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Capitolo 3- La dimensione “sociale” dell'innovazione sociale

3.6 Prospettive future

Il capitale sociale, come si è visto, è caratterizzato da relazioni fiduciarie che permettono ai partecipanti di riconoscersi ed intendersi, di scambiarsi informazioni, di aiutarsi e cooperare assieme. La creazione della rete non è un qualcosa di naturale, specialmente per i motivi espressi nei paragrafi precedenti, e ciò mette in evidenza l’esigenza e la presenza di agenti che favoriscono la creazione di questi legami, un lavoro di "instauration et d’entretien" (Bourdieu, 1983:3). Questi agenti assumono connotazioni diverse, Goldsmith (2010) parla di “imprenditori civici”, altri, come Coleman di “connettori di risorse”. La funzione resta, però, la

medesima, riuscire a creare alleanze. L’innovazione sociale diventa, quindi, il riuscire a creare relazioni all’interno di società atomizzate per produrre a sua volta capitale sociale per generare un cambiamento. Stephan Goldsmith partendo dall’inefficacia degli strumenti e delle risorse dei moderni sistemi di welfare e analizzando le complesse problematiche sociali della società, focalizza l’attenzione sul ruolo attivo delle reti comunitarie di base, individuando l’importanza del ruolo dell’“imprenditore civico” (civic entrepreneur) visto come figura indipendente e non condizionata dalle pressioni locali. Secondo Goldsmith, l’intervento statale riduce l’autonomia delle comunità generando dipendenza, rigidità. Per evitare ciò lo Stato dovrebbe erogare aiuti solo quando i destinatari dimostrino comportamenti virtuosi. L’assistenzialismo e lo status quo ante sono i prodotti di un eccessivo intervento dello Stato. Le politiche pubbliche, spesso, sono incapaci di fornire risposte alla molteplicità di problemi per cui diventa indispensabile ricorre alla “fertile community” (Goldsmith,2010). La partecipazione attiva dei cittadini sostenuta dalle amministrazioni a tutti i livelli di governo, che hanno un ruolo di catalizzatore delle iniziative nate dal basso,

“[…] helping government become a catalyst for excellence instead of a bureaucratic stumbling block that protect mediocrity […]. In the end, civic progress has to occur at the community level […]. Catalythic transformation […] relies on the interactions between people in the community, through their social networks, that trigger changes in behavior, norms, or culture”. (Goldsmith, 2010: 198- 22075)

La scelta di citare questo studio non ha lo scopo di valutare se sia giusto o meno l’intervento dello Stato. Ciò che si vuole sottolineare che l’obiettivo è di “rifare società”, come sottolinea anche Pierre Rosanvallon, per riuscire a contrastare la “decomposizione silenziosa della

società” e rifondare un corpo sociale egualitario e democratico (Sgritta, 2012, p.126).

L’adozione di politiche che promuovano l’empowerment dei singoli, mirando alla loro responsabilizzazione, possono essere percepiti come un modo per ridurre il ruolo dello Stato, del sistema politico, nel farsi carico dell’intervento attivo, nel cambiare l’ordine del sistema. Il

fare comunità non deve essere un modo per delegare funzioni dello Stato ai propri cittadini, occultando, quindi, il ruolo dell’azione pubblica.

Per riuscire a trasformare il sistema è necessario un impegno su entrambi i fronti: lo Stato deve investire in operatori "di frontiera" (Ferrari, 2010) che abbiano il ruolo di individuare e promuovere processi di accompagnamento e formazione di imprenditori civici, individuabili in una specifica zona.

Il “rifare società” è visto come un modo per ri-creare dei legami di supporto e mutuo aiuto sostenuti e facilitati da interventi da parte dello Stato che permetterebbe di andare oltre la concezione di un profitto meramente economico. Il valore del denaro è un qualcosa di effimero che permette di avere un profitto immediato ma non duraturo. Come osserva Polanyi è nel momento in cui il denaro (sfera economica)76 viene “incorporato nel

meccanismo della sua stessa economia” (ivi, p.32) che si assiste a un declino dello società.

Questo potrebbe essere un modo anche per attenuare le diseguaglianze sociali che come si è visto sono prodotto e fondamento della mentalità neoliberista. Il rafforzamento della solidarietà, della coesione sociale e dell’aiuto reciproco, in antitesi ai principi stessi dell’ideologia neoliberista, permetterebbe di uscire dallo schema di produzione e accentuazione delle diseguaglianze. Il capitale al quale si fa riferimento è inteso come un’elevazione della società e l’acquisizione o il rimodernamento di valori positivi e duraturi. Un processo di assimilazione con assimilazione richiede tempo ed energie non soltanto da parte di un welfare state che deve sviscerarsi dalle logiche neoliberiste ma anche da parte dei cittadini stessi che devono assumersi la responsabilità di agire in prima persona, senza delegare ad altri compiti e funzione. Lo scopo è di creare rapporti di solidarietà e di cooperazione (tra cittadini e tra cittadini-istituzioni), di coesione sociale, valorizzando le

76 Nel suo libro, “La sussistenza dell'uomo”, Polanyi afferma che il processo economico è sempre esistito solo

che nelle società premoderne era inglobato in un sistema di istituzioni non meramente economiche quali la parentela, la religione e la politica. Nel momento in cui si è affermato l'Homo oeconomicus l'economia, il valore del denaro, è diventata una sfera autonoma e significativa dell'esistenza dell'uomo e ha iniziato a dominare su tutte le forme di relazione sociale.

capacità individuali e collettive e promuovendo invenzione e reazione (Sgritta, 2012). Solo potenziando l’iniziativa dei singoli, con il supporto delle istituzioni, sarà possibile costruire reti integrate di aiuto e collaborazione.

L’innovazione sociale dal basso non deve essere vista come un’alternativa all’iniziativa dello Stato ma come un’integrazione virtuosa, un mix di competenze, energie, idee e capacità manageriali disponibili a livello di base e connesse con i vertici.

Le esperienze dei cittadini a Mestre e delle Social Streets, presentate nella parte di ricerca, che si stanno diffondendo in tutto il mondo e che si fondano su principi sani, superando il valore del denaro e ricercando un bene più prezioso che deriva dalla conoscenza reciproca, delle potenzialità di ognuno per progettare azioni per il benessere collettivo, nell’ottica di lasciare in eredità alle generazioni future un mondo più solidale e meno diseguale, sembrano confermare il desiderio di uscire dall’ottica globale neoliberista.