Capitolo 2 – Il reg 805/2004: considerazioni generali e ambito
2.1 Il Tee: profili generali
Non senza enfasi, l’art. 1 dichiara di istituire “un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati”. Il Tee altro non è che un titolo esecutivo nazionale particolarmente qualificato, cui il reg. 805/2004 attribuisce uno speciale status che ne garantisce l’immediato impiego in tutta l’Unione secondo un regime di libera circolazione simile a quello previsto per le persone o le merci. Tale status è documentato da un certificato rilasciato secondo formulari standard dalle autorità del paese d’origine, al termine di una procedura di verifica piuttosto informale che in termini descrittivi possiamo equiparare al rilascio di un passaporto. Si tratta a ben vedere di un’applicazione del principio dell’home country control già noto ad altre politiche comunitarie, come la libertà di stabilimento e prestazione di servizi in materia bancaria, finanziaria e assicurativa: in questi casi il mutuo riconoscimento non si fonda soltanto su una presunta equivalenza e adeguatezza delle regole nel paese d’origine, ma richiede un preventivo controllo prudenziale da parte delle autorità di quel paese. Una volta certificato in patria il titolo nazionale è quindi eseguito e riconosciuto in tutti gli Stati membri “senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento” (art. 5) per uno dei tradizionali motivi di rifiuto, neppure per denunciare il contrasto con l’ordine pubblico dello Stato richiesto. Se si eccettuano alcune fattispecie residuali, gli effetti della certificazione sono dunque automatici e, apparentemente, inesorabili. Il debitore che non abbia voluto (o nei casi patologici, potuto) difendere le proprie ragioni nel corso del processo straniero si vede difatti costretto a subire l’espropriazione non potendo reagire per censurare il contenuto del titolo o il suo passepartout europeo, a meno di valicare la frontiera e rivolgere le proprie doglianze ai giudici dello Stato a quo, sempre che non sia incappato in qualche preclusione. Come
notato provocatoriamente, il contenuto del Tee si potrebbe sintetizzare nell’espressione: “payez ici, contestez là-bas”58.
La portata apparentemente rivoluzionaria del reg. 805/2004 deve essere tuttavia ridimensionata, considerato il suo oggetto relativamente ristretto e la cautela con la quale si ripromette di incidere sui sistemi processuali nazionali. Piuttosto, è evidente l’aspirazione paradigmatica della sua disciplina, che al di là dell’aspetto pratico è destinata a tracciare il percorso verso la creazione di un titolo esecutivo paneuropeo valevole per tutta la materia civile e commerciale, quale prodotto di un vero processo armonizzato. Il reg. 805/2004 segna in verità un passo avanti rispetto al principio del mutuo riconoscimento, collocandosi piuttosto nel solco del principio, da quello derivato ma assolutamente distinto, del paese d’origine. Con riferimento alle classiche libertà previste dal trattato Ce, il mutuo riconoscimento richiede semplicemente l’eliminazione degli ostacoli che il paese di destinazione pone alla circolazione di una merce oppure di un servizio e all’accesso a quel mercato; il principio d’origine, per contro, prevede che sia proprio la legge nazionale del prodotto o del servizio in questione a regolare i rapporti ad esso relativi in tutto il territorio dell’Unione.
In via preliminare è bene evitare qualsiasi confusione tra il Tee e il diverso istituto dell’attestazione di cui all’art. 54 del reg. 44/2001, che pure presenta alcune somiglianze. Il creditore che intenda chiedere il riconoscimento di una decisione oppure una dichiarazione di esecutività nel sistema Bruxelles I deve accompagnare la propria istanza con un attestato, rilasciato dalle competenti autorità dello Stato a quo, in cui si confermi che il titolo giudiziale o stragiudiziale “è esecutivo nello Stato membro d’origine” contro un determinato soggetto. Come il Tee, anche questo attestato deve essere compilato sulla falsariga di un modello unico europeo. Le somiglianze si esauriscono tuttavia in questi aspetti esteriori, poiché
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diversa è la natura e diversi sono gli effetti dei due documenti. L’attestato ha infatti una semplice natura probatoria, avendo lo scopo di dimostrare la natura esecutiva in patria del titolo così da rimuovere potenziali dubbi o contestazioni circa questo specifico presupposto dell’exequatur. Si tratta di un documento solamente informativo, il cui contenuto può senz’altro essere messo in discussione dalle parti in sede di opposizione al riconoscimento: il debitore potrebbe ad esempio contestare che in realtà la decisione in questione non è affatto esecutiva in patria, sì che il giudice dello Stato richiesto potrà nuovamente conoscere della questione – beninteso, sulla base della legge processuale dello Stato d’origine59. Il certificato relativo al Tee, per contro, non ha natura dichiarativa ma piuttosto costitutiva di uno status giuridico a rilevanza europea e già incorpora una valutazione giudiziale di tutti i requisiti perché al titolo sia data esecuzione nell’Unione, valutazione che per espressa previsione del reg. non può formare oggetto di alcun riesame di merito nello Stato membro richiesto (art. 21.2). Inoltre, laddove il certificato è un elemento ovviamente necessario perché il Tee possa circolare alle più favorevoli condizioni contenute nel reg. 805/2004, l’attestazione di cui all’art. 54 del reg. Bruxelles I è un requisito solamente naturale, dato che il giudice o l’autorità competente per l’exequatur può accettare un documento equivalente o addirittura dispensare l’istante dalla produzione, qualora ritenga di essere comunque sufficientemente informato. Ciononostante non si può negare che molti aspetti formali della disciplina del Tee sono stati in qualche misura ispirati dall’esistente sistema di attestazione.
Un ulteriore aspetto da chiarire riguarda l’estensione degli effetti del reg. al riconoscimento delle decisioni, oltre che alla loro esecuzione. La
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Secondo DE LEVAL (2005: 434), scopo dell’attestazione è proprio “prévenir toute contestation sur le caractère exécutoire du titre”. V. anche VAN DROOGHENBROECK – BRIJS (2006: 38): “le certificat du Règlement « Bruxelles I » émane certes, lui aussi, de l’État d’origine, mais il n’est jamais qu’un élément parmi d’autres du contrôle auquel doit se livrer le juge de l’État requis aux fins de statuer sur la demande tendant à la déclaration de force exécutoire”.
difficoltà deriva da due ordini di circostanze. Da un lato, si può osservare che sul piano del riconoscimento l’automatica valenza paneuropea delle sentenze e degli altri provvedimenti è già prevista dal reg. Bruxelles I, il cui art. 33.1 conferma che “le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento”. Come noto, infatti, gli effetti non esecutivi della decisione godono della medesima efficacia in qualsiasi Stato membro senza necessità di alcuna preventiva azione giudiziaria60. Dall’altro, è vero che la formulazione del reg. 805/2004, su questo come su altri aspetti, non è certo impeccabile: si veda la scelta di fare sempre riferimento allo “Stato membro dell’esecuzione”61 anziché alla più propria (e ambivalente) nozione di “Stato membro richiesto” impiegata invece dal reg. 44/2001; si può ancora lamentare il fatto che l’intero Capo IV del reg. 805/2004 sia dedicato alla sola “esecuzione”. Ciò nondimeno riteniamo che la portata del Tee non possa venire artificialmente limitata all’esecuzione in senso stretto, per quanto quest’ultima sia innegabilmente il suo terreno d’elezione. Nonostante l’efficacia già attribuita dal reg. Bruxelles I, infatti, v’è un margine di utilità anche nel campo del riconoscimento delle decisioni, in quanto un Tee sarà non solo automaticamente riconosciuto in tutta l’Unione, ma gli effetti di tale riconoscimento saranno definitivamente consolidati e non più contestabili nell’ordinamento a quo. Ciò in applicazione dell’art. 5, che nel dettare uno dei principi cardine della disciplina sul Tee puntualmente precisa che la decisione certificata è “riconosciuta ed eseguita […] senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento” [sott. nostra]62. Per trarne alcune
60 V. sul punto Corte di giustizia 4 febbraio 1988, 145/86, Hoffmann c. Krieg.
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Ossia lo Stato membro in cui viene chiesta l’esecuzione della decisione giudiziaria, della transazione giudiziaria o dell’atto pubblico certificati come titolo esecutivo europeo: art. 4.5.
62 V. PÉROZ (2005a: 662-664); GARCIMARTÍN ALFÉREZ (2006: 46). Contra CAMPEIS – DE
PAULI (2005a: 416), i quali ritengono (in modo invero apodittico) che l’intero reg. 805/2004 si riferisca in via esclusiva all’efficacia esecutiva, sicché “dovrà escludersi un riferimento
conseguenze, sarà dunque possibile far valere il Tee al fine di fondare un’eccezione di giudicato, che non potrà essere in alcun modo messa in discussione deducendo una delle cause ostative al riconoscimento a norma degli artt. 33, 34 e 35 del reg. 44/200163.
A dispetto della fonte con cui è stato istituito, non tutte le previsioni che regolano il Tee hanno degli effetti diretti, collocandosi piuttosto quale
tertium genus tra la direttiva e il regolamento: è stato anzi ben detto che il
reg. 805/2004 vuol proporre più che imporre64. La nuova disciplina comporta senz’altro incisive limitazioni di sovranità per gli Stati membri, poiché richiede a ciascuno di essi di prestare l’arsenale del proprio imperium affinché ai titoli certificati dagli altri paesi dell’Unione sia dato riconoscimento ed esecuzione a parità di condizioni rispetto a quelli domestici, senza che alcuna procedura di controllo si possa frapporre all’immediata e universale valenza precettiva del titolo.
Quel che invece non costituisce un obbligo ai sensi del reg., ma piuttosto un onere, è la spinta a uniformare le norme sul processo e dunque le regole che portano alla creazione del titolo esecutivo. Al fine di beneficiare della certificazione europea le decisioni giudiziarie devono infatti essere rese in conformità ad alcune norme minime comuni, volte ad assicurare il diritto di difesa e soprattutto scongiurare la contumacia involontaria. Gli Stati membri che non si conformano a questi requisiti sono però liberi di mantenere le proprie tradizioni processuali e non raccogliere la
specifico ad effetti di riconoscimento svincolati dall’esecutività e convenire sull’utilizzazione del termine in senso meramente funzionale all’esecuzione, quale suo presupposto implicito”. Per un’analisi letterale dell’art. 5, che è frutto di una crasi tra le norme corrispondenti del reg. Bruxelles I e del reg. Bruxelles II v. anche PÉROZ (2005b: 164).
63 CARBONE (2006: 292): “l’abolizione dell’exequatur consente infatti non solo la
realizzazione coercitiva degli effetti del provvedimento straniero certificato (di fatto, la sua esecuzione per ottenere il pagamento del credito non contestato), ma anche la possibilità di far valere tale provvedimento in sede di exceptio rei judicatae: dalla certificazione può, cioè, discendere anche l’efficacia di accertamento di un certo credito non contestato, al fine di fondare, ad esempio, un’eccezione di compensazione”.
sfida del Tee, oppure al contrario di ripensare e riscrivere laddove necessario le regole interne nell’ottica del reg. 805/2004. Il fine politico è dichiaratamente quello di stimolare una competizione virtuosa tra ordinamenti in modo che ciascuno di essi, pur conservando la propria autonomia, sia indotto ad assestarsi almeno su quei requisiti processuali minimi la cui definizione costituisce la necessaria contropartita per l’abbattimento delle barriere tra gli Stati e l’esaltazione della reciproca fiducia. Così, puntualmente, il considerando (19), per il quale “il presente regolamento non comporta un obbligo per gli Stati membri di adeguare gli ordinamenti nazionali alle norme minime procedurali. Esso offre un incentivo in tal senso, agevolando l’accesso a una più efficiente e rapida esecuzione delle decisioni giudiziarie in un altro Stato membro solo a condizione che siano rispettate tali norme minime”. I vantaggi offerti dal Tee, ma più ancora la pragmatica considerazione che quanto oggi previsto dal legislatore europeo in termini facoltativi diverrà a breve un vero e proprio standard cogente (come già dimostrato dal reg. 1896/2006 sull’ingiunzione europea), lasciano comunque supporre che nessuno Stato vorrà o potrà sottrarsi ancora a lungo alla sfida delle norme minime; tanto più che, come avremo modo di vedere, sono veramente poche le questioni sulle quali il reg. 805/2004 assume un atteggiamento davvero garantista e tale da innovare in maniera significativa la legislazione degli ordinamenti nazionali, assestandosi in molti altri casi su un livello mediamente basso di tutela, ad esempio in materia di notifica degli atti.
In conclusione, non crediamo quindi si possa condividere la valutazione del Tee come “l’Europe judiciaire mise sur la bonne volonté, sur le sentiment européen des États membres”65. Il reg. 805/2004 e gli altri recenti strumenti di cooperazione in materia civile inducono piuttosto a un ripensamento più radicale delle tradizionali categorie delle fonti comunitarie, ora che con la tecnica del regolamento si interviene sugli
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ordinamenti statali in maniera sempre più diretta eppure flessibile. Accanto alla fattispecie delle norme minime (e dunque del reg. che impone non obblighi ma oneri) assistiamo oggi alla creazione di nuovi procedimenti che non sostituiscono ma affiancano quelli già presenti negli Stati membri (uno per tutti, l’ingiunzione europea), lasciando così ai cittadini e agli operatori, quando non direttamente agli Stati, una concreta libertà di scelta, quasi fosse una forma di soft law66.
2.2 L’ambito di applicazione: la materia civile e commerciale; il