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W COME PROCESSO DI SCRITTURA DELLA CITTÀ

La scrittura costruita da Wanted, Wasted, Wrestling e Waude- ville, oggetto di arte pubblica.

L’ultimo articolo che definisce W come “War” e “insegna per la metro inesistente nella città di Bologna”

3.1.5 Coinvolgimento e comunità: tombature, silenzi, bilanci e trasporti

Per ultimare il lavoro di analisi e il resoconto di osservazione netnografica ed etnografica, è utile ripartire dall’ultimo articolo pubblicato sulla piattaforma online, al fine di completare la costruzione analitica della configurazione o scena discorsiva.

L’articolo si divide in due parti: una parte scritta e un’immagine raffigurante due persone con le mani in alto e le braccia tese verso l’insegna di via Ugo Bassi. Nell’articolo si legge che, allo stato attuale, “vi sono quattro pali W in prossimità dei sottopassaggi abbandonati nel centro”. Occorre a questo punto una breve parentesi per capire per quale motivo, da luogo di esperienza estetica, i sottopassi oggi possano essere definiti come luoghi abbandonati.

Il sottopasso di via Rizzoli, come quello di via Ugo Bassi, permettevano al pedone di attraversare la carreggiata scendendo al di sotto della soglia del manto stradale. Dopo le attività di Wanted e Wasted, nel primo decennio degli anni Duemila, essi vengono chiusi per volontà dell’Amministrazione Comunale. Dopo diverse dichiarazioni che, a tratti, proponevano o invitavano alla riapertura, in seguito ai lavori che hanno interessato il rifacimento della pavimentazione di via Rizzoli e via Ugo Bassi, il Comune dapprima sceglie di proporre la tombatura sia dell’apertura che del corridoio di via Ugo Bassi, optando infine, per la sola muratura dell’ingresso. Diversamente accade per il sottopasso di via Rizzoli, il quale viene aperto occasionalmente qualora l’amministrazione riesca a delegare i costi di gestione a enti diversi da quelli di amministrazione pubblica. Questo corridoio, inoltre, è legato a delicati rapporti tra Comune e diverse istanze cittadine, per ciò che riguarda l’affidamento, la riapertura e la gestione del “Nuovo Teatro Arcobaleno”, un edificio abbandonato che si colloca all’angolo di Piazza Maggiore, oggetto di occupazioni illegali subito sgomberate.

È abbastanza chiaro che, almeno da parte dell’Amministrazione, non vi sia un progetto chiaro in merito a cosa fare dei sottopassi, che si sceglie di mantenere così come sono anche quando diventano oggetto di richieste di gestione e presa in carico da parte di gruppi, comunità e operatori culturali. Da un punto di vista estetico, infatti, il sottopasso continua a essere una figura in grado di produrre proposte e stimolare la progettualità. Questo avviene a partire dal fatto che per quaranta anni corpi, passi, tragitti e attività commerciali hanno animato il corridoio sotterraneo, che, nascosto dalla luce del sole, si snodava e permetteva l’attraversamento di punti nevralgici del traffico, definendo uno spazio-tempo a sé, a misura d’uomo158

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I motivi della chiusura sono riassumibili in due termini che animano il dibattito cittadino bolognese: “degrado” e “abbandono”. Nel corso degli anni gran parte delle attività commerciali ospitate nei sottopassi hanno chiuso; il modo in cui il commercio espone se stesso e la merce è cambiato, preferendo grandi vetrine visibili a piccole botteghe nascoste.

Il progressivo svuotamento dei sottopassi e la mancata riassegnazione dei locali commerciali hanno fatto sì che i corridoi venissero abbandonati dai flussi pedonali, lasciando il !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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passo ad attività poco decorose o degradanti. Prima fra tutte vi è lo spaccio, che approfitta dell’invisibilità e della poca luce anche e soprattutto quando è giorno; ad esso sono correlati tutta una serie di figure possibili: risse, diverbi, stazionamento di corpi sospetti, poca possibilità di controllo, senso di insicurezza. Negli ultimi anni i sottopassi vuoti vengono chiusi, poiché sede di attività al limite tra legalità e illegalità, luoghi insicuri e fuori controllo, in ultima ipotesi, orinatoi di fortuna.

La figura del vuoto è leggibile non solo in questa breve parentesi, dove la mancanza dei flussi di traffico pedonale si trasforma in un sottopasso silente, non vissuto, abbandonato e degradato, ma anche in tutte le operazioni dei cartelli di “W”: Wasted veniva definito come “recinto separativo” pronto a essere riempito attraverso l’esperienza estetica, ma era un recinto che si collocava nel vuoto; l’esperienza estetica di Wrestling consegna una “W immota” a una città “muta”. Waudeville è accompagnata da richieste esplicite poste dal discorso estetico- artistico, con l’obiettivo di far emergere la voce della città; queste richieste tuttavia sono diffuse attraverso una sorta di lancio nel vuoto nella rete online, in uno spazio-tempo troppo pieno e saturo di voci, dove la voce di una comunità specifica come quella raccolta intorno a “W” e a una piattaforma online può emergere e trovare collocazione, ma anche perdersi facilmente.

Sin da Wanted “W” si definisce come possibile punto di incontro e dialogo tra diverse istanze. Alcune istanze cittadine, ad esempio, sollevano il dibattito sui giornali locali, chiedendosi chi sia il responsabile della posa del cartello: “i cittadini chiedono spiegazioni alle rubriche tipo Lettere del Giornale o La Vostra Posta […] altri fanno coincidere quel segno con la zona dotata di wireless gratuito, appena inaugurata”. Alcune istanze cittadine abitanti, che si fanno carico della voce della città pur essendo ignare del processo artistico, riconducono l’esperienza estetica ad azioni, soluzioni e miglioramenti in materia territoriale e infrastrutturale. I temi chiave di Wanted erano due: coinvolgimento e responsabilità. Se in termini di coinvolgimento “W” ha funzionato come possibile aggregatore di comunità e di dibattito, oggi è definibile come arredo urbano naturalizzato, che costruisce un vuoto territoriale relativamente al tema della responsabilità, continuando a manifestare un senso di frattura. In quanto fenomeno urbano processuale di arte pubblica “W”, ha coinvolto, seppure con modalità differenti, una comunità in un processo urbano e territoriale di scrittura. Inoltre, per certi versi, “W” è riuscita quantomento a sollevare la questione della responsabilità, trasformandola in un problema che rimane aperto, e che si esercita nei riguardi di un arredo urbano oramai naturalizzato, condotta mai ufficialmente in maniera integrata in un piano amministrativo. La costruzione di oggetti di arte pubblica, la pianificazione della dimensione culturale e naturale di una città sono fenomeni complessi, in cui diverse istanze prendono parte, dialogando o confliggendo, incontrandosi e scontrandosi.

In base a ciò, infatti, si deve ricordare che l’obiettivo iniziale del progetto era quello di promuovere l’acquisto di un oggetto di arte pubblica. Come si osserva l’obiettivo non viene portato a termine: “il cartello diviene segno sganciato da ogni permesso, non integrato nel piano dell’ornato pubblico”. Di “W” si sottolinea “la brama a fare l’ingresso nella storia, attraverso

un’investitura pubblica, il plauso e la lode della comunità, ma tutto questo rimane nell’ordine di desideri sfiorati”.

In questo senso “W”, centro di dibattito e dialogo per la comunità, definisce allo stesso tempo un mancato dialogo o non-dialogo con le istituzioni amministrative o curatoriali.

L’istanza amministrativa sceglie di non farsi carico dell’abbandono e del degrado dei sottopassi, optando per la tombatura, senza manifestare alcun progetto o piano relativamente alla ri-qualificazione di questi luoghi della città. In questo modo l’istanza sceglie di murare e chiudere tutto ciò che dal sottopassaggio poteva emergere come problema, evitando ogni questione che avrebbe messo in luce l’incapacità ad esercitare la responsabilità relativamente a problemi urbani, la mancanza di chiarezza relativamente alla progettualità, la carenza di risorse e l’impossibilità ad agire in materia finanziaria attraverso inversimenti.

Allo stesso modo l’istanza amministrativa sceglie di non farsi carico della “W” come oggetto di arte pubblica, che si trasforma definitivamente in arredo urbano naturalizzato, senza realizzare lo stato di congiunzione con la definizione – o valore – di “monumento”. Nel suo oscillare tra lo stato di arredo urbano naturalizzato e quello di monumento possibile, la “W” può essere letta oggi come artefatto urbano che manifesta un conflitto estetico e curatoriale159

, politico e territoriale.

Ci limiteremo pertanto a seguire il percorso controverso di “W” in base agli elementi oggi osservabili. Nella dimensione culturale urbana “W” si costruisce come possibile centro aggregativo di comunità e come elemento attraverso cui il discorso estetico-artistico si esplicita sì come costruttore ma anche come critico delle linee politiche e della gestione territoriale, esplicitando l’emergenza di un contrasto tra la Bologna che ha permesso la costruzione di “W” come oggetto di arte pubblica, la Bologna costruita dalla configurazione topografica e topologica dell’oggetto di arte pubblica e la Bologna che è in grado di farsi carico di “W” unicamente come arredo urbano naturalizzato. Nell’articolo sul blog si legge che allo stato attuale, nel “2016, mentre a Bologna è tutto un Welcome, le 4 W passano a un nuovo significato: WAR”. Il

contrasto si manifesta come conflitto esplicito, a seguito di alcune considerazioni critiche:

“le linee culturali a Bologna sono divenute rigide, si parla solo di food immersion e si pensa di sostituire la lapide dei partigiani con immagini di chef stellati. W, per gli apparati gastronomici di promozione turistica, viene venduta come Welcome ai turisti, ma nelle radici di significato antiche stava per Wanted, Waste, Waudeville, Wrestling, ed erano rossi segnali segreti nella notte per i performer, che da tutta Europa portavano cimeli dei loro caduti in battaglia nei sottopassaggi, ove venivano tumulati in un sacrario segreto nell’esatto centro tra via Marconi e via Ugo Bassi”.

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Non è intenzione dell’analisi quella di voler sollevare un dibattito specifico legato alle controversie relative a

oggetti d’arte di cui si fa fatica a concepire processi di presa in carico, curatela e conservazione. Si sottolinea tuttavia

che, se si volesse articolare il conflitto estetico e curatoriale, inserirsi in un dibattito di tal genere sarebbe l’unico modo per poter favorire il dialogo tra l’istanza del discorso estetico-artistico rispetto sia alle prese di posizione e alle modalità di azione che fanno capo all’istanza istutuzionale.

La “W” è definibile come una figura di vuoto territoriale tra responsabilità mancate, linee culturali rigide e svolte progettuali, che valorizzano diversamente l’atmosfera creativa (Santagata 2014, pp. 42-43) della città. In base a ciò le istanze portavoci della comunità si costruiscono e auto-definiscono come poco o non-istituzionalizzate. Questa configurazione manifesta un fenomeno di contrasto urbano, articolabile in un conflitto tra istanze che viene portato avanti in materia territoriale.

L’immagine dell’ultimo articolo pubblicata sul blog affiancata allo scritto mostra due corpi in trasparenza, due “fantasmi”.

Sempre nell’articolo, quasi con funzione di rivendicazione, si afferma che i quattro cartelli “W” vengono installati “per volere di Xing organizzazione culturale oggi quasi fuorilegge”. In questo modo si elegge una delle istanze che partecipavano all’organizzazione delle F.I.S.Co, dotandola di responsabilità rispetto all’oggetto di arte pubblica. Il fatto che Xing si definisca fuorilegge trova spiegazione nel fatto che “il restauro, la raddrizzatura, la pulitura e la certezza della loro illuminazione avviene clandestinamente”.

Quando Xing si fa carico della cura dell’arredo urbano, lo fa al di fuori delle vie istituzionali, “con la complicità di alcuni operai del cantiere”, di corpi che, spogliati del loro ruolo istituzionale, vengono inglobati entro i confini della comunità che nel corso degli anni gravita e ha gravitato intorno all’operazione di posa dei cartelli. Le figure fantasmatiche approfittano dei lavori di rifacimento della pavimentazione di Via Ugo Bassi per agire ciò che viene definito “un gesto disperato di post-conservazione”. In seguito a contrasti manifesti tra istanze, dialoghi mancati e conflitti estetici, politici e territoriali in merito alla progettualità, responsabilità e capacità di costruzione di linee culturali chiare, l’oggetto di arte pubblica viene ufficialmente auto-definito come “insegna per la metro inesistente nella città di Bologna”.

Se “W” ha tentato di dialogare con le istituzioni e con la comunità, nel 2016 di stabilisce definitivamente che l’unica istanza a farsi carico del processo è Xing, un gruppo artistico impegnato nella promozione di attività culturali che si auto-costruisce come “fuorilegge”, e come istanza “famosa per fare cose che mettono all’avanguardia tutte le retromarce che Bologna ha compiuto”.

In questo modo l’istanza del discorso estetico-artistico si posiziona sul territorio secondo un criterio di azione, programmazione e pianificazione ai limiti di ciò che può coincidere con la legalità istituzionale, e che tuttavia ha una sua propria legittimità d’azione, dal momento che continua assieme alla comunità, a farsi carico della scrittura del territorio, tra inversioni e rovesciamenti, scritture e trasformazioni territoriali, esperienze estetiche e sinestetiche, movimenti in avanti e all’indietro, avanguardia e retromarcia. Il senso dell’attività conflittuale di un gruppo come Xing viene figurativizzato attraverso il contrasto tra i termini “avanguardia” e “retromarcia”: nel momento in cui la città compie un movimento all’indietro relativamente allo sviluppo in materia culturale, l’istanza del discorso estetico-artistico assume un ruolo politico- territoriale, invertendo il verso del movimento e rovesciandolo dall’indietro in avanti.

Il senso di rovesciamento e inversione è l’isotopia che permette di leggere “W” come un modello di gestione del territorio che struttura la materia culturale, estetica e artistica, riordina le topologie urbane, agisce a livello grafico e topografico. In questo senso, sostituisce e inverte la M con la W, invita ad abitare una città metropolitana il cui vissuto si sviluppa in base a un modello che agisce sopra e sotto al di sotto del manto stradale.

Vero è, allora, che a Bologna non vi sia la metropolitana; ma se si accoglie l’invito della “W” ad andare al di là delle apparenze, invertendo semisimbolicamente la lettera, ci si accorge che allo sguardo si dispiega una Bologna Metropolitana che appare, osservabile e manifesta lungo le strade, alla luce del sole. “W”, in quanto “insegna per la metro inesistente nella città di Bologna” non è solo una forma di scrittura che manifesta un contrasto conflittuale; più estesamente, invita a ragionare attorno alla possibilità che esista un’altra città oltre quella che normalmente si abita e si vive, invitando all’osservazione e al dispiegamento. Attraverso la scrittura tramite mappa, “W” è inoltre un suggerimento prezioso per l’etnosemiologo, il quale è portato a osservare la città attraverso almeno secondo due prospettive: la prima, definibile attraverso il termine metalinguistico di mappa e la seconda, attraverso il termine metalinguistico di percorso160

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La prospettiva definita secondo il termine mappa invita all’esercizio dell’osservazione attraverso un punto di vista panottico o globale, il quale racchiude e include non solo tutti i percorsi, obliando la praticabilità di una città, ma anche le configurazioni possibili. La città definibile attraverso la prospettiva della mappa è una città parziale, per certi versi incompleta, che mostra la carenza rispetto alle capacità di definzione dell’estensione urbana e che tiene conto solo della prospettiva dall’alto. Quest’ultima risulta inadeguata per ciò che riguarda il livello di descrizione e rappresentazione metalinguistica della dimensione di praticabilità urbana, la cui disamina ha come obiettivo le possibilità di dispiegamento delle relazioni attraverso cui si struttura il vissuto quotidiano. Quest’ultimo, infatti, è costruito anche attraverso la prospettiva che de Certeau denomina con il termine percorso. Il percorso, di capitale importanza per determinare il posizionamento delle istanze sul campo, è tuttavia imparziale: ripristina la dimensione sintagmatica del vissuto urbano, ma è cieco rispetto alla configurazione globale. Etnosemioticamente mappa e percorso risultano essere due termini complementari, due categorie utili non solo a dispiegare la città, ma che possono essere utili in fase di lavoro di campo, di scrittura e testualizzazione sia a livello tecnico che a livello metodologico161

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Il discorso sincretico che ha generato “W” come “oggetto di arte pubblica e come progetto per una “immaginaria linea metropolitana dell'inversione” era possibile e valido rispetto al fatto che il territorio bolognese non fosse regolato attraverso disposizioni in materia di trasporto metropolitano sotterraneo. A livello topologico e configurativo è possibile dire che !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Entrambi i termini sono mutuati da Michel de Certeau. Per il primo termine cfr. de Certeau (1990a, pp. 143- 168; per il secondo cfr. de Certeau (1990a, pp. 173-194). Cfr. anche Donatiello 2015a, 2015b e Donatiello in Pozzato (a cura di), in corso di pubblicazione.

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a Bologna c’è la WEtropolitana. La trasformazione di “W” in artefatto urbano naturalizzato e la

trasformazione della denominazione del progetto in “insegna per la metro inesistente di Bologna” non è solo ascrivibile solo al contrasto conflittuale sulla gestione in materia culturale.

Questa trasformazione è imputabile anche ad un elemento riscontrabile a livello materiale: il fatto che attualmente a Bologna, pur continuando a non esserci la metropolitana, l’istanza amministrativa ha riorganizzato la viabilità ferroviaria attraverso un servizio di treni di superficie, che solo di recente è stato denominato ufficialmente come “SFM – Servizio

ferroviario metropolitano”162

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A livello materiale, se ci si sposta attraverso questo mezzo di trasporto e ci si colloca in uno dei punti che danno forma alla rete ferroviaria, in attesa dell’arrivo del treno è possibile ascoltare gli avvisi acustici e gli annunci ferroviari delle diverse stazioni: essi definiscono gli artefatti che compongono la flotta del Servizio Ferroviario Metropolitano con il termine “treno”.

Se si è fortunati e si ha l’occasione di attendere il treno sulla banchina insieme ad altri passeggeri con cui poter scambiare due parole e ingannare il tempo dell’attesa, si osserva che: diverse istanze che praticano questo campo a livello di percorribilità, denominano la flotta con il termine “trenino”. Le istanze si figurativizzano come: avventori; personale addetto, autisti e controllori che validano i biglietti o che scendono e risalgono a ogni fermata per evitare che qualcuno rimanga indietro, prendendosi cura talvolta di piccoli malfunzionamenti e imprevisi; clienti che fruiscono del servizio ferroviario, timbrano il biglietto o si fanno validare il titolo di viaggio qualora le obliteratrici siano fuori uso a causa di fattori di degrado163

dello stato della fermata. Oppure non era denominata in nessun modo, perché spesso si fa fatica a immaginare una linea metropolitana di trasporto che approfitta di una rete ferroviaria di superficie. Gran parte della flotta del Servizio Ferroviario Metropolitano infatti oggi sfrutta linee ferroviarie condivise tra enti pubblici e privati che delimitano in base alla propria capacità di azione sia il provinciale e metropolitano che quello regionale e interregionale.

Si pone qui la scelta di domandarsi in come modo pertintizzare ed esaminare la differenza epistemologica tra due modelli:

• tra un modello territoriale che scrive l’oggetto che, con de Certeau e Marcus, si può definire mappa multisituata del campo, la quale non può ridurre la città e il territorio alla semplice traccia grafica, ma tenta di osservarla a livello topografico e definirla etnosemioticamente a livello topologico;

• tra un modello territoriale che scrive le tracce grafiche, definite dalle istanze sul campo come “mappa delle linee SFM”. Attraverso questo modello vengono

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Cfr. Nigro e Tropea 2013; cfr. http://www.comune.bologna.it/news/il-cipe-sblocca-i-fondi-ex-metr-approvato-il-

finanziamento-il-progetto-di-trasporto-pubblico e il nuovo sito internet, aperto in seguito alla rinnovata disponibilità

dei fondi http://www.sfmbo.it/.

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Questi fattori sono favoriti o sfavoriti a seconda che: la fermata e la stazione abbiano adeguata copertura, i collegamenti elettrici ed elettronici funzionino o meno.

continuamente costruite e riordinate tracce grafiche stratificabili a un livello differente. Questo tipo di tracce grafiche è definibile a livello metalinguistico come una serie di dispositivi sincretici di rappresentazione – carte, grafici, mappe, diagrammi, piani regolatori, rappresentazioni del territorio nell’ambito delle devices di geo-rappresentazione e geo-localizzazione. Una serie di simili dispositivi topografici a livello materiale è denominato con il termine “mappa”.