3.2 Atlanti, carte e mappe di Bologna
Cosa vuol dire cogliere il senso delle trasformazioni di una città? In che modo queste trasformazioni delineano di volta in volta modelli di vissuto? Soprattutto, cosa fare materialmente per afferrare le relazioni che sorreggono queste trasformazioni, attraverso le quali una città appare come un fenomeno paradossale: stabile e monolitico in quanto nodo territoriale, ma infinitamente difficile da cogliere e descrivere a causa del quotidiano brulicare urbano. A Bologna esistono oggi numerosi dispositivi territoriali, che funzionano allo stesso tempo come oggetti materiali capaci di scrivere la città e, allo stesso tempo, oggetti materiali attraverso cui monitorare le trasformazioni del territorio. Uno di questi è l’Atlante delle Trasformazioni Territoriali164
, il quale rappresenta la città attraverso un supporto geografico con visione satellitare, una carta navigabile che monitora le trasformazioni del territorio urbano secondo dieci livelli di lettura possibile, attraverso i quali il terreno cittadino viene scritto. A ogni livello corrisponde un tipo particolare di intervento che modifica sia la sostanza (diverse tracce di diverso colore) che la forma territoriale (la configurazione o scena discorsiva che risulta attraverso le operazioni di inclusione o esclusione di parametri grafici e territoriali).
Atlanti, carte e mappe sono dispositivi sinottici che offrono la possibilità di archiviare, organizzare e mostrare dati attraverso processi di analisi, disposizione e visualizzazione efficaci. Rispetto al carattere sinottico di un dispositivo come una mappa, Daston (2011, pp. 81-106) evidenzia sia le possibilità scritturali che quelle di visualizzazione offerte. Mappe, atlanti, carte e tavole sono dispositivi che tra il ‘600 e l’‘800 si rivelarono utili a raccogliere in maniera sistematica e visibile a colpo d’occhio i dati e i risultati derivanti dal lavoro continuo, prolungato e dispersivo come quello dell’osservazione scientifica. Il ruolo di questi dispositivi risulta importantissimo per ciò che riguarda la stabilizzazione epistemica delle procedure osservazione. Attraverso l’affermazione di mappe, atlanti, tavole e dispositivi di visualizzazione si sono consolidati canoni di evidenza e procedure condivise all’interno dell’universo della ricerca scientifica, relativamente al lavoro di osservazione e alla comunicazione dei risultati di ricerca, specie per ciò che riguarda lavori di ricerca scientifica condotti non solo individualmente ma anche collettivamente.
Quando la mappa è dispositivo di rappresentazione differisce dalla definizione del termine mappa datro da Michel de Certeau165
. La mappa non mostra solo uno sguardo dall’alto (de Certeau 1990a), indicando in questo senso il fatto che possa essere un concetto utile a definire meglio l’iniziale assenza di posizionamento da parte dell’etnosemiologo rispoetto al campo. La mappa, a livello procedurale può indicare dunque una prospettiva non posizionata; il concetto di mappa è utile in fase metodologica e procedurale per indicare uno stato di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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http://www.comune.bologna.it/atlante/
165
Cfr. infra, le considerazioni finali nel sottopar. 3.1.5 “Coinvolgimento e comunità: tombature, silenzi, bilanci e trasporti”.
posizionamento virtuale dell’etnosemiologo, l’assenza di scelta rispetto ai percorsi di lettura possibile dei fenomeni di senso, ovvero i percorsi inscrivibili virtualmente. A questo proposito i due livelli proposti da de Certeau – mappa e percorso – possono essere utili all’analista per modellizzare, una tecnica utile a tenere traccia metalinguistica del suo situarsi o multisituarsi sul campo166
.
Quando si dice “mappa”167
si fa riferimento a un dispositivo di rappresentazione di un terreno che funziona per riduzione e riproduce una zona attraverso due modi complementari: il dettaglio del terreno rappresentato e la scala attraverso cui ne vengono impostate le dimensioni e le proporzioni. Il terreno sulla mappa viene trasposto da un piano materiale di scrittura pluridimensionale a uno bidimensionale; quando ciò avviene, il terreno è riprodotto in pianta con una scala non inferiore al rapporto 1:500.
Originariamente riprodotte su tela, nella raffigurazione delle mappe si è adottato progressivamente il supporto cartaceo: da qui il fenomeno di parasinonimia tra i termini carta, mappa e cartina, dove quest’ultimo termine è un diminutivo che ha le sue ragioni relativamente a una delle principali caratteristiche del dispositivo: la riduzione in scala del terreno con l’obiettivo di offrirne una rappresentazione parziale in dettaglio. La mappa è un dispositivo geo- grafico, di scrittura del terreno168
o topo-grafico, di scrittura dei luoghi169
. Uno degli elementi affinché una mappa possa considerarsi tale è dunque la rappresentazione cartografica una porzione di suolo in scala. Focalizzarsi su un dispositivo-mappa è utile a prendere in esame una manifestazione possibile del fenomeno di scrittura della città, testando l’operatività del linguaggio di descrizione costruito dall’etnosemiologo a partire da un artefatto materiale. Il progetto di descrizione, in questo caso, può prendere in esame non solo gli elementi attraverso cui il dispositivo-mappa si costruisce, ma anche il senso relativo al vissuto dei luoghi rappresentati e all’invenzione del quotidiano urbano. Procedure di analisi elaborate a partire da una prospettiva polemologica dei fenomeni culturali di senso possono essere utili per vagliare l’operatività etnosemiotica rispetto ad artefatti materiali ed oggetti di questo tipo.
Questo capitolo prenderà in considerazione come elementi pertinenti al lavoro etnosemiotico per la città di Bologna una serie di artefatti, le carte turistiche USE-IT BOLOGNA.
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Per l’utilizzo del metodo di Lynch in fase analitica e di restituzione del lavoro di campo, cfr. infra par. 3.4 “Accoglienza”.
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Limitandoci al solo punto di vista topografico e ai sensi figurati o particolari che ne derivano: “1. [rappresentazione grafica in dettaglio di una zona di terreno] ≈ carta (geografica), cartina, pianta. 2. (fig.) [quadro generale di una determinata situazione: tracciare la m. della delinquenza] ≈ geografia, prospetto, schema” (Vocabolario Treccani Online – Sinonimi e contrari); “2. Nell’uso degli antichi agronomi, ogni rappresentazione grafica di una zona di terreno (anticamente spesso eseguita su tela); nell’uso moderno, in topografia, la rappresentazione grafica di una zona di terreno in cui la scala di riduzione è superiore a 1/10.000: in partic., m.
particellare (o m. catastale), uno dei documenti che costituiscono il catasto di ogni Comune, risultante dall’insieme
dei fogli di m., nei quali è rappresentata l’esatta figura geometrica dei possessi fondiarî e delle particelle in cui i
possessi stessi vengono idealmente scomposti. M. del tesoro, disegno schematico del tragitto da percorrere per trovare un tesoro nascosto.” (Vocabolario Treccani Online).
168
Di cui il catasto (cfr. nota 162) è un caso particolare.
169
Prima di procedere alla disamina della pianta delle mappe, si procederà a esaminare della configurazione che costruisce il loro intorno. I fogli presi in esame saranno otto, poiché ognuna delle quattro mappe ha due facciate: un recto e un verso. La mappa USE-IT, nel suo aspetto
materiale, è un foglio di carta rettangolare lungo 67,5 centimetri e alto 40 centimetri, quando dispiegato. Attraverso due piegature in altezza e quattro in lunghezza, secondo un sistema “a ventaglio” o “a organetto”, il foglio può essere chiuso e compattato, fino ad assumere l’aspetto tascabile e portatile, dalle dimensioni di 13,5 cm x 13,5 cm. Il sistema di piegature divide il foglio in quindici riquadri; attraverso essi è possibile “personalizzare” l’apertura della mappa, scegliendo di visualizzarla parzialmente o nel suo complesso. Entrambe le facciate del foglio possono essere usate come supporto di scrittura, e possono essere organizzati in base alle diverse esigenze.
L’unico elemento che non varia per posizione, ma varia lievemente a livello di configurazione interna, è il riquadro dei credits170
: posto in ogni mappa sulla seconda facciata nel terzo riquadro in basso a sinistra, esso ospita il marchio del network USE-IT, alcune
informazioni generali relative al progetto, le miniature delle copertine delle mappe di altre città171
, le informazioni riguardanti il team di lavoro e un disclaimer:
About this Map. Nobody paid to be registered on this map. The choice of location was made by young people living in Bologna. We did our best to create something nice and attractive. But if we did some mistake of if you think we miss somethin, please post in our page Facebook: use-it bologna. This publication reflects only the point of view and the opinion of the author. The supporters of the project cannot be held responsibile for any type of mis-use if the information contained in it.
Questa formula cambia lievemente da una mappa all’altra, se si guarda alle prime tre edizioni, e scompare quasi nell’ultima carta – “nobody paid to be registered in this map. This publication reflects only the point of view of the authors”. La sua funzione principale è quella di distinguere la carta USE-IT rispetto alle altre carte turistiche, le quali spesso ospitano inserzioni
pubblicitarie e sponsor. La logica che differenzia questo tipo di carta è, in generale, la sua gratuità sia a livello di progetto che a livello di fruizione: nessuno degli spot che corredano la carta paga somme di denaro per avere uno spazio a propria disposizione – o solo per il fatto di avere lo spot stesso; inoltre il fruitore riceve la mappa gratuitamente, non la compra e, anzi, ne viene favorita la cessione e la condivisione una volta terminato il viaggio.
USE-IT è un network che opera su scala europea, dando supporto, offrendo un marchio a
gruppi di lavoro, i quali intraprendono il compito di creare delle carte turistiche, facendosi carico delle spese di progettazione, realizzazione e stampa.
Il lavoro, coordinato a livello europeo, ha come obiettivo lo sviluppo di diverse tipologie di prodotti, mappe e app turistiche indirizzate a un ben preciso target di mercato: il giovane !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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D’ora in poi nominato come “riquadro dei credits”.
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viaggiatore. Il network non ha capacità decisionale sull’impostazione grafica e stilistica della mappa, a eccezione di alcuni elementi172
: la carta deve contenere il logo del network e il riferimento alle mappe prodotte; la pianta deve essere corredata da un numero variabile (dai 50 ai 100 spot) dedicati ai posti da visitare in città, da informazioni turistiche a carattere pratico. Le carte USE-IT, e in particolare le edizioni che fanno capo al gruppo bolognese,non hanno solo
una, ma ben due facce esplorabili, costruite attraverso segnalazioni di percorsi, quartieri, nuclei, punti di interesse e landmarks (Lynch 1960), più tutta una serie di descrizioni che le rendono un artefatto complesso: a metà tra una carta turistica, con la pianta e i monumenti e una guida, con “istruzioni” per il fruitore della città, si pone l’obiettivo di coinvolgere young travellers nel vissuto del centro storico e della prima fascia periferica.
Il network europeo non decide dall’alto in quali città si svilupperanno le mappe, la decisione è delegata a gruppi informali e persone che, solitamente, vengono a conoscenza di questo tipo di carta turistica viaggiando e che, nel tornare a casa, decidono di intraprendere questa attività.
Il gruppo di lavoro è costituito principalmente da residenti autoctoni, molto saltuariamente da team in cui vi sono prevalentemente autoctoni che collaborano con abitanti anche non nativi, molto raramente da team estranei alla città o a maggioranza non nativa e non autoctona. “Local”, secondo il New Oxford American Dictionary è definibile come “a local person or thing, in particular: an inhabitant of a particular area or neighborhood”, mentre il Dizionario Ragazzini (1967, p. 609) segnala che quando si trova in forma plurale può essere tradotto come “persona del luogo […] uno del luogo”.
Quest’ultimo aspetto è forse la peculiarità più rilevante di questo artefatto: attorno a ogni mappa, e in particolare nel caso di Bologna, ruota un progetto – spesso denominato come “iniziativa dal basso”173
, ovvero come un’iniziativa che conta sulle proprie forze senza l’appoggio politico-economico di istituzioni consolidate.
Gli elementi che compongono la carta devono essere scritti e posizionati in modo da trasferire al fruitore un sapere sulla città vissuta dal punto di vista dei “locals”.
Secondo le direttive del network europeo, anche il progetto USE-IT di Bologna, “is made
by locals”, “fatta da persone che vivono la città”174
che nel corso degli anni hanno provato a “raccontare la città nel modo più onesto e autentico possibile”175
. Il team è composto da un numero di partecipanti che, nel corso delle quattro edizioni della carta di Bologna, variava dalle quattro alle sei persone, di età molto giovane. “Uno dei pilastri del progetto è ‘made by locals’, ma i nostri ‘locals’, la nostra concezione è un po’ più allargata”176
, poiché a Bologna, contrariamente alla composizione dei team facenti parte del network, il gruppo di lavoro è sempre stato composto anche e soprattutto da non nativi, studenti e lavoratori fuori-sede. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Cfr. https://www.use-it.travel/_files/inlineuploads/pages/ABOUT_USEIT_PUBLICATIONS.pdf.
173
Fonte: colloquio con il coordinatore del progetto USE-IT BOLOGNA e http://www.use-it.travel.
174
Fonte: coordinatore del progetto USE-IT BOLOGNA (corsivi nostri).
175
Fonte: colloquio con il coordinatore del progetto USE-IT BOLOGNA (corsivi nostri).
176
Nel team solo il caporedattore è bolognese, intendendo con questo termine una persona nata e vissuta a Bologna, con residenza in città, mentre tutti gli altri sono locals pur non essendo nativi177
: secondo il capo-redattore “‘locals’ è chi vive la città, non chi ci è nato”178
.
Il progetto USE-IT a Bologna viene avviato nel 2012; la lavorazione della prima mappa è
stata sviluppata in un lasso di tempo di circa sette mesi, mentre il processo di lavorazione e revisione179
delle mappe successive è stato di circa tre mesi ogni anno. “Noi abbiamo iniziato quando Bologna non era ancora una città turistica com’è adesso. All’inizio […] non c’erano guide, non c’era niente di niente nel 2012”180
. Nel riportare le parole dell’intervistato, si vuol precisare che si è consapevoli del fatto che il progetto USE-IT non sia stato il solo a favorire il
volano del turismo nella città felsinea che è uno degli elementi che spesso è preso in esame in questa sede, ma che sia stato uno dei differenti elementi che nel corso di questi ultimi anni ha fatto sì che la ricettività turistica in città aumentasse.
Rispetto alle guide e alle carte turistiche standard “nelle mappe USE-IT vi sono una serie
di concetti che vanno oltre il turismo, cerchiamo di mandare anche in posti che non sono turistici, in posti che magari non sono facili da digerire subito”181
. Le carte turistiche USE-IT sono
distribuite gratuitamente e non prevedono inserzioni commerciali. Sfruttando entrambe le facciata, sembra che le mappe USE-IT siano capaci di destinare maggiore spazio sia al discorso
sulla città e al discorso della città sotto forma di grafie e immagini.
3.2.1 Pertinentizzazione
Da un punto di vista semiotico il dispositivo costruito attraverso le mappe use-it manifesta un paradosso: quello di scrivere immagini di città che vadano oltre l’effetto strettamente turistico, per il fatto di scrivere la voce della città che fa capo ai “locals”. Essa è utile non solo ad articolare un processo di costruzione dell’immagine turistica della città, ma anche a comprendere in che modo la comunità dei locali scriva la città. Tuttavia le mappe USE-IT sono
dei dispositivi in cui è esplicito il fatto che vi sia inscritto un solo punto di vista. Dalla letteratura semiotica sappiamo invece che dispositivi quali carte, mappe e, in generale supporti bidimensionali siano in realtà oggetti complessi e sincretici, dove vi è di più rispetto al solo punto di vista autoriale, dove cioè è possibile esercitare l’osservabilità delle relazioni che articolano una città, attraverso l’inscrizione più o meno esplicita di ulteriori punti di vista. La mappa è un dispositivo ambiguo: una delle sue funzioni principali è quella di vedere e !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Gli altri componenti del team provenivano dalla Sicilia, dalla Toscana, dagli Stati Uniti, da Reggio-Calabria; i partecipanti coinvolti di anno in anno provenivano da Marche, Lazio e da molte altre regioni italiane. (Fonte: intervista al coordinatore del progetto USE-IT BOLOGNA).
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Fonte: intervista al coordinatore del progetto USE-IT BOLOGNA (corsivi nostri).
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“Riguarda, rimetti a posto, riscrivi i posti che non ti piacciono, se è cambiato il posto cerchiamo di aggiornare la descrizione. Nel corso del tempo abbiamo eliminato 7 posti, ne abbiamo aggiunti 12, abbiamo cambiato 15 descrizioni su 80. Abbiamo aggiunto sezioni. Noi siamo degli osservatori. Alcuni posti chiudono, ne aprono di nuovi, la città comunque cambia” (Fonte: intervista al coordinatore del progetto USE-IT BOLOGNA).
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Fonte: colloquio con il del progetto USE-IT BOLOGNA (corsivi nostri).
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mostrare, presentare, ma anche di far vedere, indicare e rappresentare. Il livello della rappresentazione della mappa, pur costruendo un supporto il più possibile oggettivo, non risulta mai neutrale: il ritratto della città, che si dà attraverso la pianta o la veduta, ogni mappa nel suo complesso è il risultato di scelte, selezioni e combinazioni, a carattere di volta in volta, geografico, economico, politico, militare, e religioso (Marin 1993, Pignatti 2011). Ogni mappa parla di sé attraverso una o più costruzioni, attraverso il punto di vista di chi le commissiona, di chi le realizza, del loro target e degli eventi che effettivamente mostra.
Quando l’etnosemiologo costruisce immagini sul campo, attraverso l’incontro e il contatto con altri punti di vista, è costretto a dotarsi di modelli utili a rendere conto delle strutture valoriali, che soggiacciono alle immagini di città rivolte a viaggiatori da parte di uno o più punti di vista.
L’etnosemiologo può scegliere tra quattro modelli di descrizione, utili a prendere in esame le relazioni iscritte nello spazio enunciato da un dispositivo di rappresentazione come una mappa, ovvero un artefatto materiale di scrittura e rappresentazione del terreno geo-grafico. La mappa può essere considerata come dispositivo di leggibilità della città in materia territoriale, urbanistica ed estetica. Nello studio di Lynch è altresì riscontrabile una volontà ad esplorare modelli e fuzionamento di immagini di città riconoscibili o figurabili. Pertanto Lynch manifesta un esplicito interesse nei confronti di modelli soggiacenti al fenomeno della imageability of the city: non solo di una città immaginata, ma condivisa certamente da un prospettiva antropologica, specie quando Lynch intende parlare di immagine mentale o di immagini simboliche, figure di città, ma non totalmente coincidenti con un modello di razionalità strettamente semiotica, la quale invece poggia su modelli fenomenologici e semisimbolici e non psicologici e simbolici.
Per supplire a Lynch e alle aporie del suo modello l’etnosemiologo può far riferimento al fatto che Marin ha reso operativi i termini di presentazione e rappresentazione, piani di discorso attraverso cui pertinentizzare e isolare gli elementi cartografici che funzionano e si relazionano a livello dell’enunciazione – enunciazione cartografica. In questo quadro generale che delimita il suo campo, egli scrive che un caso “tipico” (Marin 1993, p. 77) di carta è quella turistica, supporto sincretico di manifestazione, non soltanto per il fatto che accosta diversi tipi di linguaggi (almeno quello visivo e quello verbale).
Questi due termini metalinguistici sono utili per esaminare in che modo le carte turistiche possano parlare di se stesse, in che modo e secondo quale logica emerge la città che esse presentano e rappresentano, in che modo essa si sostanzi in un artefatto materiale particolare; quale sia la città, come essa si mostri allo sguardo di un fruitore esploratore e in che modo quest’ultimo costruisca la sua propria città e venga costruito da essa attraverso un dispositivo complesso: una carta turistica. Presentazione e rappresentazione sono due termini attraverso cui organizzare i livelli discorsivi ed enunciativi manifestati da supporti bidimensionali.
In Marin l’indagine materiale di carte, vedute e rappresentazioni di città è utile a indagare dispositivi e fenomeni di mostrazione. Per indagare i processi di mostrazione e figurabilità di immagini di città manifestate da carte e mappe, Marin consiglia di
prestare particolare attenzione alle modalità deontiche (la prescrizione, la permissività, la facoltatività, l’interdizione) o a certe forme sottili dell’intimazione come l’‘istruzione’, il cui esempio tipico sono le ‘istruzioni per l’uso’ redatte all’infinito che incontriamo nella presentazione delle ricette di cucina, degli itinerari turistici, dei procedimenti di fabbricazione o della posologia dei medicinali (Marin 2002 p 77).
A livello di rappresentazione Marin individua l’immagine della città attraverso le relazioni, gli stili, gli elementi che costruiscono la città e le istanze simulacrali del livello enunciativo. A livello di disamina dello spazio enunciato attraverso la costruzione di artefatti -grafici, alcune indicazioni utili sono state formalizzate in semiotica anche da Calabrese (1987) nel suo