Capitolo 2: Il pubblico ministero come parte imparziale del processo.
2.3 Ruolo e poteri del Procuratore generale
Una volta delineati questi profili, è necessario analizzare la
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Il procuratore generale presso la Corte d’Appello ha avuto da sempre forti poteri di controllo nei confronti degli uffici giudiziari del
distretto. Infatti all’interno del codice Rocco, erano presenti vari articoli, come ad esempio l’art. 234 c.p.p. abr. che consentiva di procedere egli
stesso all’istruzione sommaria delle notizie di reato ricevute, o ancora la possibilità di richiamare gli atti con provvedimento “insindacabile”, poi dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza
110/1963.33
Questo quadro delineava un’impronta di tipo gerarchico tra il procuratore generale e i vari procuratori della Repubblica all’interno dei distretti. Anche se la giurisprudenza ha negato questo tipo di struttura,
non potendo il procuratore generale impartire direttive o imporre
specifiche attività processuali ai vari p.m., questi poteva comunque
auto-sostituirsi al titolare dell’inchiesta. Si delinea così uno schema
dove il procuratore della repubblica aveva il compito di compiere atti
urgenti e di conservazione della prova, mentre spettava soltanto al
procuratore generale decidere se compiere da sé l’attività di indagine o restituire gli atti al procuratore del distretto.
La situazione cambiò con la riforma del codice di rito del 1988,
che limitò le prerogative in capo al procuratore generale, come ad
esempio il potere di avocazione che venne limitato ai casi
tassativamente elencati all’interno del codice e ricollegabili all’inerzia
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del magistrato preposto. Dopo la riforma del codice, si presentava una
figura del procuratore generale depotenziata, ma comunque incaricata
della sorveglianza nei confronti dei magistrati e degli uffici giudiziari
del distretto.
Tra i poteri del procuratore generale, quello che più ci preme
trattare è quello di sorveglianza. Con l’art. 16, r.d.lg. 511/1946 il
procuratore generale viene incaricato di assicurare il buon andamento e
l’imparzialità nell’amministrazione della giustizia senza interferire però con le attività svolte dai p.m., focalizzandosi sull’aspetto amministrativo
della vita professionale dei magistrati.34 Per garantire maggiormente la
trasparenza di questo controllo, è stato imposto l’obbligo di motivare le proprie scelte d’azione sui procuratori della Repubblica, e nel contempo è stato eliminato il potere di direzione del Ministro di grazia e giustizia,
sostituendolo con solo un potere di vigilanza, che però gli permette di
esercitare un controllo amministrativo-disciplinare, e non di applicare
sanzioni, potere affidato esclusivamente al Consiglio Superiore della
Magistratura
Il CSM, in una sua delibera ha affermato che il controllo svolto
dal procuratore generale può avvenire o su dati formali e quantitativi,
che espongano l’andamento della procura, o analizzando i comportamenti tenuti (omessi) dal p.m., che possano farne scaturire
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un’eventuale incompatibilità35. Nello svolgimento dell’acquisizione di informazioni, il procuratore generale può utilizzare qualsiasi mezzo che
non sia vietato, purché non interferisca con l’attività dei procuratori. Oltre questi casi è da riconoscere in capo al procuratore generale
la possibilità di coordinare le indagini, nel caso di indagini collegate, o
promuovere il collegamento ai pubblici ministeri del distretto se non lo
avessero già fatto. Ha il compito di redimere ogni contrasto, positivo o
negativo, tra i pubblici ministeri, è titolare dell’azione disciplinare nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, oltre ad
essere il titolare del potere di impugnazione su tutte le sentenze emesse
dai giudici del proprio distretto.
Il procuratore generale una volta l’anno è tenuto a presentare una relazione annuale sulle condizioni della giustizia nel distretto, che funge
anche da collegamento con la società, garantendo una forma di
trasparenza che permette di rafforzare la credibilità dell’ordinamento
giuridico nei confronti della comunità.
Come abbiamo già detto, in seguito alla riforma del codice
Rocco sono stati ridimensionati i poteri di questo magistrato
alleggerendo la presa gerarchica che questi vantava nei confronti dei
pubblici ministeri del distretto di appartenenza.
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Uno dei punti riformati maggiormente è quello riguardante il
potere di avocazione che, prima di essere riformato, permetteva al P.G.
di avocare a sé qualsiasi indagine egli ritenesse più opportuno, non
dovendo motivarne le causa. Dopo la riforma, si introdusse un elenco di
casi tassativo, la gran parte legati all’inerzia del pubblico ministero, nei quali era permesso al procuratore generale effettuare l’avocazione giustificandone il motivo, ma garantendo allo stesso tempo la facoltà per
il p.m. di far opposizione. L’avocazione diventa così uno strumento di correzione obiettivo, che protegge il sistema da eventuali inerzie o
inefficienze dei magistrati, tipizzando ormai sia il quando che il perché
dell’utilizzo di questo strumento. Il mantenimento, anche se ridotto, di questo istituto trova spiegazione nel principio di obbligatorietà
dell’azione penale, che essendo un principio cardine del nostro ordinamento, non permette lacune causate dall’inerzia del magistrato.
Il codice di rito individua due tipi di avocazione, quella
obbligatoria prevista dagli articoli 372 e 412, e quella facoltativa agli
articoli 409 e 412 comma 2. L’avocazione obbligatoria applicabile, come si è già detto, solo nei casi tassativamente elencati dalla legge, che
riguardano principalmente eventuali inerzie nella sostituzione del
pubblico ministero che si sia astenuto, o nei casi in cui siano decorsi i
termini per le indagini preliminari ed il p.m. non abbia esercitato
l’azione penale o la richiesta di archiviazione. L’avocazione facoltativa rappresenta invece uno strumento di sostegno alle valutazioni svolte dal
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G.I.P, e può essere richiesta sia dalle persone offese che dall’indagato. Ovviamente l’avocazione facoltativa non rappresenta uno strumento che comporto obbligatoriamente l’esercizio dell’azione penale, bensì si configura come uno strumento che «garantisce l’obbligatorietà configurando un controllo sulla legittimità dell’inazione, ulteriore rispetto a quello giurisdizionale, finalizzato come quest’ultimo a porre
rimedio contro eventuali abusi o elusioni»36 Una volta emesso il decreto
di avocazione questo viene trasmesso al CSM ed ai procuratori
interessati che possono presentare reclamo al procuratore generale
presso la Corte di cassazione37. Detto questo è facile intuire un ritorno
ad uno schema piramidale, dove all’apice si trova il procuratore generale
presso la Corte d’appello, che vigila sul corretto esercizio delle funzioni di ogni procura del proprio distretto, senza però sostituirsi alle stesse,
che mantengono una propria autonomia nei compiti da svolgere.
Altra figura molto importante è quella del procuratore generale
presso la Corte di Cassazione, che pur rappresentando un punto focale
sul sistema disciplinare dei magistrati, ha compiti diversi da quelli degli
altri uffici requirenti, poiché non ha titolarità dell’azione penale e non è investito di poteri di sorveglianza diretti, svolgendo una funzione simile
36 M.L. DI BITONTO,L’avocazione facoltativa, Giappichelli editore, Torino, 2006, p.
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a quelle della Corte in cui risiede38 , ma al contempo ha l’obbligo di
esercitare l’azione disciplinare su tutti i magistrati dell’ordinamento. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione, ha
l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati e di darne comunicazione al Ministro della giustizia e al CSM,
riportando i fatti in modo sommario. L’introduzione di questo obbligo aveva lo scopo di garantire l’uguaglianza di trattamento nei confronti dei magistrati, introducendo contemporaneamente la tassatività degli
illeciti disciplinari, anche se perdurano all’interno dell’ordinamento,
ipotesi di illeciti non ancora disciplinati, lasciando comunque un
margine di valutazione al procuratore.
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