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Il rapporto tra “società borghese” e “società civile” nella Germania guglielmina: il dibattito storiografico

e le riflessioni di alcuni intellettuali dell’epoca

di Vittorio Caporrella

Nella tesi di laurea, sulla Crisi delle borghesie e crisi dell’identità borghese nella Germania guglielmina, ho preso in considerazione alcuni fra i numero- si lavori condotti sulle borghesie tedesche del XIX secolo1come base per la

successiva analisi di alcuni aspetti dell’autorappresentazione borghese duran- te l’età guglielmina. Tale analisi, condotta utilizzando fonti prevalentemente letterarie, aveva come obiettivo l’esame di quel complesso di aspetti definito come habitus2, con particolare riferimento all’adozione di prassi simboliche

determinate, al richiamo a comuni coordinate culturali, alla trasmissione di valori etici, alla codificazione di modelli comportamentali specifici. L’ele- mento centrale della ricerca risiede nel ruolo decisivo dell’habitus nella for- mazione individuale dell’identità borghese. L’importanza di tale ruolo è stata confermata dalle analisi condotte attraverso le descrizioni letterarie dell’habi- tus borghese e in particolare attraverso la rappresentazione della sua crisi da parte di alcuni intellettuali nei primi due decenni del XX secolo.

La struttura della tesi si articola in tre parti. Nella prima si discutono le pe- culiarità dell’ideologia borghese in Germania rispetto alle borghesie “occiden- tali”, ai modelli storiografici e ai paradigmi di modernizzazione politico-so- ciale generalmente utilizzati. La seconda parte, descritto l’alto grado di fram- mentazione e di eterogeneità del Mittelstand, analizza il ruolo della cultura nel costituire un fattore identitario attraverso il quale gruppi sociali differenti po- terono autorappresentarsi come appartenenti allo status borghese. L’ultima

1In particolare i contributi del gruppo di ricerca del Zentrum für interdisziplinäre

Forschung di Bielefeld, i cui risultati complessivi furono raccolti in J. KOCKA(ed),

Bürgertum im 19. Jahrhundert, 3 Bde., Göttingen 1995.

2Nell’accezione in cui il termine è stato definito da Norbert Elias. Cfr. N. ELIAS,

parte analizza da vicino l’evoluzione durante il periodo guglielmino dei sim- boli e dei valori che costituirono l’habitus borghese.

Propongo questo estratto, incentrato sulla prima parte della tesi, poiché af- fronta un tema che mi sembra assumere nuovamente particolare rilievo nella Germania contemporanea: il dibattito storiografico circa il legame fra “società borghese” e “società civile”. La seconda parte dell’articolo confronta questo di- battito con le riflessioni di alcuni intellettuali contemporanei come Thomas Mann e Theodor Mommsen circa il proprio modo di pensarsi “borghesi”.

1. Il modello di “modernizzazione” e l’“aberrazione” tedesca

Con riferimento alla questione del ruolo della borghesia, partendo dai risultati della scuola di Bielefeld, lo storico inglese David Blackbourn ingaggiò un acceso scontro storiografico con Wehler3. Blackbourn so-

stenne la tesi di una «silent revolution», che la borghesia tedesca avrebbe portato avanti in campo economico, giuridico, scientifico, cul- turale, e anche in campo politico attraverso una forma di partecipazio- ne indiretta ma efficace tramite gruppi di pressione organizzati in Ver- bände. Secondo Blackbourn si sarebbe verificato in Germania un pro- gressivo processo di imborghesimento (Verbürgerlichung) del Kaiser- reich. Lo storico inglese affermò che, nella valutazione del ruolo poli- tico della borghesia tedesca, si commette l’errore di concepire la poli- tica come il palco (stage) di un teatro e l’azione politica come il dram- ma (drama) che vi si inscena, mentre non necessariamente l’influenza politica si esprime attraverso azioni eroiche o sul visibile palcoscenico delle istituzioni4. Non sempre dunque il grado di effettiva parlamenta-

rizzazione o di partecipazione diretta all’interno delle istituzioni (che sono alcuni dei parametri presi in considerazione da Wehler) sarebbe- ro utilizzabili nell’analisi dei rapporti di forza tra borghesia e ceti pre- industriali5.

3 Cfr. J. KOCKA (ed), Bürger und Bürgerlichkeit im 19. Jahrhundert, Göttingen 1987, pp. 244 e 281.

4D. BLACKBOURN- G. ELEY, The peculiarities of German history: bourgeois so-

ciety and politics in nineteenth-century Germany, Oxford-New York 1984, p. 16.

5Rispetto a questa tesi si confronti anche L. GALL, Borghesia in Germania, Mila- no 1992, p. 359.

Non è nostro compito entrare direttamente nel merito del dibattito. Tuttavia, al di là delle differenti analisi, Blackbourn attaccò l’impianto storiografico di Wehler anche in un secondo punto estremamente deli- cato. Egli utilizzò il titolo di un libro di Dahrendorf del 1968 per defi- nire la visuale da cui partono le normali indagini storiche sulla Germa- nia: Why wasn’t Germany England?, ovvero: «perché la modernizza- zione economica in Germania non è stata accompagnata da istituzioni politiche e valori sociali moderni»6 come invece accadde in Inghilter-

ra, in Francia e negli Stati uniti? Blackbourn spostò quindi il campo del dibattito sulla legittimità stessa dell’egemonia del modello occi- dentale come parametro di confronto accusandolo di essere troppo ge- neralizzato, a volte idealizzato, e di aver spinto la storiografia a preoc- cuparsi prevalentemente di spiegare l’aberrazione dello sviluppo tede- sco rispetto a quello inglese, americano o francese.

2. «Quanto la borghesia tedesca fu veramente borghese?»

Storici come Hans Wehler analizzano le formazioni borghesi avendo in mente un modello ben preciso di “società borghese” che in alcuni punti si richiama esplicitamente alle teorie di modernizzazione occi- dentale7ispirate alla nostra società attuale. Quando si va a confrontare

la borghesia tedesca del II Kaiserreich con questo modello, essa risul- terà inevitabilmente distante da esso. Prendendo parte al progetto di studio sulle borghesie del XIX secolo svoltosi nel 1986 nel Zentrum für interdisziplinäre Forschung di Bielefeld, Wehler presentò un lavo- ro significativamente intitolato Quanto fu “borghese” il Kaiserreich tedesco?. In esso sostenne che, al di là dei risultati in campo culturale e nella modernizzazione economico-sociale, occorra ben altro per po- ter parlare di “società borghese”, un concetto che si richiama al pro- getto settecentesco descritto da Wehler come la «meta utopica» (Zie- lutopie) di una società fondata sull’uguaglianza di fronte alla legge, sulla libera concorrenza in campo economico, sulla proprietà privata, sulla possibilità di partecipazione e di azione politica. Una «società

6D. BLACKBOURN, The peculiarities of German history, cit., p. 7.

aperta», senza segmentazioni che impediscano la mobilità sociale, una società dove contino il «merito» e il «talento» dei singoli. Wehler am- mette che questo è solo un «modello» (Sozialmodell) di società bor- ghese, e ne delinea le caratteristiche istituzionali. Esso risulta in gran parte un portato dell’Illuminismo pre-rivoluzionario e del liberalismo di inizio Ottocento: tale modello si basa su una costituzione, una cor- rispondente corte che risolva i conflitti fra esecutivo e organi legislati- vi, una giustizia indipendente ed un esecutivo liberamente eletto con un mandato che può essere revocato. Inoltre, per Wehler, è della mas- sima importanza che in una società simile la risoluzione dei problemi avvenga attraverso «una chiarificazione tramite argomenti che venga- no portatati sul Forum di una libera [unbehindert] opinione pubblica, sulla piazza delle idee»8.

Undici anni più tardi Wehler pubblicò sulla «Zeit» un articolo inti- tolato Die humane Utopie des Westens, di cui mi sembra utile riportare un breve passo:

La borghesia tedesca, così spesso data, per morta non ha forse nei pas- sati decenni vissuto un insperato rinascimento? Forse essa non era affatto tramontata? Questo progetto dell’Illuminismo tedesco – che in una “so- cietà borghese” voleva organizzare la libera convivenza di cittadini con uguali diritti, che vedeva le mete politiche come risultato di una discus- sione pubblica nel forum del Parlamento, che scorgeva in una costituzione liberale con un catalogo dei diritti dell’uomo la migliore protezione della sfera privata ed economica – appartiene forse questo progetto totalmente al passato? Oppure esso vive un’irresistibile forza d’attrazione attraverso la marcia vittoriosa della “società civile” [der Siegeslauf der “Zivilgesell- schaft”]?

E dopo una breve storia del cammino borghese dalla fine del Sette- cento al secondo dopoguerra Wehler conclude:

In confronto con i sistemi totalitari la “società borghese” rimane la più convincente ed umana utopia fra le teorie politiche occidentali9.

8 H. U. WEHLER, Wie “bürgerlich” war das deutsche Kaiserreich, in J. KOCKA (ed), Bürger und Bürgerlichkeit, cit., p. 254.

9 H. U. WEHLER, Die humane Utopie des Westens, in «Die Zeit», 17 settembre 1998, 39, p. 21.

Ciò che desidero mettere in evidenza è questa relazione tra il proget- to di “società borghese” (e di “società civile”) di origine illuminista e l’attuale società moderna occidentale, un legame che ha influenzato il giudizio della storiografia sulla generazione borghese a cavallo fra Ot- tocento e Novecento. Stiamo parlando di quella borghesia che in Ger- mania fu accusata di “tradire” le proprie origini e di discostarsi dal cammino dell’«umana utopia occidentale» scegliendo un Sonderweg che condusse alla guerra mondiale10. Quella borghesia appartiene in-

dubbiamente all’evoluzione della società moderna europea, ma è vista come una specie di «parente malato» che ad un certo punto ha smarrito la strada, un’“aberrazione” rispetto all’albero genealogico che si sareb- be sviluppata entro un preciso contesto temporale. Esso inizierebbe dalla sconfitta del 1848 e dalla progressiva “rinuncia” ad un ruolo poli- tico di protagonista nella modernizzazione sociale: rinuncia che la por- tò ad accettare le posizioni conservatrici del Kaiserreich, e a generare una parallela ideologia opposta al cammino democratico delle borghe- sie occidentali. Terminerebbe nel 1945 con la sconfitta militare della dittatura nazionalsocialista e la svolta «ad Occidente» di Konrad Ade- nauer. Il 1945 in Germania fu definito la Stunde null11 (l’ora zero) a

partire dalla quale il mondo tedesco si rimetteva sulla strada della mo- dernità occidentale, e “guariva” dall’aberrazione che per un secolo l’a- veva sviato12. In questo modo la società borghese sarebbe tornata alle

sue origini, l’albero genealogico conserverebbe una macchia indelebile ma che è stata ormai circoscritta e “spiegata”. Ciò permetterebbe di tracciare una linea di discendenza che, saltando quella macchia, ricolle- ga la nostra società ai valori dell’Illuminismo e del liberalismo borghe- se. L’attuale società moderna occidentale sarebbe l’erede di quella tra- dizione, ed in essa quella tradizione troverebbe la sua realizzazione.

Mi pare importante soffermarmi su questa tendenza. Nella Germa- nia riunificata ha assunto un forte significato simbolico la figura del

10La più esplicita fra queste accuse fu quella di Lukács: «In generale si può dire che il destino, la tragedia del popolo tedesco consiste nel ritardo con cui esso è giunto allo sviluppo borghese moderno». G. LUKÁCS, La distruzione della ragione, Torino 1959, vol. I, p. 35.

11L’espressione è coniata sul titolo del film di R. Rossellini Germania, anno zero (1947).

Parlamento come emblema dello sviluppo democratico della nazione. L’origine del parlamentarismo tedesco viene individuata nella rivolu- zione del 1848 e nella Paulskirche di Francoforte, dove si riunì l’As- semblea nazionale e dove vennero scritti i Grundrechte. Una serie di esposizioni e di pubblicazioni hanno presentato una lettura del cammi- no democratico in Germania attraverso la storia del Parlamento. Si tratta di un’interpretazione che propone un collegamento esplicito tra i valori dell’attuale democrazia della Germania riunificata e quelli ela- borati dal movimento liberale tedesco che erano alla base della Paul- skirche. Un’importante esposizione berlinese, inaugurata il 16 aprile 2002 e curata da Lothar Gall, rende esplicita questa tesi. Il titolo Wege-Irrwege-Umwege ne porta già in sé l’elemento centrale: Weg si- gnifica «strada, via, cammino»; Irrweg è ottenuto attraverso l’aggiunta del prefisso che indica «smarrirsi» e in senso figurato «follia, paz- zia»13, e può qui tradursi con l’espressione «falsa strada»; Umweg si-

gnifica «giro, strada traversa», in questo contesto indica il percorso compiuto dopo l’Irrweg per tornare verso la meta originaria del Weg. Anche il luogo scelto per l’esposizione propone forti rimandi storici: il Deutscher Dom di Berlino è la chiesa sui gradini della quale si svolse- ro nel 1848 i funerali per i caduti degli scontri di marzo, immortalati da un famoso dipinto di Adolph Menzel. La chiesa si trova nella Gen- darmenmarktplatz, dove ha sede il teatro nel quale si riunì l’Assem- blea nazionale prussiana dal 22 maggio al 9 novembre 1848. Di fronte al teatro troviamo la statua del poeta simbolo della cultura borghese tedesca, Friedrich Schiller14. L’importanza simbolica della piazza fu

sancita anche nella DDR: qui si svolsero importanti concerti comme- morativi, e nel 1979 Honecker la definì «Symbol für den Siegeszug des Sozialismus auf deutschen Boden»15.

L’esposizione propone un percorso sullo sviluppo parlamentare della democrazia tedesca articolato in 4 sezioni disposte sui quattro piani dell’edificio: esordi del parlamentarismo e rivoluzione del

13Irre viene usato anche per formare Irrenhaus (manicomio).

14Recarsi a vedere a teatro un’opera di Schiller rappresentava per i giovani bor- ghesi una sorta di rito di iniziazione. Cfr. T. NIPPERDEY, Come la borghesia inventò il

moderno, Roma 1994, p. 19.

15(«Simbolo del moto vittorioso del socialismo sul suolo tedesco»). Da una targa in bronzo posta sul suolo della piazza.

1848/49; il periodo del Kaiserreich e la repubblica di Weimar; il terzo Reich, la costruzione del muro e la DDR; la Costituzione del 1949, la Repubblica federale e la Germania riunificata. Il fulcro centrale della prima sezione è il modello in scala della Paulskirche, di fronte ad esso si trova l’entrata in uno spazio circolare che rievoca, attraverso alcune immagini, l’interno del Parlamento francofortese. Alle spalle del pla- stico della Paulskirche sono appesi diversi panelli trasparenti con inci- si alcuni estratti dalla Costituzione riguardanti i diritti fondamentali dell’uomo e le libertà di espressione, religione: si tratta di estratti dei Grundrechte elaborati nella Paulskirche del 1848 e del Grundgesetz del 23 maggio 1949, come ricordato da una piccola dicitura al termine di ogni estratto. L’effetto visivo tende a evidenziare la forte somiglian- za degli articoli delle due costituzioni. Passando al secondo piano, do- ve ci si aspetterebbe di trovare il Bismarckzeit (spostato invece al ter- zo), la sequenza temporale viene interrotta e si passa direttamente dal 1848 alla Bonn del 1949 e la Germania riunificata. Anche qui uno spa- zio circolare rievoca l’attuale Parlamento tedesco: esso ha la stessa forma e le stesse dimensioni della struttura che nel primo piano evoca- va la Paulskirche16, quasi ne fosse una proiezione. Guardandolo dal-

l’entrata, troviamo sulla parete di fronte a noi la grande aquila tedesca – di cui una riproduzione è attualmente collocata sopra il seggio cen- trale del Parlamento – sovrastata da un grande schermo dove vengono proiettati alcuni momenti fondamentali degli ultimi anni del Bunde- stag. Accingendoci ad entrare in questo spazio siamo però costretti ad arrestarci, di fronte a noi troviamo un’apertura rettangolare tra il se- condo e il primo piano che, attraverso un vetro posto all’altezza del nostro addome, permette di vedere dall’alto il plastico della Paulskir- che. In questo modo lo spettatore si trova di fronte a due immagini: modello della Paulskirche e interno dell’attuale Parlamento, le quali si richiamano a vicenda stabilendo, secondo le parole dell’architetto Hans-Dieter Schaal, un Weg tra i due elementi17. L’effetto visivo è

chiaro: Paulskirche (come modello) e Bundestag sono due immagini che rinviano ad un medesimo nucleo di valori democratici.

Questa tesi, viene ribadita da un testo dal titolo Der deutsche Bun-

16Ma aperto nella parte superiore che attraversa i restanti due piani della chiesa. 17Da un’intervista concessami il 25 ottobre 2002.

destag im Reichstagsgebäude18, curato per la parte storica da Wolf-

gang Kessel, edito dal Deutscher Bundestag e distribuito gratuitamen- te ai visitatori del restaurato Reichstag (sede del parlamento della Ger- mania riunificata). La copertina del libro è divisa orizzontalmente in due parti uguali: nella parte superiore vi è un’immagine dell’interno della Paulskirche durante un dibattito (la stessa dell’esposizione), nel- l’inferiore ritorna il corpo dell’aquila già descritta. Il primo capitolo del volume (quello sulla storia del Parlamento) si apre con un’immagi- ne a doppia pagina di un tavolo rotondo con numerose sedie intorno: l’immagine, divisa orizzontalmente come nella copertina, raffigura la metà superiore del tavolo del Consiglio ristretto della Bundesver- sammlung a Francoforte (una stampa senza colori di un disegno del- l’epoca), che combacia con la metà inferiore del tavolo che si trova at- tualmente di fronte al seggio del Bundestag (una foto a colori). L’im- magine è eloquente: ci troviamo di fronte a due metà dello stesso tavo- lo che finalmente si sono riunite.

Alla base del libro del Bundestag e dell’esposizione nel Deutscher Dom si trova una sintesi esaminabile secondo i criteri di analisi di un testo narrativo. Una struttura utilizzata in opere che rientrano nella ca- tegoria del realismo è quella «figurale», essa stabilisce relazioni fra due testi nel primo dei quali si trova la «figura» e nel secondo il «com- pimento» della figura. L’uso della concezione figurale nel medioevo è stato analizzato nel noto saggio di Auerbach Mimesis, dove lo studioso berlinese ne descrive la struttura attraverso cui i fenomeni storici terre- ni venivano considerati come «figura» del «compimento» che essi hanno nell’eterno divino19:

L’interpretazione “figurale” stabilisce una connessione fra due avveni- menti o due personaggi, nella quale connessione uno dei due significa non solamente se stesso, ma anche l’altro, e il secondo invece include il primo e lo integra. I due poli della figura stanno ambedue entro il tempo

18Der deutsche Bundestag im Reichstagsgebäude, Hg. Deutscher Bundestag, Ba- den-Baden 2002.

19Il metodo figurale fu usato da alcuni Padri della Chiesa come Girolamo e Ago- stino per interpretare innanzitutto le Sacre Scritture, e in secondo luogo le grandi li- nee dell’accadere storico con il compito di accordare la storia romana alla concezione storica giudaico-cristiana.

come fatti o persone vere, stanno ambedue nel fiume scorrente che è la vita storica20.

Ma è a partire dall’alto medioevo che Auerbach rileva la prevalenza del realismo figurale nella vita cristiana come nelle realizzazioni artisti- che, ed è a partire da Dante che si trova una nuova declinazione di que- sto paradigma: l’arte raffigura pur sempre il divino, ma lo ritrae «pieno di storia», come «temporalità contenuta nell’eternità senza tempo» in cui «l’aldilà diventa teatro dell’uomo e delle sue passioni»21. Ciò per-

mette a scrittori e artisti, attraverso la raffigurazione del divino, di rap- presentare il secolo.

Mi chiedo se sia possibile applicare la struttura figurale ai testi so- pradescritti. Sarebbe infatti apparentemente lineare descrivere come in essi il progetto di “società civile” ottocentesco sia «figura» del suo «compimento» realizzatosi nella attuale società civile, apparentemente lineare sarebbe il collegamento tra la figura del Parlamento della Paul- skirche e il suo compimento nell’odierno Bundestag berlinese così co- me suggerito dalle immagini precedentemente illustrate. Penso tutta- via che un’analisi testuale dovrebbe rilevare una dinamica differente: l’utopia illuminista descritta da Wehler, dimensione perfetta di un pro- getto che mirava ad essere universale (se non nello spazio almeno nel tempo), è situata non nel compimento (l’oggi) bensì in quella che do- vrebbe esserne la figura (la Paulskirche). Riassumendo, lo spettatore e il lettore si trovano di fronte ad una struttura omologa alla concezione figurale, dove percepiscono due stadi di cui il primo è figura del com- pimento che si realizza nel secondo: il plastico della Paulskirche come modello del Parlamento attuale, la stampa in bianco e nero di metà ta- volo della Bundesversammlung francofortese (come un sogno svani- to22) e la fotografia a colori dell’attuale metà tavolo nel Reichstag (co-

me la realizzazione di quel sogno). Tuttavia, ed è questo l’elemento determinante, il compimento non si presenta come sede di un modello perfetto da imitare, bensì come la realizzazione storica, seppur imper-

20E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Torino 1956 e

2000, p. 83.

21Il divino come «eterno e nondimeno fenomeno, senza mutamento e senza tem- po e nondimeno pieno di storia». Ibidem, pp. 215 e 219.

fetta, più vicina a quell’utopia che ha sede nella figura da realizzare. Nell’alto medioevo il divino vestito di storia permise di rappresentare la storia terrena e temporale dentro la cornice del divino. Oggi, nelle rappresentazioni analizzate, il presente si veste con l’abito dell’utopia ma relegandola nel passato, così da candidarsi come sua realizzazione