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Il Pyrrhe di Heudon (1597)

Nel documento Ermione dalla tragedia greca a Rossini (pagine 182-191)

7. L UC P ERCHERON E J EAN H EUDON : E RMIONE NEL TEATRO FRANCESE D

7.2 Il Pyrrhe di Heudon (1597)

Il Pyrrhe di Heudon si inserisce in un filone del teatro barocco, diffuso alla fine del XVI secolo, che privilegiava il gusto per il macabro e il tema della vendetta: coevi a Heudon si ricordano ad esempio il Charite di Pierard Poullet (Orléans 1595) e Cammate di Jean Hays (Rouen 1598). In queste tragedie il tema della vendetta viene sfruttato per dare risalto a spettacoli d’orrore (Forsyth 1994: 267), come si può ben comprendere dagli ultimi due atti della tragedia di Heudon, dedicati alla morte di Pirro e alle sue immediate conseguenze.

Diversamente da Percheron, abbiamo più notizie sulla fortuna avuta da Heudon con il suo dramma47. Analogamente a Percheron, invece, anche Heudon si dimostra fortemente indebitato con la tradizione classica, configurando la sua tragedia quasi come un pastiche di vari testi (e.g. l’ottava eroide di Ovidio ma anche l’Andromaca e l’Elettra di Euripide).

La struttura del dramma di Heudon si differenzia in alcuni aspetti da quella di Percheron: Heudon non fa precedere l’azione da una cornice divina, ma fa cominciare la tragedia con un monologo di Pirro, che racconta del suo amore non ricambiato per Ermione, innamorata a sua volta di Oreste48. Inoltre, Heudon aggiunge dei personaggi, fra i quali Andromaca, Deidamia (Didaime), Eleno (Helenin), Licomede (Lycomede) e il coro, che è presente sin dall’inizio della vicenda e ne commenta gli eventi, non apparendo solo nel finale come nel dramma di Percheron.

Analogamente all’Andromaca euripidea49, nel Pyrrhe Andromaca è la concubina di Pirro e soffre per la sua condizione. Tuttavia, diversamente da Euripide, Pirro non è innamorato di lei, bensì di Ermione. Come in Percheron, Ermione ama Oreste, ma è stata costretta a sposare Pirro e attende ora di essere liberata dall’amato cugino. L’imminente vendetta di Oreste viene infatti annunciata nel corso del secondo atto dall’indovino Eleno.

47 Cfr. supra p. 166.

48 È curioso notare come, con epiteto tipico del linguaggio amoroso, sia in Heudon che in Percheron Ermione venga definita da Pirro cruelle. Peraltro, si vedrà come il medesimo attributo tornerà in Racine.

È nell’atto terzo che Ermione fa invece il suo ingresso in scena esprimendo, in dialogo con la sua nutrice, tutto il suo disprezzo per Pirro, uomo arrogante che ritiene che la terra non sia abbastanza degna da sostenere i suoi passi50. L’eroina si presenta in modo molto simile all’Ermione ovidiana – nonché a quella di Percheron51: descrive la sua situazione ammettendo che non può resistere a Pirro, perché provare a farlo equivarrebbe al tentativo dei marinai che lottano contro le correnti avverse52. Come già messo in evidenza per Percheron, si ricordi che all’apertura dell’epistola ovidiana Ermione afferma che, per quanto avesse provato a resistere, non aveva potuto opporsi con le sue deboli forze a Pirro (vv. 5-6: quod potui renui, ne non invita tenerer, / cetera femineae non valuere manus).

Le immagini utilizzate dall’Ermione di Heudon contro Pirro sono forti: quando egli la accarezza, le sembra che un serpente si aizzi contro di lei per inghiottirla e, anziché con il suo amato Oreste, ella è schiavizzata dalle mani prigioniere di Pirro:

Mesme il me semble aduis, alors qu’il me caresse, Qu’un serpent contre moy pour m’engloutir se dresse: Tant son geste, son port, son marcher et sa voix Me fait bondir le coeur, si tost que ie le vois. Et ayant d’autre part dans mon ame imprimée De mon Oreste cher la grace tant aymée, L’amiable façon, le douce priuauté, Les propos gracieux, la celeste beauté, Dont helas! maintenant ce barbare me priue, Qui par force m’esclaue entre ses mains captiue, Pourray ie resister à un si grand malheur?53.

Per quanto la nutrice provi a ricordarle che Pirro è pur sempre il suo legittimo marito, ella continua a rimpiangere il suo amato Oreste e – con un’altra eco dell’ottava eroide di Ovidio (vv. 65-82) – si paragona alle principesse Tantalidi il cui triste destino è quello di essere fatte prede con la forza e sottomesse54. Peraltro, conformemente alla tradizione classicagià incontrata, Heudon fa spiegare a Ermione

50 Heudon [1597] 1620: 29.

51 Il linguaggio di Ermione potrebbe essere indebitato anche con la tradizione cortese dei romans medievali (Forsyth 1994: 222).

52 Heudon [1597] 1620: 28. 53 Heudon [1597] 1620: 29. 54 Heudon [1597] 1620: 30.

176 di essere stata promessa a Oreste da Tindareo e a Pirro da Menelao55. In ulteriore analogia con l’eroina ovidiana, Ermione si augura poi che Oreste giungerà a vendicarla, così come ha già vendicato, dimostrando il proprio valore, la morte del padre56.

Subito dopo questa scena tra le due donne sopraggiunge Pirro, che viene apostrofato da Ermione come «detestabile mostro»57: il dialogo tra i due è simile per certi aspetti al già analizzato scambio di battute del Pyrrhe di Percheron. Pirro tenta infatti di persuadere Ermione ad amarlo e arrendersi al fatto che è sua moglie58, mentre lei si rifiuta e afferma di amare Oreste e lo difende dalle accuse di Pirro giustificandone il matricidio; Pirro – prosegue Ermione – ha imprigionato il suo corpo, ma non il suo spirito59. Nel respingere l’eroe Ermione si dimostra particolarmente altezzosa, fino a farsi paragonare da Pirro all’adultera madre Elena60. La discussione si conclude con un’ultima recisa e avversa presa di posizione di Ermione contro Pirro, nonostante un estremo sforzo della nutrice per farla essere più rispettosa nei confronti dell’eroe61.

Il dramma prosegue poi con l’ingresso in scena di Oreste e Pilade, determinati a uccidere Pirro. Il loro piano si configura però in maniera differente da quanto si è visto accadere in Percheron: nessuna finta morte di Oreste, nessun dialogo tra Pilade ed Ermione precedono il delitto. Un complice “d’eccezione” aiuta invece i due amici: Macaireo, sacerdote di Apollo. La presenza di Macaireo, di chiara provenienza classica, è un sorprendente segno della fortuna di questa figura all’interno della tradizione sulla morte di Neottolemo, nonché della conoscenza da parte di Heudon delle fonti che lo avevano menzionato. In particolare, si è visto come il nome di Macaireo apparisse in alcuni testi che trattavano – anche tangenzialmente – della morte dell’eroe62: sorge dunque spontanea la domanda su quale di questi testi potesse essere stato letto da Heudon, e nella stessa forma in cui noi lo leggiamo oggi, ovvero contenente il passo che cita Macaireo. Dalla collazione

55 Heudon [1597] 1620: 30. 56 Heudon [1597] 1620: 31. 57 Heudon [1597] 1620: 31.

58 Heudon 1620: 32: «Chassez de vostre esprit cette manie extréme, / Sortez de vostre erreur, retournez en vous mesme, / Oubliez ce meurtrier».

59 Heudon [1597] 1620: 32. 60 Heudon [1597] 1620: 37.

61 Si ricordi che anche in Percheron la nutrice di Ermione si schiera dalla parte di Pirro.

62 Asclep. Trag. FGrH 12 F 15 = Schol. in Pind. Nem. 7.62b, ed. Drachmann 1927: 125.13-18; schol. in Eur. Andr. 53, 1151; schol. in Eur. Or. 1655; Strab. 9.3.9; Apollod. Epit. 6.14; Eust. Comm. ad Hom. Od., ed. Stallbaum 1825-1826, vol. 1: 141.26-30. Su Macaireo cfr. supra cap. 1.

delle edizioni a stampa di queste opere in circolazione prima del 1597 emerge che Heudon poteva aver tratto questo nome dalla lettura degli scoli a Pindaro63, di Strabone64 o del commentario all’Odissea redatto da Eustazio65. Sembra più probabile che Heudon avesse trovato questo particolare in Strabone o consultando gli scoli al passo di Pindaro in cui si parla di Neottolomeo, piuttosto che in un breve passo dell’amplissimo commento di Eustazio all’Odissea.

Il ruolo che Heudon decide di affidare a Macaireo è similare a quello da lui avuto nei testi classici: anche nel Pyrrhe egli è sacerdote di Apollo nel tempio di Delfi, ma non commette personalmente l’assassinio di Pirro.

Nella scena che vede protagonisti Pilade, Oreste e Macaireo si scopre finalmente il luogo di ambientazione dell’opera: come nel dramma di Percheron, si tratta di Delfi66. Oreste comunica infatti a Pilade che sono arrivati nel luogo dove risiede il loro nemico, e che Apollo sembra essere dalla loro parte, visto che ha permesso che il suo sacerdote Macaireo si coinvolgesse nel loro complotto67. Subito dopo, Oreste si rivolge a Macaireo come «grande sacrificatore del tempio delfico»68. Macaireo prende quindi la parola e conferma che i due amici hanno scelto il momento più opportuno per compiere la loro vendetta poiché egli sta per compiere un sacrificio

63 Tra le prime edizioni a stampa di Pindaro corredate anche di scoli si colloca quella curata da Brubach (Francoforte 1542): in corrispondenza dei versi della settima Nemea che menzionano la morte di Neottolemo (Brubach 1542: 302) si legge uno scolio in cui si indica Macaireo come assassino (lo scolio è edito da Brubach con lo stesso testo dell’edizione moderna di riferimento, Drachmann 1927, scolio a Nem. 7.62b).

64 Nelle prime edizioni a stampa del testo di Strabone (Venetiis 1510: LXXXI; Lugduni, 1559: 834) si legge il nome di Macaireo.

65 L’editio princeps dei commentari di Eustazio all’Iliade e all’Odissea fu stampata a Roma (1542- 1550) a cura di Nicolaus Majoranus (Makrinos 2007: 171): nel commento all’inizio del quarto libro dell’Odissea, all’interno del riassunto dell’Ermione di Sofocle viene citato il nome di Macaireo (Majoranus 1542-1550: vol. 3, p. 1479). Per quanto riguarda invece le altre fonti antiche che, come si è visto, menzionano Macaireo, l’unica edizione degli scoli alle tragedie di Euripide esistente prima della fine del XVI secolo era quella curata da Arsenio di Mombasia (Venezia 1534): nello scolio al verso 1655 dell’Oreste si legge però: ἑαυτὸν δὲ κτείνει μαχαίρα. Gli scoli all’Andromaca sono invece incompleti: i due scoli che, nell’edizione di Schwartz, leggiamo menzionare Macaireo, non sono presenti. Facendo riferimento al testo di Schwartz, dello scolio al verso 53 compaiono infatti soltanto le ultime parole della prima spiegazione (ὅπου, ἐν Πυθοῖ, τιμοωρίαν δίδωσιν – cfr. p. 256 Schwartz); il testo passa poi allo scolio al verso 57. Lo scolio al verso 1151 è altrettanto assente poiché, dopo lo scolio al verso 1139, compare quello al verso 1259.

La Biblioteca di Apollodoro riceve la sua editio princeps a Roma nel 1555: il testo, suddiviso in tre libri, si interrompeva bruscamente nel terzo libro durante la storia di Teseo. La parte mancante, riguardante le storie degli eroi della guerra di Troia e i loro nostoi, fu poi ricostruita nell’Epitome che attualmente leggiamo (contenente, inter alia, l’episodio della morte di Neottolemo e il nome di Macaireo), edita da Frazer nel 1921.

66 Si ricordi che anche in Percheron il luogo è esplicitato quasi en passant nel corso del terzo atto. 67 Heudon [1597] 1620: 43.

178 nel tempio di Apollo al quale parteciperà anche Pirro69. Non solo: all’obiezione di coscienza di Pilade, che si mostra titubante circa la prospettiva di uccidere Pirro dentro un tempio sacro, Macaireo assicura ai due amici che Apollo sarà ben felice di aiutarli nell’assassinio dell’empio figlio di Achille:

Non non, ne faites pas cette difficulté De venger, pour le lieu l’extreme impieté De cet Achillien, c’est la plus belle offrande Que dans son temple saint Apollon vous demande: Il aidera luy mesme à dessaire le fils,

Comme à tuer le pere il secourut Paris […]70.

Heudon recupera quindi anche la tradizione euripidea – sofoclea? – del ruolo di Apollo nel delitto. Macaireo fornisce poi anche un’innovativa causa della rabbia del dio contro Pirro: il fatto che l’eroe abbia eretto nel suo tempio un’immagine di Achille che vuole si riverisca con pari onore a quella della divinità. Pirro dovrà dunque pagare il fio di questa empietà venendo ucciso proprio sotto l’immagine del padre71.

Come promesso, nel corso del terzo atto del dramma Macaireo aiuterà Oreste e Pilade nel loro piano omicida facendoli informare nel momento in cui Pirro si reca nel tempio per compiere il sacrificio, nonché spingendo Pirro stesso a farlo a fronte del tentativo di Deidamia di dissuaderlo a causa di una profezia nefasta che le ha riferito Eleno. È significativo notare come il messaggero incaricato di riferire a Oreste e Pilade che tutto è ormai pronto per l’esecuzione del loro delitto commenti quanto sta accadendo condannando l’amara e spietata violenza della vendetta:

O rage! ô cruauté! ô fureur indomée

De l’ame d’un mortel, quand elle est transportée D’appetit de vengeance, et d’amoureux desir, De froid, d’effroy, d’horreur ie me sens tout saisir Le corps, le coeur, le sang, voyant la violence Qui si legerement ces deux hommes eslance,

69 Heudon [1597] 1620: 45.

70 Heudon [1597] 1620: 45. 71 Heudon [1597] 1620: 46.

Pour voir leur ennemy à leurs pieds massacré72.

La tragedia prosegue con l’entrata di Oreste e Pilade nel tempio: Pirro comprende il tradimento e se ne lamenta, ma Oreste, dando voce al suo odio, lo uccide e manda subito a chiamare Ermione, per mostrarle il cadavere di chi l’ha tanto oltraggiata73. Dopo aver salutato gioiosamente l’amato, la reazione di Ermione di fronte al corpo di Pirro è di incontenibile esultanza: la morte dell’eroe – dichiara – la fa passare dal dolore a uno stato di gioia duratura74. Con una chiara allusione all’invettiva scagliata da Elettra di fronte al cadavere di Egisto nell’Elettra di Euripide (vv. 907-956), il corpo esanime di Pirro – cette charogne morte75 – viene apostrofato da Ermione con varie accuse e critiche, tra le quali l’affermazione che la sua virtù più bella è stata quella di vantarsi per intimidire senza successo coloro che erano tenuti in suo potere:

Hà cruel, tu ne sçeus iamais rien exploiter, Ta plus belle vertu estoit de te vanter, A fin de faire peur par vaine entrecuidance A ceux que tu tenois sous ton obeissance76.

La conclusione della tirata è davvero spietata77: Qui me tient maintenant de te creuer les yeux? De rompre poil à poil ta barbe et tes cheueux? De t’arracher le cœur, et ta cervelle espandre, Pour assouuir mon ire, et ma vengeance prendre?78.

Effettivamente, per quanto fuori scena, Ermione fa poi tagliare la testa a Pirro e la fa consegnare alla madre Deidamia79. La tragedia si conclude proprio con il lamento e il suicidio di Deidamia, seguito a sua volta dal lamento di suo padre Licomede. 72 Heudon [1597] 1620: 54-55. 73 Heudon [1597] 1620: 56. 74 Heudon [1597] 1620: 59. 75 Heudon [1597] 1620: 59. 76 Heudon [1597] 1620: 59.

77 «une scène inouïe» (Lebègue 1967: 25). 78 Heudon [1597] 1620: 59-60.

79 La decisione di Ermione di far tagliare la testa a Pirro e inviarla a Deidamia potrebbe essere sorta da una interpretazione erronea dell’Elettra di Euripide nella quale – insieme a Heudon – sono caduti molti critici. Ai versi 855-858 dell’Elettra il messaggero annuncia infatti che Oreste sta portando a

180 Similmente a quanto già osservato in Percheron, anche in Heudon la punizione di Pirro sembra avere un valore altamente simbolico, per cui la sua morte rappresenterebbe la scomparsa della violenza della guerra, condannata duramente da Eleno nel secondo atto del dramma (Karsenti 2012: 277, 283). Nondimeno, è altresì vero che la modalità con cui questa punizione viene attuata è in sé molto violenta e macabra. Paradossalmente, nel condannare la violenza Heudon non sorvola, ma anzi indulge sul macabro trionfo di Oreste ed Ermione: forse, al di là della diffusione generale del gusto per il macabro da cui egli era senz’altro influenzato, nella descrizione delle atrocità commesse dai due innamorati il poeta voleva mostrare, per condannarla, un’ulteriore deriva della violenza80.

Diversamente, si è visto come Percheron decida di non fornire i dettagli della morte di Pirro: quanto conta è mostrare che la giustizia divina si è compiuta. Questa giustizia è attuata tramite il braccio di Oreste, ignaro che il vero oggetto della sua vendetta non è quanto ha subito Ermione, bensì Polissena: il dramma amoroso diviene in Percheron lo strumento di una tragedia edificante, di un exemplum (Karsenti 2012: 263-264). In questo senso si può forse comprendere anche perché l’ultima scena del suo dramma non sia dedicata al ricongiungimento tra Ermione e Oreste.

Gli unici punti in comune nella messa in scena della morte di Pirro in Percheron e Heudon sembrano dunque due dati tratti dalla tradizione classica: l’ambientazione – nel tempio di Apollo a Delfi – e l’identità dell’assassino – Oreste. Per quanto si siano riscontrate queste e altre analogie tra i due testi, è infatti molto probabile che Percheron e Heudon si rifacessero alle medesime fonti, ma non che il secondo avesse letto il dramma del primo.

È altresì vero che una caratteristica comune che contraddistingue i protagonisti del triangolo amoroso sia in Percheron che in Heudon è la fureur, sia amorosa che

Elettra il corpo di Egisto – e, secondo alcuni, anche la testa, da esso divelta: la posizione di questi studiosi è stata però chiaramente smentita da un articolo di Kovacs 1987 (dopo di lui, contrari all’idea della testa staccata dal corpo anche Diggle 1994b: 162 e van Emde Boas 2017: 128, n. 119; possibilisti, ma dubbiosi, Roisman e Luschwig 2011: 197).

80 In modo similare, la Karsenti ritiene che l’esibizione dell’orrore in Heudon «a pour fonction d’hyperboliser l’atrocité pour amener à sa condamnation, en même temps qu’elle vise paradoxalement à offrir au spectateur une jouissance transgressive» (Karsenti 2012: 287).

criminale (Karsenti 2008: 120-121; 2012: 263, 277). Pirro, Ermione e Oreste non danno prova di essere persone equilibrate, ma anzi guidate dalle loro passioni81.

Sia in Percheron che in Heudon Ermione è un’eroina ovidiana e al tempo stesso pienamente umanista, concentrata solo sul lamento circa la sua situazione e lo struggimento per la lontanza dal suo vero amore, Oreste. Tutto l’aspetto della gelosia per Andromaca è completamente assente, sostituito e annullato dall’odio che l’eroina prova per Pirro. Nel finale della tragedia di Heudon Ermione mostra anche un lato crudele e vendicativo il cui potenziale rimane inesploso in Percheron. Peraltro, Percheron si limita a tratteggiare “a distanza” l’amore tra Ermione e Oreste, mentre Heudon dà spazio al momento del ricongiungimento tra i due innamorati. Al contrario, è importante notare come in entrambi gli autori Ermione manifesti sì il desiderio di vendetta e liberazione, ma fattivamente rimanga passiva: il piano omicida contro Pirro è ideato e messo in atto autonomamente da Oreste, per cui Ermione rimane – in ultima analisi – innocente82.

81 Questo e altri aspetti torneranno ampiamente in Racine: nondimeno, pensare che Racine abbia letto Heudon (tantomeno Percheron, viste le vicende tipografiche dell’opera) sembra un’ipotesi destinata a rimanere tanto suggestiva quanto azzardata e indimostrabile.

82 Questa sembra essere anche la più grande differenza tra l’Ermione di Percheron e Heudon e l’Ermione di Racine, per la cui furia vendicatrice si può invece forse ipotizzare l’influenza della figura euripidea di Medea: cfr. infra p. 221, n. 146.

Nel documento Ermione dalla tragedia greca a Rossini (pagine 182-191)