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2.4 Motivi di persecuzione

2.4.6 Religione

La religione è sempre stata una delle principali ragioni di persecuzione, basti pensare ai massacri di cui sono state vittime la popolazione ebraica, quella armena nella Turchia Ottomana, i testimoni di Geova in Africa o i musulmani in Birmania. Il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, all’art. 18, definisce libertà di pensiero, di coscienza e di religione come diritti di cui ogni individuo è titolare e questo implica la libertà di avere o adottare una religione o un credo, come pure quella di manifestarlo in pubblico e in privato, sia individualmente che in gruppo. Ai paragrafi successivi del suddetto articolo viene aggiunto che menomazioni di tali libertà non sono consentite e le uniche restrizioni accettate dal Patto sono quelle previste dalla legge e considerate indispensabili ai fini dell’ordine pubblico, della sanità, della morale o

130 UNHCR, Handbook on Procedures and Criteria, cit., par. 69-70

131 G.S.GOODWIN-GILL, The Refugee in International Law, Oxford, II ed. p. 43 132 F. LENZERINI, op. cit., p. 265-267

della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali133. Il rispetto per la

libertà di religione o di credo è generalmente riconosciuto e garantito dalla comunità internazionale e sancito dalla Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo adottata nel 1981134.

Nonostante i numerosi riconoscimenti internazionali, la libertà di religione o credo resta una delle più complesse per quanto riguarda il contenuto ed è frequentemente posta a fondamento delle domande d’asilo. Proprio con riferimento alla Convenzione di Ginevra la Corte Federale australiana, nella sentenza Wang v. Minister for Immigration

and Multicultural Affairs, spiega come il concetto di religione ai sensi

della Convenzione sia caratterizzato da alcuni elementi:

«Accordingly, [...] there are two elements to the concept of religion for the purposes of Art 1A(2): the first is as a manifestation or practice of personal faith or doctrine, and the second is the manifestation or practice of that faith or doctrine in a like-minded community. I would add that that interpretation is consistent with the commonly understood meaning of religion as including its practice in or with a like-minded community»135.

La persecuzione su base religiosa è parte integrante della nozione di rifugiato, ma ancora oggi sussistono diversi problemi circa l’individuazione di una definizione generalmente accettata del termine “religione”. Di conseguenza, l’Alto commissario ne ha elaborata una basata su tre concezioni di religione: religione come credo, come identità e come stile di vita.

133 Assemblea generale delle Nazioni Unite, International Covenant on Civil and

Political Rights, 16 dicembre 1966, in United Nations, Treaty Series, vol. 999, p. 171,

art. 18

134 G.S.GOODWIN-GILL, op. cit., p. 43-44

135Sentenza della Corte federale australiana del 10 novembre 2000, Wang v. Minister for

«“Belief”, in this context, should be interpreted so as to include theistic, nontheistic and atheistic beliefs. Beliefs may take the form of convictions or values about the divine or ultimate reality or the spiritual destiny of humankind. Claimants may also be considered heretics, apostates, schismatic, pagans or superstitious, even by other adherents of their religious tradition and be persecuted for that reason.

“Identity” is less a matter of theological beliefs than membership of a community that observes or is bound together by common beliefs, rituals, traditions, ethnicity, nationality, or ancestry. A claimant may identify with, or have a sense of belonging to, or be identified by others as belonging to, a particular group or community. In many cases, persecutors are likely to target religious groups that are different from their own because they see that religious identity as part of a threat to their own identity or legitimacy.

For some individuals, “religion” is a vital aspect of their “way of life” and how they relate, either completely or partially, to the world. Their religion may manifest itself in such activities as the wearing of distinctive clothing or observance of particular religious practices, including observing religious holidays or dietary»136.

La domande d’asilo basate sul fondato timore di persecuzione per motivi religiosi hanno avuto un costante aumento nella prassi dovuto alle politiche attuate da Stati in cui la religione è parte integrante dell’ordinamento giuridico nazionale. Il fatto che siano le stesse norme penali statali a dar luogo a un atto persecutorio non impedisce che il ricorrente le invochi come base del timore fondato di subire persecuzioni: quando lo Stato si spinge oltre i limiti della propria potestà normativa tanto da violare i diritti e le libertà fondamentali dei singoli, il principio

136 UNHCR, Guidelines on International Protection No. 6: Religion-Based Refugee

Claims under Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or the 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, 28 aprile 2004, http://www.refworld.org, par. 6-8, reperibile on

di sovranità non è sufficiente a convalidare le norme in virtù delle quali tali atti vengono posti in essere. Il diritto internazionale consente di sanzionare comportamenti volti a sovvertire l’ordinamento e minare la pace e la sicurezza del paese, ma non accetta repressioni e punizioni di attività pacifiche137.

Esistono diversi esempi di attività persecutorie poste in essere su base religiosa, a partire dal caso in cui leggi e misure specifiche siano adottate dallo stesso Stato per colpire gruppi particolari a causa della loro confessione o credo. In Arabia Saudita culti e pratiche non approvate dalla comunità religiosa sono proibiti e sono previste sanzioni a livello penale per chi infranga il divieto:

«Non-Muslim worshippers risk arrest, lashing, and deportation for engaging in overt religious activity that attracts official attention»138.

Un’altra pratica persecutoria risulta essere quella finalizzata all’elaborazione di leggi che rendano difficile l’esercizio del culto o credo religioso, come nel caso della Birmania, dove le autorità governative hanno adottato una normativa fortemente limitante per cristiani e musulmani che vogliano ottenere permessi per costruire nuovi luoghi di culto. Un esempio ulteriore riguarda la previsione, in taluni ordinamenti, di una pena spropositata indirizzata a particolari gruppo religiosi: diversi Stati si sono dotati di leggi contro l’eresia e l’apostasia arrivando a prevedere addirittura la pena di morte. In Malesia nel 2000 quattro musulmani sono stati condannati a tre anni di reclusione per essersi convertiti al Cristianesimo, mentre in Pakistan i giornalisti sono spesso arrestati per blasfemia a causa di articoli in cui vengono affrontate questioni religiose139.

137 F.LENZERINI, op. cit., p.268-271

138T.J.GUNN, The Complexity of Religion in Determining Refugee Status, 24 ottobre 2002, http://www.refworld.org, p. 36, reperibile on line

Limitare la diffusione di letteratura a contenuto religioso, distruggere costruzioni che siano espressione di religioni presenti in misura minore sul territorio come chiese o moschee, pregiudicare le possibilità lavorative di chi si macchia del crimine di professare un credo differente da quello della maggioranza, praticare conversione forzata e istituire l’obbligo a conformarsi al credo prevalente sono altresì identificabili come atti persecutori fondati su motivi religiosi140.

Fermo restando che la libertà di religione è un diritto imprescindibile per qualsiasi essere umano, va sottolineato che non ogni restrizione posta in essere su base religiosa sia suscettibile di essere qualificata come una persecuzione: prima di identificarla come tale sarà necessario stabilire se le previsioni in oggetto rientrino o meno tra le deroghe generalmente accettate alla libertà religiosa. In questo modo, senza incorrere in una violazione del suddetto diritto, è possibile contrastare pratiche violente poste in essere e giustificate su base religiosa come ad esempio omicidi rituali, violenza per motivi religiosi, attività di proselitismo e trattamenti degradanti141.