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3.1.2 Pertinentizzazione

Questi quattro arredi urbani sono stati installati tra il 2007 e il 2010, attraverso un progetto ideato e portato avanti dal gruppo artistico Kinkaleri, in collaborazione con Xing e F.I.S.C.o – Festival Internazionale sullo Spettacolo Contemporaneo. Il progetto, sviluppato di anno in anno, prende il nome di “W. Una nuova insegna della città”. Alla posa di ogni cartello vengono affiancate numerose attività ed eventi, spettacoli e performance rivolti al pubblico, con l’obiettivo di coinvolgerlo in questo processo di trasformazione territoriale portato avanti attraverso la costruzione di oggetti di arte pubblica. La posa di ogni cartello viene intitolata attraverso un termine che inizia con la lettera “W”; ogni titolo viene accompagnato di anno in anno con lo stesso sottotitolo: “intuizioni sul mondo in attesa che diventino una costruzione compiuta”. Per insegna in questo caso si intende “un’insegna rossa con una W bianca (un cartello come quelli davanti le entrate della Metro, ma invertito, rovesciato)”148

.

Questo primo caso offre la possibilità di sperimentare ed esporre i risultati derivanti da procedure condotte attraverso due tecniche di osservazione: la prima tecnica è quella di osservazione etnografica, che permette l’analisi del comportamento dei quattro cartelli rispetto all’ambiente urbano nell’arco del lavoro di campo; la seconda è quella di analisi e osservazione netnografica delle articolazioni di senso attraverso cui poter leggere e definire “W” come “oggetto urbano di arte pubblica”.

Attraverso l’osservazione e la validazione di procedure analitiche ciò che appare come dato naturale è in realtà già costruito a partire, semmai, da una griglia formale implicita che già organizza il dato naturale in una semiotica non scientifica. I modi attraverso cui gli arredi urbani vengono disposti, la scelta di stili grafici precisi può essere una possibilità di iniziare a introdurre il caso di “W” come un fenomeno sincretico costruito attraverso processi impliciti e procedure esplicite di simbolizzazione. In quanto tale “W” può essere letto come fenomeno di natura e cultura urbana, dove dualismo è oggetto di processi e procedure di simbolizzazione articolabili semi-simbolicamente. L’installazione di questi quattro arredi è definibile come oggetto sia in quanto artefatto che come oggetto generato da procedure di lettura. Vi è dunque una condizione di sincretismo discorsivo tra istanze, definibili attraverso un discorsi condotti su base estetico-territoriale.

Queste istanze, che si definiscono in base a un discorso territoriale, definiscono a loro volta le insegne W come un “oggetto di arte pubblica”, dunque generato da processi sincretici di discorsivizzazione estetico-artistica e urbana e territoriale.

La “W” è altresi oggetto di un dialogo possibile, attraverso cui interagire con altre istanze urbane1

. La possibilità di interazione ha come obiettivo l’acquisto, da parte di una comunità pubblica, dell’oggetto di arte pubblica.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 148

Un cartello, in quanto artefatto è uno dei possibili elementi attraverso cui il tessuto urbano viene edificato, regolato e scritto, in base alle esigenze di gestione del territorio. È il caso della città la cui forma manifesta una teoria implicita relativamente alla gestione e alla struttura di un territorio e della popolazione abitante. Per insegna un artefatto prodotto da un discorso generico; un’insegna è “qualsiasi segno o contrassegno visibile, che sia distintivo di una determinata condizione o serva ad altri di guida” (Vocabolario Treccani Online);

Questa fase di lavoro di campo e analisi è stata condotta ipoteticamente combinando l’approccio etnografico al lavoro di campo volto a svolgere le articolazioni di fenomeni sincretici quali i vissuti – in questo caso i vissuti urbani. Si è proceduto pertanto al controllo di una procedura di indagine, per testare l’adeguatezza di un linguaggio di descrizione elaborato attraverso etnografia, netnografia e analisi, procedendo a una verifica dell’operatività a livello materiale. I cartelli scrivono il territorio e regolano i rapporti tra territorio e abitanti. Un arredo urbano, si inscrive entro l’estensione urbana per apposizione. Il cartello appare come frattura (Greimas 1987) percepita nella continuità del tessuto urbano, che produce un effetto straniante:

• segnala aperture sotterranee a cui l’accesso è inibito

• inverte esplicitamente il senso di un artefatto di wayfinding con effetti di gestione sul territorioe segnala un mezzo di trasporto che a Bologna non c’è, rovesciando il rapporto dell’abitante con il territorio.

La frattura si percepisce soprattutto in relazione alla continuità del tessuto urbano, un sistema di contrazioni ed espansioni, si restringimenti e aperture, di “attese e distensioni” (Greimas 1987, p. 66). La frattura di “W” produce straniamento dell’osservatore come nel passante, i quali allo stesso tempo hanno possibilità di articolare e vivere il senso di appartenenza alla comunità, alla città e al territorio, in base alle relazioni possibili agite da un’istanza come quella di “W”. Per il solo fatto di posizionarsi l’arredo urbano è uno dei possibili punti di intersezione delle relazioni tra ambienti, vissuto e vissuti.

L’apposizione di cartelli ascrivibili all’ambito dell’arredo urbano e del wayfinding produce un cortocircuito. Attraverso un’indagine relativa ad artefatti di questo tipo è possibile comprendere in che modo un fenomeno apparentemente semplice come quello dell’apposizione se inserito entro un sistema di wayfinding, orienta, facilita e organizza il comportamento degli abitanti della città sul territorio.

Con il termine wayfinding, introdotto nel 1960 dall’urbanista statunitense Kevin Lynch, si intende il processo attraverso cui persone e animali si orientano in un ambiente fisico, spostandosi in modo efficace, efficiente e soddisfacente da un luogo all’altro: da un punto di partenza verso una meta (Zingale, in Steffan 2012, p. 63).

In che modo l’etnosemiotica può contribuire al dibattito sulle relazioni e sui comportamenti di abitanti, popolazione, territorio, analizzando strutturalmente il modo in cui queste due figure entrano in relazione?

Nel saggio Per una semiotica topologica (Greimas 1976 pp. 125-154) si afferma che “la città moderna è ora concepita nei termini di una mitologia profana che l’articola sull’asse

generale euforia vs disforia”. Assumendo questa affermazione metodologica come assioma da

validare, di cui testare la coerenza si è proceduto attraverso una fase deduttiva. Per testare il linguaggio metodologico e formale precedentemente elaborato in ambito di studi e ricerche urbane, si è proceduto a testare l’adeguatezza del linguaggio di descrizione.

Per leggere un fenomeno sincretico sorretto da un dualismo “profano” come una città stabilite alcune isotopie di lettura. I tre discorsi che costruiscono assiomaticamente la città sono i “discorsi sul bello, sul bene e sul vero” (Greimas 1976, p. 133). Sempre assiomaticamente, i tre discorsi sono sorretti da tre sistemi definibili attraverso tre isotopie utili a definire i modelli che articolano la città materiale. I percorsi isotopici proposti da Greimas a livello assiomatico sono: estetico, politico e razionale.

Le procedure di indagine adottate per i test assiomatici si collocano a livello metodologico (test di adeguatezza della categorialità isotopica) e teorico (test di lettura della città come percorso organizzato gerarchicamente attraverso un dualismo di mitologia profana che struttura discorsi, che a loro volta, permettono di leggere etnosemioticamente la città a livello sistematico).

3.1.3 Osservazione indiretta di un fenomeno urbano processuale di arte pubblica

La posa del primo cartello, oggetto del processo “W. Una nuova insegna della città”, prende il nome di “Wanted”149

. Esso viene installato nella primavera del 2007 e fa parte di un progetto costruito su due isotopie principali, articolate e pianificate da un’istanza, il gruppo artistico Kinkaleri. La prima isotopia figurativa del “coinvolgimento”, la seconda della “responsabilità”. Il cartello, visibile, si fa carico di una serie di discorsi apparentemente invisibili, tenuti da diverse istanze al di sotto del manto stradale di via Rizzoli, in un’area dove di solito scorrono solo le acque del torrente Aposa. Una serie di operazioni estetico-artistiche nei pressi del sottopasso dà la possibilità al pubblico e alla comunità di essere coinvolta e responsabilizzata verso un luogo sotterraneo, i cui confini materiali sono delimitati dalla soglia del manto stradale, ambiente spesso interdetto al flusso dei passanti150

.

Il progetto W manifesta un’ambiguità di fondo: se l’insegna in se stessa promuove un senso di appartenenza, le W vengono costruite attraverso un discorso che rovescia questo senso del termine: “Tuttavia l’i-n-s-e-g-n-a è lontana dall’in-segnare qualcosa, dall’indicare un luogo, da sintetizzare un logo, da prestarsi a un no-logo. È segno inesperto”. A rimarcare l’ambiguità di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

149

Coinvolte Siemens Arts Program, Xing e Kinkaleri per l’edizione intitolata “Today is ok” di F.I.S.Co.07.

150

Cfr. le considerazioni riguardanti l’importanza che l’atto di discesa assume relativamente all’oltrepassamento di una soglia come quella del manto stradale, che ha valore di interdizione rispetto alle possibilità di percorrimento dell’ambiente urbano: “[W] si sottrae alla presa della città: osserva immoto l’insieme strapiombare. In un solo punto, con la sua prepotente e schiva azione, istituisce, senza volerlo, un basso, dove cessa la visibilità […] si inabissano il nettuno, la piazza, la linea, le linee, le scale, i portici, i varchi, i limini, le soglie, le utopie, e le atopie, l’interazione e gli sconfinamenti, le tecniche del corpo, il frame”.

questa istanza, che non è dotabile automaticamente di uno statuto di oggettività o soggettività, si legge che “W Non si posiziona: si posa ed è posato”.

La posa del primo cartello costruisce un oggetto di arte pubblica. La W è definita esplicitamente dal discorso estetico artistico sia come “cartello della metropolitana capovolto” che come “insegna [che] sa dire solo una frase: sei desiderato, come rendez-vous”. Attraverso queste due definizioni, esso costruisce un pubblico di fruitori, che è oggetto desiderato e soggetto coinvolto verso un incontro, un appuntamento.

Alla inversione della lettera da “M” a “W” viene correlata esplicitamente una inversione del “movimento-mito metropolitano della città che sale” e un invito ad abbassare “la linea di percorribilità” della città. Questi due discorsi sono correlati, altrettanto esplicitamente, un’azione del pubblico coinvolto, la quale scende nel sottopasso per prendere parte a una serie di ulteriori azioni. Il cartello prescrive e invita a un movimento specifico, quello della “discesa”. L’oggetto di arte pubblica è inoltre oggetto di un processo articolabile in una serie di attività tenute, nell’arco serale dei giorni dal 23 al 26 aprile151

. Durante questo lasso di tempo, attraverso la posa del cartello, il sottopasso di Piazza Maggiore viene definito come un “centro temporaneo ridefinito quotidianamente”. Questo discorso artistico ha l’obiettivo di coinvolgere una figura, quella del visitatore o di un gruppo di visitatori, rispetto a una “esperienza estetica”, fase di un’esperienza artistica e territoriale definita da un discorso di tipo processuale. Attraverso una serie di eventi diverse figure (critici, artisti, performer, passanti, avventori e pubblico) sarebbero stati coinvolti nella condivisione di uno “spazio in continua trasformazione”, dove il pubblico sarebbe entrato in contatto con i performer teatrali. Questi ultimi avrebbero agito sia quando attivati i critici-osservatori, sia in seguito alle sollecitazioni del pubblico, il quale viene costruito come oggetto delle attività dotato di alcune qualità, essendo “libero di entrare, fermarsi e tornare in qualsiasi momento”.

Il secondo cartello oggetto del processo “W. Una nuova insegna della città” prende il

nome di “Wasted”152

. Esso viene installato nella primavera del 2008, viene definito esplicitamente sia come “cartello della metropolitana capovolto” che come “creazione di un recinto separativo nel vuoto” e viene posizionato vicino al sottopasso di via Ugo Bassi, il quale viene definito “varco”.

Questa seconda fase prevede la sostituzione dell’istanza-Kinkaleri con un altro gruppo artistico denominato MK&Guest, al quale fa capo l’azione di “duplicazione” dell’esperienza estetico-artistica di “Wanted”, articolabile come: installazione del cartello e attività performative nel sottopasso153

. Attraverso queste due azioni, “Wasted” costruisce un pubblico di fruitori, che è oggetto dell’azione e soggetto di “immagazzinamento” dell’esperienza e un’attività quale quella di “consumazione, in un arco di tempo dato”.

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Giorno 1 “Boxed wonder”; giorno 2 “No Wonder”; giorno 3, “Invisible wonder”; giorno 4 “The last wonder”.

152

Coinvolti MK&Guest per l’edizione intitolata “Universal Cosmic Murmur” di F.I.S.Co.08.

153

Sull’azione di duplicazione si legge: “l’insegna viene duplicata, nel senso vero del termine, esattamente uguale a se stessa”.

Affinché l’azione di duplicazione possa dirsi portata a termine è necessario prima di tutto lo spostamento del cartello da un luogo all’altro. L’azione di duplicazione, se relazionata all’intero processo, definisce i due cartelli e le esperienze entro i confini dei sottopassi come “franchising di spazi mentali”. La scelta del termine “franchising” costruisce un universo di senso relativo al vissuto di un’esperienza che, per quanto vissuta in un luogo diverso e in uno spazio-tempo differente, risulti il più possibile simile a Wanted.

Questa seconda fase entra a far parte del processo già in essere e viene costruita in continuità con l’installazione del cartello avvenuta nell’anno precedente. Tuttavia l’esperienza artistica proposta viene definita in base a una trasformazione. La copia e la replica, spostandosi nell’area di un secondo sottopasso tra via Ugo Bassi e via Marconi, mutano forma: “dalla forma vagamente tonda di Wanted. A quella vagamente quadrata di Wasted”.

In che modo lo spostamento e la duplicazione sono in grado di creare un “franchising”, cioè un’esperienza il più possibile simile, ma non esattamente coincidente e dalla forma mutata? Si suppone che questa trasformazione possa essere letta semi-simbolicamente a partire dal modo in cui il pubblico viene costruito e inglobato dai due oggetti di arte pubblica:

tondo

=

Consumazione+inglobamento inclusivo (del pubblico)

: :

quadrato coinvolgimento+inglobamento

esclusivo (del pubblico)

L’oggetto di arte pubblica è articolabile in una serie di attività, tenute durante la sera del 18 aprile 2008, ma inserite in un programma temporalmente più ampio, svoltosi dal 12 al 23 aprile 2008. A questo discorso processuale, rispetto a “Wanted”, non è correlata esplicitamente un’azione di coinvolgimento del pubblico, il quale è oggetto delle attività performative e soggetto di un’unica azione, quella della consumazione di un’esperienza simile a quella dell’anno precedente, ma non uguale, dal momento che il ruolo del pubblico stesso muta la forma. La durata temporale di occupazione dello spazio da parte dei performer è di 48 ore, durante le quali il pubblico assiste alla costruzione di un “prototipo di habitat precario”, spazialmente chiuso e temporalmente limitato, qualificato come “domestico e selvaggio”. La gestualità dei performer – seppur inserita entro uno spazio-tempo extra-ordinario, cioè quello di una serie di attività organizzate in base a un discorso artistico che si chiude dopo due giorni, quando “uomini, cose e abitacoli annegano nuovamente nelle maglie della città” – ha come obiettivo la duplicazione di gesti semplici quali “abitare, permanere, soggiornare”. Non sono solo lo spazio del sottopasso o la durata a limitare l’esperienza di Wasted, chiudendola entro confini spazio-temporali limitati, ma è anche il pubblico che, essendo esclusivamente responsabile di un’azione di consumazione, trasforma Wasted in un oggetto di arte pubblica

“quadrato”, dai confini meno negoziabili e maggiormente definiti, rispetto all’oggetto tondo che era Wanted.

Wasted

“creazione di un recinto separativo nel vuoto” Wanted

“four days living as a talps” EFFETTI Inversione Rovesciamento

Appartenenza DISCONTINUITÀ ISOTOPIE DI LETTURA ESPLICITE

Coinvolgimento Responsabilità

Volontà

esperienza estetica del sottopasso come “Spazio in Continua

Trasformazione” EFFETTI AZIONI dell’istanza del discorso estetico-artistico

SCORRERE PARTECIPARE DISCENDERE

S2 = “W” genera: I2.5 I2.5 I2.2 I2.3 performer osservatori S.C.T. C.T.R.Q. discesa

incontro della incontro

trasformazione del territorio pubblico I2.1 OGGETTO di

partecipazione della volontà

del pubblico della volontà del pubblico e dell’artista attività estetico-artistica . partecipazione . attività estetico-artistica . partecipazione . azioni esteti- co-performative all’esperienza estetica dei flussi e dei corpi SOGGETTO-OGGETTO partecipazione SOGGETTO di SOGGETTO di

OGGETTO di OGGETTO di OGGETTO di

SOGGETTO di SOGGETTO di S1 = discorso estetico processo artistico 01 = W

oggetto di arte pubblica E1 (S1;O1)

O1

dota di capacità discorsive ed effettive (coinvolgimento e responsabilità)

S1

O1

dota di capacità discorsive ed effettive (sostituzione duplicazione)

S1

sottopasso

come “Centro Temporaneo Ridefinito Quotidianamente”

condivisione

incontro

EFFETTI esperienza estetica prossimità della qualità

spaziale (sottopasso) CONTINUITÀ ISOTOPIE DI LETTURA ESPLICITE

Franchising Copia/Replica Trasformazione

esperienza estetica del sottopasso come “Prototipo di Habitat Precario” “Ambiente Domestico e Selvaggio”

EFFETTI AZIONI dell’istanza del discorso estetico-artistico forma di W tondo:quadrato =

inglobamento inclusivo: inglobamento esclusivo (del pubblico)

SOSTITUZIONE DUPLICAZIONE SPOSTAMENTO COPIA/REPLICA

dell’insegna e dell’esperienza estetica spostamento e collocazione della W sul territorio DISCONTINUITÀ S2 = “W” genera: I2.5 I2.2 I2.3 performer P.H.P. A.D.S. discesa immagazzinamento pubblico I2.1 OGGETTO di della sostituzione replica/copia discesa replica (abitare permanere soggiornare)

consumazioneSOGGETTO di SOGGETTO di

OGGETTO di OGGETTO di

SOGGETTO di

WANTED E WASTED

Il terzo cartello oggetto del processo “W. Una nuova insegna della città” prende il nome di “Wrestling”154

. Esso viene installato nella primavera del 2009, nei giorni che vanno dal 17 al 23 aprile, e viene definito esplicitamente sia come “cartello della metropolitana capovolto” e “copia dell’insegna”, che come “costruzione di un'immaginaria linea metropolitana dell'inversione”. Il cartello viene posizionato all’interno di un’aiuola spartitraffico e viene messo in relazione di continuità rispetto ai cartelli e ai luoghi precedenti che avevano ospitato Wanted e Wasted. Wrestling è un’esperienza estetica che viene collocata dal discorso estetico-artistico “sullo stesso asse” rispetto alle esperienze precedenti.

Questa terza fase prevede una prima azione di sostituzione sia dell’istanza-Kinkaleri che di quella di MK&Guests con un altro gruppo artistico, denominato Barokthegreat, a cui fa capo l’azione di “proliferazione” delle esperienze artistiche di “Wanted” e “Wasted”, secondo la stessa formula degli anni precedenti: l’installazione di un cartello e una serie di attività performative, tenute nell’arco serale della giornata di venerdì 17 aprile 2010 nel sottopasso del palazzetto dello sport, situato nei pressi di Piazza Azzarita e dell’aiuola della rotonda spartitraffico. Entro un lasso di tempo limitato il piano interrato del palazzetto viene ridefinito come “spazio di competizione”. Al termine di ciò il cartello viene lasciato lì; attraverso il discorso estetico-artistico la W “si consegna immota alla città muta”.

In questo spazio, condiviso con il pubblico, ai performer fanno capo una serie di azioni programmate definibili attraverso alcuni stati concatenati tra loro:

• Azione 1 – irruzione entro lo spazio e definizione di un “perimetro inequivocabile”;

• Azione 1.1 – gara entro uno spazio limitato, quello del “ring”

• Azione 1.2 – incontro, entro un lasso di tempo limitato di quindici minuti definiti attraverso due suoni di gong. Entro i limiti di questa durata avviene una “interpretazione differente del tempo” da parte dei performer, che occupano il perimetro circoscritto dal ring.

• Azione 1.3 – combattimento (definito anche dai termini “attacco”, “scontro” e “lotta”), ogni azione che fa capo a un corpo entro il perimetro circoscritto dal ring è progettata e agita differentemente rispetto all’altra, secondo un criterio di “vicendevole e causale influenza”, che definisce le azioni dei performer come differenti tra loro sia qualitativamente che quantitativamente. Attraverso il movimento e la gestualità i performer interpretano differentemente il tempo, si interdefiniscono attraverso lo spazio della gara.

Rispetto agli anni precedenti, il pubblico viene costruito come semplice oggetto del discorso temporalizzante dalla performance, che valorizza la durata. Il visitatore viene cioè definito attraverso un’azione qualitativamente differente rispetto a quella del coinvolgimento o !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

154

della consumazione: il pubblico non ha altro compito che “discendere” al di sotto del manto stradale, varcare la soglia del perimetro, entrare nello spazio interrato della gara e “seguire” il tempo.

Il quarto cartello, oggetto del processo “W. Una nuova insegna della città”, prende il nome di “Waudeville”155

. Esso viene installato nella primavera del 2010, nei giorni che vanno dal 18 al 24 aprile, e viene definito esplicitamente come “cartello della metropolitana capovolto”, come prosecuzione del processo di “costruzione di un'immaginaria linea metropolitana dell'inversione” e anche come “serialità confortante, una presenza rassicurante”. In questo modo esso viene costruito in continuità con l’universo di senso che definisce W come “franchising di spazi mentali”. Il cartello viene posizionato all’angolo di Piazza VIII

Agosto, di fronte alla Montagnola e all’ingresso dello Sferisterio. Attraverso il cartello viene costruita una fase, l’ultima, che completa il processo di costruzione di un oggetto di arte pubblica, articolabile in processi e programmi. Waudeville definisce il tempo come una dimensione entro cui l’oggetto “W” può espandersi e che, sempre entro la dimensione