Capitolo 4 – Norme procedurali minime e altri requisiti per
4.1 Questioni generali
Il rispetto di alcuni standard di tutela è il contraltare dell’abolizione delle procedure intermedie e dell’apertura ai titoli esecutivi stranieri che il reg. 805/2004 impone agli Stati membri, in un contesto normativo nel quale anche l’eccezione di ordine pubblico perde ogni spazio di resistenza. Nell’ottica della promozione dei diritti fondamentali non solo è indispensabile che l’assenza di contestazione da parte del debitore sia accertata e documentata, ma che tale condotta sia al contempo consapevole e volontaria, e per di più rimediabile nei casi patologici in cui vi sia solo l’apparenza della non contestazione. La certificazione e la libera circolazione dei titoli giudiziali presuppongono dunque, oltre alla non contestazione del credito in senso stretto, il riscontro di altri requisiti attinenti al processo. Si tratta esattamente di quelle misure di accompagnamento che, come suggerito dalle conclusioni di Tampere, sono presentate agli ordinamenti nazionali come obiettivi ancillari, cui ciascuno è libero di uniformarsi affinché le decisioni dei propri giudici possano beneficiare del reg. 805/2004. La centralità del diritto a una difesa informata ed effettiva è d’altro canto confermata dall’esperienza della convenzione di Bruxelles, visto che in passato il più frequente motivo di diniego del riconoscimento ha riguardato proprio le sentenze contumaciali rese in violazione dell’art. 27, n. 2, cioè senza che la domanda giudiziale fosse stata notificata al convenuto “regolarmente e in tempo utile” per poter presentare le proprie difese: proprio questa norma è anzi la chiave di volta del sistema europeo di circolazione delle decisioni. Nella sua relazione alla proposta di regolamento (art. 19) la Commissione afferma che “tutto il Capo III traduce in disposizioni più specifiche il principio generale dei diritti della difesa sancito dall’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio” (sub art. 19).
Essendo evidentemente insufficiente l’enunciazione delle garanzie fondamentali pur presente nell’art. 6 Cedu e nell’art. 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea, le istituzioni hanno creduto necessario dettagliare alcune previsioni specifiche per dare un orizzonte più concreto e rassicurante alla fiducia che agli Stati viene chiesto di concedersi reciprocamente. Nell’osservanza dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e nei limiti delle proprie competenze, tuttavia, il legislatore comunitario ha potuto predisporre solamente un insieme disorganico di principi su alcuni aspetti isolati del processo, senza alcuna pretesa sistematica e con indubbie lacune119. Sarebbe del resto risultato difficile giustificare una potestà normativa che si fosse ad esempio spinta a indicare delle regole uniformi e precettive in maniera di notificazione120. Si tratta comunque di un passo in avanti rispetto all’operare di un meccanismo di mutuo riconoscimento puro e semplice, in cui cioè l’ordinamento comunitario si astiene dall’armonizzare le norme tecniche di dettaglio sulla scorta di un principio di presunta equivalenza tra le legislazioni nazionali in vigore121: i diritti processuali in gioco, in altre parole, sono troppo importanti per poter essere oggetto di rinuncia senza uno sforzo di coordinamento delle garanzie.
Salvi i rischi del minimalismo, l’approccio legislativo “minimale” si giustifica pienamente nel sistema più generale del diritto processuale comunitario. Infatti, l’Europa si confronta da pochi decenni con processi civili nazionali aventi ciascuno una tradizione secolare: come ci ricorda Biavati, “questa stratificazione non può essere azzerata da un intervento
119 Il punto è chiarito da GARCIMARTÍN ALFÉREZ (2006: 42-43): “el dilema ant el que se
enfrentó la Comisión fue que tenía instrucciones políticas claras de eliminar el exéquatur en unos determinados supuestos, per no disponía de competencia para uniformar las reglas procesales en materia de notificación (que era el correlativo más apropiado para proceder a esa eliminación). Ante este dilema, el establecimiento de unas «normas minimas» como estándar que han de respetar los Estados es quizás la medida que, dentro de esos límites competenciales, mejor se adecuaba a la consecución del objetivo perseguido”.
120 Anche se, come vedremo, questa soluzione più ambiziosa è adottata nella proposta di
regolamento in tema di obbligazioni alimentari.
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unificatore dall’alto”122. Una volta che i principi sono condivisi, la norma minima risulta perciò lo strumento più adatto per trasferire nei sistemi degli Stati membri dei contenuti positivi, anche di dettaglio, rispettando le peculiarità di ognuno senza al contempo perdere di vista l’obiettivo comune. Ancora, le norme minime sono espressione del principio di autonomia procedurale che ispira gli interventi europei sul processo, quale via flessibile per il perseguimento di un livello qualitativamente accettabile di tutela dei diritti senza per questo imporre vincoli eccessivi ai legislatori nazionali123. Altro principio che viene riflesso da questa tecnica normativa è quello di flessibilità, poiché “lo standard minimo suppone concettualmente un nucleo comune ed accessori diversificati. […] Ne segue che questo modello si presta particolarmente bene […] per governare una situazione caratterizzata dalla presenza di norme nazionali che non possono essere totalmente omologate e che, al contempo, devono diventare compatibili fra loro, secondo l’indicazione dell’art. 65 del trattato Ce”124.
L’importanza del problema è illustrata con chiarezza dalla relazione iniziale della Commissione (§2). Lo stralcio è ampio ma molto significativo: “onde accrescere la fiducia reciproca tra ordinamenti giudiziari nazionali, che manifestamente costituisce il presupposto per la soppressione dell’exequatur, e garantire il rispetto dei requisiti del processo equo […], la Commissione giudica necessario fissare una serie di norme procedurali minime comuni (minimum standard). Le decisioni in materia di crediti non contestati si distinguono per lo più per essere state emesse senza che il debitore si sia costituito in giudizio. Si presume che tale passività sia il
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BIAVATI (2003: 9).
123 Sul principio di autonomia v. ancora BIAVATI (2003: passim, spec. 36 ss.), il quale
ricorda diverse pronunce della Corte di giustizia che hanno applicato la nozione di standard minimi di tutela in altri campi del diritto sostanziale e processuale. Così, ad esempio, il noto caso Zuckerfabrik a proposito delle norme che regolano il processo comunitario sulle misure urgenti. L’A. ravvisa però un elemento di originalità negli ultimi esperimenti di norme minime, nei quali i limiti per il legislatore nazionale vengono fissati in modo sempre più minuzioso (ibidem: 41).
frutto di una decisione consapevole dettata da una valutazione della giustificazione del credito o da un deliberato disinteresse per l’azione legale. Mancando una reazione esplicita da parte del debitore è inevitabile che la corretta e puntuale notificazione o comunicazione degli atti che lo informano riguardo alla domanda, ai suoi diritti procedurali e alle conseguenze di una mancata comparizione venga a costituire l’unica prova che questi abbia potuto scegliere consapevolmente di astenersi dal partecipare allo svolgimento del processo”.
Data la centralità della non contestazione sono quindi state individuate norme minime di garanzia circa l’instaurazione del contraddittorio, nonché sul contenuto dell’informativa che deve essere offerta al debitore per assicurare che la sua scelta di condurre o disinteressarsi della lite sia ben ponderata. Almeno in questo stadio iniziale della cooperazione, infatti, la deroga all’exequatur richiede un’applicazione restrittiva e rigorosa, sì che vi si possa ricorrere nei soli casi in cui l’assenza di contestazione sia inequivoca125. La posizione è ben riassunta dal considerando (12), che vuole siano fissate “norme procedurali minime per i procedimenti giudiziari che sfociano nella decisione, per garantire che il debitore abbia conoscenza in tempo utile ed in modo tale da potersi difendere, da una parte, dell’esistenza dell’azione giudiziaria promossa nei suoi confronti, nonché degli adempimenti necessari per poter partecipare attivamente al procedimento al fine di contestare il credito e, dall’altra, le conseguenze della sua mancata partecipazione”. La protezione del diritto di difesa è peraltro svincolata dal domicilio del debitore: ciò comporta che almeno il rispetto delle norme minime dovrà essere garantito dalle autorità di ciascuno Stato nei confronti di tutti i soggetti convenuti dinnanzi alle proprie corti, siano essi domiciliati in quello Stato, in altro Stato membro oppure in uno Stato terzo.
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Tralasciando le affermazioni di principio e l’altisonante contenuto degli ulteriori considerando (10) e (11)126, tuttavia, dobbiamo registrare un forte scarto tra le aspirazioni del reg. 805/2004 e il suo contenuto positivo. Va dunque condivisa l’opinione secondo cui le norme minime127 sono a tratti anche norme “minimaliste”, che non sempre potranno indurre un miglioramento effettivo e non solo simbolico della legislazione degli Stati membri. È comunque vero che alcuni Stati hanno già provveduto a raccogliere l’invito delle istituzioni europee e, nonostante la portata meramente facoltativa delle previsioni del Capo III, hanno cercato di adeguare i propri istituti processuali ai requisiti necessari per poter beneficiare del Tee128. Ove ciò non è accaduto, come nel caso italiano, sarà invece indispensabile uno sforzo di iniziativa dei creditori, che con un’opera autonoma di ingegneria procedurale dovranno ispirarsi da soli alle norme comunitarie e così arricchire gli atti introduttivi con tutte le informazioni che, per il momento non richieste dal codice di rito, sono invece elementi imprescindibili in chiave europea. Si vedrà peraltro che le innovazioni suggerite dal reg. hanno una portata per lo più formale, dal momento che sulle reali situazioni capaci di compromettere il diritto di difesa è proprio il reg. 805/2004 ad assumere un atteggiamento abbastanza lassista. Tutti quegli aspetti che non sono poi presi in considerazione dal reg. rimangono
126 Secondo il considerando (10), “nel caso di una decisione relativa a un credito non
contestato resa in uno Stato membro nei confronti di un debitore contumace, la soppressione di qualsiasi controllo nello Stato membro dell’esecuzione è intrinsecamente legata e subordinata all’esistenza di garanzie sufficienti del rispetto dei diritti della difesa”. Per il successivo considerando (11), ancora, “il presente regolamento mira a promuovere i diritti fondamentali e tiene conto dei principi sanciti in particolare dall’arte dei diritti fondamentali dell’Unione europea. [Il regolamento] intende garantire in particolare il pieno rispetto del diritto a un processo equo, in linea con l’articolo 47 della Carta”.
127 Non sono mancate critiche neppure nei confronti di questa impostazione terminologica,
dato che le norme “minime” evocano il concetto di armonizzazione minima di cui alle direttive. Si è perciò ritenuto più opportuna la versione inglese del reg. 805/2004, in cui si discorre di “minimum standards”. Valutazioni tutto sommato positive sulle norme minime sono invece espresse da KOHLER (2004: 72) e GARCIMARTÍN ALFÉREZ (2006: 132).
128 V.
VAN DROOGHENBROECK – BRIJS (2006: 127), i quali danno notizia di una recente riforma della legislazione dei Paesi Bassi in questa direzione.
soggetti alle sole disposizioni della lex fori e non entrano in gioco al fine di determinare la certificabilità di un dato provvedimento giudiziale come Tee: così, per esemplificare, quale sia l’età minima della persona di famiglia nelle cui mani consegnare l’atto da notificare qualora il debitore destinatario non venga reperito (art. 14.1, lett. a), o se la notificazione al rappresentante del debitore debba essere considerata obbligatoria ovvero facoltativa (art. 15)129.
Un’ultima precisazione a proposito dell’ambito di applicazione delle norme minime, per quanto scontata, è opportuna: trattandosi di garanzie procedurali esse riguardano solamente i titoli giudiziali, esclusi perciò quelli stragiudiziali di cui al Capo V del regolamento. L’art. 12.1 prevede infatti che la conformità ai requisiti procedurali di cui al Capo III sia condizione per certificare le sole decisioni giudiziarie relative a un credito non contestato ai sensi dell’art. 3.1, lett. b) e c). Ciò si giustifica alla luce dell’espresso riconoscimento della pretesa che viene documentato nell’atto stragiudiziale, così da privare d’interesse l’indagine circa il rispetto di garanzie di carattere puramente procedurale, evidentemente strumentali130. V’è peraltro da osservare che la tutela del debitore potrebbe essere comunque garantita dalla lex fori, alla quale spetta la scelta di individuare quali atti stragiudiziali possano essere rivestiti di efficacia esecutiva, e a quali condizioni.
129 V. GARCIMARTÍN ALFÉREZ (2006: 133); ZILINSKY (2006: 482).
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Registriamo comunque la posizione critica di JEULAND (2005: 17), che paventa il rischio che il debitore sia indotto a riconoscere la pretesa o a transigere su di essa in maniera non pienamente consapevole o a condizioni inique. Obiettiamo però che i rimedi contro tali rischi sono le impugnative negoziali offerte dalla legge applicabile e le cautele che in ciascun ordinamento circondano gli atti pubblici e le transazioni esecutive. A tal proposito v. VAN DROOGHENBROECK – BRIJS (2006: 131): “mais la critique ne justifie pas la remise en cause de la soustraction des actes authentiques et des transactions judiciaires à l’emprise des normes minimales. Celles-ci concernent en effet, on l’a dit, la convocation et l’information du débiteur. La mise en œuvre de ces règles ne présente donc aucun intérêt pour le débiteur venu spontanément et solennellement déclarer au prétoire, ou devant notaire, qu’il reconnaît la créance qu’on lui impute. En ce cas, la protection procédurale voulue par le Règlement n’aurait pas lieu d’être : le débiteur a activement manifesté sa volonté de ne pas contester la créance”.