Capitolo 2 – Il reg 805/2004: considerazioni generali e ambito
2.3 Rapporti tra il reg 805/2004 e il reg 44/2001: le caratteristiche del credito
I due regolamenti 805/2004 e 44/2001 si pongono in rapporto alternativo e non esclusivo, sicché l’ordinaria procedura di exequatur rimane sempre a disposizione del creditore79 munito di titolo esecutivo, che potrà optare tra l’uno e l’altro regime a seconda dei maggiori vantaggi offerti nel caso di specie. Ne dà conferma testuale l’art. 27. Si discute peraltro se l’istante non possa addirittura fare contemporaneamente ricorso all’uno e all’altro strumento, chiedendo cioè la certificazione in patria e nel frattempo cercando di ottenere l’exequatur all’estero. Anche se in linea di principio non vi sono ragioni contrarie all’applicazione cumulativa dei due regolamenti, occorre in ogni caso coordinare i diversi procedimenti, immaginando che una volta ottenuto il Tee venga meno l’interesse a concludere il giudizio già avviato ai sensi del reg. Bruxelles I. Ma a quel punto verrebbero travolte anche le eccezioni sollevate dal debitore che si
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V. CARPI (2005: 1130). Il termine “mandato di esecuzione” corrisponde nella versione in lingua inglese a “writ of execution”. Quest’ultimo termine è, a sua volta, una traduzione non del tutto fedele del concetto di titolo esecutivo, anche se a rigore indica l’ordine emesso dalle corti di common law nei confronti dell’agente incaricato di dare esecuzione mediante espropriazione a un provvedimento di condanna (sheriff, bailiff): il punto è chiarito da Kennett (2000: 64); v. anche ZUCKERMAN (2003: 716-717). La nozione di “giudice” comprende dal canto suo l’autorità svedese per l’esecuzione forzata (art. 4.7), avente natura amministrativa ma competente a rilasciare ingiunzioni di pagamento su istanza del creditore e inaudita altera parte: v. KENNETT (2000: 68); FARINA (2005: 26). Sul concetto di giurisdizione nel contesto comunitario v. BIAVATI (2003: 28 ss.).
79 Una parentesi terminologica è opportuna. Il reg. 805/2004 adotta un punto di vista
sostanziale e impiega i termini di “creditore” e “debitore”, in luogo di altre coppie processualmente più precise come “attore/convenuto” o “resistente/ricorrente”; ricordiamo a tal proposito che il reg. 44/2001 adotta la distinzione tra “istante” e “parte contro cui è chiesta l’esecuzione”. Secondo GARCIMARTÍN ALFÉREZ (2006: 62) questa scelta permette di evitare equivoci e applicare senz’altro il Tee a quelle decisioni rese in difetto di una vera e propria “domanda giudiziale”, come nel caso dei procedimenti ingiuntivi cd. “puri”.
fosse opposto nelle more all’exequatur. Uno spunto contrario al cumulo fra i due strumenti è stato da alcuni ravvisato nel considerando (20), il quale specifica che “il creditore dovrebbe poter scegliere tra” i due strumenti lasciando trasparire una volontà legislativa probabilmente orientata all’alternatività delle due vie, percorribili al limite in successione ma mai in parallelo80. La maggioranza dei commentatori ammette però che il rigetto della domanda di exequatur, già nella fase monitoria o in quella successiva in contraddittorio, non impedisce al creditore di presentare in un secondo tempo una domanda di certificazione ai sensi del reg. 805/2004, neppure nel caso in cui l’istanza successiva serva al solo scopo di aggirare un ostacolo presentatosi nel procedimento ai sensi del reg. 44/2001. In linea di principio il creditore potrà quindi far certificare e riproporre per l’esecuzione come Tee anche la sentenza già giudicata in contrasto con l’ordine pubblico dello Stato richiesto, data la diversità di presupposti. Né si deve ritenere che il provvedimento negativo sull’exequatur valga quale decisione anteriore contrastante tale da impedire l’esecuzione del Tee a norma dell’art. 21 (su cui v. § 6.4)81, o che tale provvedimento possa venire automaticamente invocato dinnanzi all’autorità certificante in virtù dell’art. 33 del reg. 44/2001 per impedire o far revocare la certificazione europea, stante il divieto del doppio exequatur. Ammettere però il cumulo consequenziale e non quello contemporaneo tra i due strumenti è piuttosto contraddittorio e potrebbe tradursi in un inutile dispendio di tempo e risorse processuali. Dato che le due questioni debbono essere risolte in maniera analoga, crediamo allora che la soluzione preferibile sia quella di permettere al creditore di avvalersi dell’uno e dell’altro regime simultaneamente, salvo forse qualche
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V. WAGNER (2005: 190) e GARCIMARTÍN ALFÉREZ (2006: 103).
81 Questione ancora diversa è la possibilità di applicare un regime di riconoscimento
nazionale che sia per ipotesi più favorevole di quello europeo. Per una soluzione negativa con riferimento al reg. 44/2001 v. GAUDEMET-TALLON (2002: 350-352), che invoca la necessità di applicare uniformemente lo strumento comunitario e dare certezza al diritto, senza contare che alcuni limiti alla circolazione posti dalle fonti europee trovano una precisa corrispondenza in posizioni sostanziali meritevoli di tutela (ad esempio nel caso dei consumatori), che potrebbero venir pregiudicate da un regime domestico ancor più liberale.
necessario aggiustamento nella ripartizione delle spese del (probabilmente inutile) giudizio di exequatur.
Nel § 2.1 abbiamo passato in rassegna le analogie tra i due regolamenti. Occorre però sottolineare che il regime del Tee riguarda un novero di provvedimenti più limitato di quelli suscettibili di riconoscimento ed esecuzione secondo il reg. 44/200182. Il rapporto tra i due strumenti può allora essere ricostruito con maggior precisione in termini di continenza: tutti i titoli certificabili come Tee ricadono in linea di principio nel campo del reg. Bruxelles I, ma non viceversa. Il passaporto europeo può infatti essere concesso alle sole decisioni, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici che abbiano ad oggetto crediti “non contestati” (art. 3). Tale requisito sarà oggetto di approfondimento nel Capitolo 3.
Quanto alla prestazione documentata nel titolo, deve trattarsi di un credito di natura esclusivamente pecuniaria che sia esigibile o la cui data di esigibilità differita sia indicata nel titolo, senza alcun limite di importo (art. 4.2); parimenti certificabili sono i crediti esigibili a rate, come indirettamente confermato dall’allegato I al reg. Nessuna certificazione è invece disponibile per i crediti aventi ad oggetto un facere, una prestazione negativa o la consegna di un bene, e neppure per quelli sottoposti a condizione83.
Altro requisito indispensabile è la liquidità del credito, con l’avvertenza che sarà considerato egualmente liquido quel credito il cui importo possa essere individuato mediante semplici operazioni aritmetiche. In questo senso riteniamo vada interpretata la lettera dell’art. 4, che restringe il campo ai soli crediti relativi al pagamento di uno “specifico” importo di
82 Per una stima dell’impatto del reg. sul contenzioso transfrontaliero, che ci si aspetta
essere comunque significativo, v. il parere del Comitato economico e sociale europeo già ricordato nel § 1.3.
83 V. in proposito D’AVOUT (2006: 19), secondo cui la restrizione del reg. ai soli crediti
pecuniari rischia di introdurre discriminazioni ingiustificate tra le parti di un medesimo contratto, ovviamente in danno di chi sia creditore della prestazione caratteristica.
denaro84. Va peraltro rilevato che il valore del credito deve essere determinato (o comunque determinabile come appena indicato) sin dall’inizio del procedimento, e quindi dalla presentazione della domanda. Ricordiamo a tal proposito che l’art. 16 tra i requisiti necessari dell’atto introduttivo prescrive proprio di menzionare l’importo del credito. Tale previsione si ricollega alle esigenze di tutela del debitore contumace, al fine cioè di garantire che la decisione di quest’ultimo di non costituirsi in giudizio per contestare la pretesa sia fondata sulla piena consapevolezza del
petitum. Sul piano pratico, ciò impedisce di certificare come Tee le sentenze
che abbiano liquidato il danno in via solamente equitativa a norma dell’art. 1226 cod. civ. Questione affine, ma di interesse probabilmente solo teorico, riguarda la possibile separazione tra il titolo che riconosce la fondatezza della pretesa e quello che ne liquida l’importo. Nulla vieta in linea di principio che ad una sentenza contumaciale non definitiva sull’an (negli ordinamenti che la riconoscano) faccia seguito un separato provvedimento che determini il quantum, e che l’insieme dei due titoli giudiziali possa godere della certificazione. Rimane però da chiedersi, in concreto, se sia realistico ipotizzare uno scenario processuale in cui a fronte della non contestazione del credito si renda davvero opportuno il frazionamento della decisione85.
La dottrina ha prospettato l’eventualità che il Tee assista, almeno in via indiretta, anche l’esecuzione di titoli giudiziari recanti una condanna a obbligazioni di fare o non fare. Ciò quando la somma oggetto di contestazione sia dovuta dal debitore, a titolo di astreinte, quale pronuncia accessoria a una condanna non pecuniaria, purché l’importo della penale sia liquido così da soddisfare il requisito di cui all’art. 4.2. Si è infatti ritenuto
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Cfr. DALLA BONTÀ (2005: 76). Il presupposto della determinatezza della somma vale anche per il procedimento di ingiunzione europea, del quale è stata perciò negata l’applicazione nel caso di controversie aventi ad oggetto il risarcimento di danni immateriali: v. PORCELLI (2006 : 1276).
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che il silenzio del reg. 805/2004, che pure si differenzia sotto questo profilo dall’art. 49 del reg. Bruxelles I86, non vada interpretato in chiave implicitamente negativa87. Ad ogni buon conto, di fronte alla casistica concreta il canone interpretativo deve essere quello di tutelare il diritto di difesa del debitore: è dunque necessario che egli conosca l’importo richiesto dal creditore, oppure lo possa determinare con certezza sin da quando viene evocato in giudizio. Nel momento in cui è chiamato a elaborare la propria strategia processuale e scegliere tra l’alternativa della contestazione o della non contestazione, il convenuto deve dunque beneficiare di piena trasparenza circa il quantum della domanda88. La mancata fissazione del valore massimo della pretesa risponde a una scelta di politica legislativa che affonda nel libro verde sul procedimento di ingiunzione europea e viene perseguita con coerenza anche nel successivo reg. 1896/2006. Come ha spiegato la Commissione nel presentare quest’ultima proposta, “il fatto che un credito venga contestato o meno non sembra essere collegato al valore del credito in modo tale da richiedere la limitazione della procedura al recupero di importi inferiori ad un determinato massimale. Se, come sostenuto da alcuni, la probabilità di contenziosi giudiziari aumentasse con il valore del credito vantato, questo non giustificherebbe un massimale in quanto spetta al creditore decidere se ritiene la probabilità di una mancata
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Secondo il quale “le decisioni straniere che applicano una penalità sono esecutive nello Stato membro richiesto solo se la misura di quest’ultima è stata definitivamente fissata dai giudici dello Stato membro d’origine”; analogo contenuto aveva in precedenza l’art. 43 della convenzione di Bruxelles. Come precisa GAUDEMET-TALLON (2002: 382) il requisito della definitiva fissazione si risolve nella semplice esistenza di una pronuncia giudiziale che liquidi l’astreinte, non essendo invece necessario che detta pronuncia sia passata in giudicato.
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In senso favorevole v. VAN DROOGHENBROECK – BRIJS (2006: 48-50), i quali proprio per la mancata ripresa dello spunto letterale del reg. 44/2001 ritengono anzi che la certificazione europea possa venir rilasciata anche per un astreinte liquidato da un’autorità diversa da quella giudiziaria (come ad esempio in Belgio dall’huissier de justice), il che sarebbe evidentemente precluso nell’ambito del regime ordinario. Tutto questo, beninteso, a patto che la liquidazione non sia a sua volta contestata dal debitore, giacché in caso contrario verrebbe a cadere uno degli elementi della fattispecie che dà diritto al Tee.
88 Su questo tema, anche con numerosi esempi pratici tratti dalla LEC spagnola, v.
opposizione sufficientemente alta da rendere interessante il ricorso al procedimento d’ingiunzione di pagamento; se così non fosse egli intenterebbe direttamente un procedimento ordinario”89.
Un ultimo appunto merita la valuta nella quale l’obbligazione deve essere adempiuta, che deve venire specificata nel certificato. Il reg. non pone al riguardo alcuna restrizione, sì che la questione dell’efficacia liberatoria del pagamento effettuato in moneta avente corso legale nello Stato a quo, ad quem oppure in altro Stato dovrà essere verosimilmente risolta sulla base della legge del foro dell’esecuzione (trattandosi di questione relativa all’eccezione di adempimento da parte del debitore e alla susseguente eventuale controeccezione di non esatto adempimento da parte del creditore). Con l’effetto che, in astratto, il convenuto potrà conseguire la propria liberazione, e dunque interrompere l’espropriazione in corso, anche se lo Stato richiesto ma non lo Stato d’origine consideri convertibile quel debito pecuniario90.