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Dalla promozione dell’occupazione tramite il volontariato alla stabilizzazione del rapporto dei lavoratori socialmente util

Al comma 4 dell’art.36 d.lgs. n. 165 del 2001, così come modificato dall’art. 17, comma 26, lett. c), del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, è previsto che le amministrazioni comunichino nell’ambito del rapporto informativo di cui al comma 3°, le informazioni concernenti i lavoratori socialmente utili (LSU da qui in poi)366.

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Su tale punto si era espresso anche il Ministero del lavoro con la nota del 14 gennaio 2007, nella quale si prevedeva l’esclusione dell’obbligo di comunicazione anticipata ai centri per l’impiego prevista dall’art. 1, co. 1180, della legge n. 296 del 2006. La mancata riqualificazione del rapporto di tirocinio, prevista del D.L. n. 138/2011, determina per il settore privato l’applicazione di una sanzione amministrativa ed il recupero dei contributi omessi.

366

Nella precedente versione del comma quarto dell’art.36 d.lgs. n. 165 del 2001 era prevista la trasmissione da parte delle pubbliche amministrazione «alla Presidenza del consiglio dei ministri,

Pur non risultando inserito nell’elenco dei rapporti di lavoro flessibile di cui al comma 2 dell’art. 36, d.lgs. 165/2001, i lavoratori socialmente utili sono stati molto utilizzati dalle pubbliche amministrazioni367, in special modo nei settori che prevedono, grazie all’esistenza di progetti di pubblica utilità, la cura della persona, dell’ambiente, del territorio e della natura, dello sviluppo rurale, del recupero e della riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali368.

Le amministrazioni utilizzanti i LSU, li assegnano in attività che abbiano una corrispondenza tra la qualifica posseduta dal lavoratore nell’attività ora in sospensione e i requisiti professionali richiesti per l’attuazione dei progetti in attuazione del principio di pari opportunità. Il punto di maggior interesse è definito dal combinato disposto dell’art. 8 del d.lgs. n. 468 del 1997 con l’art. 4 del d.lgs. n. 81 del 28 febbraio 2000, integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili369, prevede che l’utilizzo di LSU, per le prestazioni lavorative stabilite dal progetto di pubblica utilità, non determini l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato con le

Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, [del]le convenzioni concernenti l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili». La nuova versione introdotta con dall’art. 17, comma 26, lett. c), del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, così come convertito dalla L. n. 102 del 3 agosto 2009 è finalizzata a ridurre anche per questa tipologia contrattuale flessibile gli abusi o meglio gli usi distorti che hanno interessato anche i lavoratori socialmente utili.

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Ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 468/97 è consentito alle amministrazioni pubbliche di ricorrere alle persone di cui all’articolo 4, par. 1, lett. c) e d) dello stesso decreto legislativo, ai fini della loro utilizzazione in attività socialmente utili.

368

I lavori socialmente utili sono definiti dall’art. 1 del d.lgs. n. 468 del 1° dicembre 1997 (in

Gazzetta Ufficiale n. 5, dell’8 gennaio 1998), a norma dell’art. 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196, come «le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di particolari categorie di soggetti». All’art. 4 sono indicate le persone che possono svolgere i lavori socialmente utili, queste sono: i lavoratori licenziati che sono iscritti nelle liste di mobilità e che percepiscono un’indennità o un altro trattamento di disoccupazione, e i lavoratori di imprese in sospensione di attività per ristrutturazione o trasformazione o in crisi e che percepiscono un trattamento straordinario di integrazione salariale.

369

Le integrazioni e modificazioni della disciplina dei lavori socialmente utili sono state emanate, a norma dell’art. 45, comma 2, della legge 17 maggio 2000, n. 144, con il D.Lgs. n, 81, del 28 febbraio 2000, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 82, del 7 aprile 2000.

amministrazioni pubbliche utilizzatrici e non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento e mobilità i soggetti interessati.

Ai LSU sono, comunque, riconosciuti i diritti alle ferie retribuite, alle assenze per malattia ed sono altresì soggetti alle norme che disciplinano il congedo di maternità, paternità e parentali ed anche ai congedi previsti per l’assistenza ai disabili. L’indennità che ricevono è versata dall’Inps ed è finanziata dal Fondo nazionale per l’occupazione. Se l’orario minimo previsto di 20 ore settimanali viene superato i LSU hanno diritto alla remunerazione pari ai lavoratori che svolgono la medesima attività pressa la stessa pubblica amministrazione utilizzatrice.

In conclusione, i LSU non possono essere considerati dipendenti delle amministrazioni, anche per il periodo limitato della prestazione del servizio, ciò è confermato dal fatto che la normativa interna non li considera parificati nemmeno ai lavoratori a tempo determinato (i LSU prestano la loro attività per un periodo definito e determinato nel tempo) e pertanto i LSU ricevono un trattamento meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato370, pur esercitando le medesime funzioni. Sul mancato riconoscimento ai LSU della disciplina applicata ai contratti a tempo determinato si è di recente espressa la Corte di Giustizia dell’Unione europea, Sesta Sezione, con la sentenza del 15 marzo 2012, Causa c-157/11, Sibilio-Afragola371. Per il giudice europeo la direttiva 1999/70/CE «deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, [come quella italiana] che prevede che il rapporto costituito tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche per cui svolgono le loro attività non rientri nell’ambito di applicazione di detto accordo quadro». Tale mancata applicazione non determina una violazione del principio di non discriminazione in quanto per la norma di disciplina dei LSU l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili non

370

Si richiama la già citata direttiva 1999/70/CE sull’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che prevede pari condizioni di impiego tra lavoratori a tempo indeterminato e i lavoratori a tempo determinato.

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determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche utilizzatrici372.

Da ultimo, l’Inps, con nota dell’11 luglio 2005, ha stabilito che per le attività dei LSU non saranno più stipulate nuove convenzioni. Ciò per il fatto che tali rapporti contrattuali dovevano avere un limitato arco temporale di vita. In realtà questi lavoratori sono stati, sovente, utilizzati in attività e per esigenze istituzionali, sopperendo molto spesso a vere e proprie carenze di personale.

In definitiva, tale forma di impiego di quelle risorse umane che vivono già una situazione di alto precariato e di estremo rischio di rimanere esclusi dal mondo del lavoro anche per la concreta possibilità di perdita dell’impiego da cui sono stati momentaneamente allontanati (per la “concessione obbligata” dell’Aspettativa), ha avuto dei risultati molto deludenti. Infatti, molti LSU dopo un lungo periodo di precariato con l’amministrazione pubblica presso cui sono stati inseriti sono stati definitivamente reclutati dalla stessa amministrazione, per lo più attraverso concorsi riservati, ed immessi nei ruoli con contratti a tempo indeterminato. Si è scelta, anche per questa formula contrattuale flessibile, la non sempre percorribile strada della stabilizzazione373, ciò per evitare che l’amministrazione venisse trascinata in lunghi

372

La clausola 2 dell’Accordo quadro , direttiva 1999/70/CE, dispone che «gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che l’Accordo no si applichi ai: a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato; b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che fruisca di contributi pubblici». Esiste, pertanto, il conferimento agli Stati membri di avere un certo margine di discrezionalità riguardo all’applicazione dell’Accordo ad alcune categorie di rapporti di lavoro.

373

Tra i molti esempi di tentata stabilizzazione dei LSU si richiama per tutti il caso che ha visto protagonista l’art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, diretto a stabilizzare gli ex lavoratori socialmente utili in servizi da almeno cinque anni negli enti di servizio sanitario regionale, che viene dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 23 febbraio 2011, n. 68, in quanto «formulato in modo generico e tale da ricomprendere tra i suoi destinatari anche personale titolare di rapporto di lavoro non suscettibile di stabilizzazione alla luce della normativa statale di principio. La norma, inoltre, consentendo la stabilizzazione anche in assenza di posti vacanti, determinerebbe maggiori oneri (con conseguente violazione dell’art. 81 Cost.) e non offrirebbe idonee garanzie circa il rispetto dell’art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, norma di coordinamento

contenziosi giudiziali e soprattutto per non perdere quel capitale umano oramai divenuto prezioso perché formato e competente.

7. Il tentativo di reintroduzione del contratto di lavoro autonomo nelle pubbliche

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