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Qualità della produzione vivaistica e tecniche d’impianto delle piante ornamentali

5 LA FITORIMEDIAZIONE DEI SUOLI INQUINATI E LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE

6.2.1 Qualità della produzione vivaistica e tecniche d’impianto delle piante ornamentali

La riuscita di un impianto vegetale è talmente condizionata dai rapporti che si instaurano tra pianta e terreno che è prioritario fornire una visione generale, anche se sintetica, della complessità di tali rapporti a partire dalle più recenti esperienze in corso. Se è vera la concezione unitaria che unisce materiali di piantagione-substrati-tecniche d’impianto nel quadro della fertilità agronomica e se le complesse esigenze del terreno e delle piante saranno ben intese e valutate nella loro essenza agronomica e biologica, i tecnici del settore potranno, con intelligente intuizione, trarre dalle direttive generali che saranno fornite dai risultati del progetto RISVEMl progetto, quelle ulteriori deduzioni particolari che consentiranno loro di adeguare, ambiente per ambiente, la tecnica colturale al livello di una sempre maggiore razionalità.

6.2.1.1 Sistemi di qualità e standard delle produzioni vivaistiche

Oggi appare inaccettabile l’impiego di piante disformi, scarsamente vigorose, incapaci di sopravvivere a lungo in un ambiente già di per sé poco adatto allo sviluppo della vegetazione, soprattutto se tale utilizzo viene rapportato ai servizi che vengono richiesti alla vegetazione stessa e al notevole investimento che il verde ornamentale comporta, sia in termini economici che di uso del territorio.

Il problema qualità si presenta nel momento in cui si trovano a confronto le figure economiche del compratore-utilizzatore e del venditore-produttore. Tale scambio prevede sempre una valutazione di tipo qualitativa e quantitativa, effettuata però con ottiche diverse: chi compra, infatti, guarda ai bisogni, mentre chi vende bada ai propri obiettivi di produzione e, conseguentemente, di redditività.

Nel linguaggio comune si associa alla parola qualità un significato diverso in funzione del contesto di utilizzo e dell’oggetto al quale si riferisce. Due sono, comunque, i significati preponderanti:

• qualità come caratteristica; • qualità come valore.

Il primo termine (qualità espressa) fa riferimento alla conformità del prodotto a specifiche tecniche, ossia all’utilizzo di regole precise nelle diverse fasi della lavorazione del prodotto. Il secondo (qualità implicita) interpreta il concetto di qualità come funzionalità e capacità del prodotto di rispondere alle esigenze del fruitore. Il prodotto deve avere un valore, deve cioè essere valutabile inequivocabilmente.

Per la definizione della qualità espressa delle piante ornamentali, di norma si prende in esame una serie di fattori, che, nel loro insieme, dovrebbero guidarci nella scelta delle piante (Ferretti, 2001b). É facile rilevare che questa “lista” di caratteristiche assomiglia in parte ad una prima, certo incompleta, bozza di “standard di produzione” così come verrà meglio illustrato successivamente.

• Parametri biometrici: in particolare altezza della pianta e circonferenza del fusto; l’altezza, rilevata tra il colletto e l’apice della pianta costituisce un elemento di valutazione rilevante, tanto che il prezzo di molte specie arboree viene stabilito per classi di altezza (es. 2,00-2,50 m; 3,50-4,00 m). Anche la circonferenza del fusto, rilevata solitamente a 1 m dal colletto, rientra tra gli elementi di valutazione di una specie arborea (es. 18-20 cm; 20-22 cm). Risulta comunque evidente che, a parità di misure, le piante possono presentare caratteristiche di forma, di ramificazione, di densità di chioma molto diverse, tanto da determinare differenti valutazioni.

• Conformazione e densità di ramificazione: la conformazione fa riferimento alla struttura scheletrica più o meno aderente alla pianta tipo e ad una certa simmetria generale; la densità di ramificazione è un parametro che esprime la quantità di rami e branche che caratterizza la pianta. A parità di altri elementi di valutazione, una elevata densità di ramificazione incrementa notevolmente il pregio ornamentale, soprattutto nelle specie arbustive.

• Colore e lucentezza del fogliame: rientrano negli elementi di immediata valutazione e fanno parte di quel modo di valutazione sintetica delle piante (“colpo d’occhio”) ancora molto usato in particolare dagli esperti di settore.

• Caratteristiche dell’apparato radicale: è questo, probabilmente, il fattore di qualità più importante ma anche di più difficile trattazione a causa della difficoltà di osservare e monitorarne lo sviluppo in campo (Erez, 1999).

Appare difficile definire univocamente la qualità di una pianta, caratteristica che possiamo sinteticamente enunciare come “il grado di risposta agli obiettivi per cui viene impiegata; dove i principali obiettivi sono da considerarsi la sopravvivenza e la crescita” (International Union of Forest Research Organizations, 1979, in Ciccarese, 1997). Questa definizione non tiene, tuttavia, conto di un altro obiettivo da perseguire in ambiente urbano: quello estetico-ornamentale. Infatti, mentre esistono dei mezzi e dei parametri noti per valutare la qualità sanitaria e genetica – quest’ultima grazie anche alle nuove tecnologie d’indagine a livello molecolare – non si può affermare altrettanto per la qualità agronomica (o morfofunzionale) delle piante che, storicamente basata sull’apparenza, considera raramente le caratteristiche quantitative.

A tale osservazione si aggiunge il fatto che, come riportato da Vavassori (1998), fino alla fine degli anni ‘80, la mancanza di un regolamento di produzione valido a livello nazionale – associato ad una domanda interna di prodotto poco specializzata e poco esigente in termini di standard tecnici qualitativi – ha indotto le aziende vivaistiche ad attuare una produzione generica, rispondente alla necessità della clientela locale. Al contrario, da qualche anno a questa parte, i tecnici e i ricercatori del settore riconoscono alla qualità agronomica delle piante un ruolo determinante nel successo degli impianti in aree urbane, come dimostra la lunga serie di ricerche e di studi svolti su questo argomento, soprattutto all'estero.

Diventa, perciò, indispensabile arrivare anche in Italia, il paese più interessato in questo momento a livello europeo allo sviluppo di questo particolare settore, ad una definizione di “standards” produttivi che siano di riferimento per gli addetti ai lavori di diversa formazione e consentano di semplificare la valutazione ed il commercio delle specie legnose. La creazione di standards di prodottocostituisce il presupposto fondamentale per una loro utilizzazione sia a livello di prodotto che di sistema, elementi attualmente considerati come la “nuova frontiera” della qualità di ogni comparto produttivo.

Oggi esistono diversi standards di prodotto messi a punto in differenti Paesi, a partire da condizioni colturali e ambientali altrettanto diversificate. È evidente che il concetto di standard di produzione non risulta intrinsecamente connesso al concetto di qualità di produzione, ma è altrettanto evidente che la definizione (e l’adozione) di tali standards rappresenta un importante prerequisito per

il mantenimento di produzioni di elevata qualità. Dal 1997 è, inoltre, disponibile il risultato di un lungo lavoro, svolto in sede di coordinamento europeo tra Associazioni nazionali dei produttori florovivaisti, riguardante l'individuazione di standard per le piante ornamentali da vivaio. Tutti questi standard sono sufficientemente articolati e definiti e permettono un raffronto che conduce, da una parte ad una sempre maggiore integrazione e, dall'altra fa tesoro delle esperienze maturate nei diversi Paesi con l'obiettivo di rendere sempre più efficiente il sistema.

È possibile, perciò, individuare nell'ambito del processo che porta alla definizione di uno standard, alcuni punti fondamentali che possono essere così riassunti:

• individuazione e condivisione tra gli interessati delle motivazioni che fanno riconoscere la necessità di creare uno standard;

• individuazione, definizione e accettazione delle norme tecniche da inserire nello standard; • applicazione e rispetto dello standard.

È evidente, soprattutto in caso di applicazione volontaria, che la condivisione delle finalità, degli obiettivi e delle modalità tecnico-applicative tra tutti gli operatori interessati, rappresenta lo snodo fondamentale per la creazione di uno standard.

Gli standard produttivi ai quali fare riferimento sono quello americano e quello europeo. Il sistema americano, sviluppato dall’Associazione dei vivaisti americani (fondata nel 1875), ha visto la luce nel 1923 ad opera di un comitato tecnico insediato nel 1921 e da allora attivo allo scopo di effettuare periodiche revisioni e aggiornamenti dei criteri adottati. Il sistema europeo è molto più recente ed articolato, in quanto sta cercando di armonizzare norme di paesi diversi (Francia, Germania e Olanda, in particolare); tra i due sistemi si nota una sostanziale differenza:

1. Il sistema americano tende a risolvere i problemi nella maniera più diretta e semplice possibile, correndo anche il rischio di essere a volte troppo schematico.

2. Il sistema europeo, al contrario, risente della necessità di armonizzare articolate esperienze precedenti in quadri di sintesi spesso troppo dettagliati per essere efficacemente applicabili. In ogni caso, l’adozione diffusa di un sistema di standard produttivo, sia esso il modello europeo o una sua forma semplificata, porterebbe sicuramente benefici alla qualità del materiale prodotto, dato che per ogni categoria di piante identificata sono definiti una serie di requisiti tecnici minimi di rilevante portata. Ad esempio nell’ambito del gruppo “piante arboree”, gli standard tecnici europei, indicano con chiarezza il numero di trapianti che devono essere effettuati durante la coltivazione in

vivaio (almeno uno ogni 3 anni) vincolando il vivaista che aderisce volontariamente a questi standard ad una gestione buona, se non ottimale, del materiale in produzione.

La creazione e l’impiego di uno standard tecnico di prodotto è a sua volta un presupposto fondamentale per l’adozione di standard di sistema produttivo, cioè i “sistemi qualità”. Tra questi uno dei più conosciuti e applicati è la certificazione UNI EN ISO 9002, certificazione di qualità a norme europee, che garantisce il rispetto di tutte le norme di qualità e la conformità dei prodotti ai requisiti definiti aiutando il consumatore nell’acquisto. Essa rappresenta il riconoscimento formale di una serie di scelte fatte dall’azienda, soprattutto relative alla qualità del prodotto, del processo produttivo e della stessa certificazione aziendale. Il produttore può essere spinto a certificare la propria azienda sia per aumentarne la competitività sul mercato, sia per specifiche esigenze di contratto di vendita, laddove l’acquirente stabilisce il tipo di sistema di qualità da adottare (es.: grandi committenze per lavori di opere a verde).

In generale tutte le norme della serie ISO 9000 si riferiscono alla capacità dell’azienda di rispettare precise prescrizioni (interne ed esterne, comprese quelle dettate dalle norme tecniche e dalla prescrizioni di legge) in tutte le fasi produttive:

• controllo delle materie prime

• controllo di ogni fase del processo di produzione • controllo del prodotto finito

• logistica delle operazioni

• ricerca responsabili di ogni operazione (anche imballaggi, spedizioni e installazione).

La corretta applicazione delle norme della serie ISO 9000 dà diritto all’azienda di ottenere da un ente accreditato la certificazione della qualità dell’azienda. Con questo atto l’ente certificatore dichiara che un determinato processo, servizio o sistema di qualità aziendale è conforme alle norme od alle regole ad esso applicabili.

Avremo tre tipi di certificazione:

1. certificazione di prodotto: attuata per mezzo di uno più laboratori che effettuano le prove di conformità e di un organismo che controlla la permanenza nel tempo della conformità, prelevando campioni dalla produzione o sul mercato o sottoponendoli a prove di laboratorio;

2. certificazione del personale: attuata per mezzo di un organismo che controlla le caratteristiche del personale impiegato nell’attività aziendale, e quindi si richiede istruzione, addestramento, esperienza e professionalità;

3. certificazione del sistema qualità: attuata per mezzo di un organismo che valuta l’idoneità e la permanenza nel tempo delle caratteristiche del sistema di qualità dell’azienda, applicando lo schema adatto al settore produttivo considerato.

In definitiva per ottenere la certificazione serve un lavoro complesso di analisi di tutto quello che fa parte dell’azienda, a cominciare dal materiale per produrre la pianta fino all’analisi dei costi e dei benefici che possono toccare l’azienda. Per il vivaista il primo importante effetto di una certificazione ISO è quindi una conoscenza profonda e dettagliata della propria azienda, della quale è pertanto in grado di vederne i limiti e le potenzialità; questo aspetto è molto importante e, al momento, prioritario anche al fatto di avere un ritorno economico diretto derivante dalla certificazione. Le prime aziende vivaistiche certificate ISO 9002 sono comparse nel 1998, ed al momento ce ne sono diverse un po’ in tutta Italia, mentre molte risultano attualmente in fase di certificazione, a testimoniare un reale interesse dei produttori nei riguardi di questo strumento di qualità.

Lo sviluppo del settore vivaistico in un mercato sempre più internazionale (= globale) e sempre più libero da vincoli e restrizioni di carattere amministrativo, ha inevitabilmente messo in luce la necessità di disporre di punti di riferimento (lo "standard" appunto) condivisi e accettati da tutti, per la chiara identificazione delle categorie e delle caratteristiche di prodotto, delle modalità di produzione e di commercializzazione.