 si abrogavano due articoli delle leggi costituzionali (1875) della III Repubblica e all’articolo 2 si istituiva un Corte suprema di giustizia le cui competenze, organizzazione e funzioni sarebbero state regolate per legge. È indicativo che nella composizione della commissione incaricata di affiancare il Maresciallo

Pétain (indicato come l’estensore della nuova costituzione nell’atto di

conferimento dei pieni poteri) figurasse tra i principali collaboratori alla redazione del progetto di costituzione, il giurista Joseph

Barthélémy46, allievo di Maurice Hariou, già protagonista del dibattito

45

Una prima versione del testo costituzionale doveva essere resa pubblica attraverso un messaggio radio già il 13 novembre 1943 ma fu vietata dalle autorità occupanti.

46

tra i maggiori costituzionalisti del periodo tra le due guerre mondiali,, che dopo l’armistizio del giugno 1940, aveva affiancato l’azione del maresciallo

sul sindacato di costituzionalità nella III Repubblica. Nel Projet de

constitution del 30 gennaio 1944 figurava al Titolo IV, (La fonction juridictionnelle), in un capo intitolato alla Cour suprême de justice

all’articolo 33, il seguente testo: “La sauvegarde de la Constitution et

l’exercice de la justice politique sont assurés par la Cour suprême de justice” alla quale nell’articolo 34 si conferivano le seguenti

attribuzioni: “La Cour suprême de justice a les attributions suivantes:

1° Elle statue sur les recours pour inconstitutionnalité de la loi; 2° Elle a compétence exclusive pour juger le chef de l’État sur mise en accusation par l’Assemblée nationale; 3° Elle juge les ministres ou secrétaires d’État sur mise en accusation soit par le président de la République, soit par l’Assemblée Nationale; 4° Elle juge toute personne mise en accusation par le chef de l’État pour attentat contre la sûreté de l’État; 5° Elle procède à la vérification des opérations électorales tendant à la désignation des sénateurs et des députés et se prononce sur les demandes de levées de l’immunité et sur les demandes de déchéance les concernant”. La previsione del primo

comma, introducendo la possibilità di una decisione su ricorsi per incostituzionalità della legge, innovava radicalmente rispetto alla tradizione. Sulla composizione della Corte suprema interveniva l’articolo 35 del progetto, con la previsione di quindici consiglieri ordinari e sei straordinari, reclutati tra i Consiglieri del Consiglio di stato, i magistrati di Cassazione, tre professori universitari, tre avvocati abilitati all’esercizio presso le giurisdizioni superiori, tutti scelti dalla Corte suprema stessa tra i nomi presenti in liste preparate dagli organi o dagli ordini professionali citati. Una particolare previsione era costituita dalla riserva di tre posti per personalità estranee agli organi e ordini citati, ma presentate dagli stessi. Sulla organizzazione e suoi Pétain, da cui accettò, il 23 febbraio 1941, la carica di guardasigilli salvo esserne

allontanato con la vittoria degli ultracollaborazionisti, il 26 marzo 1943, (morirà a Tolosa il 14 maggio 1945, inquisito come collaborazionista).

ruoli interni della Corte Suprema intervenivano le previsioni dell’art. 36, prevedendosi oltre ai requisiti professionali requisiti di età (cinquanta anni) e la incompatibilità con i mandati parlamentari e l’esercizio di professioni. La Corte aveva competenza sull’esercizio delle funzioni dei consiglieri, eleggeva il suo presidente, si prevedeva l’intervento di giudici di parquet, da scegliersi tra i giudici di parquet della Corte di cassazione e delle Corti di appello.

Anche a questo proposito, non si può non rilevare che si superava in questo modo la diffidenza verso l’autorità giudiziaria e il timore del “governo dei giudici “ tramandato dall’epoca della rivoluzione. Infine sulle modalità di ricorso alla Corte suprema vi erano le previsioni dell’articolo 37, con la previsione di eccezione sollevabile solo per violazione della norme costituzionali, proponibile di fronte a qualsiasi giurisdizione, ma solo in prima istanza, da parte sia del pubblico ministero, sia delle parti del giudizio, sia anche di ufficio, con conseguente sospensione del procedimento a quo. Anche qui, a essere superato era il dogma della infallibilità e di conseguenza della insindacabilità delle leggi. Come si vede, si trattava di una previsione sufficientemente dettagliata e non equivoca di Corte costituzionale configurata come un organo giurisdizionale e dunque di una autentica rottura con la tradizione francese, il che non è però così sorprendente quando si consideri che il nuovo (anche se mai realizzato) regime auspicato da Pétain intendeva rifondare lo stato francese in antitesi con i principi del 1789.