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La protezione par ricochet e l’articolo 3 della Convenzione di Roma

La protezione indiretta o protezione par ricochet è lo strumento interpretativo con cui la Corte EDU è riuscita a garantire una forma di tutela nei confronti di stranieri oggetto di misure di allontanamento. La Corte ha assunto nel tempo una posizione di estrema avanguardia a livello europeo, anche se l’effetto di tale strumento non è quello di introdurre un vero e proprio diritto d’asilo in capo agli stranieri, ma di impedirne l’allontanamento qualora le condizioni del paese di destinazione siano tali da determinare il rischio di subire gravi violazioni dei propri diritti fondamentali. In tal caso, infatti, le misure di allontanamento sarebbero incompatibili con il «common heritage of political traditions, ideals, freedom and rule» 265 presente a livello

europeo e sancito nello stesso Preambolo della Convenzione.

263 A.SACCUCCI, op. cit., p. 149

264 Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 13 maggio 1980, Foro it 265 Sentenza della Corte europea dei diritti umani del 7 luglio 1989, ricorso no. 14038/88, Soering c. Regno Unito, par. 88

I risultati raggiunti dalla Corte EDU sono basati sull’attività della Commissione europea dei diritti dell’uomo che sin dai primi casi a essa sottoposti rilevò l’esistenza di limiti alla sovranità statale in virtù del rispetto delle libertà e dei diritti contenuti all’interno della Convenzione. Tale limitazione era da ritenere valida anche per questioni relative al controllo dei confini e all’allontanamento degli stranieri, come affermato nel caso Hopfinger c. Austria del 30 giugno 1959:

«the extradition of a person may, in certain exceptional cases, be contrary to the Convention and in particular to Article 3»266.

La Commissione, nei casi affrontati, aveva sancito il principio della protezione par ricochet senza tuttavia rilevarne un’espressa violazione. Nella sentenza X. c. Svezia il ricorrente lamentava la violazione degli articoli 6 e 8 della Convenzione poiché il continuo diniego del visto di ingresso da parte delle autorità svedesi rendeva impossibile la sua comparsa nel processo riguardante il diritto di visita al figlio267. Il caso fu

considerato irricevibile a causa del mancato esaurimento dei ricorsi interni, anche se la Commissione ribadì l’esistenza di limiti alla sovranità nazionale derivanti dalla firma della Convenzione di Roma. A partire dal 1960, le questioni relative a estradizione, espulsione o deportazione verso paesi in cui un individuo correva il serio rischio di essere sottoposto a trattamenti contrari all’art. 3 della Convenzione di Roma furono affrontate con maggiore frequenza. Nel celebre caso Soering c. Regno

Unito l’estradizione di un cittadino tedesco negli Stati Uniti venne

ritenuta contraria alla CEDU, poiché l’individuo era sospettato di un crimine per il quale in Virginia era prevista la pena di morte. Il soggetto avrebbe rischiato di soffrire della c.d. sindrome del corridoio della morte,

266 Decisione della Commissione europea dei diritti umani del 30 giugno 1959, ric. no. 434/58, Hopfinger c. Austria

considerata dalla Corte come una forma di tortura causata dalla prolungata detenzione in attesa della propria esecuzione.

«It is not normally for the Convention institutions to pronounce on the existence or otherwise of potential violations of the Convention. However, where an applicant claims that a decision to extradite him would, if implemented, be contrary to Article 3 by reason of its foreseeable consequences in the requesting country, a departure from this principle is necessary, in view of the serious and irreparable nature of the alleged suffering risked, in order to ensure the effectiveness of the safeguard provided by that Article»268.

La sentenza non ha costituito una pronuncia definitiva di opposizione alla pena di morte, tuttavia risultò un importante traguardo nell’attività giurisprudenziale della Corte, la quale ribadì l’obbligo degli Stati contraenti di rispettare e proteggere il contenuto convenzionale anche a costo di subire limitazioni della propria sovranità nazionale, soprattutto in riferimento alla natura inderogabile dell’art. 3 della Convenzione269.

«Article 3 makes no provision for exceptions and no derogation from it is permissible under Article 15 in time of war or other national emergency. [...] This absolute prohibition on torture and oninhuman or degrading treatment or punishment under the terms of the Convention shows that Article 3 enshrines one of the fundamental values of the democratic societies making up the Council of Europe. It is also to be found in similar terms in other international instruments such as the 1966 International Covenant on Civil and Political rights and the 1969

268 Sentenza della Corte europea dei diritti umani del 7 luglio 1989, ricorso no. 14038/88, Soering v. the United Kingdom, par. 90

American Convention on Human Rights and is generally recognised as an internationally accepted standard»270.

Anche nel caso E.M. Kirkwood c. Regno Unito alla Commissione fu sottoposta la questione della presunta contrarietà del provvedimento di estradizione all’art. 3 CEDU. La Commissione, in quel caso, aveva affermato la natura assoluta del diritto sancito all’art. 3:

«As both the Court and the Commission have recognised, Article 3 is not subject to any qualification. Its terms are bald and absolute. This fundamental aspect of Article 3 reflects its key position in the structure of the rights of the Convention, and is further illustrated by the terms of Article 15 (2), which permit no derogation from it even in time of war or other public emergency threatening the life of the nation»271.

Tuttavia, la decisione risultò negativa per il ricorrente, in quanto dall’analisi del caso non era emerso un rischio talmente serio da giustificare la protezione par ricochet: l’effetto dell’ansia vissuta e la sindrome da corridoio della morte, secondo la Commissione, non raggiungevano un livello di serietà tale da costituire una violazione dell’articolo 3 della Convenzione:

«It therefore remains for the Commission to assess the effect of the anxiety to which the applicant will remain subject during his appeal proceedings, and the risk of his conviction, and thus whether the "death row phenomenon" does, on the facts of the present case, attain a degree of seriousness such as to involve treatment contrary to Article 3 of the Convention.

270 Sentenza Soering, cit., par. 88

271 Decisione della Commissione europea dei diritti umani del 12 marzo 1984, ricorso n. 10479/83, E.M. Kirkwood c. Regno Unito

For the following reasons the Commission considers that, grave though the risk and the treatment which the applicant is likely to endure are, they do not attain the degree of seriousness envisaged by Article 3 of the Convention»272.

La valutazione del rischio vissuto dal ricorrente venne valutata in modo dalla Corte EDU diversi anni dopo: nella sentenza Soering, infatti, i giudici di Strasburgo ritennero sufficiente l’esistenza di una violazione potenziale alla luce della natura inderogabile dell’art. 3, mentre la Commissione, nel caso Kirkwood, valutò in modo più restrittivo l’esistenza di un serio rischio, attestandosi ad una soglia di gravità decisamente più elevata.