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Il tentativo di reintroduzione del contratto di lavoro autonomo nelle pubbliche amministrazioni ed il suo ridimensionamento: l’addio alle collaborazion

coordinate e continuative

La pubblica amministrazione si è avvalsa da sempre dello strumento contrattuale delle collaborazioni coordinate e continuative. Dapprima, lo ha fatto attraverso l’attribuzione di incarichi a soggetti che presentano competenze specifiche ed altamente specializzati, al di fuori di una norma dedicata di disciplina (le norme a cui il nostro ordinamento faceva riferimento erano essenzialmente quelle contenute nell’art. 409, co. 3, del cod.proc.civ. , e nell’art. 50 del T.U.I.R.), successivamente, con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003, il lavoro parasubordinato374 ha preso due vie parallele: la prima, dedicata esclusivamente al settore privato, con l’introduzione del lavoro a progetto, modificando in modo sostanziale la collaborazione coordinata e continuativa vincolando la sua esistenza al progetto (la cui inesistenza determina la modifica del rapporto in rapporto di lavoro subordinato e tempo indeterminato); la seconda, prevista per il settore pubblico e che non è ordinata all’esistenza di un progetto375

.

Purtroppo, la contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel settore pubblico privatizzato ed il ruolo della dirigenza nella gestione delle risorse umane, condotta nella

della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.», su Diritto&Pratica del Lavoro, n. 12/2011.

374

Sul tema in generale si rinvia a MEZZACAPO D., Dalle collaborazioni continuative e coordinate al lavoro a progetto … e ritorno?, in SANTORO PASSARELLI G., PELLACANI G. (a cura di), Subordinazione e lavoro a progetto, Milano 2009, pp. 67 - 90.

375

Si veda la Circolare n. 1 del 2004 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per la quale la mancanza del progetto non rappresentava un significativo rischio di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro nel settore pubblico. Il punto come si vedrà è stato poi smentito nei fatti.

logica per obiettivi e per risultati (che vedono nella omogeneizzazione tra i settori privato e pubblico il fine principale), non ha portato ai risultati sperati.

Se da un lato si è ottenuto una razionalizzazione del costo del lavoro, contenendo la spesa complessiva per il personale dipendente realizzando la migliore utilizzazione delle risorse umane, dall’altro le peculiari caratteristiche a cui le collaborazioni dovevano sottostare – eccezionale apporto professionale – non sono state rispettate e spesso si è verificato che il personale utilizzato con i co.co.co, nel settore pubblico, abbiano svolto compiti di routine raggirando così il blocco delle assunzioni, facendo di questa tipologia contrattuale una vera e propria fonte a cui attingere per far fronte alle carenze di personale; dall’altro si sono verificati moltissimi casi nei quali, oltre al carattere elusivo, ha rappresentato un vero e proprio mercato clientelare376.

Attualmente la disciplina che consente alla pubbliche amministrazioni di utilizzare i co.co.co è inserita all’art.7, comma 6, del d.lgs. 165 del 2001377

. Per quanto riguarda il regolamento per le regioni e le autonomie locali contenuto nell’art. 110, comma 6, del d.lgs. n. 267 del 2000, Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), questo deve essere adeguato ai principi di cui al comma 6, dell’art. 7 sopracitato. Tale modifica è intervenuta ad opera dell’art. 32 D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, convertito con modificazioni dalla legge 248 del 4 agosto 2006.

376

BORGOGELLI F., La nuova disciplina del mercato del lavoro e le pubbliche

amministrazioni, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, n. 36/2004 in

http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/wp/default.htm , molto critica la posizione dell’A. sulle finalità latu sensu del rapporti di collaborazione continuativa coordinata.

377

L’art. 7, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001, prevede che «per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali [la competenza è di esclusiva attribuzione della dirigenza], con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di “provata competenza”[parte introdotta dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244], in presenza dei seguenti presupposti: a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati; b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.»

L’utilizzo dei contratti di collaborazione oggi prevedono la stipula di un contratto di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinato e continuativo e i soggetti che possono effettuare tali prestazioni devono possedere provata competenza e devono altresì possedere una comprovata specializzazione universitaria, inoltre, l’amministrazione che sottoscrive tale incarico, dopo aver esperito una procedura concorsuale comparativa (ai sensi dell’art. 6-bis, D.Lgs. n. 165/2001) per titoli, con eventuale colloquio, non deve presentare all’interno dipendenti a cui tali funzioni potrebbero essere affidate378.

Da ultimo, la riforma del lavoro attualmente in discussione al Senato, prevede un intervento anche su tale tipologia contrattuale di lavoro cercando di chiudere la stagione dei co.co.co e raccordare l’uso dei contratti a progetto nelle forme indicate dal contenuto ancora in corso di definizione, ma che avrà come sicuro contenuto la previsione di vincoli stretti limitanti al massimo l’utilizzo di questa tipologia contrattuale flessibile. In realtà una riforma dei co.co.co era già iniziata (dal precedente Governo) nel giugno del 2008 con l’operazione “Trasparenza nella PA” (in pieno accordo con il garante della privacy), che prevede dapprima la pubblicazione dei dati degli incarichi di consulenze e di collaborazione esterna sul sito istituzionale del Ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione, in quanto comunicati all’Anagrafe delle Prestazioni, e successivamente, per i prossimi anni, tramite l’utilizzo del sistema integrato PERLA PA (www.perlapa.gov.it).

Le novità che da qui a breve verranno introdotte in materia dovranno per forza tenere conto delle carenze stabili di personale qualificato nelle pubbliche amministrazioni le quali, per effetto del turn over, non possono essere fronteggiate tramite assunzioni stabili. Tale difficoltà limiterà fortemente il datore di lavoro pubblico che a differenza di quello privato, che può più liberamente organizzare la propria struttura anche attraverso un considerevole ricorso ai rapporti di collaborazione esterna, coordinata e continuativa, vedrà diminuire una importante fonte di approvvigionamento di personale, in special modo, le difficoltà si avranno in alcuni settori quali il Servizio Sanitario Nazionale (personale medico, paramedico, biologi e consulenti legali esterni,

378

Sulle collaborazioni esterne si rinvia alla circolare n. 2/2008 del Dipartimento della Funzione Pubblica, su www.funzione-pubblica.it

tutti assunti con rapporti di natura parasubordinata), o i comuni e le regioni (molto interessanti le esperienze dei comuni di Milano e Roma e quello della Regione Emilia Romagna379) che grazie all’utilizzo ben ponderato delle collaborazioni sono riusciti a migliorare i propri servizi. In conclusione si avverte la necessità di una organica regolamentazione che eviti aprioristicamente qualsiasi divieto.

8. Un aspetto della flessibilità del “contratto standard” di lavoro subordinato alla

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