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Qualificazione delle forze di lavoro

Giulio Fodday

La qualificazione delle forze lavorative è un problema messo ripetutamente in risalto in Italia, un impegno sempre confermato in sede politica e un debito non ancora saldato.

Oggi, com'è noto, l'attività formativa av-viene in modo disorganico e incontrollato con risultati insoddisfacenti.

Una formazione professionale seria, razio-nale, efficiente si rende necessaria per almeno tre ragioni:

1) sviluppo economico generale; 2) mobilità ascendente dell'individuo; 3) attuazione delle potenzialità personali. Sviluppo economico.

La b a t t u t a d'arresto subita in questi anni, nel nostro paese, dalla crescita del tasso di svi-luppo del reddito ha contenuto l'aumento della domanda di lavoro nell'industria e nelle atti-vità terziarie. Pertanto la richiesta di perso-nale qualificato non appare cosi pressante come sarebbe stata nel caso di espansione del ciclo economico. In tale fase, infatti, l'attività for-mativa contribuisce all'incremento dell'occu-pazione preparando qualificati a tutti i livelli. In condizioni generali favorevoli, il personale qualificato è richiesto nei settori in cui l'evo-luzione tecnologica e l'espansione delle atti-vità impongono l'impiego di lavoratori dotati di particolari requisiti professionali.

Il sorgere di nuove industrie, l'introduzione di metodi di meccanizzazione più spinta, l'auto-matizzazione dei procedimenti produttivi, l'am-pia differenziazione delle attività terziarie, la tendenza ad un'alta produttività in agricoltura determinano la necessità di un aumento di qua-lificazione.

Ma anche nei periodi di recessione, la for-mazione professionale svolge un ruolo di rilievo, sia mediante la qualificazione del personale de-stinato alla normale rotazione sia mediante l'aggiornamento degli occupati.

Perciò si può dire che, indipendentemente dalle situazioni contingenti, l'attività formativa riveste un'importanza eccezionale come ele-mento economicamente propulsivo.

Mo b i lità a scendente.

La formazione professionale giova anche ai fini dell'acquisizione di status socio-economici superiori.

Ciò presuppone, in linea di massima, una gerarchia di posizioni differenziate in cui si tra-duce il sistema di stratificazione sociale.

Non sempre la qualificazione professionale è la via obbligata per l'ascensione verso posi-zioni più elevate, ma essa contribuisce certa-mente a favorire la mobilità verticale. La quale potrebbe ridursi nettamente in una società in cui, come ipotizzato da qualcuno, fosse rag-giunta l'uguaglianza dei livelli di responsabilità e di remunerazione. Ciononostante la forma-zione professionale, specie nell'èra di avanzato sviluppo tecnologico verso cui ci stiamo av-viando, eserciterà sempre una funzione promo-zionale, dato che coloro ai quali farà difetto la capacità e la volontà di fruirne resteranno bloc-cati ai margini del mondo del lavoro.

Potenzialità personali.

La formazione professionale inoltre è suscet-tiva di causare un arricchimento della perso-nalità: contribuisce ad ampliare le conoscenze, estendere gli interessi, affinare le capacità intel-lettuali, sviluppare il senso di responsabilità, risvegliare la coscienza sociale.

S'intende che tale azione formativa si com-bina con quella esercitata da altri agenti edu-cativi quali famiglia, gruppo dei pari, associa-zioni e si combina altresì coi fattori psico-fisio-logici individuali. L'attività formativa esplica effetti anche in direzioni extraprofessionali. Infatti lo spirito d'osservazione, le facoltà di analisi e di sintesi, il senso critico, l'iniziativa, la partecipazione sociale, la capacità di espri-mersi con chiarezza e precisione, sviluppati per mezzo della formazione professionale, trovano applicazione, oltreché nel campo professionale, anche in ogni altro campo in cui l'individuo è presente.

Politica formativa.

Il decentramento regionale dell'« istruzione artigiana e professionale », riconferma la

rile-vanza del problema formativo, come condizione determinante lo sviluppo economico e sociale del paese.

L'ente Regione infatti è l'organo rappre-sentativo più competente per attuare efficace-mente indagini previsionali, intervenire finan-ziariamente, promuovere attività, controllare i risultati in materia di formazione professionale. Naturalmente bisogna che l'autonomia re-gionale si manifesti nell'ambito dell'azione di-rettiva generale dello Stato il quale, per mezzo dell'attesa legge quadro, provvederà a garan-tire l'unitarietà della formazione professionale in t u t t o il territorio nazionale.

Diversamente l'assenza d ' u n armonizza-mento minimo porterebbe a fenomeni disper-sivi che danneggerebbero i lavoratori. Infatti gravi squilibri d'indirizzo formativo nelle varie zone ostacolerebbero l'occupazione dei quali-ficati trasmigranti da una regione all'altra.

Da q u a n t o precede risulta evidente la ne-cessità di formulare una politica della forma-zione professionale che p e r m e t t a di superare le presenti incongruenze, carenze e indecisioni.

L'impostazione di una politica organica nel settore di cui si discorre comporta la messa a fuoco di alcuni punti la cui indeterminatezza rischierebbe di p e r p e t u a r e le contraddizioni in a t t o .

Sembra possibile individuare nei seguenti p u n t i i principali problemi nodali della forma-zione professionale:

a) definizione della formazione

professio-nale r i e n t r a n t e nella competenza legislativa e a m m i n i s t r a t i v a delle Regioni;

b) finalità proprie della formazione

pro-fessionale;

c) articolazione operativa della forma-zione professionale;

d) s t r u t t u r e formative.

Competenza regionale.

Il primo p u n t o da fissare concerne ovvia-mente la definizione della formazione professio-nale interessante l'area legislativa e ammini-s t r a t i v a delle Regioni.

Sembrerebbe o p p o r t u n o che sotto la cura di queste fossero ricondotte t u t t e le a t t i v i t à formative, conforme alla logica del decentra-m e n t o regionale. Il quale, oltre t u t t o , è decentra- moti-v a t o dalla particolarità delle esigenze locali, che, secondo una p r i m a ipotesi, potrebbero essere s o d d i s f a t t e nei seguenti modi:

a) formazione r i g u a r d a n t e i soggetti che i n t e n d o n o essere avviati all'esercizio d ' u n a pro-fessione fino al livello dei capi intermedi;

b) aggiornamento, integrazione,

perfezio-namento, riconversione delle capacità profes-sionali degli adulti.

P e r t a n t o l'impegno delle Regioni sarebbe attinente:

1) sia alla formazione professionale, come è stata definita dal Consiglio della Comunità Economica Europea, secondo cui i principi ge-nerali per la realizzazione d'una politica for-mativa comune sono in relazione alla prepa-razione dei giovani e degli adulti che possono essere chiamati ad esercitare a t t i v i t à professio-nali o che già le esercitano, fino al livello dei quadri medi;

2) sia alla cosiddetta educazione con-tinua che abbraccia anche le carriere superiori.

In base a tali ipotesi la competenza delle Regioni si estenderebbe, senza limitazioni, entro lo spazio che rimane fuori del tronco formativo scolastico.

Finalità formative.

Sembra di poter affermare che le linee d ' u n a strutturazione devono muovere dal presupposto che la formazione professionale è valida nella misura che consente l'elevazione u m a n a .

Bisogna tener presente che il processo for-mativo, c o r r e t t a m e n t e impostato, ha come fine l'uomo, non solo nella sua condizione di « homo faber », ma anche nella sua dimensione etica, civile, sociale.

Intesa cosi, la formazione professionale è un aspetto particolare dell'azione educativa, la quale non può essere che integrale.

L a personalità infatti, come osserva Karl Mannheim, è una e indivisibile. Chiunque la-vora n o n traccia una linea di demarcazione tra il suo stato di lavoratore e il suo s t a t o di uomo. Il m o m e n t o lavorativo implica il dispiegamento delle facoltà intellettive, affettive, volitive: coinvolge il soggetto nella sua u n i t à psicofìsica.

P e r t a n t o la globalità della persona u m a n a c o m p o r t a la globalità della sua educazione.

Del resto, si può constatare facilmente che l ' a p p r e n d i m e n t o investe l'individuo t u t t ' i n t e r o , riflettendosi non solo sull'intelligenza, ma an-che sulla coscienza morale e sul senso sociale.

A t t r a v e r s o l ' a p p r e n d i m e n t o infatti, si acqui-sisce quel patrimonio di conoscenze, credenze, abitudini, norme, arti c h i a m a t o cultura, che p e r m e t t e ad ogni individuo di integrarsi nella c o m u n i t à a cui a p p a r t i e n e .

Se, d u n q u e , anche nella preparazione ad u n a d e t e r m i n a t a professione, si deve tener conto del f a t t o che l'uomo è un t u t t o unico, ne consegue che sarebbe deviante e alienante un indirizzo f o r m a t i v o rivolto u n i c a m e n t e a l l ' a p p r o n t a m e n t o

di materiale umano atto a soddisfare le neces-sità del mondo produttivo.

In uno Stato come il nostro in cui è ricono-sciuto l'umanesimo del lavoro, cioè la dignità del lavoratore che anche dissodando la terra, anche operando al tornio e alla fresa, anche riparando un motore, crea la sua umanità, in un tale Stato la preparazione professionale non può restringersi ad un puro e semplice adde-stramento mosso da preoccupazioni utilitarie.

È ovvio che la formazione professionale deve mettere l'interessato in grado di acquisire le necessarie capacità, abilità, destrezze per poter esplicare date attività professionali. Ma il punto di vista produttivistico segue un orien-tamento adattivo delle possibilità umane al sistema di produzione industriale, il quale orien-tamento è un condizionamento al pieno sviluppo della personalità.

Tale punto di vista presuppone una conce-zione meccanicistica del lavoro, stimato una semplice erogazione di energia finalizzata al-l'utile materiale. Si t r a t t a di una concezione che ha dominato lungamente le varie fasi dell'evoluzione industriale e stenta ad essere abbandonata, quantunque le vada addebitata parte dei mali sociali della nostra epoca (ten-sioni nel mondo del lavoro, monotonia del la-voro ripetitivo, ecc.).

Il superamento teorico di questo modello ideologico, pur avendo avuto modeste conse-guenze sul piano delle realizzazioni concrete, costituisce la nuova base d'impostazione del rapporto uomo-sistema.

Cominciano a profilarsi tentativi, seppure timidi, di procedere verso un nuovo modo di lavorare che tenga in considerazione l'uomo prima del sistema, che si basi sul consenso anziché sull'autorità, che consenta di affran-care dalla schiavitù del macchinismo indu-striale colui che presta le sue energie lavorative.

Lo spostamento dell'angolo visuale da tec-nicistico a umanistico esige una revisione dei criteri di preparazione alle professioni.

Tale revisione si traduce nell'accentuazione di tre aspetti della formazione professionale:

1) polivalenza; 2) cultura; 3) didattica. Polivalenza.

Le trasformazioni tecnologiche che carat-terizzano il nostro tempo rendono manifesto il fatto che le conoscenze specifiche trasmesse, le figure professionali a cui si fa riferimento, il livello di apprendimento raggiunto sono sog-getti a un rapido invecchiamento.

Il progresso tecnologico conduce ad una sempre più spiccata intellettualizzazione delle professioni e suppone una solida istruzione di base, la q u a l c ò s a compete alla scuola.

L'industria ha bisogno di lavoratori in pos-sesso della preparazione tecnica necessaria per adeguarsi ai mutamenti tecnologici.

Il criterio della polivalenza va inteso nel senso che la formazione professionale, anziché seguire un tracciato unidirezionale, deve far perno su gruppi di professioni aventi certe caratteristiche comuni, pur permettendo ai sog-getti interessati di conseguire la qualifica pre-scelta. Tale criterio si dimostra valido ai fini dell'orientamento professionale, permette di po-tenziare le capacità individuali e di favorire la mobilità orizzontale. Esso insomma serve a rompere l'involucro della rigida specializza-zione entro cui ci si può sentire come pri-gionieri.

Valori culturali.

La formazione professionale, essendo diretta all'elevazione pluridimensionale dei destina-tari, non può trascurare di dare il giusto ri-salto alla parte propriamente culturale dei pro-grammi.

Nel procedimento formativo l'aspetto pro-fessionale e l'aspetto culturale sono interdipen-denti in quanto, da un lato, la padronanza che si viene acquistando nel mestiere conferisce un senso di intima dignità e, dall'altro, la prensione dei valori morali, civici, sociali com-pleta la personalità del discente. La parte non strettamente professionale contribuisce a favo-rire la maturazione della sua coscienza di uomo, di cittadino, di lavoratore.

Anche nei corsi brevi, i contenuti culturali non dovrebbero essere limitati alla sola edu-cazione civica, intesa come studio della nostra Costituzione né, d'altronde, dar luogo ad indugi nozionistici su figure e fatti. Ma aprendo ma-gari ancor più il ventaglio degli argomenti (dalla scienza all'arte, dall'economia al diritto, dalla storia alla sociologia, dal costume allo sport) si dovrebbe mirare a sensibilizzare gli allievi ai grandi eventi (storici, politici, scien-tifici, artistici) del nostro tempo, evitando ri-gide suddivisioni per materia.

L ' a c c e n t u a t o n e del programma culturale, mentre si riallaccia alla prospettiva d ' u n a edu-cazione dell'uomo nella sua totalità, risponde anche all'impegno di assicurare ad ogni livello della formazione professionale una adeguata base di ascesa verso ulteriori mete di studio e di aprire agli interessati orizzonti per il migliore uso del tempo libero.

Metodologia didattica.

La metodologia didattica ha una funzione formativa determinante. Purtroppo, nella mag-gior parte dei casi, l'insegnante svolge ancora la lezione cattedraticamente di fronte a un gruppo quasi sempre troppo folto di allievi che stanno li, affatto passivi, a sentire, più che ad ascoltare.

Si sa che q u a n t o maggiore è la partecipa-zione del discente al processo educativo, t a n t o più valido risulta l'apprendimento e la matu-razione personale.

L'interesse per la lezione può dipendere dal r a p p o r t o che si instaura tra insegnante e allievo. L'insegnante brillante e comunicativo riesce a tener desta l'attenzione, m a non t a n t o per quel che dice, q u a n t o per come lo dice.

Più autentico è l'interesse dell'allievo, quando è motivato da stimolazioni personali (desiderio di emergere, bisogni di riuscita, ecc.). I n f a t t i i corsi a più alto rendimento sono quelli per adulti. Questo tipo di interesse induce il discente a farsi p a r t e a t t i v a .

T u t t a v i a la lezione tradizionale, a lungo andare, determina la c a d u t a dell'interesse. Per-ciò è comprovata l'utilità di valersi di quei sussidi didattici (lavagne luminose, cartelloni, grafici, registratori, film) che determinano un rinnovamento dell'interesse mediante la diver-sità dei modi di comunicazione.

In ogni caso, l'appropriazione dei concetti, delle cognizioni, delle procedure risulta ben radicata q u a n d o l'allievo è mosso da u n atti-vismo che lo porta alla ricerca e alla rielabo-razione di q u a n t o egli ha appreso. I moderni metodi didattici a i u t a n o gli allievi ad attiviz-zarsi. Per esempio, discussioni di gruppo, ri-cerche collettive, drammatizzazione dei ruoli, favoriscono il confronto delle idee, lo spirito com-petitivo, l'espressione linguistica, il senso cri-tico, la capacità creativa. Nuovi metodi e nuovi mezzi didattici combinati insieme possono essere elementi d ' u n profondo m u t a m e n t o dell'azione educativa, focalizzata sull'individuo come sog-getto a t t i v o .

Già si pensa a forme di autoistruzione che p e r m e t t e r e b b e r o a ciascuno, a un certo p u n t o della vita, di cambiare persino professione, se-guendo la propria vocazione e si p r o s p e t t a a d d i r i t t u r a un'educazione senza scuola, me-diante s t r u m e n t i specifici idonei ad allargare, come ipotizza Ivan Illich, l'uguaglianza di op-p o r t u n i t à n e l l ' a op-p op-p r e n d i m e n t o e nell'insegna-m e n t o .

Si t r a t t a di visioni talora avveniristiche che considerano c o m u n q u e la metodologia dell'istru-zione a l t a m e n t e f o r m a t i v a di per se stessa.

Articolazione dell'attività formativa. L'attuale sistema di formazione professio-nale a livello esecutivo comprende tre vie:

a) scuola;

b) corsi di formazione non scolastici; c) lavoro.

Tali vie, indirizzate all'attribuzione di me-desime qualifiche, conducono talvolta a tra-guardi cosi differenti da Configurare profes-sioni diverse l'una dall'altra anche se designate con uno stesso nome.

Ne consegue una diseguaglianza di valuta-zione delle qualificazioni secondo i tramiti for-mativi di provenienza.

La scuola, attraverso gli istituti professio-nali, permette di proseguire verso gradi scola-stici più alti. Ma i corsi di formazione profes-sionali non scolastici che si ramificano a loro volta in corsi istituiti dalle Regioni e in corsi liberi, sono privi di sbocco e comunque, cosi come appaiono al momento, non assicurereb-bero, sotto il profilo culturale, u n a prepara-zione idonea ad affrontare studi superiori.

Pure l'attuale formazione sul lavoro, me-diante l'apprendistato ed altre forme, non può ritenersi sufficiente a consentire l'accesso a li-velli di studi più elevati.

Si presenta d u n q u e la duplice esigenza di offrire a t u t t i i giovani la possibilità di accedere a superiori gradi scolastici e di mettere ehi lo desidera in condizioni di assolvere mansioni e compiti relativi a professioni esecutive con u n a più m a t u r a coscienza professionale, civile, so-ciale, senza preclusioni di scelte e canalizzazioni sbarrate.

L'itinerario seguito da coloro che inten-dono pervenire alla qualificazione professionale dovrebbe dare affidamento circa una prepa-razione u m a n a e civile e rendere possibile, da un lato, l'eventuale passaggio ad altre forme di studio e, dall'altro, il possesso di capacità lavorative che consentano l'inserimento nel m o n d o p r o d u t t i v o .

P a r r e b b e p e r t a n t o accettabile un'articola-zione del processo f o r m a t i v o in due fasi:

a) preparazione di base; b) preparazione professionale.

La prima fase dovrebbe essere idonea a ga-rantire u n a m a t u r a z i o n e dei discenti, valida sia per coloro che optino per un proseguimento degli studi, sia per coloro che vogliano occu-parsi a breve scadenza in uno dei settori pro-duttivi.

L a seconda fase, a indirizzo professionale, differenziata per professioni e famiglie di

pro-fessioni, rispondente alla realtà del mondo del lavoro, sarebbe a t t a al conseguimento delle qualificazioni professionali. La preparazione di base potrebbe delinearsi come il primo t r a t t o d ' u n a via maestra che conduce fino ai pivi avan-zati gradi di studi, mentre la preparazione pro-fessionale verrebbe ad innestarsi, al termine di tale primo tratto, come una diramazione per-corribile da coloro che preferiscono ottenere al più presto una qualifica.

Strutture formative.

L'individuazione delle opportune strutture è connessa all'articolazione di cui si è f a t t o cenno, fondata su un insegnamento generaliz-zato che abbia sbocchi sia verso le qualifiche sia verso l'istruzione superiore.

Parrebbe logico affidare alla scuola l'ufficio di impartire l'insegnamento di base, mentre l'affinamento delle capacità professionali po-trebbe essere effettuato attraverso s t r u t t u r e extrascolastiche, agili ed elastiche, collegate col mondo del lavoro e suscettibili di rapidi adat-tamenti.

Già la Commissione per la programmazione economica (Rapporto Saraceno) affermava che la scuola ha la funzione di offrire u n a sufficiente istruzione di base, mentre la formazione pro-fessionale deve avvenire fuori della scuola, ser-vendosi di s t r u t t u r e facilmente adeguabili alla grande varietà e alla rapida evoluzione delle professioni.

Anche nel rapporto preliminare al program-ma economico nazionale, detto « Progetto '80 », è ribadito l'indirizzo conforme al quale la for-mazione scolastica è finalizzata sempre meno alle professioni.

Pertanto, assegnando funzioni precise e di-stinte alla scuola e all'extrascuola, si verreb-bero a superare gii artificiosi parallelismi t r a l'una e l'altra, la più stridente dimostrazione dei quali è data dal dualismo t r a istituti pro-fessionali e centri di formazione professionale. Questi potrebbero conservare la loro fisionomia di tramiti formativi fungenti da ponte tra la scuola e il lavoro, integrando la jjreparazione di base i m p a r t i t a nelle aule scolastiche con un insegnamento qualificante. Tale soluzione, come si e detto, contempererebbe l'esigenza di aprire a tutti i cittadini le porte d'ogni tipo di istru-zione (evitando scelte irreversibili e strade chiuse) con l'esigenza di preparare per il lavoro uomini completi e capaci.

Le s t r u t t u r e qualificanti, raccordate al tronco della scuola, ma estranee ad essa, tro-verebbero nell'ambito di responsabilità delle Regioni la loro regolamentazione.

Apprendistato.

Affidato a strutture extrascolastiche il com-pito di curare i corsi di formazione professio-nale, r i m e t t e n d o l e la regolamentazione alla com-petenza regionale, questa dovrebbe estendersi anche alla formazione sul lavoro. La quale si realizza s o p r a t t u t t o con l'apprendistato che of-fre la possibilità di conseguire le stesse qualifi-che a cui si perviene presso istituti e centri.

Ciò che diversifica i citati tramiti è il luogo di apprendimento: azienda per gli apprendisti, sede particolare per gli altri aspiranti alla qua-lificazione.

T u t t a v i a l'addestramento pratico e l'inse-gnamento teorico è comune a t u t t i i procedi-menti formativi. È chiaro che la loro validità dipende dal f a t t o che esista la garanzia d'at-tuazione d'un serio programma organico. Non si può dire che l'apprendistato, cosi come si svolge nel nostro paese, dia u n a simile garanzia, talché si vorrebbe la soppressione di siffatto modo formativo.

Ma occorre tener presente che all'uscita dalla scuola dell'obbligo, molti giovani, per mo-tivi tra i quali fa spicco quello economico, desi-derano arrivare a u n a qualifica senza rinun-ciare a un contemporaneo lavoro remunerativo.

Non si può pretendere certo che t u t t i i gio-vani abbiano t a n t o spirito di sacrificio da lavo-rare di giorno e passare la sera sui libri di studio. Perciò non sembra opportuno, almeno oggi, respingere un sistema che consenta loro di qualificarsi lavorando, qualora si dimostri ef-ficace. Benché l'apprendistato in Italia non abbia dimostrato finora di essere efficace, tut-tavia non è escluso che possa diventarlo con una riforma o con una integrazione della nor-mativa vigente.

Si sa che nella formazione professionale sul lavoro sono le preoccupazioni produttivistiche dell'imprenditore a prendere il sopravvento. Comunque un equilibrio f r a le stesse e le fi-nalità f o r m a t i v e potrebbe ottenersi mediante:

a) una razionale programmazione dell'ad-d e s t r a m e n t o pratico nel luogo dell'ad-di lavoro;

b) un adeguato controllo della sua ese-cuzione;

c) u n sufficiente sviluppo dell'insegna-mento teorico complementare.

Poiché d u n q u e l ' a p p r e n d i s t a t o è la strada seguita dai giovani che, bisognosi d ' u n imme-diato reddito di lavoro, non possono qualifi-carsi in altro modo, è auspicabile che all'attuale formazione sul lavoro siano a p p o r t a t i i neces-sari correttivi, affinché si costituisca una va-lida a l t e r n a t i v a agli altri tipi di preparazione professionale.