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Confronto tra immagini TC e immagini scintigrafiche perfusionali in pazienti con diagnosi di embolia polmonare.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Tesi di Laurea Magistrale

Confronto tra immagini TC e immagini scintigrafiche

perfusionali in pazienti con diagnosi di embolia polmonare

RELATORE:

Prof. Alessandro Celi

CORRELATORI:

Dott.ssa Chiara Romei

Dott.ssa Letizia Marconi

CANDIDATO:

Gabriele Corsi

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Sommario

Sommario

1 RIASSUNTO ... 5 1.1 INTRODUZIONE ... 5 1.2 OBIETTIVI ... 5 1.3 MATERIALI E METODI... 5 1.4 RISULTATI ... 6 1.5 CONCLUSIONI ... 8 2 ABBREVIAZIONI... 9 3 INTRODUZIONE ... 11 3.1 DEFINIZIONE... 11 3.2 EPIDEMIOLOGIA ... 12

3.3 PATOGENESI E FATTORI DI RISCHIO ... 12

3.4 FISIOPATOLOGIA ... 13

3.5 CLINICA... 14

3.6 DIAGNOSI E TECNICHE DI IMAGING ... 16

3.6.1 MDTC o CTPA ... 18

3.6.2 SCINTIGRAFIA POLMONARE (di ventilazione e di perfusione)... 25

3.6.3 ALTRE TECNICHE DI IMAGING ... 39

3.7 STRATEGIE DIAGNOSTICHE ... 41

3.7.1 ALGORITMO DIAGNOSTICO CON SHOCK O IPOTENSIONE PERSISTENTE ... 41

3.7.2 ALGORITMO DIAGNOSTICO SENZA SHOCK O IPOTENSIONE PERSISTENTE ... 42

3.8 PROGNOSI ... 44

3.8.1 STRATEGIA DI VALUTAZIONE PROGNOSTICA ... 46

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3.9.1 STRATEGIE TERAPEUTICHE IN FASE ACUTA ... 47

3.9.2 DURATA DEL TRATTAMENTO ... 54

3.10 PROBLEMATICHE SPECIFICHE DI GESTIONE ... 57

3.10.1 GRAVIDANZA ... 57

3.10.2 CANCRO ... 59

3.11 SCOPO ... 60

4 MATERIALI E METODI ... 62

4.1 SELEZIONE DEI PAZIENTI ... 62

4.2 LETTURA DELLE IMMAGINI ... 63

4.3 CONFRONTO TC/SPP ... 68

5 RISULTATI ... 71

5.1 CARATTERISTICHE DELLA POPOLAZIONE ... 71

5.2 ENDPOINT ... 75

6 DISCUSSIONE ... 80

7 CONCLUSIONI ... 84

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5

1 RIASSUNTO

1.1 INTRODUZIONE

La tromboembolia polmonare (TEP o EP) è un’importante causa di morbilità e mortalità, costituendo la terza patologia cardiovascolare in ordine di frequenza dopo l’infarto miocardico acuto e l’ictus; nonostante questo, è una patologia ancora largamente sottostimata e sottodiagnosticata. Vista la limitata accuratezza diagnostica dei segni e sintomi che si accompagnano alla patologia, è necessario un approccio integrato tra sospetto clinico, probabilità clinica di embolia polmonare (o “probabilità pre-test”) calcolata con appositi score validati, dosaggio del D-dimero e test di imaging per arrivare a confermare o escludere con sicurezza l’embolia polmonare.

La SPP associata ad una Rx del torace e la Tc con mezzo di contrasto sono considerati entrambi approcci adeguati alla diagnosi di TEP. Tuttavia, evidentemente, i due esami visualizzano aspetti diversi, rispettivamente la presenza di aree di mancato afflusso di sangue non associate ad alterazioni parenchimali radiologicamente evidenti, espressione indiretta di una alterazione vascolare, e la presenza di difetti di riempimento endovascolare, espressione diretta della presenza di un embolo. L’esperienza clinica quotidiana suggerisce che nei pazienti in cui sono stati effettuati entrambi gli esami diagnostici si evidenziano talvolta discrepanze. Tuttavia, sono disponibili pochi dati di confronto diretto tra le due metodiche.

1.2 OBIETTIVI

Nella Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana è attiva una procedura aziendale che prevede di sottoporre a SPP/Rx del torace i pazienti con diagnosi TC di TEP allo scopo di ottenere un dato basale da utilizzare per il successivo follow-up. Questa situazione ci ha posto nella condizione di potere eseguire un confronto diretto tra le due metodiche. Lo scopo del presente lavoro è stato pertanto quello di analizzare le TC con mezzo di contrasto e le SPP/Rx del torace eseguite nello stesso paziente a non più di 48 ore di distanza sia per indagare l’accuratezza diagnostica della SPP/Rx del torace usando la TC come standard di riferimento, sia per valutare nel dettaglio la corrispondenza tra quadri TC (difetto di riempimento occludente, non occludente, etc.) e i rispettivi quadri scintigrafici (assenza di perfusione, ipoperfusione, etc.).

1.3 MATERIALI E METODI

Il presente studio è un’analisi retrospettiva dei pazienti con diagnosi TC di embolia polmonare che hanno effettuato successivamente una scintigrafia polmonare da perfusione (entro 48 ore), in un periodo tra gennaio 2016 e dicembre 2017, all’interno dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, centro di riferimento per la diagnosi e il trattamento dell’embolia polmonare. Lo studio, oltre a delineare dal punto di vista statistico le caratteristiche epidemiologiche ed anamnestiche dei pazienti presi in esame, ha i seguenti obiettivi: individuare un’associazione tra il risultato della scintigrafia da perfusione e determinate

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6 caratteristiche prese in esame, correlare le immagini TC e scintigrafiche attraverso un’analisi mirata segmento per segmento seguendo una legenda da noi costituita e, come endpoint secondario, calcolare la sensibilità della scintigrafia da perfusione nella diagnosi di embolia polmonare, utilizzando come standard di riferimento la TC con mezzo di contrasto.

Sono stati applicati ristretti criteri di inclusione ed esclusione per redigere l’elenco definitivo dei pazienti. È stata eseguita una rilettura sia della TC basale, sia della scintigrafia più Rx torace; sono stati inoltre annotati per ogni paziente: dati anagrafici, date di esecuzione delle due metodiche e intervallo di esecuzione e specifici parametri dell’una e dell’altra tecnica.

In merito alla TC, la diagnosi di EP è stata confermata in accordo con le correnti linee guida ESC del 2014; inoltre, è stata elaborata da noi una legenda TC allo scopo di raffigurare, per ogni paziente, l’albero arterioso polmonare in toto ed evidenziare quali rami arteriosi fossero interessati da emboli e di che tipo fossero i difetti di riempimento. Ad ogni ramo è stato attribuito un “valore TC” come segue: 1. ramo libero da emboli, 2. ramo con embolo parzialmente occludente, 3. ramo con embolo totalmente occludente. In merito alla scintigrafia da perfusione, la diagnosi era confermata o esclusa in accordo con i criteri di lettura PISA-PED; inoltre, è stata elaborata una legenda SPP allo scopo di raffigurare lo stato di perfusione di ogni segmento visibile nelle proiezioni scintigrafiche convenzionali. Ad ogni segmento era attribuito un “valore SPP” come segue: 1. perfusione normale o forzata, 2. ipoperfusione, 3. difetto a “cuneo” di perfusione.

Ai fini della comparazione tra immagine TC e immagine SPP, è stata da noi costituita un’ulteriore legenda che si pone l’obiettivo di stabilire la concordanza tra le due metodiche in ogni singolo segmento valutato. Essa è stata espressa, per ogni segmento, dalla seguente formula: “valore TC/valore SPP”. Le combinazioni derivanti da questa formula sono state raggruppate, secondo l’apposita legenda, in 3 macrocategorie: CONCORDANZA (C), PARZIALE CONCORDANZA (PC) e DISCORDANZA (D). È stato successivamente considerato, per l’analisi finale, l’insieme dato dalla somma di tutti i segmenti analizzati.

1.4 RISULTATI

Nel periodo tra gennaio 2016 e dicembre 2017, 130 pazienti con diagnosi TC di EP, sia sintomatici che per riscontro occasionale, hanno effettuato una SPP entro 48 ore. Applicando i criteri di inclusione ed esclusione, sono stati selezionati 43 pazienti, 22 di sesso femminile (51% del totale) e 21 di sesso maschile; 22 SPP sono state eseguite entro 24 ore (51% del totale) dalla TC. Tra gli 87 pazienti esclusi, le caratteristiche principali alla TC motivo di esclusione sono state: spessore di acquisizione >2mm/2mm (25% del totale), mancata apnea (22%), fase di acquisizione venosa (21%), non completa scansione (16%) ed embolismo subsegmentario (18%). Un’elevata percentuale tra gli esami TC esclusi dallo studio sono stati giudicati non tecnicamente adeguati alla diagnosi di EP. Tutti questi pazienti sono stati sottoposti a terapia anticoagulante e indirizzati al follow up clinico-scintigrafico.

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7 Su 43 pazienti, 26 (60% del totale) erano asintomatici per EP (di cui 11 per follow up oncologico, 8 per follow up per altra patologia e 7 per riscontro di trombosi venosa profonda), mentre i restanti 17 erano sintomatici (dispnea 59%, dolore toracico 47%, sincope 29%, emoftoe 17%). Su 26 pazienti asintomatici, 8 pazienti non presentavano né cancro né trombosi venosa profonda e 7 di questi aveva una positività segmentale alla TC.

Su 43 SPP eseguite a fronte di una TC positiva, 22 sono risultate positive (51% del totale), mentre 21 sono state definite, secondo i criteri di lettura PISA-PED, “negative per EP”; in particolare di queste 21, 16 erano “negative per EP, anormali” e 5 “negative per EP, normali”. Dalla lettura delle scintigrafie perfusionali, nessun paziente aveva uno scan “non diagnostico”.

Tutti e 43 i pazienti hanno intrapreso a seguito della diagnosi TC la terapia con eparine a basso peso molecolare o fondaparinux; nessuno di essi ha intrapreso terapia trombolitica.

Dalla lettura approfondita delle immagini TC dell’albero polmonare per ogni paziente (evidenziando il numero, la localizzazione e il tipo di difetto di riempimento degli emboli presenti) è risultata una positività più prossimale di tipo segmentale alla TC nel 60% dei casi, lobare nel 14% e principale nel 26%.

È risultata significativamente più elevata la probabilità di avere una SPP negativa a fronte di una TC positiva per EP in pazienti asintomatici rispetto ai sintomatici (chi: 4,24; p= 0,03) e per positività più prossimale alla TC di tipo segmentale o lobare rispetto alla principale (chi: 5,25; p= 0,01). È stato inoltre osservato che la probabilità di avere una SPP negativa è maggiore nei pazienti senza emboli a carattere occludente alla TC, ovvero in presenza di soli emboli a carattere non occludente (chi: 5,53; p= 0,01). Non è risultata statisticamente significativa l’associazione tra risultato scintigrafico e intervallo di esecuzione rispetto alla TC (chi: 1,13; p= 0,28).

Dall’analisi approfondita delle immagini TC e delle immagini SPP e dall’utilizzo della legenda di concordanza TC/SPP segmento per segmento da noi costituita, è emerso un tasso elevato di discordanza tra le due metodiche (56% sul totale dei 700 segmenti analizzati). Inoltre, considerando i segmenti per cui il valore TC era diagnostico per EP (ovvero un embolo occludente solo parzialmente o completamente occludente il ramo arterioso) e con valore SPP non diagnostico per EP (ovvero un’ipoperfusione generica, una perfusione normale o forzata), si è osservato che il loro numero è maggiormente rappresentato in modo statisticamente significativo nelle SPP positive (chi: 10,26; p< 0,01).

La sensibilità della SPP più Rx torace nella nostra casistica, prendendo come standard di riferimento la TC multidetettore con mezzo di contrasto, è del 51%; sale al 59% se consideriamo solo le SPP eseguite a 24 ore dalla TC, mentre arriva al 70% se consideriamo solo le SPP di pazienti sintomatici.

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1.5 CONCLUSIONI

Questa analisi retrospettiva di pazienti con diagnosi TC di EP che si sono sottoposti a SPP entro 48 ore ha ottenuto i risultati seguenti.

Un numero elevato di esami TC, tra gli 87 esclusi per la nostra analisi, sono stati ritenuti non tecnicamente appropriati per la diagnosi di EP. Nonostante ciò, tutti questi pazienti sono stati indirizzati alla terapia con anticoagulante, così come i pazienti asintomatici, tra i 43 della popolazione studiata, senza trombosi venosa profonda o cancro e positività TC segmentale, e sono stati avviati al follow up clinico-scintigrafico. Questi numeri ci evidenziano come spesso il ricorso alla terapia anticoagulante, gravata da un rischio di sanguinamenti clinicamente rilevanti del 1-2% annuo, sia somministrata sulla base di esami non appropriati per la diagnosi e senza considerare la clinica del paziente o ulteriori approfondimenti diagnostiche.

In merito al risultato della SPP, 21 SPP su 43 sono risultate negative per EP, e tra queste 5 sono state classificate come “normali” secondo i criteri PISA-PED. È risultata significativamente maggiore la probabilità di avere una SPP negativa in pazienti asintomatici, in caso di localizzazione segmentale o lobare dell’embolo alla TC e in assenza di emboli a carattere occludente (ovvero in presenza solamente di emboli a carattere non occludente). Dall’analisi mirata della concordanza TC/SPP segmento per segmento secondo una legenda da noi costituita è stata evidenziata un’elevata percentuale di mancata concordanza (più della metà su 700 segmenti analizzati) e la presenza di un “carico embolico” maggiore nelle SPP positive.

La sensibilità della SPP, considerando la TC come standard di riferimento diagnostico e risulta del 51%, del 59% se consideriamo solo le SPP a 24 ore dalla TC e del 70% se consideriamo solo i pazienti sintomatici.

I reperti di questo studio pongono il problema dell’interpretazione del risultato e delle potenzialità di entrambe le metodiche, studi ulteriori di follow up sono necessari per definire l’utilizzo ottimale delle due tecniche diagnostiche.

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2 ABBREVIAZIONI

ARDS: sindrome da distress respiratorio acuto

ATIII: antitrombina III

BNP: peptide natriuretico cerebrale

BPCO/COPD: broncopneumopatia cronica ostruttiva

ClCr: clearance della creatinina

CTPA: angiografia polmonare tomografica computerizzata

CVC: catetere venoso centrale

CUS: ultrasonografia da compressione

CXR: radiografia del torace

DSA: angiografia digitale da sottrazione

ECG: elettrocardiogramma

EP: embolia polmonare

ESC: European Society of Cardiology

IRC: insufficienza renale cronica

LMWH: eparine a basso peso molecolare

MAA: macroaggregati di albumina

mdc: mezzo di contrasto (TC)

MDCT: tomografia computerizzata multi-detettore

mSv: milliSievert

NAO: nuovi (non-VKA) anticoagulanti orali

NE: noradrenalina/norepinefrina

NPV: valore predittivo negativo

PESI: Pulmonary Embolism Severity Index

PIOPED: Prospective Investigation of Pulmonary Embolism Diagnosis

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10 PPV: valore predittivo positivo

ROI: regione di interesse

RV: ventricolo destro

Rx: radiografia

SAPL: sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi

sPESI: PESI semplificato

SPP: Scintigrafia Polmonare da Perfusione

SSPE: embolismo polmonare subsegmentale isolato

TC: tomografia computerizzata

TEP: tromboembolia polmonare

TEV: tromboembolismo venoso

TVP: trombosi venosa profonda

UFH: eparine non frazionate

VKA: antagonisti della vitamina K

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3 INTRODUZIONE

3.1 DEFINIZIONE

La tromboembolia polmonare (TEP) è una patologia caratterizzata dall’ostruzione di uno o più rami dell’albero arterioso polmonare da parte di materiale embolico di origine trombotica a partenza dal distretto venoso. La TEP, o più semplicemente embolia polmonare (EP), insieme alla trombosi venosa profonda (TVP), fa parte dell’insieme più ampio del tromboembolismo venoso (TEV). Questa condizione clinica va categoricamente distinta dall’ostruzione embolica da parte di materiale di altra natura, come l’embolia grassosa in seguito a frattura delle ossa lunghe, l’embolia gassosa, l’embolia da liquido amniotico o ancora da trombi di origine neoplastica come è tipico di neoplasie del rene in stadio avanzato; ciò in quanto costituiscono quadri clinici e fisiopatologici completamente diversi, necessitando perciò di un trattamento a sé. [1]

La condizione di embolismo polmonare non-trombotico può essere causato da una varietà di citotipi: adipociti, cellule emopoietiche, amniotiche, cellule del trofoblasto, cellule neoplastiche e, in aggiunta, anche batteri, miceti, parassiti o materiale estraneo come gas possono portare ad embolia polmonare. Il quadro clinico che ne deriva può essere similare a quello della TEP con dispnea, tachicardia, ed eventuale emoftoe, dolore toracico o sincope. L’embolismo settico è una condizione relativamente rara e associata ad endocardite del cuore destro, specie in pazienti che abusano di droghe iniettive o portatori di pacemaker; la diagnosi si basa sull’identificazione della sorgente di emboli settici, attraverso un Rx del torace, TC e positività delle emocolture; l’agente più frequentemente coinvolto è lo S. Aureus e la condizione richiede un trattamento eziologico mirato al batterio. L’aumento delle procedure mediche invasive ha determinato un’impennata dell’embolismo da materiali estranei, che includono: silicone, pezzi di cateteri, fili guida, filtri cavali, spirali per embolizzazione o parti di stent intravascolari; i materiali estranei dovrebbero essere rimossi al più presto per evitare trombosi locale e sovrainfezione. L’embolismo da tessuto adiposo avviene in pazienti con fratture pelviche o delle ossa lunghe, in procedure bioptiche del midollo osseo, durante infusione di lipidi o propofol o di liquidi per via intraossea, durante procedura di protesi d’anca o ginocchio, durante pancreatite o liposuzione; il quadro clinico è determinato sia dall’ostruzione meccanica dell’albero arterioso polmonare sia dal rilascio di sostanze proinfiammatorie, il che spiega come mai alcuni pazienti sviluppano anche Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS). La classica triade è rappresentata da alterato stato mentale, ARDS e rash petecchiale che si presenta circa 12-36 ore dopo; in questo caso il trattamento è una terapia di supporto respiratoria ed eventualmente con metilprednisolone in caso di ARDS. Per quanto riguarda l’embolia gassosa, questo fenomeno si può osservare sia nel sistema venoso che arterioso, in quello venoso con maggior frequenza e deriva principalmente da manipolazione di cateteri venosi centrali o da emodialisi con un range di volume d’aria considerato pericoloso dai 100 ai 500 mL; fisiopatologicamente l’embolia gassosa ostruisce prevalentemente il tratto di efflusso del ventricolo destro e le arteriole polmonari e la diagnosi viene effettuata attraverso una Rx del torace, ecocardiografia o TC

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12 (che mostra la sensibilità più alta). Il trattamento dell’embolia gassosa prevede il mantenimento della stabilità emodinamica con supporto di ossigeno ed espansione fluidica e decubito laterale sinistro per prevenire l’ostruzione ventricolare destra. L’embolia polmonare da liquido amniotico è una rara ma disastrosa complicanza della gravidanza, con un’incidenza stimata che va dal 1,9 al 2,5 su 100 000 gravidanze ed il meccanismo patogenetico più probabile è che il liquido amniotico sia spinto all’interno delle vene uterine durante la normale gravidanza o durante procedure chirurgiche o eventi traumatici che coinvolgono la placenta; le pazienti sviluppano spesso convulsioni, ARDS ed edema polmonare con una mortalità che può superare il 21%; il trattamento è di supporto. L’embolismo da tumore può essere osservato fino nel 26% delle autopsie in pazienti con cancro, anche se la diagnosi in vita è estremamente rara; il trattamento prevede la terapia oncologica del tumore. [1]

3.2 EPIDEMIOLOGIA

La TEP costituisce la terza patologia cardiovascolare più frequente, dopo l’infarto miocardico acuto e l’ictus, con un’incidenza annuale stimata che va dai 100 ai 200 casi/100 000 abitanti, rappresentando una causa maggiore di mortalità, morbilità e ospedalizzazione. Studi post-mortem condotti alla fine degli anni ’90 dimostravano come oltre il 60% dei casi di embolia polmonare riscontrati sul tavolo autoptico non erano stati sospettati in vita né tantomeno posti tra le diagnosi differenziali, facendo emergere il problema, spesso ancora attuale, della sottostima dell’incidenza. Negli ultimi anni tuttavia, con l’uso sempre più frequente dell’angio-TC del torace, è verosimile che si assista ad un aumento apparente dell’incidenza dell’embolia polmonare. La difficoltà oggettiva nel determinare l’epidemiologia di questa malattia è legata all’estrema variabilità del quadro clinico che determina, andando dall’asintomaticità e il riscontro occasionale fino alla morte, che può rappresentarne in certi casi l’esordio.

Nei bambini, l’incidenza annuale stimata è intorno ai 50 casi/100 000/anno nei pazienti ospedalizzati e tra i 1,4 e 4,9 casi/100 000/anno in studi di comunità.[1-3]

3.3 PATOGENESI E FATTORI DI RISCHIO

Nel considerare la patogenesi e i fattori di rischio che predispongono a questa patologia, consideriamo come unica la condizione patologica del TEV. In una percentuale vicina al 95%, l’origine degli emboli polmonari è rappresentata dal sistema venoso profondo, tipicamente anche se non esclusivamente, degli arti inferiori; in una piccola percentuale restante l’origine è il sistema venoso degli arti superiori, l’atrio destro in corso di fibrillazione atriale o, in casi molto rari, l’arteria polmonare stessa in corso di ipertensione polmonare cronica. Non tutti i pazienti con trombosi venosa vanno poi effettivamente incontro a embolia polmonare.

La patogenesi può essere spiegata grazie alla triade di Virchow, con particolare riferimento alla stasi ematica (e conseguente concentrazione dei fattori della coagulazione in situ), all’ipercoagulabilità (primitiva e/o acquisita) e alla disfunzione endoteliale, con perdita della normale attività anticoagulante. Molti dei

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13 fattori di rischio per TEV coinvolgono più di un elemento della triade: interventi chirurgici e traumi ad esempio, oltre all’immobilizzazione provocata, determinano una produzione sistemica di citochine e aumento dell’attività della cascata coagulativa. Le neoplasie possono determinare TEV per molteplici motivi: effetto massa del tumore primitivo con stasi venosa, produzione da parte del tumore di citochine o fattori della coagulazione, come il fattore tissutale, che a loro volta agiscono da fattori di crescita per le cellule neoplastiche, ipercoagulabilità da chemioterapici, immobilizzazione negli stadi avanzati di malattia. Le neoplasie maligne maggiormente predisponenti al TEV sono le neoplasie ematologiche, il tumore del polmone, i tumori gastrointestinali, il cancro pancreatico e cerebrale.[4]

Nei pazienti obesi il rischio di TEV è notevolmente aumentato sia per la riduzione di mobilità del paziente, sia per la produzione di adipochine da parte del tessuto adiposo in grado di aumentare la coagulabilità. Nella tabella successiva sono elencati i principali fattori di rischio per TEV. Ricordiamo che, tra tutti, il fattore di rischio che incide maggiormente è l’aver già presentato in precedenza TEV, con elevato rischio di recidiva.[1]

Elenco dei principali fattori di rischio per TEP:

• Fattori ereditari: deficit di ATIII o di proteina C o di proteina S, fattore V di Leiden, resistenza alla proteina C attivata in assenza del fattore V di Leiden, mutazione del gene per la protrombina, disfibrinogenemia e deficit di plasminogeno;

• Fattori acquisiti: ridotta mobilità, età avanzata, neoplasia, patologie infiammatorie acute, chirurgia maggiore, lesioni vertebrali, gravidanza e puerperio fino a 6 settimane dopo (il rischio è più elevato nel 3° trimestre e fino a 60 volte superiore alla norma fino al 3° mese dopo il parto), fecondazione in vitro, policitemia vera, SAPL, contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva, chemioterapia, obesità, CVC, apparecchio gessato, emotrasfusioni, eritropoiesi-stimolanti;

In base alla presenza o meno di fattori di rischio reversibili o temporanei entro le sei settimane e fino a 3 mesi prima della diagnosi, la TEP può essere classificata come “provocata” o “non provocata”.[5]

3.4 FISIOPATOLOGIA

La fisiopatologia della TEP va distinta per gli effetti sul sistema cardiocircolatorio e quelli sul sistema respiratorio.

Le conseguenze fisiopatologiche variano al variare dell’estensione del quadro occlusivo, che va teoricamente dal subsegmento polmonare fino all’interessamento dei rami principali dell’arteria polmonare. L’aumento delle resistenze vascolari arteriose dipende sia dall’ostruzione meccanica del letto arterioso, sia dal rilascio di sostanze vasoattive (come il trombossano A2 e la serotonina) e l’effetto sul circolo e sul cuore variano al variare della condizione circolatoria di base del paziente. Si determina un

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14 sovraccarico ventricolare destro con spostamento verso sinistra del setto interventricolare (ciò che all’Ecocardiografia è descritto come ventricolo destro “D-shape”) con riduzione della gittata cardiaca destra e conseguente riduzione del precarico sinistro, fino all’eventuale shock cardiogeno nei casi più severi. La desincronizzazione dei ventricoli può essere esacerbata dall’insorgenza di un blocco di branca destro. Si riduce inoltre la perfusione coronarica che, unitamente alle aumentate richieste metaboliche del ventricolo destro, si traducono in ischemia ventricolare destra fino all’infarto del miocardio. [1]

A livello respiratorio, si ha un’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione con aree più o meno ampie, proporzionalmente all’entità dell’ostruzione, ventilate ma non perfuse e aree di perfusione forzata in cui la ventilazione rimane invariata o è al limite solo modestamente aumentata e ciò corrisponde ad un effetto “shunt” con sviluppo di ipossiemia. L’organismo tenta di compensare aumentando la ventilazione/minuto con conseguente dispnea e alcalosi respiratoria per eccessiva eliminazione di CO2. Nelle forme più severe

l’alcalosi respiratoria può sovrapporsi ad un’acidosi metabolica da ipoperfusione, a cui segue normalizzazione del pH (il quadro potrebbe includere quindi un pH normale con insufficienza respiratoria di tipo 1 e marcata ipocapnia). La contemporanea presenza di infarto polmonare (che ha carattere emorragico) non determina normalmente alterazione degli scambi gassosi, a meno di una preesistente patologia cardio-respiratoria.[1]

3.5 CLINICA

La classificazione clinica della severità di un episodio di TEP è basata sul rischio stimato di mortalità precoce correlata alla TEP definita dalla mortalità ospedaliera o a 30 giorni. Questa stratificazione del rischio è effettuata alla presentazione dell’EP con divisione dicotomica in soggetti “a rischio elevato” in presenza di shock o persistente ipotensione arteriosa (definiti come una pressione sistolica <90mmHg o come un decremento della pressione sistolica di almeno 40mmHg per almeno 15 minuti, non causati da un’aritmia di recente insorgenza, ipovolemia o sepsi) e soggetti “a rischio non elevato” in loro assenza. Questa stratificazione iniziale è importante in quanto condiziona le strategie diagnostico-terapeutiche. [1]

La presentazione clinica dell’embolia polmonare non è specifica. Inoltre, può spaziare dallo shock cardiogeno e l’ipotensione persistente all’asintomaticità con diagnosi effettuata durante un follow-up eseguito per altre patologie o sul tavolo autoptico, fino alla morte improvvisa. I sintomi cardine per il sospetto clinico di EP sono: dispnea, dolore toracico, pre-sincope/sincope e emoftoe. I sintomi, oltre che dall’entità dell’ostruzione, dipendono in larga misura dalle condizioni cardiocircolatorie e respiratorie del paziente.

La dispnea è il sintomo in assoluto più frequente con cui l’EP può presentarsi: può essere a carattere rapidamente ingravescente oppure, per episodi di modesta entità che si susseguono, può presentarsi come una dispnea da sforzo o passare inizialmente inosservata. Infine, la dispnea può presentarsi a carattere lieve e transitorio.

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15 Il dolore toracico è tipicamente un dolore a carattere pleurico ben localizzabile dal paziente e che peggiora con gli atti respiratori, dovuto ad irritazione pleurica da infarto polmonare; qualora l’EP fosse più prossimale, a livello dei rami lobari o addirittura principali, il dolore toracico potrebbe assumere carattere di dolore anginoso da ischemia ventricolare e richiedere diagnosi differenziale con le sindromi ischemiche acute e la dissecazione aortica.

La sincope è un sintomo raro ma fondamentale. Può presentarsi in caso di ipotensione e ipoperfusione sistemica da ridotta gittata, ma anche in assenza di instabilità emodinamica, ed è proprio in queste situazioni che la sincope è più difficilmente messa in correlazione ad un episodio embolico. Può avvenire in seguito a vasocostrizione cerebrale per ipossiemia e ipocapnia o per stiramento dei recettori intracardiaci e attivazione di riflessi vaso-vagali (riflesso di Bezold-Jarisch).

L’emoftoe è legata all’emorragia alveolare ed è un sintomo relativamente frequente in corso di EP.

I segni più frequentemente presenti sono la tachicardia, tachipnea e i segni di TVP.[1]

La conoscenza dei fattori di rischio per la TEP è importante nel determinare la probabilità clinica della patologia, ma è necessario sottolineare che fino al 30% dei casi di EP avvengono senza che si possa identificare alcun fattore predisponente.

L’ipossiemia è considerata una manifestazione della TEP, ma fino al 40% dei pazienti presenta una normale saturazione arteriosa dell’ossigeno. Quest’ultima potrebbe però derivare dall’iperventilazione indotta dall’alcalosi respiratoria, motivo per cui è consigliata la correzione della PaO2 per l’iperventilazione (il valore

viene definito “PaO2 standard”), rappresentando un valore più affidabile dell’efficienza degli scambi gassosi.

[6];[7]

La radiografia del torace (Chest-X-Ray o CXR) è spesso anormale, anche se i reperti sono solitamente non specifici di EP; è inoltre utile per escludere altre cause di dispnea o dolore toracico. L’amputazione dell’arteria polmonare all’ilo con conformazione “a salsicciotto”, ovvero con margini convessi verso l’esterno e a margini netti, seppur non frequentissimo, può rappresentare un segno con buona specificità per TEP. Può essere utile anche la presenza di un addensamento a forma simil-triangolare in periferia, indicativo di infarto polmonare. L’oligoemia, un’area di iperdiafania, può essere indicativa di una zona con mancanza di perfusione, anche se l’estrema rarità del e il suo difficile riconoscimento nei radiogrammi, la rendono un segno non affidabile.

L’ECG può evidenziare un pattern di “strain” ventricolare, con inversione delle onde T da V1 a V4, un pattern QR in V1, un pattern S1Q3T3 (ovvero un’onda S in D1 e un’onda Q unitamente ad una T invertita in D3, detto segno di McGinn-White) o un blocco di branca destro, completo o incompleto. Queste alterazioni elettrocardiografiche si ritrovano più tipicamente nei casi più severi di TEP; nei casi più lievi l’alterazione più frequente è la tachicardia sinusale. [1]

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16 La gestione della TEP acuta è regolamentata dalle linee guida ESC redatte nel 2014 da Konstantinides et al. [1]

3.6 DIAGNOSI E TECNICHE DI IMAGING

Vista la limitata accuratezza diagnostica dei sintomi e dei segni nel confermare o escludere la diagnosi di TEP, la strategia diagnostica prevede come primo passo l’integrazione tra il sospetto clinico di EP e l’utilizzo di punteggi standardizzati predittivi che permettono di dividere i pazienti con sospetto di EP in categorie di probabilità clinica (detta anche probabilità “pre-test”). Questa probabilità clinica condiziona anche la probabilità clinica “post-test” che dipende, oltre a questo, dalle caratteristiche del test diagnostico stesso. All’interno del giudizio clinico sono classicamente compresi anche l’elettrocardiogramma e il radiogramma del torace. La necessità di utilizzare score predittivi nasce dalla mancanza di standardizzazione del giudizio clinico.

I punteggi maggiormente utilizzati sono lo score di Wells e lo score di Ginevra modificato, entrambi facilmente utilizzabili e estensivamente validati e basati su informazioni facilmente reperibili da parte del medico esaminatore. Recentemente sono stati entrambi semplificati per aumentare il loro utilizzo nella pratica clinica. Il punteggio di Wells può servirsi sia di uno schema a tre categorie (probabilità clinica di EP bassa, intermedia e alta), sia di uno schema a due categorie (EP probabile o non probabile). La presenza della voce “diagnosi alternativa meno probabile rispetto a quella di EP” potrebbe ridurre la riproducibilità inter-operatore.

Indipendentemente dal punteggio utilizzato, la prevalenza attesa di pazienti con EP confermata è del 10%, 30% e del 65% rispettivamente nella categoria a probabilità clinica bassa, intermedia e alta [8].

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Figura 1 - Score di Wells e di Ginevra modificato (da linee guida ESC 2014)

Un altro punto fondamentale nel percorso diagnostico dell’embolia polmonare è il dosaggio del D-dimero e l’interpretazione del risultato in modo contestuale alla probabilità clinica di TEP.

Il D-dimero è un prodotto di degradazione della fibrina e l’aumento delle sue concentrazioni ematiche è indice di attivazione della coagulazione e dei sistemi fibrinolitici. Di conseguenza, è un indice sensibile ma poco specifico in quanto può elevarsi in molte condizioni patologiche come il cancro, infiammazione, sanguinamenti, traumi, necrosi estese e chirurgie maggiori e in condizioni fisiologiche come la gravidanza e il puerperio. Il valore predittivo positivo (PPV) è dunque basso e il suo dosaggio non è utile nel confermare la diagnosi di EP. Tuttavia, il suo valore predittivo negativo (NPV) è elevato e il valore soglia per l’esclusione

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18 dell’embolia polmonare cambia a seconda del metodo utilizzato per il dosaggio ed è compreso generalmente tra 300 e 500 ng/mL. Sono disponibili vari test per il dosaggio del D-dimero.

Servendosi di test quantitativi, come l’ELISA, la sensibilità del D-dimero è uguale o addirittura superiore al 95% e si può ragionevolmente escludere l’EP in presenza di probabilità clinica pre-test bassa o intermedia e D-dimero al di sotto del valore soglia. Studi di outcome hanno dimostrato che il rischio tromboembolico di questi pazienti non trattati a 3 mesi era inferiore al 1%. Questi studi sono poi stati confermati da una metanalisi successiva [9].

Attraverso test semi-quantitativi o quantitativi latex-derivati o attraverso il test di emoagglutinazione, la sensibilità del D-dimero è inferiore al 95% e la sicurezza di poter escludere l’embolia polmonare in presenza di un valore sotto-soglia è stata dimostrata solamente per quei pazienti con probabilità pre-test bassa, e non in quelli con probabilità clinica pre-test intermedia.

La specificità del D-dimero nel sospetto di EP è bassa e decresce in modo stabile con l’età, di almeno il 10% >80 anni. Recenti evidenze suggeriscono l’aggiustamento del valore soglia del D-dimero per l’età (utilizzando la formula “age x 10 microgr/L” per età superiori a 50 anni) per migliorare la performance di questo test negli anziani, permettendo un aumento di specificità di circa il 40% con una sensibilità invariata >97% [10].

In seguito alla valutazione clinica (che in senso più esteso comprende anche l’esecuzione di emogasanalisi, elettrocardiogramma e Rx torace), l’utilizzo di score standardizzati per la valutazione della probabilità pre-test e il dosaggio eventuale del D-dimero, l’iter diagnostico prevede di ricorrere a metodiche strumentali in grado di chiudere il cerchio diagnostico ed escludere o confermare la diagnosi di embolia polmonare, con la scelta dell’una o dell’altra metodica o di più di una tra quella disponibili, dipendente da molti fattori.

3.6.1 MDTC o CTPA

La tomografia computerizzata multidetettore o multistrato (“Multiple-row Detector Computed Tomography” o più semplicemente MDCT) spirale con iniezione di mezzo di contrasto (CTPA: Computed Tomographic Pulmonary Angiography), godendo di elevata risoluzione temporale e spaziale, è diventata la metodica di scelta per la visualizzazione dell’albero arterioso polmonare in pazienti con sospetta TEP. Questa metodica permette di evidenziare le arterie polmonari fino alle diramazioni segmentarie ed evidenziare difetti di riempimento anche a carico delle diramazioni subsegmentarie.

È una tecnica radiologica di tipo topografico che acquisisce volumi. Si serve della sorgente di radiazioni, il tubo radiogeno, che emette raggi X, sotto forma di un fascio a raggiera collimato e che ha subito, nel corso degli anni, un aumento dei sistemi di rilevazione che ha comportato un aumento della capacità esplorativa delle apparecchiature. Dalla tecnica di tipo convenzionale in cui il tubo radiogeno compiva rotazioni di 360° intorno al paziente e acquisizioni in modo sequenziale con piccole pause tra un’acquisizione e l’altra per permettere al tavolo di avanzare verso la successiva posizione predeterminata, si è passati alla tecnologia “a spirale”. In quest’ultima il Gantry (lo strumento che comprende tubo radiogeno e detettori) ruota a velocità

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19 costante intorno al paziente e la rotazione a 360° continua senza interruzioni in contemporanea allo spostamento in senso contrario del complesso tavolo-paziente, descrivendo un percorso apparentemente elicoidale. Se i due movimenti sono coordinati, l’acquisizione dei dati è completa e senza interruzioni. Questa tecnica prende anche il nome di TC volumetrica o TC moderna.

Oltre a questo, l’ultima generazione di TC spirali è costituita da multiple corone di detettori dalla parte opposta al tubo radiogeno, per cui dalla TC a singolo strato si è passati a quella a 16, 64, 128 fino a 320 strati, permettendo una riduzione del tempo totale dell’esame e un miglioramento della risoluzione spaziale; gli strati di detettori opposti al tubo radiogeno non sono tutti uniformi per cui quelli più esterni sono più ampi di quelli interni per permettere una ricostruzione migliore che fa seguito all’acquisizione dati. Le immagini TC sono immagini digitali e la loro matrice per convenzione è costituita da 512x512 pixel e l’immagine è ottenuta attraverso una procedura matematica che prende il nome di retroproiezione che calcola in modo sequenziale i profili di attenuazione di un punto del corpo generati dai vari momenti angolari della rotazione del tubo radiante e il pixel non è altro che la rappresentazione dei vari profili di attenuazione. I pixel in realtà non sono quadrati, bensì dei cubi (da qui il nome più appropriato di “voxel”) in quanto hanno una propria dimensione lungo l’asse corporeo definita in lunghezza dallo spessore della sezione di acquisizione. La qualità dell’immagine dovrebbe migliorare con voxel più piccoli, ma solo limitatamente alla risoluzione spaziale in quanto così facendo diminuisce il rapporto segnale/rumore di fondo. Un altro svantaggio nell’acquisire sezioni sottili è l’incremento della dose erogata al paziente. La TC è una tecnica quantitativa che misura in unità Hounsfield o numero TC l’attenuazione del fascio radiante nei vari punti del corpo. La scala Hounsfield è una scala di densità.

L’acquisizione TC è scandita dal “pitch”, che rappresenta il tasso di movimento del tavolo per rotazione del gantry (espresso in millimetri) e spessore della sezione acquisita (espresso in millimetri e che risulta dalla scelta della collimazione). Il numero “pitch” è un numero puro senza unità di misura.

Lo spessore delle scansioni acquisite lungo l’asse z (asse longitudinale del paziente in posizione supina) è definito dal processo di collimazione. L’apertura del collimatore (che può essere posizionato non solo vicino al tubo radiogeno, ma anche dietro al paziente prima degli strati di detettori) condiziona l’ampiezza del fascio radiante. Un fascio stretto consente una migliore risoluzione spaziale lungo l’asse z. Un esame TC ottenuto con spessore molto sottile è detto anche TC ad alta risoluzione, mentre per sezioni submillimetriche l’esame si definisce “a risoluzione ultra-alta”.

Nello specifico della TEP, l’esame TC richiede la somministrazione endovena di mezzo di contrasto (radiopaco, iodato e idrosolubile) che determina un aumento di densità dei vasi ematici (“enhancement contrastografico”). Il transito del mezzo di contrasto all’interno dei vasi (detto tempo di circolo del mdc) è paziente-dipendente ed è influenzato da vari fattori, tra cui in primis la funzionalità cardiovascolare. Il tempo di circolo si calcola identificando una regione di interesse (ROI, espressa in cm2) e iniettando il mdc

endovena: non appena il sistema di rilevazione capta un aumento di densità oltre un certo valore soglia nella ROI, inizia l’acquisizione nel frame temporale che ci interessa. Questa tecnica prende il nome di “bolus

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20 tracking”. Nel caso della TEP, l’embolo si evidenzia come un difetto di riempimento ipodenso all’interno del vaso arterioso polmonare che appare iperdenso per il mdc.

La morfologia del difetto di riempimento endoluminale dell’EP alla TC è stata studiata e descritta nel 2014 da Ikeda et al.; nel loro studio è stata analizzata la riduzione del flusso sanguigno polmonare (lung perfusion blood volume, LPBV) nei rami arteriosi, misurato in unità Hounsfield, in presenza di trombi occludenti e non occludenti (o parzialmente occludenti), allo scopo di verificare se il flusso differisce in modo quantitativo e visivo nei due diversi casi e determinare se il flusso rimane lo stesso, nei non occludenti, rispetto ai rami senza tromboembolismo. 108 pazienti con sospetto clinico di EP sono stati sottoposti a CTPA: due radiologi hanno valutato visivamente la distribuzione del difetto di riempimento e la sua natura (occludente o non occludente) e hanno classificato il flusso in “ridotto”, “leggermente ridotto” e “preservato”; altri due radiologi hanno valutato il flusso ponendo una ROI al centro della lesione, in prossimità della lesione e, nella stessa sezione TC, in un’area a perfusione conservata senza trombi, misurando le unità Hounsfield in quei punti. I risultati hanno mostrato un’elevata proporzione di lesioni a flusso ridotto e di lesioni a flusso conservato rispettivamente nel gruppo occludente e non occludente, con una significativa differenza tra i due gruppi; le unità Hounsfield sono risultate nettamente superiori nel gruppo con difetto non occludente rispetto all’occludente, mentre non esiste una differenza significativa tra il primo gruppo e quello di controllo, con normale perfusione. Lo studio ha concluso che la perfusione iodata del mdc tende ad essere visivamente e quantitativamente preservata nei polmoni con lesioni non occludenti. [11]

La dose effettiva di radiazioni misurata in milliSievert (mSv) per una TC del torace per TEP si attesta su 15mSv con un range in letteratura descritto da 13 a 40 mSv. [12]

Lo studio PIOPED II pubblicato nel 2006, prospettico e multicentrico, aveva come obiettivo determinare l’accuratezza diagnostica nella diagnosi di TEP acuta della MDCT (da sola in fase arteriosa e in aggiunta alla sequenza tardiva di fase venosa MDCTA-CTV), non ancora validata fino a quel momento e stabilire se l’aggiunta della probabilità clinica pre-test (Wells score) migliorasse l’accuratezza diagnostica della MDCT; 824 pazienti sono stati sottoposti a MDCT, utilizzando un riferimento composito standard per la diagnosi (scintigrafia V/Q, CUS e, se necessario, l’angiografia polmonare). Studi precedenti avevano mostrato la possibilità da parte della MDCT di eseguire una diagnosi di esclusione di EP anche in assenza della CUS degli arti inferiori: in particolare “The Christopher Study” ha dimostrato una recidiva di EP durante i 3 mesi di follow-up solo nel 0,7% di pazienti non trattati e TVP nel 0,6% dopo un reperto normale evidenziato alla MDCT o alla TC a singolo strato [13, 14].

Secondo lo standard di riferimento composito, la diagnosi di EP veniva confermato in presenza di: scan V/Q ad alta probabilità di EP (in paziente senza storia di EP), reperti anomali alla DSA oppure reperti anomali alla CUS (in paziente senza storia di precedente TVP in quel sito e uno scan V/Q non diagnostico, ovvero né normale né ad alta probabilità in paziente senza storia di EP). La diagnosi veniva esclusa in presenza di:

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21 reperti normali alla DSA, normali reperti allo scan V/Q, uno scan V/Q a bassa probabilità o a probabilità molto bassa, uno score di Wells <2 e CUS normale. Lo studio è stato realizzato con MDCT 4, 8 e 16 strati. I risultati mostravano un valore predittivo positivo (PPV) del 86% (85,7%) e un valore predittivo negativo (NPV) del 95% (94,8%); in particolare il PPV era del 97% per trombi nelle arterie principali e nelle lobari, del 68% per i vasi segmentali e del 25% per i subsegmentali. Lo studio riporta le complicanze legate alle 1095 MDCT: reazioni allergiche al mdc moderate (prurito, edema periorbitale o vomito), orticaria, IRA con rialzo della creatinina; queste reazioni avverse erano comunque molto rare.

I dati dello studio PIOPED II mostrano che la MDCT in fase arteriosa + venosa aveva una sensibilità maggiore della sola MDCT-A (90% versus 83%), con simile specificità (intorno al 95% per entrambi i test); inoltre i risultati della sola MDCT in combinazione con una probabilità clinica alta o intermedia o reperti normali associati a una probabilità clinica bassa avevano elevati valori predittivi, positivi e negativi, dal 92 al 96%. Ne deriva una stretta associazione tra probabilità clinica pre-test e risultato della MDCT, suggerendo che, in caso di discordanza tra i due risultati, fosse necessario ricorrere ad ulteriori test diagnostici, visto il numero elevato in questo caso di falsi positivi e negativi [15].

In conclusione, i risultati osservati sono stati una sensibilità del 83% e una specificità del 96% della MDCT, mettendo in evidenza l’enorme influenza della probabilità clinica pre-test sul suo valore predittivo. In pazienti con probabilità pre-test bassa o intermedia, calcolata attraverso il punteggio di Wells, il NPV era rispettivamente di 96% e 89%, mentre era solamente del 60% in pazienti con probabilità clinica alta. D’altro canto, il PPV era alto (92%-96%) in pazienti con probabilità pre-test intermedia o alta, mentre era del 58% in pazienti con probabilità clinica bassa. Per questo veniva suggerita attenzione in caso di discordanza tra il giudizio clinico e il risultato della MDCT.

Uno studio prospettico condotto nel 2005 su 756 pazienti, in cui venivano sottoposti a MDCT e a ultrasonografia compressiva (CUS) degli arti inferiori pazienti con probabilità clinica alta e non-alta con un D-dimero elevato con metodo ELISA, ha dato prova della possibilità di utilizzare la MDCT come metodica “stand-alone” per escludere la TEP avendo ottenuto una proporzione di pazienti in cui, a fronte di MDCT negativa, una TVP prossimale era confermata del 0,9% dei casi [13].

In altri studi di follow-up si è evidenziato un rischio trombo-embolico a tre mesi in pazienti non trattati sulla base di una MDCT negativa sempre <1,5%. In particolare, in uno studio tutti i pazienti erano divisi in base al punteggio di Wells dicotomizzato e i pazienti con D-dimero positivo o della categoria “PE-likely”, venivano sottoposti a MDCT: il rischio a 3 mesi si dimostrava del 1,1% nei pazienti non trattati [14].

Un altro studio confrontava due strategie diagnostiche basate sul D-dimero e la MDCT, una comprensiva anche di CUS e una no: il rischio a 3 mesi nel gruppo senza l’ultrasonografia compressiva era del 0,3% tra i 627 pazienti non trattati a fronte di una MDCT negativa [16].

Questi dati suggeriscono che una MDCT negativa in pazienti con probabilità clinica non alta di embolia polmonare, è un adeguato test di esclusione; le linee guida ESC per la diagnosi e la gestione dell’embolia

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22 polmonare acuta del 2014 affermano che rimane comunque controverso se una MDCT negativa in paziente con probabilità clinica elevata necessiti di ulteriori approfondimenti diagnostici.

Una MDCT che mostra una positività almeno segmentale di embolismo arterioso è una conferma adeguata di TEP in pazienti con una probabilità clinica pre-test non bassa. Il PPV della MDCT è più basso in pazienti con una probabilità pre-test bassa e potrebbero essere considerati ulteriori approfondimenti diagnostici, specie se la positività è segmentale o subsegmentale.

Lo sviluppo della tecnologia TC è stato accompagnato da due problemi emergenti negli ultimi anni: l’eccesso di diagnosi che l’aumento di sensibilità di questa metodica determina e la concomitante riduzione del tasso di letalità nello spettro di malattia rilevato.

In uno studio retrospettivo del 2012 di Sheh et al. si poneva l’obiettivo di determinare se l’embolismo arterioso diagnosticato con la CTPA rappresentasse uno spettro di malattia più lieve rispetto a quello diagnosticato con la scintigrafia V/Q, eseguendo un follow-up nel tempo (8 anni) e determinando la prognosi a lungo termine di 2087 pazienti. L’incidenza di TEP acuta registrata in questo studio nel periodo stabilito risulta aumentata da 0,69 a 0,91 ogni 100 ammissioni (in relazione all’incremento nell’utilizzo della CTPA) e i risultati mostrano come il progressivo passaggio dalla scintigrafia V/Q alla CTPA abbia determinato un aumento di diagnosi di uno spettro di malattia meno letale, con un tasso stabile di mortalità. Il tasso di letalità in questo studio decresce approssimativamente del 10-11% annuo. L’outcome di interesse utilizzato è la morte EP-correlata, con un adattamento della mortalità alle comorbidità di base dei pazienti attraverso il “Charlson comorbidity score”. [17]

Questa problematica risulta inoltre accentuata dal sempre minor utilizzo degli score predittivi pre-test di probabilità clinica e del dosaggio del dimero D con conseguente eccesso di utilizzo della CTPA in pazienti con sospetto clinico di TEP acuta. In uno studio del 2017, Perera et al. ponevano l’obiettivo di determinare l’impiego potenzialmente eccessivo della CTPA in 344 pazienti che avevano eseguito questa metodica di imaging, per ognuno dei quali si calcolava in modo retrospettivo lo score di Wells modificato, lo score di Ginevra modificato e il modello PISA, e i risultati del Wells modificato e il dosaggio del D-dimero (se eseguito) erano utilizzati per stimare il ricorso eccessivo alla MDCT, in relazione alla categoria di rischio clinico; l’utilizzo di modelli clinici pre-test si attestava sul 5% del totale dei casi. Di 269 pazienti a basso rischio clinico (mWs < o uguale a 4), solo il 24% aveva eseguito un dosaggio del D-dimero. Lo studio conclude per un impiego potenzialmente eccessivo in più del 50% dei pazienti [18]. Uno studio precedente di Kalim et al. che analizzava in modo analogo allo studio di Perera del 2017 i dati di pazienti che avevano eseguito una MDCT, registrava un potenziale eccesso di prescrizione del metodo in circa il 33% dei casi [19]. Il problema emergente dell’eccesso di diagnosi con la TC è stato identificato anche come incremento del numero dei falsi positivi.

In uno studio del 2015 di Hutchinson et al. si poneva come obiettivo quello di determinare il tasso di falsi positivi alla TC. Questo studio è un’analisi retrospettiva eseguita da tre radiologi esperti in TC torace con più di 10 anni di esperienza su TC refertate come positive per TEP durante un periodo di 12 mesi; una CTPA era

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23 considerata negativa in caso di concordanza di tutti e tre i medici radiologi. Oltre a questo, venivano elencate le potenziali cause per l’eccesso di diagnosi alla TC. Lo studio ha registrato un tasso di discordanza con il referto dei radiologi precedenti nel 26% dei casi, discordanza che avveniva maggiormente in caso di positività TC segmentale o subsegmentale o in caso di difetto di riempimento singolo, specie nel lobo inferiore sinistro ed in particolare nei rami per i segmenti postero-basale e latero-basale sinistri. I dati raccolti nello studio erano i seguenti: dati demografici, la positività più prossimale dell’embolo secondo la classificazione modificata di Boyden (tronco polmonare, arteria principale dx o sn, ramo lobare, segmentario, subsegmentario), numero di emboli (singolo o multipli), qualità dell’enhancement contrastografico, accordo tra gli osservatori (3 radiologi) e il consenso finale. Tra i singoli casi discordanti si è cercato di sottolineare una causa sottostante responsabile come: artefatti di movimento (da respirazione o pulsazione cardiaca, rispettivamente 42% e 11%), scarsa opacizzazione dell’arteria polmonare da manovra di Valsalva (7%), insufficienza cardiaca o altre cause di mixing di sangue contrastato e non, attenuazione del fascio radiante da strutture adiacenti ad elevata densità (come vene opacizzate, strutture ossee, pooling del contrasto in vena cava inferiore o ventricolo dx, 22%), confusione con strutture venose o bronchiali ripiene di muco (riportata in letteratura, ma non evidenziata in questo caso), e patologie polmonari che impediscono una corretta visualizzazione dell’albero arterioso (7%). Il valore predittivo positivo della TC in questo studio è del 74%. In questa coorte di pazienti, la causa più frequente di falsi positivi è stata identificata nell’artefatto da mancata apnea (42% dei casi), identificato facilmente con la finestra TC per il parenchima con i segni del “gabbiano” e dello “scalino” e con l’interruzione brusca dei vasi polmonari su sezioni contigue; l’artefatto da pulsazione cardiaca è invece più raro (11%) ed evidente soprattutto a livello della lingula e dei segmenti paracardiaci dei lobi inferiori. [20]

Il significato clinico di un’embolia polmonare isolata a livello subsegmentale rimane oggetto di controversie. La prevalenza registrata alla TC è stata del 4,7% in pazienti che hanno eseguito una TC a singolo strato e del 9,4% in pazienti che hanno eseguito una MDCT con un PPV basso e una bassa concordanza tra gli osservatori. In questa metanalisi del 2010 si suggerisce come il rischio tromboembolico a 3 mesi di questi pazienti sia basso e come la rilevanza clinica di un rilievo isolato di EP subsegmentale sia scarsa [21]. Potrebbe trovare spazio l’uso della CUS per escludere la TVP prossimale in questi pazienti, condizione che richiederebbe trattamento anticoagulante. Nei pazienti con EP isolata a livello subsegmentale in assenza di TVP prossimale, la decisione di trattare o meno il paziente dovrebbe essere fatta in modo personalizzato sul tipo di paziente, considerando la probabilità clinica e il rischio di sanguinamento in corso di terapia anticoagulante. In una review del 2012, Stein et al. evidenziavano come in pazienti con embolismo subsegmentario con buona riserva cardio-polmonare, nessun’evidenza di TVP su test seriati, fattori di rischio per EP transitori e non più presenti, non storia di cateteri venosi centrali o di fibrillazione atriale e volontà di presentarsi su base regolare per follow-up con ultrasuoni, la terapia con anticoagulante poteva essere omessa. [22]

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24 Una review del 2015 di Ikesaka e Carrier analizza il significato clinico e la gestione dell’embolismo subsegmentale. La CTPA ha un’elevata sensibilità nell’identificare difetti di riempimento del mdc nelle arterie polmonari subsegmentarie e la scelta della TC come metodica di prima scelta nella diagnosi di TEP acuta ha portato ad un aumento relativo dell’incidenza totale di EP, con un tasso di mortalità però invariato. È presente ancora incertezza sul trattamento di un singolo embolo subsegmentale, la cui scelta è condizionata dal rapporto rischio/beneficio del singolo paziente e dall’assenza o meno di TVP agli arti inferiori. Il significato clinico di un embolismo subsegmentale isolato è ancora sconosciuto; inoltre, i difetti di riempimento subsegmentali potrebbero non rappresentare dei veri emboli, ma essere degli artefatti o materiale non-trombotico con incerto significato clinico. Il valore predittivo positivo per gli emboli subsegmentali è riportato esser del 25% con una bassa concordanza tra gli osservatori, motivo per cui la sua importanza clinica rimane oggetto di dibattito. La concomitante presenza di TVP agli arti inferiori è un importante predittore di TEV ricorrente ed è un’importante valutazione da eseguire in quei pazienti con embolismo subsegmentario non trattati con anticoagulante, eventualmente in modo seriato come da follow-up. In pazienti con cancro, la diagnosi incidentale di embolismo isolato subsegmentario è frequente; nonostante la mancanza di evidenze solide in letteratura, la tendenza è quella di trattare comunque questa condizione, a differenza dell’embolismo isolato subsegmentario sintomatico in pazienti non oncologici, visto il rischio elevato di TEV ricorrente, che secondo alcuni studi sarebbe pari a positività TC più prossimali e che in alcuni studi arriva fino al 55% dei casi. D’altro canto, il rischio elevato, soprattutto in questi pazienti, di sanguinamenti maggiori richiederebbe un bilanciamento oculato del rapporto rischio/beneficio. [23] L’uso della TC per eseguire una venografia (“computed tomographic venography”) degli arti inferiori è stata proposta come tecnica per diagnosticare una TVP in pazienti con sospetta EP, utilizzando la stessa iniezione di mezzo di contrasto utilizzato per la fase arteriosa polmonare. Nel trial PIOPED II, impiegandola insieme alla MDCT, se ne aumentava la sensibilità dal 83% al 90% con una specificità invariata al 95%. Tuttavia, l’aggiunta della sequenza venografica aumenta significativamente la dose di radiazione e dal momento che questa tecnica e la CUS hanno raggiunto risultati simili in pazienti con sospetta TVP, la CUS è da preferire se indicata.

La diagnosi incidentale di EP non clinicamente sospettata è un problema di entità crescente, soprattutto in alcune categorie di pazienti, quali quelli con cancro attivo, fibrillazione atriale parossistica o con storia di fibrillazione atriale permanente o scompenso cardiaco cronico. Le linee guida ESC 2014 affermano che non ci sono ancora dati solidi sulla gestione di questi casi, suggerendo però che il trattamento dovrebbe essere eseguito in quei pazienti con cancro o con una positività del quadro MDCT almeno lobare.

In una grande metanalisi, la prevalenza riportata di EP incidentale era del 2,6%, elevandosi in determinate categorie di pazienti (cancro: 3,1%; pazienti ospedalizzati: 4%) [24]. Approssimativamente, circa la metà dei casi di EP incidentale ha una positività TC lobare o principale [25], mentre dal 11 al 27% la positività TC è a livello subsegmentale.

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25 Studi precedenti hanno ipotizzato che i trombi nelle embolie polmonari di tipo incidentale fossero di dimensione inferiore rispetto a quelli responsabili di TEP sintomatica: la conclusione tuttavia potrebbe essere collegata a differenze nella tecnica impiegata nei due casi, in assenza, nel caso delle EP di riscontro incidentale, di sequenze TC dedicate.

In una review del 2017 di Chiu et al. sulla gestione del tromboembolismo incidentale, si evidenzia come il beneficio del trattamento di questi pazienti non sia ancora stato validato da studi prospettici e come questo sia d’altronde necessario in pazienti con fattori di rischio per TEV, come il cancro. In una metanalisi di Hulle et al. venivano esaminati 11 studi di pazienti con cancro e EP incidentale e si registravano elevate percentuali di TEV ricorrente, sanguinamenti maggiori e mortalità EP-correlata in pazienti non trattati. L’utilità del dosaggio del dimero-D in caso di EP incidentale è discusso: Jia et al. hanno evidenziato un D-dimero > 500 ng/mL nel 19,4% die pazienti con EP incidentale, risultato che differisce da altri studi in cui si dimostrava una sensibilità del D-dimero del 90% in caso di SSPE. La flow chart proposta in questa review per il trattamento dell’EP incidentale è la seguente: valutare la presenza di sintomi in quanto associata ad una mortalità EP-correlata più elevata; in assenza di sintomi valutare la localizzazione più prossimale dell’EP trattando tutte le EP con positività TC almeno segmentale; in ultima analisi si valuta il numero di emboli, in quanto in presenza di multipli emboli subsegmentali il trattamento è lo stesso dei casi precedenti, in caso di SSPE si richiede una revisione da parte di un secondo radiologo dell’immagine e l’esecuzione di una CUS per escludere una concomitante TVP e in assenza di fattori di rischio si consiglia la sorveglianza nel tempo. [26]

3.6.2 SCINTIGRAFIA POLMONARE (di ventilazione e di perfusione)

La premessa fisiologica sul flusso sanguigno polmonare, alla base delle immagini di medicina nucleare che si ottengono alla scintigrafia da perfusione (scintigrafia Q), è che esiste un gradiente crescente apice-base dovuto alla ridistribuzione sanguigna dovuta alla forza di gravità: l’aumento di pressione idrostatica dovuto alla gravità è di circa 1 mmHg per cm così che la differenza di flusso (Q) tra apice e base è di circa 18 volte (da 0,07 L/min all’apice a 1,3 L/min alla base del polmone); oltre a questo il flusso sanguigno del polmone è influenzato anche dalla pressione alveolare Pa ed in base ai rapporti reciproci tra pressione arteriosa (PA), pressione venosa (PV) e pressione alveolare (Pa): nelle regioni apicali, in cui la Pa è maggiore delle altre, i capillari sono collassati e c’è mancanza di flusso, nelle regioni medio-polmonari la PA eccede la Pa (sempre maggiore della PV) e il flusso è dato dal gradiente alveolo-arterioso, nelle regioni basali in cui la PV (minore della PA) eccede la Pa il flusso è determinato dal gradiente artero-venoso. Tutto questo è dovuto anche al gradiente apice-base ventilatorio, che in posizione eretta è solo di 3 volte. Nella posizione supina il gradiente Q e V si realizza antero-posteriormente.

La SPP è una tecnica di medicina nucleare che si prefigge di ottenere mappe perfusionali del polmone attraverso l’iniezione endovenosa di particelle di dimensioni idonee marcate con Tecnezio-99 metastabile (solitamente macroaggregati di albumina umana; MAA); la quantità standard è di 200MBq che corrisponde a circa 300000 particelle (corrispondenti a loro volta al 0,1% dei capillari polmonari) con diametro tra 5 e 90 micrometri e la loro distribuzione, ammesso che si siano omogeneamente mescolate con il sangue venoso,

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26 è proporzionale al flusso arterioso polmonare. In questo modo si ottiene un’immagine statica del flusso polmonare al momento dell’iniezione.

Tecnica di iniezione del radiofarmaco: l’iniezione deve essere eseguita agitando subito prima dell’uso il radiofarmaco così da ottenere una sospensione omogenea che verrà infusa lentamente in 5-10 secondi facendo eseguire al paziente respiri moderatamente profondi e possibilmente in posizione eretta (ortopnoica) in modo da rispettare il fisiologico gradiente di ventilo-perfusione (se non fosse possibile e l’iniezione venisse eseguita in clinostatismo, deve essere avvertito il medico refertante in quanto il gradiente di Q sarà antero-posteriore e non più apico-basale). Dovrebbe essere evitata la somministrazione attraverso cateteri in quanto il flusso laminare all’interno o una sua posizione particolare potrebbe alterare la distribuzione del radiofarmaco.

Le immagini vengono acquisite già da pochi istanti dopo l’iniezione in posizione supina attraverso la gamma-camera e servendosi di 6 proiezioni planari: anteriore, posteriore, laterale destra, laterale sinistra, obliqua posteriore destra e obliqua posteriore sinistra. Le proiezioni posteriori oblique sono importanti perché permettono di distinguere meglio i segmenti postero-basale e latero-basale di entrambi i lobi inferiori, evitando la sovrapposizione tra i due polmoni presenti nelle proiezioni laterali.

La micro-embolizzazione da parte dei MAA occlude circa lo 0,1% delle arteriole a livello precapillare con un’emivita biologica di circa 6-8 ore, per cui l’effetto emodinamico che ne risulta è insignificante; l’occlusione è infatti temporanea e questi aggregati sono poi fagocitati dalle cellule del sistema reticolo-endoteliale.

La premessa fisiologica per comprendere la scintigrafia polmonare ventilatoria, e che rende ragione della maggior difficoltà nell’esecuzione rispetto alla scintigrafia polmonare da perfusione, è che la ventilazione polmonare si compone di una ventilazione convettiva e di una diffusiva e che per l’esecuzione dell’esame possono essere utilizzati traccianti gassosi o radiofarmaci corpuscolati (aerosol): il gas inalato per movimento convettivo raggiunge la parte dell’albero respiratorio più vicina al bronchiolo, mentre la parte restante del volume aereo si rinnova grazie alla diffusione; le particelle inalate invece, avendo un peso maggiore dei gas, hanno bassa capacità di diffusione e possono essere utilizzati come traccianti della ventilazione convettiva. Inoltre, le particelle inalate non rimangono totalmente in sospensione, ma possono “depositarsi” in virtù del peso nelle unità respiratorie più periferiche. I fattori che agiscono sul tipo di deposizione sono il flusso aereo e le dimensioni delle particelle. Nelle vie aeree di calibro maggiore la deposizione avviene per la maggior parte per impatto, mentre la sedimentazione non è probabile per il ridotto tempo di transito; nelle vie aeree di calibro minore aumenta l’area delle sezioni trasverse, si riduce il flusso aereo e aumenta il tempo di transito riducendosi così la probabilità di impatto e diventando massima la sedimentazione.

I traccianti gassosi utilizzati sono:

1) Xenon-133, un tracciante con il quale si misura la ventilazione delle varie regioni polmonari attraverso un’analisi sequenziale del tempo di wash-in (il paziente respira in un circuito chiuso per

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27 15 secondi in respirazione normale) e di wash-out (in cui il paziente respira aria ambiente con esalazione di 133Xe sempre in circuito chiuso per l’intrappolamento del gas); il presupposto

fondamentale è che lo Xenon-133 sia insolubile ed inerte. 2) Kripton-81-m

Quando si utilizza un gas radioattivo, si deve tenere presente che questi tendono a diffondere nella fase gassosa per cui non sono espressione del flusso aereo, quanto del volume aereo.

I radiofarmaci corpuscolati (aerosol) utilizzati sono:

1) 99mTc-DTPA: sospensione di particelle di dimensione inferiore ai 2 micrometri che sono rimosse dal

polmone per via ematica in modo rapido (emivita biologica: 50 minuti), al contrario degli altri aerosol insolubili che sono rimossi attraverso la clearance muco-ciliare.

2) 99mTc-Technegas

3) 99mTc-Pertechnegas

4) 99mTc-Venticoll

Gli aerosol radioattivi si depositano nel polmone attraverso un processo di “impatto” lungo le vie aeree prossimali, di “sedimentazione” in quelle distali e attraverso un contatto casuale con le pareti alveolari nella fase di diffusione alveolare. [27]

La scintigrafia polmonare ventilazione/perfusione è un test diagnostico per il sospetto di TEP acuta. Lo studio perfusorio in questa tecnica è combinato con lo studio di ventilazione. Lo studio di ventilazione permette di aumentare la specificità, permettendo di evidenziare le aree di mancata corrispondenza (“mismatch” nella letteratura anglosassone), ovvero ventilate ma non perfuse; dunque solo aree di assente perfusione a cui corrispondono aree a ventilazione conservata (chiamate aree di mismatch ventilo-perfusorio) sono un reperto indicativo di embolia polmonare.

Secondo il protocollo di studio PIOPED (Prospective Investigation of Pulmonary Embolism Diagnosis), la scintigrafia ventilo-perfusoria consente di suddividere il paziente in tre diverse categorie di probabilità di embolia polmonare: alta, media e bassa.

Secondo la Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica, l’esposizione di radiazione per uno scan perfusorio con 100MBq di Tc-99-metastabile è di 1,1 mSv nell’adulto, dose significativamente ridotta rispetto ai 2-6mSv di una MDCT. Questa tecnica, essendo una metodica che risparmia il mezzo di contrasto e l’elevato carico di radiazioni, sarebbe quindi da preferire in pazienti giovani con bassa probabilità clinica pre-test e con una Rx torace normale (dal momento che alterazioni parenchimali ne rendono più difficile l’interpretazione), in giovani donne e durante la gravidanza, nonché in quei pazienti in cui l’iniezione di mdc iodato è gravata da rischi particolarmente elevati (diatesi allergica o episodi di gravi reazioni allergiche al mezzo di contrasto, nella IRC grave, nella paraproteinemia e nel mieloma multiplo).

L’elevata frequenza di scintigrafie V/Q a probabilità intermedia e quindi non diagnostici per TEP acuta, che indicherebbero la necessità di ulteriori approfondimenti diagnostici, hanno portato all’evoluzione della tecnica scintigrafica e all’elaborazione di nuove strategie diagnostiche; oltre a ciò altri limiti sono un carico

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