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Il pubblico ministero come parte imparziale del processo penale.

Capitolo 2: Il pubblico ministero come parte imparziale del processo.

2.1 Il pubblico ministero come parte imparziale del processo penale.

potere del procuratore generale.

2.1 Il pubblico ministero come parte imparziale del processo penale.

Da tempo le questioni che riguardano l’inquadramento del pubblico ministero nel nostro ordinamento hanno acquisito molto rilievo

per l’importanza del ruolo che questi ricopre all’interno dello Stato. Dal punto di vista processuale, ci si è chiesti se il p.m. dovesse

essere classificato come organo dello Stato-persona, quindi legato da

vincoli burocratici al potere esecutivo e operante, come portatore della

pretesa punitiva all’interno del processo penale alla pari delle altre parti private, oppure come espressione dello Stato-comunità, cioè privo di

legami con gli altri poteri dello Stato, svolgendo il suo compito

nell’interesse della legge, come organo di giustizia all’interno del processo, esercitando l’azione penale in modo imparziale23.

23 Quasi letteralmente,N.ZANON, Pubblico ministero e costituzione, Padova, Cedam,

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Il principio di obbligatorietà dell’azione penale gioca un ruolo

fondamentale per far chiarezza su questo argomento. Tale principio

fungendo sia da garanzia d’indipendenza del pubblico ministero da qualsiasi altro potere ordinamentale, andando a prevedere dei controlli

giurisdizionali sulle eventuali omissioni del magistrato, sia come

garanzia dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, non permettendo scelte arbitrarie sull’esercizio dell’azione penale, garantendo l’applicazione obiettiva della legge. Così facendo, questo

principio giustifica il monopolio pubblico della funzione di accusa ed

elimina, per quanto possibile, la discrezionalità nell’azione del

magistrato. Come afferma Carlo Guarnieri: «La presenza di regole certe

– le norme giuridiche- come le uniche determinanti dell’azione della pubblica accusa rappresenta per il cittadino innanzitutto la garanzia di

non essere sottoposto a procedimenti penali ingiusti e vessatori»24. Non

mancano ovviamente tesi contrarie a questa totale indipendenza del

pubblico ministero, che potrebbe portare ad una attenzione specifica a

quei soli casi che possano dare rilievo mediato al magistrato, con la

conseguenza che i reati minoritari resterebbero senza nessuna tutela.25

Tale principio non è sufficiente però ad eliminare le ambiguità

che vengono attribuite a tale magistrato, a complicare maggiormente la

situazione è il riconoscimento al pubblico ministero della qualifica di

“parte” all’interno del processo penale, che suscita vari problemi sulla

24 C. Guarnieri, Pubblico ministero e sistema politico, Cedam, Padova, 1984, p. 135. 25 In questo senso, G. Monaco, op. cit., p. 296.

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parità delle parti all’interno del processo e quindi nel contraddittorio, dove la parte privata potrebbe trovarsi in una situazione di svantaggio

generata, appunto, dall’appartenenza all’ordine giuridiziario della controparte. Per questo motivo venne preferita la tesi secondo la quale

il pubblico ministero fosse un’espressione dello Stato-comunità, cioè libero da legami burocratici, da considerare, non semplicemente parte

nel processo, ma organo di giustizia, che persegue gli interessi della

legge26, come ribadito più volte dalla corte costituzionale27.

Con il passaggio al nuovo codice di procedura penale del 1988,

da un processo inquisitorio ad una procedura più marcatamente

accusatoria, non sono state apportate modifiche di rilievo al ruolo e ai

compiti del p.m. nello svolgimento del processo. La parte del

procedimento che è stata modificata maggiormente è la fase delle

indagini preliminari, eliminando la figura del giudice istruttore e

puntualizzando il principio di formazione delle prove nel

contraddittorio, delineando maggiormente il ruolo di parte per il

pubblico ministero, che agisce con l’unico interesse di applicare la legge e trovare la verità.

Detto ciò è facile pensare che l’imparzialità del p.m. non si

possa distinguere da quella del giudice, poiché entrambi perseguono lo

26 Quasi letteralmente, N. Zanon, op. cit., p.89

27 Si veda a proposito Corte Cost. sentenza n.190 del 1970, la Corte afferma che il p.m.

agisce solo a tutela dell’interesse generale e all’osservanza della legge; Corte Cost. sentenza n. 123 del 1971 e ancora, Corte Cost. sentenza n. 63 del 1972 dove si rimarca la funzione pubblica e super partes del pubblico ministero.

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stesso fine, cioè l’attuazione dell’ordinamento giuridico; ma non è così poiché l’imparzialità del giudice deriva dal suo essere terzo, cioè

estraneo agli interessi delle parti in causa e di conseguenza anche agli

interessi del p.m.-parte nel processo28. L’imparzialità del giudice riguarda il caso concreto che gli viene presentato, mentre l’imparzialità

del pubblico ministero è rivolta nei confronti dell’imputato. Infatti pur impersonando l’accusa, il pubblico ministero deve agire in modo obiettivo, e quindi senza un interesse sanzionatorio, ma principalmente

dedicato alla ricerca della verità. Questo aspetto evidenzia la vera

funzione del pubblico ministero come rappresentante dello Stato, poiché

è proprio lo Stato ad avanzare la pretesa punitiva necessaria in seguito

alla violazione contestata.

L’inquadramento del p.m. come parte era ancora più ambiguo se si considera che secondo il vecchio codice di procedura penale, a questi

era riservata la possibilità di emettere provvedimenti restrittivi della

libertà personale. Questo elemento è venuto meno in seguito alla

modifica del codice di rito, che ora riserva al giudice per le indagini

preliminari la decisione sulle eventuali misure restrittive da applicare su

richiesta del pubblico ministero, che deve presentare gli elementi di

prova su cui si fonda la richiesta, nonché gli elementi a favore

dell’imputato ed eventuali memorie difensive già depositate. Infatti nell’art. 358 del codice di procedura penale si prevede che il magistrato

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svolga anche accertamenti a favore dell’indagato, sottolineando quindi il duplice ruolo del p.m. come parte nella costituzione del processo, ma

anche come parte imparziale e pubblica nell’esercizio della funzione giudiziaria29. Ovviamente questo elemento non va inteso come un

dovere da parte del magistrato di sostituirsi alla difesa dell’imputato, ma bensì come un criterio di esercizio dell’azione penale in linea con i

canoni deontologici richiesti a questi magistrati, che hanno come unico

scopo quello di ricercare la verità, in modo tale da prevenire ed evitare,

eventuali processi che porterebbero ad una assoluzione, e che

costituirebbero uno spreco di tempo e risorse.

Un secondo principio che si aggancia a quanto già detto sul

pubblico ministero come parte imparziale del processo, è quello della

completezza delle indagini. Questo principio è ormai stato assimilato

all’interno dell’ordinamento, fondandosi sulla necessaria completezza del quadro probatorio sia per quanto riguarda l’eventuale rinvio a giudizio sia per l’archiviazione, spingendo da un lato il pubblico ministero ad effettuare un rafforzamento della fase delle indagini

preliminari, dall’altra presentandosi come strumento di garanzia per l’indagato che si vede riconosciuto il diritto a partecipare ad un contraddittorio basato su un quadro completo che permetta la

ricostruzione corretta dei fatti. Nella valutazione delle prove è infatti

richiesta un’analisi tale da permettere di prevedere l’eventuale

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sostenibilità dell’accusa in giudizio, e decidere quindi se sia opportuno procedere con l’instaurazione del processo o, d’altro canto, con la richiesta di archiviazione al G.I.P., per elementi insufficienti a sostenere

l’accusa in giudizio. Sono previsti inoltre casi in cui è possibile un intervento straordinario da parte del giudice, che ritenga necessario

l’assunzione di nuovi mezzi di prova, qualora li ritenga necessari e difficilmente acquisibili nella fase dibattimentale. Questo possibilità che

viene affidata al giudice dall’art. 507 c.p.p., rischia però di essere fraintesa, e considerata come uno strumento che permette un’ingerenza del giudice sul caso, che lederebbe la sua imparzialità. L’abuso di questo

strumento scaturisce nel momento in cui il giudice diventi investigatore,

decidendo di indagare per conto suo anziché cercare di completare il

quadro probatorio, incompleto a causa dell’inerzia della parte.