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Cronache Economiche. N.011-012, Novembre – Dicembre 1973

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(1)

CAMERA DI COMMERCIO SPEDIZIONE IN ASB. POSTALI INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA 44 I* O "v GRUPP°> ' 70

-DI TORINO I I / I ^ NOVEMBRE--DICEMBRE 197.

(2)

(da un sigillo del '600)

da

la fiducia

dei risparmiatori

I S T I T U T O B A N C A R I O

SAN PAOLO DI TORINO

(3)

cronache

economiche

sommario

mensile della camera di commercio indusfria artigianato e agricol-fura di forino numero 11/12 novembre-dicembre 1973 C o r r i s p o n d e n z a , m a n o s c r i t t i , p u b b l i c a z i o n i deb-b o n o essere i n d i r i z z i t i alla D i r e z i o n e della Ri-vista. L ' a c c e t t a z i o n e d e j l i a r t i c o l i d i p e n d e dal ( i u d i z i o insindacabile della D i r e z i o n e . G l i s c r i t t i f i r m a t i o siglati rispecchiano s o l t a n t o il pen-s i e r o d e l l ' A u t o r e e n o n i m p e g n a n o la D i r e z i o n e della Rivista ne l ' A m m i n i s t r a z i o n e Camerale. Per le r e c e n s i o n i le p u b b l i c a z i o n i d e b b o n o essere i n v i a t e in d u p l i c e copia. È v i e t a t a la r i -p r o d u z i o n e d e g l i a r t i c o l i e d e l l e n o t e s e m a l ' a u t o r i z z a z i o n e della D i r e z i o n e . I m a n o s c r i t t i , anche se n o n p u b b l i c a t i , n o n si r e s t i t u i s c o n o . L. M a l i e

3 Avori, oreficerie, argenti, bronzi nel romanico in Piemonte G . IV!. V i t e l l i

10 1973: un anno pieno di contraddizioni G. C a n s a c c h ]

15 Le previdenze sociali dei lavoratori subordinati nell'ambito della Comunità Economica Europea

G. V i g l i a n o

21 Note in margine al convegno su « Le Alpi e l'Europa » S. S a m p e r i

25 II fallito nel sistema della disciplina del commercio G. B i r a g h i

27 II divario Nord-Sud: un riesame F. M . P a s t o r i n i

33 L'associazionismo in agricoltura ed il mercato dei beni alimentari G. F o d d a y

40 Qualificazione delle forze di lavoro C. M . T u r c h i

45 Valore aggiunto e rendimento aziendale S . S e r r e - G . V e n i r

51 II momento dell'industria piemontese attraverso i bilanci d'impresa P. C o n d u l m e r

62 La Sindone di Torino A. V i g n a

67 II veicolo industriale fattore di civiltà 71 Tra i libri

76 Dalle riviste 80 Indice dell'annata

Figura in copertina:

Legatura d'evangelario in lamine d'oro con figurazioni sbal ate e p a r t i a smalto cloisonné (seconda metà sec. XI) - Vercelli, Museo

Capitolare del Duomo.

D i r e t t o r e responsabile:

Francesco Sarasso

Vico d i r e t t o r e :

Giancarlo Biraghi

Direzione, redazione e a m m i n i s t r a z i o n e

(4)

CAMERA DI COMMERCIO

INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

E UFFICIO PROVINCIALE INDUSTRIA COMMERCIO E ARTIGIANATO

Sede: Palazzo Lascaris - V i a V i t t o r i o A l f i e r i , 15.

Corrispondenza: 10121 T o r i n o - V i a V i t t o r i o Alfieri, 15 10100 T o r i n o - Casella Postale 413. Telegrammi: C a m c o m m . Telefoni: 55.33.22 (5 linee). Telex: 21247 C C I A A T o r i n o . C/c postale: 2 / 2 6 1 7 0 .

Servizio Cassa: Cassa di Risparmio di T o r i n o

- Sede C e n t r a l e - C / c 53.

BORSA VALORI

10123 T o r i n o - V i a San Francesco da Paola. 28.

Telegrammi: Borsa.

Telefoni: Uffici 54.77.04 - C o m i t a t o Borsa 54.77.43

- Ispettore T e s o r o 54.77.03.

BORSA MERCI

10123 T o r i n o - Via A n d r e a D o r i a , 15.

Telegrammi: Borsa M e r c i - Vìa A n d r e a D o r i a , 15. Telefoni: 55.31.21 (S linee).

GABINETTO CHIMICO MERCEOLOGICO

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Avori, oreficerie, argenti, bronzi

nel romanico in Piemonte

Luigi Malie

Ci accostiamo a queste arti de-corative di cui facciamo oggetto il nostro studio, senza poter tut-tavia dar luogo a indagini siste-matiche. Infatti, soprattutto per gli avori, e però anche per le oreficerie e gli argenti, in molti casi le opere in cui ci si incontra furono importate (per varia via direttamente o indirettamente), cosi da rappresentare correnti d'arte non nostrane, anche di centri lontanissimi, dimostrando comunque una interessante mol-teplicità d'incontri e la possibi-lità dei più diversi stimoli.

La cassetta-reliquario in avo-rio, al tesoro del Duomo di

Vercelli, con S. Giovanni Bat-tista e apostoli, costituita da placchette intagliate a girali fio-ronati e aquile, in relazione, an-che per la forma della copertura a spioventi, con prototipi bizan-lino-ravennati, e da considerarsi ancora preromanica, risalente al .'.•ecolo VIII-IX, ed è esemplare

importato, isolato.

Di eccellente qualità e raffinato stilismo, di fattura squisita (in opposizione a certo timbro pili rude della precedente) è la cas-setta d'avorio, impropriamente detta Warmondo » al Duomo d'Ivrea, prodotto mollo più tardo, rientrante in un largo giro di co-fanetti, d'analoga forma con ana-loga decorazione a rosoncini e motivi animalistici, sparsi in molte raccolte pubbliche e private d'Europa e d'America: cassette usate in genere comi• scrigni per gioielli, di produzione diretta-mente costantinopolitana del se-colo X I I , in cui conferiscono gusti anche più orientali, di de-rh azione persiana.

Per Voreficeria il tesoro di

Ver-celli ospita innanzitutto una cas-setta-reliquario della Vergine c Santi, in argento dorato sbalzato, a spioventi, con cuspide, tutta contornata da cordonatura a sfe-rule; gli sbalzi figurano l'Agnus Dei, animali fantastici e angeli, secondo un ordine e una simme-tria ma senza vera e propria ar-ticolazione strutturale. È forse un lavoro ancora longobardo, verso rVIII secolo.

Al tesoro del Duomo di

Ver-celli — altro pezzo fra i più

an-tichi — la rilegatura

dell'evan-gelario in argento sbalzato, porta

nel « recto » la Maestà e i simboli

degli Evangelisti e sul « verso »

S. Eusebio, in bordura a girali. Un'iscrizione che accenna ad un

« rex Berengarius » dovrebbe

ri-ferirsi al secondo Berengario, alla metà cUl secolo X (950-961); lo

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con carattere tipicamente proto-romanico — secondo suggestioni germaniche che se non appaiono 'di derivazione carolingia, non

ancora rientrano nel clima otto-mano, ricordando piuttosto una sensibilità barbarica.

Una cassetta (ivi), del Presepe e del Santo Sepolcro, in argento sbalzato e dorato, a foggia di « bursa », con partiture rettango-lari a belve affrontate e chiusa da bordura a cordone spiralico, parve cosa primitiva del se-colo XI, non certo locale; la sti-lizzazione angolizzata, V acerbità dell'animalismo, l'acuto animi-smo, sembrano desumere spunti nordgermanici; è però più pro-babile, per il fissarvisi di orien-talismi in forme ancor toccate da una «Tierornamentili», mia data-zione arretrata al secolo 1 III-IX.

Splendida la rilegatura d'un secondo evangelario del tesoro vercellese, recante sul lato in oro un Crocifisso « reseroé » a parti smaltate e con testa sbalzata di riporto, la Vergine e S. Giovanni completamente in smalti « cloi-sonnés » al pari dei sei tondi col sole, la luna e i simboli degli Evangelisti. In bordura, tondi con busti, d'angelo a sbalzo, tra filigrane e castoni, quest'ultimi inquadrando anche la croce. Sul piatto argenteo di tergo, un grande angelo crocifero, sbal-zato entro cornice di girali. Quest'opera è fra le capitali nella storia del cloisonné in Italia, da-tata in genere all' avanzato secolo XII ma da retrocedere alla se-conda metà dell'XJ, non molto pili tardi della celebre rilegatura aurea dell'arcivescovo Ariberto al Duomo di Milano, di cui è meno raffinata ma non inferiore in ori-ginalità, indicando novità e in parte indipendenza. Il timbro

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P a r t i c o l a r e di l e g a t u r a d ' e v a n g e l a r i o in l a m i n e d ' o r o c o n f i g u r a z i o n i s b a l z a t e , e p a r t i a s m a l t o c l o i s o n n é ( s e c o n d a m e t à s e c . X I ) - V e r c e l l i , M u s e o C a p i t o l a r e d e l D u o m o . P a r t i c o l a r e di l e g a t u r a d ' e v a n g e l a r i o in l a m i n e d ' o r o c o n f i g u r a z i o n i s b a l z a t e e p a r t i a s m a l t o c l o i s o n n é ( s e c o n d a m e t à s e c . XI) - V e r c e l l i , M u s e o C a p i t o l a r e d e l D u o m o . dominante lombardo-barbarico emerge dai caratteri di massa possenti, concentrati e combi-nati per accentuare un senso di coordinamento. Si ha, accanto all'effetto di stesura decorativa, il principio del risalto delle

G r a n d e C r o c e f i s s o r o m a n i c o in l a m i n e d ' a r g e n t o e r a m e d o r a t o ( m e t à s e c . XII) - C a s a l e , D u o m o .

gemme e degli sbalzi in un vi-cendevole potenziarsi di fondo e rilievi: lo stesso valore di stacco assumono le placchctte attorno alla croce e la croce stessa, sia per il forte incassarsi, sia per la continua vicenda tra le lisce superfici dell'oro e le accidenta-lità senza posa di castoni, di filigrane. La fattura delle plac-che ite è qualitativamente molto alta, personale in confronto a qualunque esemplare bizantino, le cui ascendenze possono essere forti quanto a tecnica, ma del tutto superale quanto a, stile. Estrema, ricchezza e intelligenza nell'ordi-namento ha la distribuzione del

P a r t i c o l a r e d e l g r a n d e C r o c e f i s s o r o m a n i c o in l a m i n e d ' a r g e n t o e r a m o d o r a t o - C a s a l e ,

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C r o c e f i s s o in l a m i n e d ' a r g e n t o e di r a m e ( la m e t à s e c . XII) - V e r c e l l i , D u o m o .

gelisti, nell'anteriore il Crocefisso a pieno campo; il dorso della rilegatura è ornato da un motivo treccia rigata. Lo sbalzo è vivo, amaro, di sapore primitivo, in-cisivo; c'è anzi un'aperta per-sistenza di spirito « barbarico » specie nell'elementarità dell'or-nato a treccia. Si è in pieno gusto romanico « lombardo » — e si può leggere nel termine l'ascen-denza « longobarda » —- all'in-circa tra la fine del secolo XI e il principio del XII.

Due grandi croci ornamentali, per appensione al sommo di tran-setti, sono sopravvissute: ai Duo-mi di Vercelli e Casale. La croce di Vercelli, in lamina argentea, regge un Cristo sbalzato che subì spinti restauri e f u alterato so-prattutto nel capo; nonostante ciò l'imponente figura serba un'alta concentrazione, non senza sve-lare, nel viso, ricordi di Cristi della Germania nord-occidentale ; il corpo offre un'equilibrata e però acuta e aspra sequenza di angolazioni, sottolineata dalle forti spezzature dei riflessi di luce. L'insieme risale alla prima metà del XII secolo, con tarda derivazione da opere ottomane, assorbita nello spirito romanico maturo, di marca pavese. È sin-golare come, nonostante le grandi dimensioni, la bordura mantenga un timbro da piccola crocetta

pet-cólore; sotto la regia di alcune note primarie (smeraldo, rosso vinoso, blu) e dell'innumere ri-lucere dei castoni multicolori (an-che essi secondo un ordine) il fondo oro porta valori partico-lari per il pallore delle lastrine attorno agli smalti e delle filature di oi.eloisons», mentre la lamina degli sbalzi e quella del fondo sono di un carico oro rosso. Le « cloisons » purissime, nel dise-gno interno dei visi s'appoggiano a tocchi di smalto nero o bianco.

Con questa eccezionale, rile-gatura sono ribaditi i legami pro-fondi ma genialmente

interpre-tati con Voreficeria, la miniatura, gli avori di produzione ottomana dei centri di Fulda, Magonza, Aquisgrana, della Reichcnau, di Essen, di Regensburg, in accordo a quanto avviene, ogni volta con inflessioni personali, in più largo ambito padano, non solo in oreficeria ma in pitture parie-tedi e in sculture (Milano, Ve-rona, Pavia).

Bell' esemplare di sbalzo su rame è la rilegatura cesellata di un lezionario alla Biblioteca ca-pitolare del Duomo novarese; sul piatto tergale reca un busto di Cristo fra i simboli degli

Evan-P a r t i c o l a r e del C r o c e f i s s o in l a m i n e d ' a r g e n t o e di r a m e d o r a t o l a v o r a t o a s b a l z o - V e r c e l l i ,

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torcile come si vede nelle oreficerie renane.

D'altro accento la Croce di Ca-sale — ivi dal 1404, in 'prece-denza al Duomo d'Alessandria — col Cristo su un piano di base sbalzato a rombi puntinoti c, alle estremità, le figure sbalzate, in parte lievemente tagliate, della

Verginee diS. Giovanni, d'un ve-scovo con donatore e angelo, e una piccola mandorla con l'Ascen-sione. Nel Cristo, al principio del movimento disegnativo e lu-ministica e della carica espres-siva fa luogo una semplifica-zione formale e un'accentuasemplifica-zione plastica sotto il lume largamente modellante; al dinamismo in-quieto subentra una staticità di-stensiva nei piani plastici, una umanità più concreta, senza smi-nuire la nobiltà che si atteggia a misura morale invece che a dram-matica maestà come a Vercelli. L'indirizzo nordico di Vercelli è sostituito da caratteristiche che potrebbero dirsi pr cantei amiche, già nella metà del secolo XII.

Sono stati avanzati confronti con un Crocefisso ligneo in S. Savino di Piacenza e ciò potrebbe contribuire a spiegare accenti di derivazione ottomana, ormai mol-to tardivi ma non però meno ope-ranti, persistenti tuttora in una tradizione lombarda, pur cedendo l'originario espressionismo ad una visione più tersa ed equili-brata, senza spegnere qualche acume di tratto che ha antecedenti in Crocefissi germanici fin dal 1000 circa. Purtroppo il capo e lo sterno del Cristo subirono rimodellazioni o compressioni piuttosto deturpanti.

Occorre notare però, sotto i piedi del Cristo, una lastra sbal-zata con la Discesa al Limbo,

(10)

B i s a n z i o , C a s s e t t a r e t t a n g o l a r e in a v o r i o . C o p e r c h i o ( s e c . XII) - I v r e a , D u o m o .

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C a s s e t t a - r e l i q u i a r i o di S. E l d r a d o . V e r s o : A r c a n g e l i , A n g e l i e d A p o s t o l i - N o v a l e s a , C h i e s a P a r r o c c h i a l e .

pervasa da violenza di sentimento acceso, sotto l'impeto di stilizza-zione lineare acuta e d'uno sbat-tere vivido di luci: rilievo più antico, ricupero da altra opera, di evidente stampo carolingio al pari dell'altra lastra decurtata, con VAscensione, in cima alla Croce, entrambi d'uno stesso au-tore, in relazione con sbalzi re-nani del secolo LX-X, nonché testimonianze d'arte carolingia pura rimaste in Piemonte.

La cassetta-reliquiario dei SS. Nazario e Celso (tesoro di Ver-celli) in argento sbalzato, a quat-tro spioventi, con i dodici apo-stoli sotto arcate a tutto sesto, la Majestas ed un arcangelo sul co-perchio, mantiene lontani echi perfino carolingi e poi ottomani in un linguaggio « comasco » di cui è evidente anche il principio di so-spensione delle figure in uno

spa-zio indeterminato, non carico delle tipiche tensioni nordiche. I modi indicano un tardo secolo X I I .

Al secolo XII risalgono i pic-chiotti in bronzo, del portale della cattedrale di Susa, a possente rilievo, raffigurando l'uno una testa di toro, l'altro una testa di lupo tra due belve e girali; la fattura grandiosa non esclude precisione nitida di dettaglio, forte è l'espressività che accorda realismo quasi aggressivo e li-bertà fantastica favolosa. Con-trastata è V attribuzione : arte mo-sana-lorenese, nell'ambiente d'in-fluenza di Nicolas de Verdun, a fine del secolo X I I , o produ-zione dell'Italia settentrionale sotto ascendente mosa.no ? Un confronto può farsi, stilistica-mente legalo, se pur non decisivo, con i picchiotti dell'abbaziale di Payerne, nella Svizzera romanza,

presso il lago di Neuchàtel (ora alle porte dell'adiacente tribu-nale); più genericamente, in-vece, con quelli già a Saint Ger-main-des-Près, ora al Louvre.

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1973: un anno pieno di contraddizioni

Giovanni M. Vitelli

Siamo ormai agli sgoccioli del 1973 ed è tempo di abboz-zare un primo bilancio dell'an-nata. L'economia italiana è in ripresa: un dato di f a t t o incon-futabile, suffragato dagli indici della produzione e dagli altri indicatori statistici, confermato dalle più autorevoli diagnosi congiunturali. Una ripresa non a p p a n n a t a ed esitante, ma di considerevole « spessore » e a larga diffusione settoriale, sotto certi aspetti sorprendente. Sor-prendente per chi, come noi, era ormai da tre anni assue-fatto ad ansimanti saliscendi produttivi intorno ad una linea tenacemente orizzontale, a ve-dere puntualmente disattese le previsioni di rimonta formulate ad ogni mutar di stagione, alla idea che il sistema non sarebbe stato più capace di un intenso sviluppo. Invece, secondo la Relazione previsionale e pro-grammatica, il reddito nazio-nale aumenterà nel 1973 del 5 % in termini reali: a p a t t o che non intervengano in chiu-sura d'anno perturbazioni en-dogene o esogene di partico-lare gravità.

Da come è iniziato, il 1973 pareva invero destinato a figu-rare tra gli anni di « transizio-ne », il quarto della serie a par-tire dal 1970. I primi tre mesi sono stati infatti dominati da una catena di arresti del lavoro per le vertenze sindacali, che hanno comportato nuove e pe-santi perdite produttive. All'av-vio dell'aprile tuttavia, ristabi-lita la calma sul fronte sindaca-le, la ripresa economica si è de-stata improvvisamente ed ha preso crescente vigore col

tra-scorrere della primavera e del-l'estate, inserendo l'Italia nel solco della congiuntura inter-nazionale, da oltre un anno in espansione.

La produzione industriale ha assunto ritmi di crescita inu-sitati, tant'è che la ripresa, con una metafora non priva di effi-cacia, è stata definita « dro-gata », vale a dire non sorretta da un'effettiva domanda per consumi e investimenti, ma da un abnorme accaparramento di scorte da parte di famiglie e imprese determinato dalla «escalation» dei prezzi. Non è dato conoscere in quale misura la « sferzata » inflazionistica ab-bia giocato; certo è che ad essa si sono aggiunte stimolazioni meno ambigue. Cosi, l'incalzare della domanda interna di beni di consumo, oltre che agli acquisti anticipati indotti dalla spirale dei prezzi, è da ascri-vere ai recenti miglioramenti salariali, nonché ai maggiori guadagni di f a t t o derivanti dal-la progressiva normalizzazione delle prestazioni di lavoro. Da altro canto, se gli investimenti si sono finalmente risvegliati, dopo un lungo periodo di le-targo, è perché in diversi set-tori è stato avvicinato il li-mite della massima utilizza-zione degli impianti e la pro-duzione non riesce a tener testa al premere della domanda.

Quel che invece non è del t u t t o facile spiegare è la parti-colare dinamica seguita dagli scambi commerciali con il re-sto del mondo, contraddistinta da un lato da un forte incre-mento delle importazioni, dal-l'altro da una modesta ascesa

delle esportazioni. Infatti la sva-lutazione della lira sui mercati internazionali dei cambi avreb-be dovuto ostacolare le prime e favorire le seconde: il contrario di quanto è accaduto. Si po-trebbe argomentare che gli ope-ratori, in presenza di un vivace rilancio delle attività, abbiano intensificato le importazioni di materie prime e semilavorate necessarie ad alimentare la pro-duzione e nel contempo ab-biano preferito evadere solo parzialmente le commesse per-venute dall'estero al fine di me-glio soddisfare la crescente do-manda del mercato nazionale. L'ipotesi sembra valida per quanto attiene alle importa-zioni, meno nei confronti delle esportazioni, dato che il blocco dei prezzi all'interno avrebbe dovuto indurre gli imprenditori a « spingerle » al massimo. E invece ragionevole ritenere che la debole evoluzione delle espor-tazioni vada i m p u t a t a , vuoi agli effetti della stasi produttiva del primo trimestre, vuoi alla salita dei prezzi internazionali la quale ha verosimilmente comportato un differimento delle vendite oltre confine.

(13)

I n provincia di Torino la con-g i u n t u r a , p u r essendo s t a t a ca-r a t t e ca-r i z z a t a da vicende analo-ghe a quelle delineate per il complesso del Paese, presenta un q u a d r o un po' meno posi-tivo. Il m o t i v o è presto d e t t o . Com'è r i s a p u t o le a t t i v i t à me-talmeccaniche, interessate da vicino dalle vertenze dello scorso inverno, costituiscono il pilastro della s t r u t t u r a p r o d u t -t i v a -torinese, nel senso che oltre ad assorbire u n a q u o t a rilevante dell'occupazione

ma-n i f a t t u r i e r a ima-nfluema-nzama-no buoma-na p a r t e dei r e s t a n t i settori indu-striali, nonché le stesse a t t i v i t à terziarie. Si comprende per-t a n per-t o quale incidenza, d i r e per-t per-t a e indiretta, a b b i a n o a v u t o le agitazioni sindacali dei primi mesi dell'anno, d u r a n t e le quali il r e d d i t o provinciale non è forse g i u n t o ad eguagliare i corrispondenti livelli del 1972.

U n a volta però chiusa la pa-rentesi sindacale l'industria me-talmeccanica c a p p a r s a t u t t a tesa a r i m o n t a r e lo svantaggio iniziale, m a d a t a l'ampiezza della falla a p e r t a sul fianco

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NDICE DEI PREZZI AL CONSUMO PER LE FAMIGLIE DI OPERAI E IMPIEGATI t

DELLA CITTÀ DI TORINO (Base: 1970 = 00)

130 A A 120 À A A /

/

A Si

/

/ 110- ! / / 1 0 0 -X] I 9 n n n 19 7C 9 f m I m g I 1971 3 S 0 1 g 1 m a m 9 1 a 1972 S 0 n d 9 f l m a m 9 I a 1973 s 0 Fig. 2 .

In merito agli altri settori, h a n n o compiuto discreti passi in a v a n t i il tessile, il conciario, il cartario, della g o m m a e del legno. Qualche esitazione han-no invece continuato a rile-vare l'alimentare, il chimico e quello dell'abbigliamento. Cenni di maggiore vitalità, infine, ha m o s t r a t o l'edilizia a b i t a t i v a so-p r a t t u t t o dal lato delle oso-pere costruite e progettate. Ancora carenti per contro le nuove ini-ziative, specie con riferimento al capoluogo dove si a t t e n d e l'avvio del piano urbanistico per i servizi sociali.

Tirando le somme, conside-r a t o da u n a p a conside-r t e che l'indu-stria metalmeccanica si è

ri-p o r t a t a sulle ri-posizioni di u n anno fa e dall'altro che i re-s t a n t i c o m p a r t i i n d u re-s t r i a l i h a n n o realizzato sensibili pro-gressi, il volume della produ-zione industriale dovrebbe aver superato i limiti del 1972, di un'aliquota t u t t a v i a p i u t t o s t o modesta e sicuramente inferiore a quella a c c e r t a t a per la na-zione.

Ciò che conta, ad ogni modo, è clic l'industria torinese, al pari di quella italiana, sembra aver r i t r o v a t o il c a m m i n o dello sviluppo dopo tre anni di smar-rimenti. Lo provano i dati sugli i n t e r v e n t i della Cassa integra-zione e sui progetti di fabbri-cati industriali, due t r a i più

significativi indicatori statistici di carattere globale: gli uni of-frono u n a misura sufficiente-mente realistica del grado di propensione agli investimenti, gli altri riferiscono sul tono del-l ' a t t i v i t à p r o d u t t i v a e sudel-ldel-lo s t a t o occupazionale. Ebbene, tra i primi nove mesi del 1972 e l'ugual periodo di quest'anno, le ore non lavorate ed integrate sono discese del 61%, mentre la superficie dei fabbricati in-dustriali progettati ha f a t t o registrare un a u m e n t o pari

al 7 2 % .

(15)

dal momento che gli scambi di materie prime e prodotti semi-lavorati — fetta i m p o r t a n t e del giro complessivo degli af-fari — si sono notevolmente ravvivati. Parimenti il com-mercio al dettaglio ha t r a t t o benefìcio dalla dilatazione dei consumi delle famiglie. I n or-dine agli scambi con l'estero si richiama q u a n t o espresso a pro-posito della congiuntura ita-liana, anche se probabilmente in provincia di Torino il rallen-t a m e n rallen-t o delle imporrallen-tazioni è s t a t o più accentuato. Giova infatti ricordare che la m e t à circa delle esportazioni torinesi è coperta dalle vendite all'e-stero di autoveicoli, vendite che d u r a n t e il primo trimestre h a n n o dovuto subire una fles-sione aggirantesi intorno al •30%. Nel corso dei mesi se-guenti si è t u t t a v i a venuti a po-co a popo-co ripo-conquistando il ter-reno perduto, di m o d o che al termine di settembre il calo è risultato circoscritto al 7 % .

Uno sguardo, da ultimo, ai restanti settori. I n espansione è apparso il traffico a u t o s t r a -dale e aeroportuale, nonché il m o v i m e n t o sulle ferrovie sta-tali, di passeggeri e di merci, m e n t r e un leggero incremento h a n n o segnato le giornate di presenza negli esercizi alber-ghieri. Nei confronti del mer-cato creditizio sono saliti sia i depositi che gli impieghi, i primi ad un tasso più elevato dei secondi. Sempre in relazione al credito v a n n o poi segnalati i riflessi delle recenti misure di controllo a d o t t a t e dalle Auto-r i t à monetaAuto-rie a fini antinfla-zionistici, concretatisi in un vero e proprio « salto » del costo del d e n a r o e in u n a politica se-lettiva dei finanziamenti. Sem-bra però, dai primi accerta-menti, che la ripresa p r o d u t t i v a n o n ne sia s t a t a eccessivamente condizionata e che l ' i m p a t t o

della s t r e t t a creditizia sia stato più psicologico che reale.

***

Sin qui abbiamo posto l'ac-cento sugli aspetti più positivi dell'attuale m o m e n t o econo-mico, di cui la corsa all'au-mento della produzione indu-striale r a p p r e s e n t a l'immagine di maggior spicco. Il p a n o r a m a c o n g i u n t u r a l e n o n n a s c o n d e però inquietanti zone d ' o m b r a «in primis» quella del surri-scaldamento dei prezzi all'in-grosso e al consumo, solo par-zialmente e m o m e n t a n e a m e n t e raffreddati dai noti provvedi-menti di emergenza assunti dal governo. Poi la grossa que-stione dell'incessante ascesa dei costi e del conseguente deterio-rarsi degli equilibri finanziari delle aziende. Nessuno certo si illude che una volta eliminato il « blocco », sia pure g r a d a t a -m e n t e e con t u t t e le altre do-v u t e cautele, tali a u m e n t i non saranno trasferiti sui prezzi di vendita. D ' a l t r a p a r t e se la «di ga » innalzata contro le pres-sioni inflazionistiche sarà t e n u t a in piedi oltre i limiti del ragio-nevole, si rischierà — come ha di recente a m m o n i t o Libero L e n t i su « Mondo Economico »

— di veder rarefarsi le merci sul mercato, o perché non più pro-dotte, o perché esportate, op-pure la formazione di un mer-cato nero.

C'è da sperare che la ripresa in a t t o dallo scorso aprile man-tenga a lungo un r i t m o vigo-roso, si che la dilatazione della offerta valga ad allentare le ten-sioni nei prezzi. E d è con rife-rimento a q u e s t a precisa c vi-tale esigenza clic gli occhi dei congiunturalisti sono ora an-siosamente p u n t a t i sull'ultimo t r i m e s t r e d e l l ' a n n a t a , un pe-riodo che d a t e m p o è di cru-ciale verifica dei reali

orienta-menti del nostro sistema eco-nomico e che sarà senz'altro determinante nel definire la fi-sionomia complessiva del 1973. Al riguardo, le aspettative for-mulate dagli imprenditori tori-nesi nel corso elei sondaggio di opinione condotto a settembre dalla Camera di Commercio ap-paiono a b b a s t a n z a tranquilliz-zanti: i giudizi degli ottimisti prevalgono su quelli dei pessi-misti in misura piuttosto mar-cata. T u t t a v i a , nonostante la fiduciosa attesa degli operatori, non si può non temere la pos-sibilità di una ripresa delle agi-tazioni sindacali, con t u t t i gli effetti che ne possono derivare all'attività p r o d u t t i v a , in con-comitanza con le t r a t t a t i v e per i c o n t r a t t i integrativi azien-dali. U n a replica delle vicende del 1970, q u a n d o il risveglio p r o d u t t i v o delineatosi con fau-ste prospettive all'indomani dell' « a u t u n n o caldo » venne presto smorzato e impallidito dalle lotte sociali, si rivele-rebbe oggi ancor più pernicio-so di allora, d a t o il particolare s t a t o di debolezza dell'organi-smo p r o d u t t i v o da poco uscito da u n a lunga e logorante crisi. Soltanto se le vertenze sinda-cali s a r a n n o celermente com-poste, senza « v u o t i » di produ-zione ed eccessivi aggravi pel-le aziende, e se si saprà avviare ad u n a soddisfacente soluzione il problema dei prezzi la ripresa p o t r à definitivamente consoli-darsi e costituire l'inizio di u n nuovo ciclo di sviluppo per la economia torinése e italiana t u t t a .

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internazionale. Al pari dei mag-giori Paesi industrializzati che, per far fronte alle difficoltà di approvvigionamento e al rin-caro del petrolio, hanno as-sunto una serie di provvedi-menti volti a limitare i con-sumi, anche noi italiani siamo stati costretti a decidere mi-sure di « austerity ». Resta per ora positivo il f a t t o che con le restrizioni a d o t t a t e si è cercato di non interferire sul normale funzionamento dei principali

servizi sociali (scuole, ospedali, ecc.) e di non determinare strozzature nei rifornimenti alle imprese industriali, che avreb-bero altrimenti causato l'ar-resto dell'espansione produt-tiva. Confidiamo che la politica di contenimento, a p p u n t o per-ché rivolta s o p r a t t u t t o ai con-sumi privati, non si ripercuota n e g a t i v a m e n t e s u l l ' a p p a r a t o economico, m a possa anzi favo-rire lo spostamento delle risorse verso impieghi più produttivi

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Le previdenze sociali dei lavoratori subordinati

nell'ambito della Comunità Economica Europea

Giorgio Cansacchi

È risaputo che uno degli scopi preminenti •del Mercato Comune Eurojneo è quello di incen-tivare la libera circolazione degli imprenditori e dei lavoratori dall'uno all'altro Stato-membro e di uniformare o almeno di ravvicinare le legi-slazioni nazionali nel campo del lavoro al fine, a p p u n t o , di favorire questo inter-scambio. In tutti gli Stati moderni, in relazione allo sviluppo industriale, si sono create delle istituzioni, di-verse per natura giuridica, regolamentazione ed efficienza, dirette a garantire la cosi d e t t a « sicurezza sociale dei lavoratori » in conse-guenza degli eventi negativi che li possono col-pire durante il ciclo lavorativo; si hanno, cosi', le assicurazioni obbligatorie, alimentate dai contributi dei datori di lavoro ed in base ad alcune legislazioni anche degli stessi lavoratori, contro le malattie comuni e professionali dei lavoratori subordinati, contro le infermità con-seguite per causa di lavoro, contro la soprag-giunta vecchiaia od invalidità, contro la disoccu-pazione involontaria; si hanno pure gli assegni, d ' i m p o r t o progressivo, per il carico di famiglia o per altre contingenze. Le legislazioni degli Stati in tema di previdenza sociale sono assai diverse fra di loro; diverse nell'ente assicurativo erogatore delle prestazioni assicurative (per lo più ente pubblico o privato controllato dallo Stato di sede), diverse nel meccanismo dei con-tributi e nella loro entità, diverse nelle persone a cui esse fanno carico, diverse nelle esenzioni, diverse nella n a t u r a delle prestazioni previden-ziali, nel loro importo di denaro a carattere

una tantum o a tipo pensionistico, diverse nelle

pratiche amministrative o giudiziarie per la definizione dei complessi rapporti insorgendi, diverse nelle sanzioni conseguenti all'inosser-v a n z a delle norme inderogabili, ecc.

Queste diversità di legislazione sono causa di grave danno per i lavoratori migranti dal loro Stato nazionale di sede allo Stato estero ove esplicano un lavoro continuativo, sia perché in questo Stato può esservi una discriminazione negativa, in campo previdenziale, fra lavora-tori cittadini e lavoralavora-tori stranieri, sia perché in questo Stato le prestazioni previdenziali

pos-sono essere di entità minore o più difficilmente conseguibili per uno straniero di quanto non avvenga in patria, sia perché il lavoratore stra-niero, ritornato nel suo Stato nazionale, non sempre può beneficiare delle prestazioni, alle quali ha acquisito diritto all'estero o può bene-ficiarne soltanto in parte ed in seguito a pra-tiche lunghe e defatiganti. Quando poi il lavo-ratore migrante ha una famiglia a carico rimasta in patria, si prospetta la difficoltà di far bene-ficiare i familiari delle prestazioni previdenziali, cui il lavoratore migrato avrebbe diritto, se-condo la legislazione dello Stato di lavoro, quali, per es., le cure sanitarie gratuite alla moglie e ai figli minori, gli assegni familiari ai predetti, le corresponsioni di somme una tantum o dei ratei di pensione ai familiari superstiti del lavoratore deceduto, ecc.

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d'altra parte, ove questi non fossero sufficien-temente salvaguardati nei loro interessi, non ne consentirebbe l'espatrio.

Premesse queste brevi considerazioni, esa-miniamo come il problema previdenziale si sia imposto all'attenzione ed alla sua concreta solu-zione da parte degli organi comunitari e cioè del Consiglio dei Ministri e della Commissione. Anzitutto, data la vigenza nei nove Stati-mem-bri del MEC di legislazioni previdenziali assai diverse l'una dall'altra, non era possibile, almeno per il momento, predisporre un'unica legge previdenziale comune abrogativa delle singole leggi nazionali precedenti; si è dovuto ricorrere all'espediente di emanare dei

Regola-menti comunitari di coordinamento, i quali, pur

conservando in vigore le singole legislazioni na-zionali, hanno posto delle « norme di base » atte « ad assicurare ai lavoratori che si spostano nel-l'interno della Comunità i diritti e i vantaggi acquisiti nello Stato del loro lavoro ».

Con tale sistema sono rimaste inalterate le istituzioni previdenziali degli Stati-membri, nella loro struttura e nella loro attività. I Rego-lamenti emessi dal Consiglio in materia hanno avuto complessa e dattagliata elaborazione; vi è stata la proposta della Commissione emessa previa consultazione della Commissione ammi-nistrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migrati; si sono richiesti i pareri sia del Parla-mento europeo, sia del Comitato economico e sociale. Ne sono risultate norme assai detta-gliate e complesse, spesso con enunciazioni di principio seguite da numerose eccezioni; con-seguentemente alla grande varietà dei casi ipo-tizzati gli articoli predisposti sono molti e con statuizioni non sempre di facile interpretazione; basti osservare che ad un Regolamento n. 3 del 10 dicembre 1958 ne è stato sostituito un altro n. 1408 del 14 giugno 1971, modificato a sua volta da un secondo n. 2864 del 19 dicem-bre 1972; che il Regolamento n. 1408 — costituente l'attuale base della regolamentazione -è di ben 99 articoli con alcuni allegati conte-nenti disposizioni speciali per singoli Stati; che

- previste le difficoltà di applicazione nei sin-goli casi — si sono costituiti: a) una

Commis-sione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori emigranti, composta da

rappresen-tanti governativi degli Stati-membri assistiti da consiglieri tecnici, con lo scopo di interpretare ed applicare le norme dei Regolamenti e di pro-muovere la collaborazione fra le amministra-zioni previdenziali degli Stati-membri per la liquidazione delle prestazioni in favore dei lavo-ratori; b) un Comitato consultivo per la sicurezza

sociale dei lavoratori emigranti, composto di

tren-tasei membri, rappresentanti dei governi e dei

sindacati, per esaminare le questioni generali derivanti dall'applicazione dei regolamenti e proporne la revisione.

I Regolamenti comunitari sulla sicurezza sociale dei lavoratori subordinati pongono al-cune direttive fondamentali in favore dei lavo-ratori migranti.

In primo luogo si afferma che i vantaggi pre-videnziali predisposti dalle norme comunitarie si applicano a favore di « tutti i cittadini degli Stati-membri assicurati nell'ambito dei regimi di sicurezza sociale organizzati (dai detti Stati) in favore dei lavoratori subordinati ». Se ne deduce che i destinatari delle previdenze sociali predisposte devono rispecchiare queste tre con-dizioni: essere lavoratori (operai od impiegati)

subordinati (e quindi non lavoratori autonomi);

essere cittadini di un qualsiasi Stato-membro (quindi non sudditi di uno Stato estraneo alla Comunità Europea); essere soggetti o essere stati soggetti, a causa del proprio lavoro, alla legislazione previdenziale di uno o di un altro degli Stati-membri. Le norme regolamentari comunitarie si applicano non soltanto ai tori subordinati comuni, ma anche ai lavora-tori « frontalieri » (cioè a coloro che risiedono in uno Stato-membro e si recano ogni giorno a lavorare in uno Stato-membro limitrofo), agli « stagionali » (cioè a coloro che si recano in uno Stato estero soltanto per un lavoro stagionale), nonché ai profughi e agli apolidi, menzionati in specifiche Convenzioni, i quali risiedono e lavo-rano nel territorio del MEC. Le previdenze sociali sono elargite non soltanto ai lavoratori, ma anche ai loro familiari e ai superstiti del lavoratore defunto.

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impiego è soggetto alla legislazione previden-ziale dello Stato-membro al quale appartiene l'amministrazione assuntriee. Seguono altre ipo-tesi particolari sulle quali non ci intratteniamo. Normalmente sarà quindi l'ente previdenziale dello Stato in cui il lavoro si svolge o si è svolto che viene onerato delle prestazioni sociali in favore del lavoratore; ai sensi del Regolamento l'istituzione previdenziale competente è quella alla quale l'interessato è iscritto al momento della domanda di prestazione o alla quale egli avrebbe diritto di rivolgersi se risiedesse nel territorio dello Stato-membro in cui esso si trova. Ne consegue che se il lavoratore ha lavo-rato successivamente in più Stati ed in tutti questi Stati venne assicurato, lo Stato onerato della prestazione previdenziale richiesta sarà l'ultimo di questi Stati; all'ente previdenziale di questo Stato dovrà rivolgersi il lavoratore migrante.

Una terza direttiva riflette la « parità di t r a t t a m e n t o » fra lavoratori cittadini e stranieri. Le norme regolamentari tendono a garantire parità di t r a t t a m e n t o a t u t t i i cittadini degli Stati-membri e ai loro aventi diritto, nell'am-bito della Comunità e di fronte alla varietà delle legislazioni previdenziali nazionali, « indi-pendentemente dal luogo di occupazione o di residenza del lavoratore ». Ne consegue che le prestazioni previdenziali elargite da uno Stato-membro a favore dei lavoratori subordinati che esplicano od hanno esplicato u n ' a t t i v i t à di la-voro sul suo territorio sono ugualmente elargite sia ai cittadini di detto Stato, sia ai cittadini degli altri Stati-membri, ancorché essi o i loro aventi diritto non risiedono più nello Stato ob-bligato allorquando la prestazione previdenziale deve essergli elargita.

Una q u a r t a direttiva consiste nella « tota-lizzazione dei periodi di lavoro » a favore dei lavoratori che hanno esplicato a t t i v i t à di lavoro successivamente in due o più Stati-membri. Si tende, cioè, ad assicurare ai lavoratori, che si spostano per il lavoro all'interno della Comu-nità, l'integrale riconoscimento dei diritti e dei vantaggi che, in base ai regimi previdenziali vigenti nei diversi Stati-membri, essi hanno acquisiti, purché questa «totalizzazione» non generi cumuli ingiustificati. Ne consegue che il lavoratore subordinato acquista o mantiene il diritto alle prestazioni previdenziali (per es. alle prestazioni mediche in caso di malattia, alle pensioni d'invalidità o di vecchiaia, ai contri-buti di disoccupazione, ecc.) ottenendo che siano calcolati a suo vantaggio t u t t i i periodi assicu-rativi m a t u r a t i presso le diverse legislazioni previdenziali alle quali è stato sottoposto du-r a n t e la sua vita di lavodu-ro. In matedu-ria di pdu-re-

pre-stazioni di invalidità, di vecchiaia e di morte (pensioni a favore dei superstiti) il sistema tende ad ottenere questo risultato: che l'interessato possa beneficiare del complesso delle prestazioni acquisite nei diversi Stati-membri ed anzi « del più elevato tra gli importi delle prestazioni che sarebbe dovuto da uno dei detti Stati se il lavo-ratore vi avesse compiuto t u t t a la sua carriera ».

Una quinta direttiva riguarda specifica-mente l'assistenza ai disoccupati al fine di faci-litare al lavoratore migrato all'estero la ricerca di un'occupazione. Viene stabilito che il lavo-ratore migrato, privo di occupazione, possa be-neficiare, per un periodo di tempo sufficiente-mente lungo, dei contributi di disoccupazione previsti dalla legislazione dello Stato-membro « nel quale egli è stato da ultimo soggetto »; ne consegue che l'onere contributivo fa carico allo Stato in cui il lavoro è stato in ultimo espli-cato e nel quale il lavoratore venne per ultimo assicurato dal suo datore di lavoro, e non allo Stato nazionale di sua provenienza o di sua attuale residenza.

Questo medesimo indirizzo è applicato a favore dei familiari del lavoratore disoccupato i quali abbiano diritto a certe prestazioni sociali, ma risiedono in uno Stato-membro diverso da quello debitore delle prestazioni di disoccupa-zione; quest'ultimo Stato è considerato debitore delle prestazioni, ma esse verranno elargite almeno nella maggioranza dei casi, a suo nome e per suo conto, dall'ente previdenziale dello Stato di residenza dei familiari beneficiati.

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ma spesso avranno l'onere dell'anticipazione di spesa, presumibilmente assai notevole, nonché l'aggravio dei relativi procedimenti amministra-tivi," dei controlli medici e della tenuta di par-tite contabili.

Una settima direttiva riflette il divieto di cumulo delle prestazioni previdenziali. L'art. 12 del Regolamento del 1971 recita infatti « il pre-sente Regolamento non può conferire, né man-tenere il diritto a beneficiare di più prestazioni della stessa natura riferentesi ad uno stesso

pe-riodo di assicurazione obbligatoria ». Un

lavora-tore migrato non potrebbe, quindi, beneficiare, avvalendosi dei regimi assistenziali di due o più Stati-membri, presso i quali ha successiva-mente lavorato, di due prestazioni previdenziali della stessa natura (per es. di due indennità di disoccupazione, di due pensioni, ecc.). Il prin-cipio pone, però, alcune eccezioni dettaglia-tamente elencate nei susseguenti capoversi dell'art. 12 sui quali non possiamo intrat-tenerci.

Collegato al problema di evitare il cumulo ingiustificato delle prestazioni previdenziali è pure quello dell'ammissibilità delle « assicura-zioni volontarie del lavoratore ». L'art. 15 del succitato Regolamento le acconsente in via di principio, cioè a m m e t t e che il lavoratore, sog-getto obbligatoriamente alla legislazione previ-denziale di uno Stato-membro, sia ammesso all'assicurazione volontaria o facoltativa con-tinuata in altro Stato-membro a condizione, però, che quest'ultimo Stato lo consenta in laase alla sua legislazione previdenziale. Qualora poi l'applicazione delle legislazioni previdenziali di due Stati-membri comportassero il cumulo di due iscrizioni assicurative, il Regolamento dispone che l'interessato sia esclusivamente sog-getto all'assicurazione obbligatoria oppure, se questa non sia prescritta e si abbia, invece, la concorrenza di due regimi di assicurazione vo-lontaria o facoltativa continuata, l'interessato debba obbligatoriamente optare per uno sol-tanto di questi regimi. Si esclude, cioè, la pos-sibilità — salvo giustificate eccezioni — di doppie assicurazioni e di plurime prestazioni sociali per identica causa.

Un'ottava direttiva riflette il campo di appli-cazione del Regolamento ratione-materiae e cioè i tipi di previdenze sociali alle quali il Regola-mento si applica. L'art. 4 dichiara che questo concerne t u t t e le legislazioni — s'intende degli Stati-membri — relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti: le prestazioni di malattia e di maternità; le prestazioni di vecchiaia; le prestazioni ai superstiti dei lavoratori; le pre-stazioni per infortunio sul lavoro; le prepre-stazioni per malattie professionali; gli assegni in caso di

morte; le prestazioni di disoccupazione; le pre-stazioni familiari.

Il Regolamento non pregiudica gli obblighi derivanti agli Stati-membri fra di loro o nei riguardi di Stati terzi da eventuali Convenzioni in materia previdenziale tutt'ora in vigore, spe-cialmente dalle Convenzioni adottate sotto gli auspici della Conferenza internazionale del la-voro (ILO); non esclude neppure che uno o più Stati-membri possano in prosieguo concludere fra di loro Convenzioni in questa materia, purché essi si uniformino ai principi e allo spi-rito del Regolamento comunitario.

Infine, poiché — come già si è rilevato -il meccanismo del Regolamento comunitario genera partite di credito e debito fra le istitu-zioni previdenziali di due o più Stati-membri, si dispone — salve alcune eccezioni — l'obbligo del rimborso da parte dell'istituzione previden-ziale onerata all'istituzione previdenpreviden-ziale dello Stato di attuale residenza del lavoratore che ha elargite le previdenze « per suo conto », cioè per conto dell'istituzione previdenziale estera verso la quale il lavoratore ha diritto di credito previ-denziale. Questo rimborso riflette essenzialmente le prestazioni in natura (cure mediche e farma-ceutiche, apparecchi per infortunati) e i contri-buti di disoccupazione; il loro rimborso è rego-lato da apposito Regolamento comunitario, salva la possibilità per gli Stati interessati di preve-dere altre modalità di rimborso o di rinunciarvi. Si creeranno, pertanto, fra le istituzioni previ-denziali degli Stati-membri delle partite di dare e di avere, con non poche difficoltà contabili ed anche eventuali contrasti, che saranno — al-meno è auspicabile — composti amichevolmente e direttamente fra le amministrazioni inte-ressate.

Esaminiamo ora le disposizioni regolamen-tari più importanti relativamente ad alcune categorie di prestazioni previdenziali.

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Stato-membro diverso da quello, la cui istitu-zione previdenziale ha obbligo di prestaistitu-zione nei suoi confronti, lo Stato attuale di sede, purché il lavoratore soddisfi alle condizioni richieste dalla legislazione dello Stato compe-tente, gli erogherà le prestazioni sia in natura, sia in denaro dovute, j>er conto dell'istituzione estera onerata.

Naturalmente le prestazioni sia in n a t u r a sia in denaro sono erogate dall'istituzione dello Stato di residenza « secondo le disposizioni della legislazione che essa applica come se il lavora-tore beneficiario fosse ad essa iscritto ».

b) Nell'ambito delle assicurazioni per

in-validità si statuisce che l'onere della prestazione grava sull'istituzione previdenziale dello Stato-membro la cui legislazione era applicabile al momento della sopravvenuta incapacità al la-voro a seguito di infortunio.

Il lavoratore i n f o r t u n a t o e divenuto inva-lido, che abbia soddisfatto le condizioni richieste della legge succitata, ottiene le prestazioni do-vutegli esclusivamente dalla s u d d e t t a istitu-zione, secondo le disposizioni della legislazione che essa applica. Il Regolamento fa, però, due ipotesi: che il lavoratore, nelle sue emigrazioni lavorative, sia stato esclusivamente soggetto a legislazioni previdenziali secondo le quali l'im-porto delle prestazioni di invalidità non dipende dalla d u r a t a di un periodo di assicurazione; che il lavoratore sia, invece, stato soggetto a legi-slazioni le quali richiedono un minimo di pe-riodo assicurativo.

Nel primo caso il lavoratore invalido bene-ficerà incondizionatamente delle prestazioni pre-videnziali; nel secondo caso ne beneficerà sol-t a n sol-t o ove abbia compiusol-to il periodo minimo assicurativo, t e n u t o però conto anche dei pe-riodi assicurativi effettuati sotto l'impero delle legislazioni previdenziali di altri Stati-membri. Particolari disposizioni, a vantaggio del lavoratore invalido, si h a n n o nel caso di aggra-v a m e n t o dell'inaggra-validità; in linea di principio la maggior previdenza conseguente all'aggrava-m e n t o sarà a carico dell'istituzione previden-ziale presso la quale il lavoratore era assicurato al m o m e n t o dell'infortunio, ancorché l'accerta-m e n t o dell'aggraval'accerta-mento e la l'accerta-materiale cor-responsione in n a t u r a o in denaro — salvo rim-borso — venga f a t t a dall'istituzione previden-ziale dello S t a t o - m e m b r o dell'attuale residenza del lavoratore invalido.

c) N e l l ' a m b i t o delle assicurazioni per vec-chiaia o per morte (pensione ai superstiti) si p r o s p e t t a il caso che il lavoratore sia s t a t o sog-getto, nella sua vita lavorativa, alle diverse legislazioni previdenziali di due o più

Stati-membri. In questo caso l'interessato deve pre-sentare domanda di liquidazione all'istituto competente, cioè dello Stato del suo ultimo lavoro, che provvederà alle operazioni di liqui-dazione rispetto a t u t t e le legislazioni alle quali il lavoratore è stato soggetto; questa disposi-zione tende a far beneficiare il iavoratore, al fine della liquidazione, di t u t t i i periodi lavora-tivi trascorsi sul territorio dei diversi Stati-membri. Si afferma, infatti, che se la legisla-zione di uno Stato-membro subordina l'acqui-sizione, il mantenimento o il ricupero del diritto alle prestazioni al compimento di periodi di assicurazione, si deve tener conto, nella misura necessaria, dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione di ogni altro Stato-membro « come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica ». È anche pre-visto il caso che, per l ' a u m e n t o del costo della vita o per altre cause, le prestazioni previden-ziali siano a u m e n t a t e in percentuale (per es. sia a u m e n t a t a la pensione di vecchiaia o quella d a t a ai superstiti del lavoratore defunto); in tal caso l ' a u m e n t o predisposto dall'istituzione previdenziale competente viene elargita a t u t t i gli aventi diritto, ancorché stranieri e ormai residenti nel territorio di altro Stato-membro. d) Nell'ambito delle assicurazioni degli infortuni sul lavoro e delle malattie professio-nali, le prestazioni in n a t u r a od in denaro sono erogate al lavoratore i n f o r t u n a t o da p a r t e del-l'istituzione competente, che è quella presso la quale il lavoratore migrato era obbligatoria-mente assicurato al m o m e n t o dell'infortunio o dell'insorgenza della m a l a t t i a professionale; queste prestazioni saranno erogate secondo le disposizioni della legislazione dell'istituzione competente e quindi secondo le modalità e l'importo stabilito dalla medesima. Se però il lavoratore i n f o r t u n a t o è r i t o r n a t o nel suo S t a t o nazionale o c o m u n q u e risiede in uno S t a t o di-verso da quello in cui ha sede l'istituzione onerata, l'erogazione delle prestazioni, cui egli iia diritto, saranno effettuate, per conto del-l'istituzione onerata, daldel-l'istituzione dello S t a t o di sua sede «secondo le disposizioni della legi-slazione dell'istituzione del luogo di residenza, come se il lavoratore fosse ad essa iscritto ».

e) Nell'ambito delle assicurazioni di

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Poiché alcune legislazioni subordinano la acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni di disoccupazione ad un periodo minimo di assicurazione, il Regolamento dispone che, anche in questo caso, si computino i periodi di assicurazione o di occupazione com-piuti sotto la legislazione di ogni Stato-membro « come se si trattasse di periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione che l'istituzione competente applica ».

Poiché i contributi di disoccupazione, in varie legislazioni, sono proporzionali all'am-montare delle retribuzioni percepite, si tiene conto, per la corresponsione del contributo, esclusivamente della retribuzione riscossa dal-l'interessato durante l'ultima occupazione che ha esercitato nel territorio dello Stato-membro in cui il suo lavoro si era esplicato; se l'istitu-zione competente varia il contributo di disoc-cupazione in relazione al numero, all'età e alla salute dei familiari a carico del lavoratore, l'istituzione onerata dovrà ugualmente conside-rare, in favore del lavoratore migrato, i familiari che risiedono nel territorio di un'altro Stato-membro. Ancora: il lavoratore disoccupato, be-neficiario di un contributo di disoccupazione elargitogli dall'istituzione previdenziale di uno Stato-membro, lo mantiene ancorché si rechi nel territorio di altro Stato-membro per tro-varvi una nuova occupazione. Questo eccezio-nale beneficio è condizionato ad alcune prescri-zioni per evitare abusi e non può protrarsi oltre tre mesi dal giorno in cui l'interessato ha cessato di essere a disposizione degli uffici di lavoro dello Stato che ha lasciato (a meno che prima dello scadere di tale periodo rientri nello Stato dell'ultima occupazione).

Altre particolari e minute disposizioni ri-guardano gli assegni familiari elargiti ai lavora-tori occupati e disoccupati, nonché ai loro fami-liari (specialmente agli orfani).

Anche qui valgono i due principi: si compu-tano i periodi di occupazione trascorsi succes-sivamente dal lavoratore nei territori degli Stati-membri al fine dell'acquisizione del diritto alla prestazione previdenziale contemplata dalla

legislazione dello Stato dell'ultimo lavoro; si elargiscono le previdenze — assegni — al lavo-ratore o ai suofiamiliari che ne hanno acquisito il diritto, anche se essi ora risiedono nel terri-torio di un altro Stato-membro, diverso da quello competente all'erogazione.

Gli assegni familiari vengono elargiti dal-l'istituto comjoetente — cioè normalmente dallo Stato del luogo di lavoro, presso la cui istitu-zione previdenziale il lavoratore venne obbliga-toriamente assicurato — sia direttamente ai beneficiari, sia ai medesimi tramite l'istituzione previdenziale dello Stato-membro di residenza (per lo più con l'obbligo di rimborso a questa istituzione da piarte dell'istituzione onerata).

Come si è detto, i Regolamenti comunitari in campo previdenziale pongono unicamente delle norme di coordinazione alle leggi nazionali degli Stati-membri; ciò spiega la complessità e spesso la dubbiosità della normativa. E augu-rabile, però, che sul piano concreto dell'attua-zione, queste norme siano interpretate con lar-ghezza e soprattutto con « buon senso » e se del caso modificate o completate non soltanto nell'interesse dei singoli lavoratori migranti nell'ambito della Comunità, ma soprattutto nell'interesse di una maggiore integrazione eco-nomica e sociale della Comunità stessa.

B I B L I O G R A F I A

Regolamenti del Consiglio CEE sitila sicurezza sociale dei lavo-ratori subordinati migranti: n. 3 del 10-12-1958, in Gazz. U f f . delle Comunità, n. 30 del 16-12-1958, p. 561 segg.;

II. 1408 del 14-0-1971, in Gazz. U f f . , n. 1-19 del 5-7-1971: n. 2864 del 19-12-1972, in Gazz. U f f . , n. 300 del 31-12-1972. V. Contratto di lavoro nel diritto (lei paesi membri della C.E.C.. I.

Collezione di diritto del lavoro, Lussemburgo, 1965. I rapporti tra datori di lavoro e lavoratori sul piano sindacale

- Sessione di studio a Lussemburgo: atti - Collezione di diritto del lavoro, Lussemburgo, 1967.

La giurisdizione del lavoro e la giurisdizione della sicurezza social? nei paesi membri della Comunità Europea - Situa-zione al 1-1-1968 - ColleSitua-zione di diritto d?l lavoro,

Lussem-burgo, 1969.

(23)

Note in

su "Le

margine al convegno

Alpi e l'Europa"

Giampiero Vigliano

Un convegno sulle Alpi promosso, preparato e organizzato con ricchezza di mezzi e di con-tributi scientifici, alcuni dei quali di notevole valore, dalla Regione Lombardia, non può non recare stupore (1). Lo stupore, peraltro, svani-sce quando sia noto l'oggetto del convegno, « Le Alpi e l'Europa »: un orizzonte molto vasto, che abbraccia spazialmente l'intero arco alpino da Mentone-Ventimiglia alla Stiria e interessa le regioni di sei Paesi (Italia, Francia, Svizzera Germania, Austria, Iugoslavia), oltre al piccolo Liechtenstein. L'estensione dell'area, ma di più la sua j}osizione rispetto all'Europa, ed all'Italia in particolare, sembrano spiegare l'iniziativa della Regione Lombardia, alla quale va dato il me-rito di essere riuscita a raccogliere insieme rap-presentanti politici, studiosi e tecnici dei sei paesi citati ed a farli discutere sul medesimo tema in sezioni separate e riunite, per q u a t t r o giorni consecutivi di intenso e pressoché con-tinuo lavoro.

Se c'è recriminazione da fare è sul disincan-t a disincan-t o indisincan-teresse dimosdisincan-tradisincan-to dalle regioni alpine italiane, talune stranamente assenti del t u t t o (Trentino-Alto Adige) o presenti, ma assenti per scarsa o fugace partecipazione ai lavori del Convegno, le altre, Piemonte, Liguria, Val d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, si sono forse sentite prese in contropiede dalla regione meno alpina delle Alpi, e gli è parso di vedersi s o t t r a t t o qualche poco della pretesa di ognuna ad essere più alpina delle altre, o — peggio — non credono affatto nelle Alpi in funzione europea. Vi ha supplito la pre-senza costante del governo italiano, attraverso ministri e sottosegretari, e di uomini di primo piano sulla scena politica del nostro Paese. Segno di maturazione di idee e di responsabilità nei confronti di un problema sulla cui impor-tanza è superfluo insistere.

Nelle pieghe del Convegno, ed all'esterno di esso, non sono mancate le critiche. Certuix© riguardavano il fine nascosto degli organizza-tori, di rilanciare la realizzazione del grande traforo ferroviario dello Spluga, al quale è diret-t a m e n diret-t e indiret-teressadiret-ta Milano: u n a cridiret-tica presdiret-to

rientrata, considerato l'andamento del con-vegno ed il tenore delle relazioni e degli inter-venti, generalmente svincolato da specifici sog-getti; altre manifestavano forti dubbi sull'op-portunità di indire un convegno sulle Alpi, ritenuto contraddittorio rispetto alle scelte go-vernative, protese verso un'incentivazione de-cisa della politica meridionalistica: critica fon-data, ma non del tutto, se si pensa che anche gran parte delle Alpi sono un problema europeo perché costituiscono un patrimonio territoriale che dell'Europa tocca, come s'è detto, ben sei Paesi ed altri ancora che gli sono a margine (Cecoslovacchia, Ungheria), o che ne sono indi-rettamente coinvolti per i motivi più vari (eco-logici, di tempo libero, di attraversamento in ordine alle relazioni economiche e culturali tra gli stati dell'area europea).

Un'ultima critica è stata mossa all'organiz-zazione, che ha consentito poco spazio al dibat-tito ed una circolazione delle informazioni pre-cipitosa e assolutamente inadeguata alla loro mole, lasciando scoperte talora — tramite i relatori ufficiali —- notevoli lacune sul piano scientifico: trattasi di critica perfino ovvia, qua-lora si abbiano presenti le difficoltà insite nello stesso tema e la novità di un convegno siffatto.

Queste critiche principali, tuttavia, non scalfiscono minimamente l'impegno degli orga-nizzatori e il successo (confermato dall'unanime consenso degli stranieri presenti) dell'intelli-gente iniziativa.

Dopo le premesse, d'obbligo per capire il senso del Convegno, tenterò una panoramica dei lavori soffermandomi specialmente sulle re-lazioni che sono riuscito a seguire personal-mente.

Nella relazione i n t r o d u t t i v a il direttore scientifico del Convegno, Piero Ugolini, ha tracciato un ampio quadro dello sviluppo sto-rico, etnologico, economico, politico-culturale e sociale della zona alpina prendendo in esame i punti pili qualificanti delle diverse relazioni

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sentate dagli esperti. Il nocciolo del discorso è consistito nella proposta di formare nelle Alpi « una città alpina, cioè un sistema di co-municazioni aperte, che permetta di prevedere una grande città-regione e più città-regioni in-terrelate », capace di reagire positivamente agli attentati cui è stato sottoposto di recente il tessuto storico del territorio in questione. La proposta, ripresa e sviluppata da qualche altro relatore, è stata in seguito spiegata con la tra-duzione della locuzione « città-alpina » per ef-fetto città esteso all'area alpina. Ci si è resi quindi ragionevolmente conto che una « città delle Alpi » è un non senso storico, geografico economico, socio-culturale, a causa della com-plessità orografica dell'area, delle enormi dif-ficoltà che si oppongono all'intrecciarsi di rela-zioni all'interno di essa, specialmente tra le parti più lontane, separate da aspre barriere montuose. La lunga introduzione dell'Ugolini ha dato la misura dell'imponente sforzo com-piuto nella preparazione del Convegno e dell'ap-porto dato ad esso dagli studiosi che vi hanno collaborato.

Tra le relazioni ufficiali presentate nelle tre sezioni in cui era diviso il Convegno (storia, geografia e cultura; economia ed ambiente; istituzioni politiche e regionalismo) merita segnalare quelle di Georges Duby, storico me-dievalista del Collège de France; di Siro Lom-bardini dell'Università di Torino; di Paul Gui-chonnet, dell'Università di Ginevra; di Giorgio Rota, dell'Università di Torino; di Alfons Gop-pel, Presidente del Consiglio dei Ministri della Eaviera-Monaco.

Georges Duby ha messo in luce le costanti culturali che contraddistinguono storicamente le qualità della vita delle popolazioni alpine, pur nella diversità dei gruppi etnici che le com-pongono e delle vicende storiche che gii fanno da contrappunto. Nel rilevare le influenze poli-tiche, economiche, culturali esercitate dalle re-gioni perialpine su quelle alpine, ritiene però che un peso ben maggiore abbiano avuto quei poli d'influenza secondaria situati nell'area prealpina e pedemontana che costituiscono tut-tora, spesso, il tramite naturale tra le Alpi e la circostante pianura. Suggerisce una serie di ri-cerche, da svolgersi sistematicamente nell'tero arco alpino, sullo sviluppo economico in-terno delle Alpi, sulle frontiere politiche e 110, sull'influenza della cultura alpina. La sezione storica, che si è avvalsa di contributi molto qualificati (tra gli altri quelli di Cinzio Violante, Carlo Eattisti, Corrado Grassi), ha rappresen-tato la vera novità del Convegno; il f a t t o che si siano accostati, una tantum, gli storici, gli antropologi, i linguisti agli economisti ed ai

giuristi, può assumere il significato di una svolta metodologica nell'approccio alle problematiche territoriali. Appare quindi più che giustificata l'attesa degli Atti del Convegno per conoscere meglio la posizione di questi esperti nel dibat-tito milanese sulle Alpi, anche se fin d'ora mi sembra pienamente condividibile l'opinione del Duby che « attraverso lo studio del passato si può meglio operare sul presente ».

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non superficiale del territorio ed una capacità di sintesi straordinaria. Se mancano queste due condizioni il rischio degli infortuni è assai alto e ci si presta ad ipotizzare soluzioni cosi in contrasto con la realtà territoriale da apparire a prima vista astratte e infondate. Il relatore ha rimediato, nella replica conclusiva, con pre-cisazioni e chiarimenti che hanno temperato e puntualizzato il primo intervento. È partico-larmente piaciuta l'affermazione che « le Alpi minacciano di scomparire come realtà fisica e culturale »: una ammissione onesta e grave, alla quale ha fatto seguito una proposizione interessante: «Le Alpi non possono trasfor-marsi in un deserto, ma neppure possono essere un luogo di sviluppo spontaneo, destinato a trasformarle in un concentramento di mega-lopoli turistiche ». Di qui l'esigenza di fare delle Alpi un sistema equilibrato, suddividibile in sottosistemi tra loro differenziati in modo da conservare la permanenza dell'equilibrio. Spiace solo annotare una certa qual indifferenza del relatore, forse male intesa dall'estensore di questi appunti, circa i problemi dell'ambiente e dei valori culturali, spaziali ed aspaziali, pre-senti nelle Alpi. I caratteri del territorio alpino non ammettono, infatti come asserisce Lom-bardini, che di essi se ne salvino alcuni ed altri no: lo sviluppo, dovunque avvenga, non può attuarsi né contro né a spese dell'ambiente e men che mai delle culture locali. Quando ciò si verifica è segno che non si ha sviluppo ma semplice crescita, con t u t t i i pericoli che qua-lunque crescita comporta. Né sembra sufficiente, per le Alpi, auspicare un'organizzazione di un certo tipo (ma quale tipo?) del territorio, perché non di un territorio qualsiasi si t r a t t a , come as-sai opportunamente ha evidenziato Guichonnet nella sua relazione, carica di spunti di forte efficacia proprio sulla delicatezza dell'ambiente alpino.

Nel suo intervento sui problemi della difesa del suolo e dell'ambiente Guichonnet è stato molto esplicito nel denunciare i grossi pericoli che incombono sulle Alpi, minacciate da inter-venti poderosi, infrastrutturali e turistici, che già si ripercuotono negativamente — dove realizzati ad esclusivi scopi di profitto e di mera funzionalità — sull'equilibrio ecologico di vaste zone. Il suo monito, garbato e privo di quegli accenti apocalittici che spesso caratterizzano futurologi ed ecologi, era rivolto ai politici ma anche ai tecnocrati malati di efficientismo ad oltranza, pronti a sacrificare ciò che capita pur di fare l'autostrada, la galleria, la grande sta-zione invernale, la diga c via discorrendo, perché il progresso lo esige. Guichonnet, che è di ben diversa opinione, ha gettato un allarme

tra codesti propugnatori di civiltà « sui generis ». Dubito però che sia riuscito a scuoterne la son-nolenza culturale, come ebbe poi a dimostrare la penultima giornata del Convegno, quasi in-teramente occupata da canti traforaioli di fer-rovieri e autostradini. È bene precisare, a questo punto, che non c'è motivo di prendersela in modo particolare né con gli uni né con gli altri, quanto piuttosto con quelli di essi che ancora non sono riusciti ad orientare i loro pen-sieri secondo una visione più aperta, che tenga conto delle esigenze prioritarie di una società civile (non necessariamente costituite da grandi strade e da veloci ferrovie) e dei problemi del territorio in generale. Se da parte dei tecnici ci fosse maggior coscienza del rispetto dell'am-biente e della pericolosità che determinati inter-venti costruttivi possono avere nei confronti del territorio, molte critiche sarebbero rispar-miate ed i benefìci della collettività perdereb-bero quel carattere di temporaneo che invece ci è dato solitamente di constatare. Questo mi è parso di cogliere al fondo della lezione di Guichonnet.

Louis Reboud, dell'Università di Grenoble, ha sviluppato la sua relazione sul tema « Svi-luppi industriali delle Alpi » partendo dal pre-supposto che l'avvenire dell'area alpina chiama in causa l'industria e le scelte politiche delle regioni che vi sono comprese. L'Europa, ha detto, è sempre più inquinata e deve preservare

alcune zone destinate al riposo e al turismo. A

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debbono sentirsi impegnati. Se sta bene, per-tanto, che le Alpi assolvano la fondamentale funzione di luogo di riposo e di turismo e, ag-giungo, di spazio di riequilibrio ecologico, ciò non esclude affatto che non si debba intervenire laddove, per tropjno tempo e per eccesso di opportunistici calcoli, le alterazioni ambientali presentano caratteristiche patologiche e paros-sistiche, quindi in primis nelle aree metropo-litane. Per salvare le Alpi al riposo ed al turismo non condanniamo le grandi concentrazioni ur-bane, che pur sono parte della realtà, ad una morte per rinuncia !

La critica ora esposta alla relazione di Reboud, e di altri che hanno t r a t t a t o lo stesso argomento, ha avuto ampia eco nell'intervento di Giorgio Rota sul « Turismo alpino »: un inter-vento assai documentato che, dopo aver analiz-zato con ricchezza di dati il fenomeno turistico nell'arco alpino, trae la conclusione che « è necessario giungere ad una vera e propria orga-nizzazione non solo turistica ma anche degli interventi e delle varie attività », con « una nuova politica del turismo che compensi gli eventuali danni con i maggiori vantaggi sociali ».

L'opinione di Rota è che occorre far vivere le aree del tempo libero rivalutando l'ambiente alpino da un lato e salvando le città dall'altro, « dotando queste ultime di verde, parchi, im-pianti sportivi, aria pulita che oggi invece i cittadini devono andare a cercare altrove ».

Le Alpi non devono più essere un luogo di irre-sponsabile evasione, ma un territorio da tutelare, da comprendere e da usare con rispetto. Il

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