La valutazione prognostica dell’evoluzione di un episodio di TEP acuta è basata in primis su parametri clinici tra cui il principale è la disfunzione acuta del ventricolo destro e la persistenza di sintomi e segni di disfunzione cardiaca destra come shock o ipotensione persistente, indicatori di un alto rischio di mortalità precoce. La classica distinzione tra embolia “massiva” e “non massiva” basata solo sul criterio morfologico dell’entità dell’ostruzione indagata all’imaging, ha perso progressivamente importanza dal momento che né la terapia intrapresa, né la prognosi a breve e lungo termine dipendono dal numero assoluto di segmenti coinvolti da embolismo; oltre a ciò anche il termine “microembolia” che letteralmente si riferisce a emboli non visibili alle tecniche di imaging convenzionali, ma solo a emboli visibili in preparati istologici (ad esempio di origine neoplastica), è stato abbandonato in quanto intesa come condizione associata a minima o assente sintomatologia. In base alla compromissione emodinamica si distinguono embolie polmonari ad alto rischio ed EP non ad alto rischio, ulteriormente suddivisibili in EP a rischio intermedio o basso; nelle forme ad alto rischio la mortalità precoce si attesta intorno al 15%, quelle a rischio intermedio dal 1 al 15% e quelle a basso rischio si associano ad un rischio di mortalità precoce intorno al 1%. Solamente da questa distinzione dipendono la scelta di un trattamento più o meno aggressivo e la scelta di un trattamento ospedaliero o domiciliare. [49]
Dal Registro Internazionale Cooperativo per l’Embolia Polmonare (ICOPER) e dal Registro Informatizzato della Patologia Tromboembolica Venosa (RIETE) emergono altri parametri clinici e anamnestici che correlano con una prognosi sfavorevole: età >70 anni, pressione sistolica <90mmHg, frequenza respiratoria >20 atti/minuto, cancro, COPD, recente immobilizzazione per patologie neurologiche. La concomitante presenza di TVP è riportato essere un fattore indipendente di mortalità a 3 mesi di follow-up in seguito alla diagnosi. Molti score sono stati proposti per la valutazione prognostica in pazienti con TEP acuta, tra cui il più utilizzato e validato è il PESI (Pulmonary Embolism Severity Index). [50-53]
Il punto di forza dello score prognostico PESI è l’accurato riconoscimento delle classi di rischio basso per mortalità a 30 giorni (PESI I e II), le quali pongono le basi per un trattamento a domicilio dell’episodio di EP acuta. Lo score PESI esiste in due forme, quello originale con 11 voci a cui vengono attribuiti diversi valori numerici e la versione semplificata (o sPESI), illustrate nella tabella seguente.
45
Figura 9 - Score PESI e sPESI (da linee guida ESC 2014)
Oltre ai parametri clinici, per la stratificazione prognostica, vengono utilizzate tecniche di imaging per il ventricolo destro. Ritrovamenti indicativi di disfunzione ventricolare destra sono stati riportati come fattori indipendenti di reazioni avverse, ma sono difficili da standardizzare; quelli utilizzati sono: dilatazione del RV, un aumento del rapporto tra i diametri rispettivamente del ventricolo destro e sinistro, ipocinesia della parete libera del RV, aumento di velocità del jet tricuspidale, ridotta escursione sistolica del piano valvolare o una combinazione di più tra questi. Studi hanno confermato che la disfunzione ventricolare destra si associa ad un elevato rischio di mortalità a breve termine in pazienti senza instabilità emodinamica, ma il suo PPV rimane basso. Altri ritrovamenti caratteristici possono essere uno shunt destro-sinistro per un forame ovale pervio e la presenza di trombi nelle sezioni destre, entrambe le caratteristiche associate ad un aumento della mortalità.
La visualizzazione a 4 camere del cuore con la TC può evidenziare un aumento del diametro telediastolico come indicatore di disfunzione ventricolare destra che rappresenta un fattore indipendente per outcome sfavorevole nel paziente ospedalizzato, anche nei pazienti emodinamicamente stabili.
Test di laboratorio utilizzati per la stratificazione prognostica sono i markers di disfunzione ventricolare e di danno cardiaco. Il sovraccarico ventricolare destro comporta uno stretch parietale del ventricolo che si associa ad un rilascio aumentato di peptide natriuretico cerebrale (BNP) o del N-terminale (NT)-proBNP, per cui i loro livelli sono correlati in modo proporzionale alla severità della disfunzione ventricolare destra [54].
In pazienti normotesi con EP acuta, il PPV del BNP o del NT-proBNP per mortalità precoce è basso, mentre bassi livelli di questi marcatori identificano pazienti con outcome a breve termine favorevole basandosi sul
46 loro elevato valore predittivo negativo. Pazienti emodinamicamente stabili con bassi livelli di NT-proBNP possono essere candidati ad una dimissione e un trattamento a domicilio.
La TEP acuta, specie se massiva, può associarsi a infarto miocardico destro a coronarie indenni e una metanalisi su 1985 pazienti ha evidenziato concentrazioni elevate di troponine T o I in circa il 50% dei casi con TEP acuta [55] e la prognosi sembra essere peggiore associandosi, similmente ai livelli di BNP, ad una mortalità precoce elevata nella popolazione non selezionata e nei pazienti emodinamicamente stabili. Il valore predittivo positivo dei livelli elevati di troponina in pazienti normotesi è comunque basso, oscillando dal 12 al 44%, mentre il NPV è elevato. In particolare, lo sviluppo di tecniche di dosaggio sempre più accurate ha permesso di migliorare la performance prognostica dei biomarkers; per esempio in uno studio prospettico multicentrico di coorte in 526 pazienti normotesi, livelli di troponina T <14 pg/mL mostravano un NPV del 98% [56].
Altri biomarkers che possono trovare utilità nella stratificazione del rischio sono i livelli di creatinina sierica e la stima del filtrato glomerulare, l’elevazione del NGAL e della cistatina C (entrambi indicativi di danno tubulare renale) e il D-dimero, che mostra un elevato NPV intorno al 99% per valori <1500 ng/mL per l’esclusione della mortalità totale a tre mesi.
3.8.1 STRATEGIA DI VALUTAZIONE PROGNOSTICA
Per valutare l’outcome precoce (intra-ospedaliero e a 30 giorni dalla diagnosi) in pazienti con TEP acuta è necessaria un’integrazione tra il rischio legato all’episodio di EP, basato su vari parametri clinici e non, e la condizione clinica del paziente preesistente e le sue comorbidità. La classificazione dei pazienti con EP acuta basata sul rischio di mortalità precoce è rappresentata nella tabella successiva, ed assume un ruolo centrale nella decisione delle strategie terapeutiche e degli algoritmi terapeutici.
Figura 10 – Classificazione EP acuta basata sul rischio di mortalità precoce (da “linee guida ESC 2014”)
Al momento del sospetto clinico di TEP acuta, pazienti emodinamicamente instabili con shock o ipotensione persistente dovrebbero essere subito considerati pazienti ad alto rischio, richiedendo un work-up diagnostico apposito e, se l’EP è confermata, un trattamento primario farmacologico di riperfusione.
47 In pazienti con EP acuta senza instabilità emodinamica, nessun fattore individuale, clinico-laboratoristico o strumentale può mostrare un rischio di mortalità precoce intraospedaliera tale da giustificare un trattamento di riperfusione. Di conseguenza, nei pazienti di questo tipo è necessaria un’ulteriore stratificazione del rischio al momento della diagnosi, attraverso l’utilizzo di score validati, come il PESI o il sPESI. Circa un terzo di questi pazienti presenta un PESI Classe I o II o un sPESI di 0. Pazienti normotesi senza shock o ipotensione persistente con PESI Classe III o IV o con sPESI maggiore o uguale a 1 sono considerati nel gruppo a rischio intermedio; un’ulteriore distinzione viene fatta sulla base della funzione ventricolare destra (all’ecocardiografia o alla TC) e sulla base dei biomarkers cardiaci (BNP o NT-proBNP o Troponine T o I) identificando una classe a rischio intermedio-alto (in cui entrambi gli aspetti sono presenti) o a rischio intermedio-basso (in cui almeno uno dei due aspetti o nessuno è positivo).
Pazienti normotesi con PESI Classe I o II o con un sPESI di 0, in cui sia presente una disfunzione cardiaca destra o elevati biomarkers cardiaci, dovrebbero essere considerati in categoria a rischio intermedio-basso; nonostante questo in questi pazienti, la valutazione di questi due aspetti è facoltativo.