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La qualificazione giuridica delle prestazioni di previdenza complementare nella giurisprudenza della Corte di Giustizia CE.

I profili di contraddizione fra la tesi ricostruttiva della Corte Costituzionale e l’evoluzione della disciplina della previdenza

R., op ult cit., pag 93, che in particolare precisa come l’obiettivo di un più elevato

15. La qualificazione giuridica delle prestazioni di previdenza complementare nella giurisprudenza della Corte di Giustizia CE.

Oltre che per i vari profili di contraddizione, emergenti dal quadro degli interventi normativi in materia di previdenza complementare finora messi in luce, l’originaria configurazione della previdenza complementare delineata dal legislatore con il D. lgs. 124/1993 e sostenuta dalla Corte Costituzionale, mostrerebbe la propria incoerenza anche alla luce della qualificazione retributiva e non previdenziale dei contributi e delle prestazioni dei fondi complementari adottata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE .

Tale qualificazione discende da una serie di pronunce relative all’applicazione dell’art. 119 del Trattato di Roma che, pur essendo testualmente riferito alla parità retributiva267, è divenuto espressione del

generale principio di non discriminazione tra lavoratori e lavoratrici 268.

266 Sulle previsioni del testo originario della legge Finanziaria e sull’iter che ha preceduto l’approvazione del testo definitivo, cfr. Santoro Passarelli G., op. ult. cit., pag. 980-981.

267 Sul principio di parità retributiva cfr. Roccella M. e Treu T., “Diritto del Lavoro della Comunità Europea” Padova, Cedam 1995, pag. 241 e segg.

Per quel che qui rileva, la norma citata accoglierebbe una nozione di retribuzione particolarmente ampia269 (Confermata dall’attuale art. 141 TCE),

identificabile con “ tutti i vantaggi pagati direttamente o indirettamente dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo”.

Sulla base di tale nozione e con l’intento di rendere più pervasivo possibile il principio di parità di trattamento dalla stessa tutelato, la Corte di Giustizia ha inteso ricomprendere entro tale principio anche le prestazioni e i contributi pagati dal datore di lavoro a fondi pensione sia sostitutivi che integrativi e complementari di quelli istituiti dalla previdenza pubblica270.

In particolare la Corte avrebbe fatto discendere la natura retributiva di tali ultime attribuzioni dal fondamento contrattuale e non legale che dovrebbe attribuirsi alle contribuzioni e alle prestazioni erogate dai fondi, nonché dalla considerazione per cui esse proverrebbero dal datore di lavoro, anche se attraverso il fondo. In tal senso esse finirebbero per incidere, sostanzialmente “ sull’ammontare della retribuzione (lorda) erogata al lavoratore”; ciò nonostante la legge permetta che tali pensioni sostituiscano quelle dovute in virtù del sistema legale e che quindi si integrino nel sistema di previdenza sociale 271.

269 In particolare, il concetto di retribuzione accolto dall’art. 119 comprenderebbe non solo la retribuzione minima o normale ma anche qualsiasi altro compenso corrisposto direttamente o indirettamente, in denaro o in natura dal datore di lavoro in dipendenza del rapporto di lavoro. Sul punto cfr. Roccella M. e Treu T., op. ult. cit., pag. 244.

270 Corte Giust., 6 febbraio 1996, Lewark, C-457/93, in Racc., G. C ., 1996, I, pag. 243; Corte Giust., 28 settembre 1994, Beune, C- 78/93, in Racc., G. C ., 1994, I, pag. 4471; Corte Giust., 28 settembre 1994, Coloroll Pension Trustees Ltd. C. Russel e altro, C-200/91, in Notiz. Giur. Lav., 1995, pag. 338; Corte Giust., 6 ottobre 1993, Ten Oever, C-109/91, in Racc., 1993, pag. 1463; Corte Giust., 18 settembre 1984, Liefting, c-23/83, in Racc., 1984, pag. 3225; Corte Giust., 11 marzo 1981, Worringham, C. 69/80, in Racc. G. C., 1981, pag. 767. In particolare, in tale ultima pronuncia la Corte ha affermato che: “ il contributo ad un regime di pensione versato dal datore di lavoro per conto dei dipendenti mediante un importo complementare dello stipendio lordo e concorra pertanto a determinare l’importo di detto stipendio costituisce una “retribuzione” ai sensi dell’art. 119, comma 2, del Trattato CEE”.

Secondo la Corte di giustizia in particolare, ai fini del riconoscimento della natura retributiva della contribuzione versata ai fondi pensione, deve aversi riguardo al fatto che la contribuzione e la pensione hanno in questi casi fondamento contrattuale e non legale; essi provengono dal datore di lavoro, anche se per il tramite del fondo, venedo quindi ad incidere sull’ammontare della retribuzione lorda erogata al lavoratore anche se la legge permette che tali pensioni sostituiscano quelle dovute in virtù del sistema legale e che quindi si integrino nel sistema di previdenza sociale. Sul punto cfr.

Roccella M. e Treu T., op. ult. cit., pag. 252.

Tale allargamento del concetto di retribuzione, pur finalizzato all’estensione del principio di parità retributiva a vantaggio di una non discriminazione tra uomini e donne nel mondo del lavoro, non può che avere dei riflessi sul tradizionale dibattito sorto in ordine alla qualificazione giuridica delle somme versate ai fondi pensione complementari, dal quale ha avuto origine la teorizzazione di un legame funzionale tra previdenza pubblica e previdenza complementare ad opera della Corte Costituzionale272.

Infatti l’art. 119 nonostante si riferisca esplicitamente ai singoli Stati, darebbe origine, secondo quanto ritenuto dalla Corte, a situazioni giuridiche attive e giustiziabili davanti alla magistratura nazionale nei confronti delle varie possibili discriminazioni, indipendentemente dall’attivarsi del legislatore nazionale273. Esso, così come interpretato dalla Corte di Giustizia, sarebbe

pertanto direttamente efficace nell’ordinamento interno.

L’obbligo per questi ultimi di conformarsi alla qualificazione retributiva e non previdenziale dei contributi e delle prestazioni dei fondi complementari adottata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE discenderebbe peraltro anche dalle previsioni dello stesso art. 117 Cost. nel testo vigente che vincola la potestà legislativa dello Stato sia nelle materie di competenza esclusiva statale , sia in quelle di competenza concorrente al rispetto all’ordinamento comunitario e agli obblighi internazionali.

Per tali ragioni, la norma nazionale o l’interpretazione di essa che sia incompatibile con la normativa comunitaria, violando gli "obblighi

272 Al contrario Pessi R. , “ La previdenza complementare.”, op. cit., cap. I, passim sostiene che la giurisprudenza comunitaria in materia di parità retributiva non sarebbe utile a risolvere le problematiche sorte nel nostro ordinamento aventi ad oggetto la questione della natura dei versamenti effettuati alle forme pensionistiche complementari.Dello stesso avviso Zampini G., “La previdenza complementare. Fondamento…”, op. ult. cit., pag. 234 e segg.

273 Fra le altre cfr. Corte Giust., 17 ottobre 1989, C. 109/88, Handels-og Kontorfunktionaerernes Forbund i Danmark v. Danfoss, in Quad. Lav., 1990, 7, pag. 211 e segg. Cfr. Corte Giust. 11 marzo 1981, cit. In particolare, con tale ultima sentenza la Corte ha statuito: “ L’art. 119 del Trattato può essere fatto valere dinanzi ai giudici nazionali e questi devono garantire la tutela dei diritti che detta disposizione attribuisce ai singoli, in particolare nel caso in cui, in ragione dell’obbligo incombente ai soli lavoratori di sesso maschile o ai soli lavoratori di sesso femminile di contribuire ad un regime di pensione, i contributi di cui trattasi vengano versati dal datore di lavoro per conto del dipendente e prelevati sullo stipendio lordo di cui determinano il livello”.

internazionali" di cui all'art. 117 comma 1, violerebbe per ciò stesso tale parametro costituzionale 274.

16. Osservazioni conclusive: è ancora attuale l’idea di una